Attività
60 In maniera analoga, se consideriamo sia i pazienti che hanno svolto attività motoria strutturata e maggiore attività fisica anche nelle attività quotidiane e nel cammino rispetto ai pazienti inattivi, i soggetti del primo gruppo mostravano un miglioramento dell’ESSPRI (p=0,04) con trend positivo nella percezione del dolore (p=0,06) e della fatigue (p=0,07) nel tempo di osservazione dello studio rispetto al baseline. I punteggi finali attribuito a ESSPRI (p=0,02), dolore (p=0,008) e fatigue (p=0,02) erano inoltre significativamente più bassi nel gruppo dei pazienti attivi rispetto ai pazienti inattivi alla fine dell’osservazione (Grafico 6). 0 1 2 3 4 5 6 7 8 Gruppo A Gruppo B VAS dolore (t0) VAS dolore (t1) 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Dolore Fatigue ESSPRI
Gruppo att. (0) Gruppo att. (1) Gruppo inat. (0)2 Gruppo inat (1) Grafico 5 Grafico 6
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6 Discussione
I risultati dell’analisi statistica di questo studio osservazionale forniscono molti spunti di riflessione in merito all’argomento trattato.
In primis lo studio conferma che la Sindrome di Sjögren primaria limita l’attività motoria dei pazienti: ciò è stato riscontrato nel confronto dei valori medi dell’IPAQ tra i pazienti con pSS e quelli sani (gruppo di controllo). I risultati hanno mostrato che l’IPAQ del primo gruppo è significativamente più basso rispetto all’altro. In particolare abbiamo osservato che i soggetti con Sindrome di Sjögren sono per lo più soggetti inattivi o sufficientemente inattivi; il gruppo dei “molto attivi” rappresenta solo il 4,3%.
Quanto detto precedentemente conferma che la Sindrome di Sjögren primaria è una malattia fortemente disabilitante in ogni suo aspetto, uno dei più colpiti è rappresentato da quello motorio. La limitazione maggiore risulta essere la presenza di due sintomi soggettivi quali il dolore muscolo scheletrico e la fatigue, che appartengono allo spettro di fibromialgia secondaria associata alla pSS. Infatti l’IPAQ è risultato correlato negativamente all’attività di malattia e alla percezione da parte dei pazienti della “fatigue” e del “dolore muscolo scheletrico”, in altre parole più alta è l’attività di malattia e più bassa è l’attività fisica, più alto è il dolore e più bassa è l’attività fisica, più alta è la stanchezza e più bassa è l’attività fisica (ESSDAI p=0,05; VAS dolore p=0,05; PROFAD p=0,04).
Nella nostra esperienza, in effetti, i pazienti con Sindrome di Sjögren e fibromialgia presentano una maggiore limitazione nell’attività motoria. Per affermare ciò abbiamo individuato nei gruppo dei pazienti malati quelli con comorbidità fibromialgica (62%) e quelli senza e in seguito abbiamo messo a confronto il loro IPAQ: esso è risultato
62 significativamente più basso nei pazienti affetti da fibromialgia rispetto ai soggetti con Sindrome di Sjögren che non presentavano tale comorbidità.
In letteratura sono relativamente scarse le evidenze del ruolo dell’attività fisica nel controllo del dolore e della fatigue nel corso di Sindrome di Sjögren. Tuttavia la letteratura disponibile per la sindrome fibromialgica enfatizza l’importanza dell’attività fisica nel trattamento della malattia. Tale tesi, ad esempio, è confutata nel libro “Programma di attività fisica per il paziente con Fibromialgia” di S. Cingolani e A. Boni, nel quale viene sottolineata l’importanza dell’attività fisica come tassello fondamentale nel programma terapeutico della fibromialgia. L’attività motoria può indurre nei pazienti un cambiamento positivo nell’affrontare la malattia, migliorando sia la percezione dei sintomi sia la capacità di gestire la malattia e la terapia in collaborazione con il medico. Un programma di attività fisica assume un ruolo sinergico alla terapia farmacologica nel migliorare lo stato di salute e la qualità della vita del soggetto malato.
Nel nostro studio abbiamo dimostrato come l’attività motoria migliori la percezione del dolore e della fatigue nei pazienti con pSS. Nella valutazione iniziale (t0) dei 47 pazienti affetti da Sindrome di Sjögren, presi in considerazione per questo studio, abbiamo constatato che essi erano tutti soggetti inattivi. In seguito il 23% di essi ha effettuato attività motoria “strutturata” durante il periodo di osservazione. Inizialmente il gruppo dei pazienti che ha svolto attività motoria strutturata e quello che non ha svolto attività motoria regolare non differivano nella percezione di dolore e della fatigue. Al termine dell’osservazione invece abbiamo potuto osservare un miglioramento della percezione del dolore nel gruppo dei pazienti che ha svolto attività fisica regolarmente. Infatti il punteggio attribuito alla scala del dolore (VAS dolore) è risultato significativamente ridotto rispetto al baseline, mentre il punteggio attribuito alla fatigue è risultato anch’esso ridotto, ma meno evidente statisticamente. Dall’altra parte abbiamo verificato che nel gruppo dei pazienti
63 che non ha effettuato attività motoria “strutturata” non è stata osservata alcuna variazione significativa in termini di dolore e fatigue, ma al contrario un ulteriore peggioramento.
Analizzando questi risultati è possibile affermare che l’attività motoria ha un impatto favorevole su soggetti affetti da Sindrome di Sjögren. Più precisamente l’attività motoria “strutturata”, in particolare l’AFA (Attività Fisica Adattata) e palestra, si sono dimostrate le più efficaci per controllare rispettivamente le sintomatologie di dolore e fatigue. Tale affermazione può essere spiegata dal fatto che l’AFA e la palestra svolta dai soggetti presi in considerazione (ginnastica dolce) sono attività che hanno come obiettivi fondamentali il miglioramento della mobilità articolare, il miglioramento della forma fisica, l’allungamento muscolare e lo stretching, le tecniche di rilassamento, la riduzione del dolore e della tensione muscolare, il miglioramento del tono dell’umore e del benessere psicofisico. Allo stesso tempo, la programmazione terapeutica di attività motoria per i soggetti affetti da Sindrome di Sjögren con comorbidità fibromialgica e non ha come principali obiettivi quelli sopra elencati, perciò le due attività fisiche prese in analisi risultano essere le più indicate per tale malattia. Al contrario, attività fisiche più intense e ad impatto più traumatico, risultano essere negative per il soggetto affetto da pSS: esse possono peggiorare ulteriormente il quadro clinico del paziente, aumentando la cronicità del dolore, la fatigue e la tensione muscolo-scheletrica.
Tuttavia, nel nostro studio, abbiamo potuto notare che anche il semplice incremento dell’attività fisica quotidiana sembra migliorare i patient reported out come. Mettendo a confronto analogamente sia i pazienti che hanno svolto attività motoria strutturata e maggiore attività fisica anche nelle attività quotidiane, soprattutto nel cammino, rispetto ai pazienti inattivi, i pazienti del primo gruppo hanno mostrato dei punteggi finali attribuiti a ESSPRI (p=0,02), dolore (p=0,008) e fatigue (p=0,02) significativamente più bassi rispetto all’altro gruppo alla fine dell’osservazione. Inoltre è opportuno notare che, oltre ad aver
64 riscontrato un netto miglioramento nel gruppo attivi dal tempo zero al tempo 1, allo stesso tempo il gruppo degli inattivi ha subito un ulteriore peggioramento. La Sindrome di Sjögren è una malattia fortemente disabilitante, per cui la maggior parte delle persone affette da tale sindrome risulta essere sedentaria. Per questo motivo un’attività motoria non strutturata di media/bassa intensità come la semplice camminata, attività aerobica, il sollevamento di pesi leggeri, attività in giardino e in casa può avere un effetto positivo nel soggetto malato. Inoltre è doveroso sottolineare come la continua inattivà possa risultare negativa per il paziente, provocando un aumento di malattia.
In conclusione i dati dello studio sottolineano l’importanza di un approccio multidisciplinare personalizzato ai pazienti con malattia autoimmune sistemica, rendendo particolarmente consigliata l’attività motoria nei soggetti con Sindrome di Sjögren e fibromialgia.
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Conclusioni
I risultati finali di questo studio hanno permesso di verificare l’obiettivo da noi prefissato inizialmente: lo scopo della tesi era quello di esplorare l’impatto dell’attività motoria strutturata e non sul quadro clinico dei pazienti affetti da Sindrome di Sjögren primaria, focalizzando in particolare l’attenzione sul sottogruppo dei pazienti con dolore cronico muscolo-scheletrico e fatigue.
La somministrazione dei questionari è risultata molto utile e allo stesso tempo semplice come indagine. Innanzitutto i dati raccolti hanno confermato la tesi sostenuta in letteratura, ovvero che i pazienti affetti da pSS hanno un’attività motoria relativamente ridotta rispetto alla popolazione sana. La Sindrome di Sjögren rappresenta una delle malattie reumatologiche più disabilitante; il quadro clinico del malato è colmo di sintomi: dolore muscolo-scheletrico, fatigue, secchezza degli occhi e/o bocca, arrossamento e bruciore agli occhi, ecc. Tutto ciò spiega in parte la presenza maggiore di soggetti inattivi nel gruppo dei pazienti affetti da pSS.
Secondo quanto emerso da questo studio, la limitazione maggiore all’attività fisica è rappresentata dalla presenza di dolore articolare e muscolare diffuso e dalla fatigue, due sintomi soggettivi che appartengono allo spettro della fibromialgia secondaria associata alla Sindrome di Sjögren primaria. Infatti i soggetti malati con comorbidità fibromialgica hanno ottenuto un IPAQ significativamente più basso rispetto ai soggetti con Sindrome di Sjögren che non presentavano tale comorbidità. Sicuramente l’inattività non migliora il quadro clinico: le strutture articolari si fanno più rigide, il tono muscolare si riduce sempre più, pertanto il dolore cronico è destinato inesorabilmente ad aumentare e a disabilitare ulteriormente il soggetto, andando incontro così ad una maggiore sedentarietà.
66 Nonostante tutto, prendendo in considerazione il campione dei soggetti malati che ha effettuato nel periodo di osservazione attività motoria regolare “strutturata”, abbiamo verificato che l’attività fisica ha degli effetti positivi sulla salute in generale del malato, ma soprattutto sui sintomi specifici della malattia, in particolare essa migliora la percezione del dolore cronico e della fatigue. Questo rappresenta uno dei risultati più importanti ottenuti nel nostro studio. Quindi è importante sottolineare che l’attività motoria “strutturata”, in particolar modo l’AFA e la palestra, può rappresentare un valido strumento terapeutico nel controllo della fatigue e del dolore cronico riferito dai pazienti. Perciò è auspicabile che sia il medico di medicina generale che il reumatologo di riferimento motivino i pazienti ad eseguire movimento come terapia vera e propria, allo stesso livello di quella farmacologica.
Inoltre abbiamo riscontrato anche l’importanza dell’attività fisica quotidiana, come il cammino, il sollevamento di pesi leggeri, le attività in giardino e in casa. Prendendo in considerazione i soggetti malati che svolgevano esclusivamente questo tipo di attività abbiamo constatato un netto miglioramento in termini di attività di malattia, dolore cronico e fatigue rispetto ai soggetti inattivi. Questi ultimi, inizialmente presentavano un quadro clinico peggiore rispetto all’altro gruppo; è doveroso sottolineare che al termine dell’osservazione la sedentarietà ha provocato un ulteriore peggioramento.
In conclusione i dati dello studio sottolineano l’importanza di un approccio multidisciplinare personalizzato ai pazienti con malattia autoimmune sistemica, rendendo particolarmente consigliata l’attività motoria nei soggetti con Sindrome di Sjögren primaria e fibromialgia. Risulta quindi essere necessario informare il paziente dei benefici dell’attività fisica “strutturata” e non al fine di migliorare il benessere psicofisico dello stesso ed il controllo della sintomatologia legata alla malattia. È possibile affermare che un approccio multidisciplinare nella terapia del malato risulta essere di fondamentale
67 importanza. La figura del laureato in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate è indispensabile nel lavoro in equipe insieme al medico generico, reumatologo e psicologo. In questa malattia, l’attività motoria non dovrebbe essere soltanto consigliata al soggetto, ma dovrebbe essere “prescritta” come terapia. Per questo motivo sarebbe utile associare una figura professionale al normale iter di terapia attraverso l’azienda ospedaliera, non solo per la Sindrome di Sjögren ma per tutte le malattie reumatiche croniche. È importante agire in tal senso al fine di migliorare la qualità della vita del malato, limitando in questo modo la sintomatologia e la progressione della malattia, e diminuendo così la percentuale dei pazienti inattivi.
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Ringraziamenti
Eccomi giunta alla fine di questa tesi e di questi cinque splendidi anni di Università, nei quali credo di essere maturata come professionista, ma anche e soprattutto come persona. Sono tante le conoscenze che ho fatto durante questo percorso, le amicizie che ho coltivato, i rapporti che ho stretto. I ringraziamenti in una tesi sono la parte più tenera ma lasciatemelo dire, emotivamente più difficile. Vorrei dedicare queste ultime pagine per ringraziare tutte le persone che in me hanno sempre creduto e che mi hanno sempre sostenuto sia nei momenti di difficoltà sia in quelli felici e spensierati. Vorrei che questi ringraziamenti siano un punto di arrivo da una parte, ma anche un punto d’inizio, perché credo che non si finisca mai di crescere e spero di poter raggiungere nuovi traguardi importati nella mia vita con tutte loro al mio fianco.
Vorrei ringraziare in primo luogo la mia relatrice, la Professoressa Chiara Baldini, per avermi consigliato con infinita pazienza nella stesura della tesi e per avermi sostenuta in questo percorso finale. La ringrazio per aver dedicato il suo tempo ed impegno nella risoluzione di tutti i miei dubbi durante le ore più calde di quest’estate, ma soprattutto grazie per avermi dato una grandissima mano nell’analisi dei dati di questo studio. Mi auguro di continuare ad avere con lei uno stretto rapporto.
Un grazie speciale va alla mia famiglia, perché mi è sempre stata accanto e non mi ha fatto mancare il suo sostegno e il suo aiuto durante tutti questi anni. Senza di loro non sarei mai diventata quella che sono e non avrei potuto coronare i miei sogni. GRAZIE al mio babbo Antonello e alla mia mamma Silvia. Vi amo!
Grazie alle miei amicizie più intime per avermi sopportato e supportato in questi anni e per aver condiviso con me gioie e dolori! La vostra amicizia è fondamentale per me:
72 ognuno di voi ha lasciato il segno nel mio cuore e mi auguro vivamente che condividerete insieme a me altre tappe importanti della mia vita. Grazie a Virginia, Regina, Marta, Irene, Elisa, Leonardo, Martina e Luca, Francesca e Riccardo.
Grazie al mio fidanzato Aleandro per il sostegno che mi hai sempre dimostrato, per l’aiuto grandissimo che mi hai dato ancora una volta nella realizzazione di questa tesi. Sei un ragazzo speciale, è per questo che ho scelto di condividere con te tanti anni della mia vita. Ti amo.
Infine vorrei ringraziare me stessa per aver raggiunto con tenacia questo grandissimo traguardo!