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L’atto di apposizione

CAPITOLO II: LA DISCIPLINA DEL SEGRETO DI STATO

3. La legge 24 ottobre 1977, n 801

3.2. L’atto di apposizione

L’atto di apposizione è il provvedimento che individua in concreto la singola fattispecie di segreto di Stato. Tra i requisiti formali per la sua validità spiccano il riferimento certo e non equivoco al soggetto che l’ha posto in essere, la data e la riconoscibilità; non sembra essere necessaria invece la forma scritta.

33 Cifr. P. Barile, Democrazia e segreto, Quaderni Costituzionali 1987, p. 38. 34 Articolo 12, comma 2. Legge n. 801/1977.

35 Riguardo all’attribuzione della relativa competenza, l’articolo 1 della l. 801/1977, al secondo comma, conferiva al Presidente del Consiglio dei Ministri il controllo «sull’applicazione dei criteri relativi all’apposizione del segreto di Stato e all’individuazione degli organi a ciò competenti35».

L’articolo appena citato, prevedeva in termini quasi espliciti, la possibilità, poi concretamente realizzatasi36, che soggetti diversi dal Presidente del

Consiglio dei Ministri potessero apporre il vincolo del segreto. Fu così che in dottrina si consolidò l’opinione secondo la quale, nonostante le norme non indicassero in base a quali criteri dovesse essere effettuata la ripartizione delle competenze, sarebbe stato possibile ugualmente risalire ai titolari del potere di segretazione, attraverso un’interpretazione sistematica delle norme contenute nella legge. Dovevano dunque ritenersi tali i direttori dei Servizi di sicurezza (S.I.S.M.I e S.I.S.D.E), i Ministri da cui dipendevano i servizi, nonché il Presidente del Consiglio37.

Secondo parte della dottrina l’atto di apposizione avrebbe natura politica, non amministrativa; la stessa Corte Costituzionale nella sentenza 86/1977 aveva affermato che «il giudizio sui mezzi idonei e necessari a garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica38». In merito tuttavia vi

sono anche opinioni discordanti. Secondo altra parte della dottrina39 l’atto di

35 Articolo 1, comma 2, Legge n. 801/1977.

36 Almeno in un caso, divenuto conoscibile perché fu oggetto di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato di fronte alla Corte Costituzionale, ciò è certamente accaduto. In quella vicenda – denominata da tutti “il caso di Villa la Certosa” – fu il Ministro dell’Interno ad apporre il segreto di Stato e non il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale non provvide personalmente neppure a confermarlo, delegando a ciò il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

37 Cifr. C. Mosca S., Gambacurta, G. Scandone, M. Valentini, I servizi di informazione e il segreto

di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè, Milano 2008.

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Corte Costituzionale, sentenza n 86 del 1977.

36 apposizione avrebbe invece natura amministrativa; lo stesso riferimento fatto dalla Corte doveva essere collegato alle direttive che il Presidente del Consiglio impartisce ai sensi dell’articolo 1 primo comma della l. n 801/1977, e non all’atto con il quale materialmente viene imposto il segreto. Tale secondo orientamento trovava sostanzialmente il suo fondamento nella notazione che il potere di dichiarare il segreto di Stato non fosse limitato al solo Presidente del Consiglio dei Ministri ma anche ad altri soggetti40

3.2.1. Il ruolo centrale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nella legge n. 801/1977

Anche se quindi la legge non aveva attribuito al Presidente del Consiglio l’esclusività del potere di segretazione41, gli aveva comunque conferito un

ruolo centrale in materia di servizi di informazione, in maniera pienamente conforme a quanto sostenuto dalla giurisprudenza costituzionale. Ai sensi dell’articolo 1, primo comma, erano infatti ad esso attribuite «l’alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza nell’interesse e per la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento42».

A loro volta, i Ministri della difesa e dell’interno, dai quali dipendevano per l’appunto il SISMI e il SISDE, erano in ogni caso vincolati alle direttive e alle disposizioni dello stesso Presidente del Consiglio.

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Cifr. C. Mosca S., Gambacurta, G. Scandone, M. Valentini, I servizi di informazione e il segreto

di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè, Milano 2008.

41 Nel paragrafo successivo vedremo come invece, di fronte a un’eventuale opposizione in giudizio del segreto di Stato al solo Presidente del Consiglio spettava confermarne l’esistenza.

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37 A sostegno di tale ruolo preminente, la legge n. 801 istituì inoltre un apposito organo presso la Presidenza del Consiglio, il Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS), con il compito specifico di assistere il Capo del Governo nell’esercizio delle sue funzioni in materia di politica informativa e di sicurezza.

L’articolo 3, al comma 2 così recita: «è compito del Comitato fornire al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai fini del concreto espletamento delle funzioni a lui attribuite dall’articolo 1, tutti gli elementi necessari per il coordinamento dell’attività dei Servizi previsti dai successivi articoli 4 e 6; l’analisi degli elementi comunicati dai suddetti Servizi; l’elaborazione delle relative situazioni. È altresì compito del Comitato il coordinamento dei rapporti con i servizi di informazione e di sicurezza degli altri Stati43»

Il CESIS era presieduto dallo stesso Presidente del Consiglio, il quale ne determinava anche la composizione; avrebbero dovuto essere chiamati a farne parte anche i direttori dei Servizi.

Con funzioni poi di tipo consultivo, fu costituito un Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (CIIS). Disciplinato dall’articolo 2 della legge, tale Comitato era composto dal Ministro per gli affari esteri e dal Ministro per l’interno, da quello di grazia e giustizia, da quello per la difesa, da quello per l’industria e per le finanze. Il Presidente del Consiglio avrebbe comunque potuto invitare a partecipare alle sedute altri Ministri, i direttori dei Servizi, autorità civili e militari ed esperti.

38 Infine lo stesso Comitato parlamentare di controllo (COPACO) vedeva nel Presidente del Consiglio il suo interlocutore preferenziale44.

3.3. L’atto di opposizione e la conferma del Segreto di Stato da parte