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Il self restraint della Corte: una giurisprudenza costante

CAPITOLO V: IL SISTEMA DEI CONTROLLI

2. Il sindacato della Corte Costituzionale

2.1. Le prescrizioni legislative in tema di segreto di Stato: la Corte come

2.1.1. Il self restraint della Corte: una giurisprudenza costante

La Corte tuttavia ha deciso di non utilizzare a pieno i nuovi strumenti normativi previsti per il giudizio sul segreto; la lettura che il giudice costituzionale fornisce delle disposizioni in materia introdotte con n. 124/2007 è piuttosto riduttiva. Probabilmente, la consapevolezza di intervenire in un settore così delicato, in cui gli stessi diritti e le stesse libertà fondamentali trovano un limite nelle esigenze di sicurezza nazionale, ha spinto il Giudice delle Leggi ad assumere, con una posizione che è rimasta constante nel tempo, un atteggiamento piuttosto misurato, talvolta addirittura quasi timoroso ed esitante.

In realtà, già nella sentenza n. 86/1977 la Corte aveva chiaramente lasciato capire che un sindacato come quello prospettato fosse precluso dal fatto che

131 la decisione di apporre il segreto di Stato costituiva un atto di natura politica, espressione di una valutazione ampiamente discrezionale e di conseguenza riservato al controllo del Parlamento.

Sembra corretto dire, tuttavia, che, in quel caso specifico, la Corte evidenziava sì la politicità dell’atto di segretazione ma al fine di affermare la preclusione di qualsiasi controllo nel merito da parte del giudice penale, e quindi da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria – autorità ben diversa rispetto a quella impersonata dal Giudice Costituzionale168.

Oggi dunque, la Corte ha scelto di non modificare il suo atteggiamento di riserbo (self-restraint appunto) neppure alla luce della nuova disciplina legislativa, che sembra invece individuare un’istanza di controllo non limitata alla verifica, dall’esterno, del formale rispetto delle procedure previste ma diretta invece ad affrontare il nocciolo del problema e quindi la verifica di tutto quanto detto fin ora.

Significativa in tal senso, la sentenza del n. 106/2009.

La Corte, pur non rinnegando le proprie competenze in sede di conflitto di attribuzioni, dichiara escluso qualsiasi sindacato «sull’esercizio in concreto del potere di segretazione, atteso che il giudizio sui mezzi ritenuti necessari o soltanto utili a garantire la sicurezza dello Stato spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri sotto il controllo del Parlamento. Non è quindi ipotizzabile […] un sindacato anche sulla proporzionalità del mezzo rispetto allo scopo». La Corte – precisa la sentenza – è semplicemente chiamata a valutare «la sussistenza o insussistenza dei presupposti del segreto di Stato

168

V. A. Anzon, Il segreto di Stato ancora una volta tra Presidente del Consiglio, autorità

132 ritualmente opposto e confermato, non già ad esprimere una valutazione di merito sulle ragioni e sul concreto atteggiarsi della sequenza rappresentata dall’apposizione/opposizione/conferma del segreto stesso; giudizio quest’ultimo riservato […] in sede politica al Parlamento».

Unico controllo possibile sulla motivazione dell’atto rimane pertanto quello del Parlamento, più volte ritenuto dal Giudice Costituzionale «la sede normale di controllo nel merito delle più alte decisioni e più gravi decisioni dell’Esecutivo».

La posizione assunta dalla Corte è stata ritenuta eccessivamente drastica169.

La politicità dell’atto non può escludere a priori il sindacato della Corte giacché la stessa svolge una funzione di controllo costituzionale che riguarda, nella stragrande maggioranza dei casi, atti tipicamente politici come la legge. Inoltre dal giudizio riguardante i conflitti di attribuzione non sono certamente esclusi gli organi dello Stato titolari di poteri politici.

Limitandosi, difatti, il giudizio della Corte alla verifica del rispetto formale delle procedure previste e non entrando nel merito di quelle che sono state le valutazioni governative e parlamentari sulla questione, escludendo quindi ogni possibile sindacato sulle motivazioni, sull’oggetto e sul rispetto dei limiti sostanziali della segretazione, lo strumento del conflitto di attribuzioni appare del tutto privato delle sue finalità. Anzi vi è di più, sembra quasi affermarsi, anche se in maniera del tutto implicita, la preminenza delle esigenze di sicurezza nazionale sul rispetto di ogni altro diritto o interesse.

169 Sulla questione cifr.A. Anzon Demmig, Il segreto di Stato ancora una volta tra Presidente del

Consiglio, autorità giudiziaria e Corte Costituzionale, in Giurisprudenza Costituzionale 2009, p.

1020. V. anche T. Giupponi, Servizi di informazione e segreto di Stato nella legge n. 124/2007, in Nuovi profili del segreto di Stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. Illuminati, Torino 2010.

133 Ogni reale possibilità di controllo della legittimità dell’utilizzo del segreto di Stato da parte dell’Autorità politica viene respinta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2012, la quale, quanto ai contenuti sostanziali, si pone sullo stesso piano delle precedenti170.

Ancora una volta la Consulta esclude in modo perentorio la facoltà di verificare la ragionevolezza della valutazione governativa circa la necessità della segretazione rispetto alla protezione degli altri interessi costituzionali in gioco.

È evidente che, quando qualcosa coinvolge una materia come quella del segreto di Stato niente si deve mai dare per scontato, data la sua delicatezza e data l’implicazione di alcuni interessi, quelli relativi alla sicurezza nazionale, una cui trattazione inesperta può risultare persino pericolosa.

Proprio per tali ragioni però del segreto deve esserne impedito ogni utilizzo strumentale diverso da quello legittimo e, a tal fine, si rende necessario un controllo che, non solo assicuri il rispetto meramente formale delle procedure, ma che valuti anche concretamente i motivi e le ragioni che l’Esecutivo ha posto a fondamento della decisione di ritenere prevalenti le esigenze di sicurezza nazionale su altri valori comunque costituzionalmente rilevanti e fondamentali per il nostro ordinamento.

Tale sindacato può essere esplicato benissimo in sede di un eventuale conflitto di attribuzione di fronte alla Corte, con l’adozione, sia chiaro, di tutte le cautele del caso. Il giudice costituzionale, bisogna ricordarlo, non può

170 V. A. Anzon Demmig, la Corte abbandona definitivamente all’esclusivo dominio dell’autorità

politica la gestione del segreto di Stato nel processo penale, sezione “Studi” di Consulta OnLine,

134 essere di certo paragonato a un’autorità giurisdizionale ordinaria; perché mai quindi, a conclusione di quanto detto fino ad ora, non dovrebbe essere consentito allo stesso di valutare se il bilanciamento, tra tutti i valori coinvolti, sia stato davvero equilibrato? D’altra parte il controllo di legalità e proporzionalità di un atto politico non può costituire un sindacato di merito politico, altrimenti come dovrebbe essere considerato anche il sindacato di ragionevolezza sulle leggi?

2.1.2. Villa «La Certosa»: un sindacato incompleto? L’ordinanza della