Per le ragioni suesposte, i lavori dell’Assemblea costituente in materia di finanza regionale non diedero dunque vita ad un dettato normativo chiaro e pregnante.
Così – come detto - l’art. 119 nella sua originaria formulazione si limita a prevedere, al comma 1, che “Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei
limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni”; il comma 2 sancisce che “alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali”; il comma 3 infine, per quanto
qui rileva, dispone che “per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per
valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali”72.
Sul possibile significato precettivo della generica – ma pur sempre assertiva - enunciazione di cui al comma 1, si è molto discusso.
Ci si è, in particolare, interrogati in dottrina su quali conseguenze giuridiche potessero derivare dall’affermazione, nei termini suesposti, di un principio costituzionale di autonomia finanziaria delle Regioni a statuto ordinario.
A riguardo, notevoli sono stati gli sforzi della scienza giuridica volti ad attribuire un significato giuridicamente apprezzabile all’affermazione secondo cui “Le Regioni
hanno autonomia finanziaria”.
Il panorama scientifico appare così, sul punto, vasto e caratterizzato da approcci differenti, che possono tuttavia essere ricondotti, in via di semplificazione, a due grandi prospettive.
72 L’art. 119 Cost. è completato dalla previsione di cui al comma 4, secondo cui “La Regione ha un
proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica”, ma l’argomento esorbita dalla prospettiva di indagine del presente lavoro.
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Secondo una prima prospettiva esegetica73, dal disposto dell’originario art. 119, comma 1, Cost. discendeva il potere, in capo alle Regioni ordinarie, di autodeterminare le proprie entrate e di riscuoterle su base regionale, con l’unico limite rappresentato dall’esigenza – a cui avrebbe provveduto la legge statale – di coordinare tali attività impositive con la finanza degli altri livelli di governo.
Sulla scia di questo approccio interpretativo, è stato sostenuto che i limiti apponibili – da parte del legislatore statale - all’autonomia finanziaria regionale, segnatamente sul fronte del potere di entrata74, coincidessero con quei “principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato”, richiamati dall’art. 117 Cost., all’interno
dei quali poteva esplicarsi, nel disegno originario del Titolo V parte II della Costituzione, l’autonomia legislativa regionale nelle materie a competenza concorrente. Secondo questa dottrina, il Costituente avrebbe dunque, con l’art. 119 Cost., codificato una potestà equivalente a quelle legislative di carattere concorrente di cui all’originario art. 117, comma 1, Cost., con la conseguenza che le disposizioni legislative statali di coordinamento - la cui sfera d’azione era da interpretarsi restrittivamente - non avrebbero potuto travalicare il confine proprio dei principi fondamentali o delle c.d. leggi cornice, secondo il medesimo schema delineato dal citato art. 117, comma 1, Cost. nel suo dettato originario.
Al fine di asseverare tale tesi, la medesima dottrina sottolineava poi che la Costituzione non si è limitata ad affermare genericamente il principio dell’autonomia finanziaria regionale, ma si è spinta “ben oltre”, nell’intento di ridurre la sfera di discrezionalità della fonte normativa sub-costituzionale, vincolando la medesima ad attribuire alle Regioni “tributi propri e quote di tributi erariali in relazione ai [propri]
bisogni … per le spese necessarie ad adempiere le .. funzioni normali” (comma 2).
73 La tesi è stata sostenuta, pur con diverse accezioni, da diversi autori. Si veda per tutti M. BERTOLISSI
in “L’autonomia finanziaria regionale” cit.; v. anche DE SIERVO, ORSI BATTAGLINI, SORACE, ZACCARIA in Rivista trimestrale, 1971, pagg. 727 e ss.; MORETTI, La potestà, pagg. 59 e ss.
74
L’autonomia finanziaria regionale viene solitamente declinata in due elementi: il potere autonomistico legato alla provvista (potestà impositiva) e quello legato all’utilizzazione dei mezzi finanziari (capacità di spesa). Cfr. F. MASTRAGOSTINO in S. BARTOLE, F. MASTRAGOSTINO, L. VANDELLI “Le autonomie territoriali” – Bologna - Il mulino – ed. 1991 pag. 320.
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Di talché questa dottrina rimarcava altresì la diversa profondità del rinvio operato dalla Costituzione alla fonte sub-costituzionale in materia di finanza delle Province e dei Comuni da una parte e delle Regioni dall’altra: nel primo caso, atteso il tenore letterale dell’originario art. 128 Cost.75
, sarebbe stata infatti legittima e ammissibile anche una legge ordinaria che avesse delineato un sistema finanziario interamente composto da trasferimenti statali vincolati, mentre nel secondo caso il legislatore statale sarebbe stato obbligato, alla luce del disposto dell’art. 119 Cost., a prevedere, accanto alle compartecipazioni ai tributi erariali, anche, necessariamente, specifici strumenti di autonomia tributaria (“tributi propri”) nella diretta disponibilità delle Regioni76.
Una parte della dottrina riconducibile al filone in trattazione77, inoltre, nella convinzione che dalla Costituzione derivasse ancor più significativa tutela delle prerogative finanziarie regionali, ha sostenuto che, ai sensi dell’originario art. 119 Cost., non vi fosse nemmeno l’esigenza della previa emanazione della legge statale di coordinamento – chiamata in primis a ripartire le materia imponibili tra Stato e Regioni – affinché le Regioni potessero esercitare il proprio potere di autodeterminazione delle entrate e dei tributi propri all’interno del territorio regionale78
.
All’approccio dottrinale sopra sinteticamente riportato, se ne è contrapposto tuttavia un altro che – giova anticiparlo –ha finito per prevalere tanto nella prassi normativa quanto nella giurisprudenza costituzionale.
75 Art. 128 Cost. (testo originario): “Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi
fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.”
76
Con riferimento a questo rilievo v. anche F. MASTRAGOSTINO in S.BARTOLE, F. MASTRAGOSTINO “Le regioni” - Bologna - Il mulino 1997pag. 272 e ss.
77Così si esprime in particolare, nel più significativo tentativo dottrinale di attribuire all’autonomia
finanziaria regionale una reale portata costituzionale, M. BERTOLISSI in “L’autonomia finanziaria regionale” cit. pag..346.
78
La tesi tuttavia, come si vedrà in seguito, è stata smentita dalla Corta costituzionale, che ex plurimis nella sent, 214/1987, ha affermato che “in mancanza di una legge statale che attribuisca alla regione un determinato tipo di tributo e delimiti il potere impositivo regionale riguardo ad esso, l’autonomia tributaria regionale non può legittimamente esplicarsi”.
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Infatti, sulla scorta di una diversa (e invero quasi opposta) prospettiva interpretativa, un’altra parte della dottrina79 ha invece sottolineato come il dettato dell’art. 119 comma 1 Cost. – e segnatamente l’espressione “nelle forme e nei limiti
stabiliti da leggi della Repubblica” – diverga in realtà da quello dell’art. 117 Cost. (nel
quale si parla solo di “principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato”) , dando dunque vita ad una forma di regolamentazione statale potenzialmente ben più pregnante ed invasiva rispetto a quella di cui alle materie legislative a competenza concorrente.
Sulla base di questo approccio ermeneutico, si è dunque sostenuto che dalle espressioni contenute nell’art. 119 – di cui si è, in questa prospettiva esegetica, notata la similitudine con quelle di cui all’art. 128 Cost. nella parte in cui, riferendosi all’estensione dell’autonomia riconosciuta a Province e Comuni, si afferma che essa si svolge nei limiti “dei principi fissati da leggi generali della Repubblica” – deriverebbe di fatto la rimessione al legislatore ordinario statale del compito di definire per intero il contenuto dell’autonomia finanziaria regionale – sub specie con riferimento ai poteri e alle facoltà di determinazione delle entrate - godendo dunque il medesimo legislatore centrale di vasta discrezionalità al riguardo.
Come si vedrà di seguito, nel contesto ordinamentale precedente alla riforma costituzionale del 2001, ha prevalso - tanto nella prassi legislativa quanto nella giurisprudenza costituzionale - questa seconda prospettiva esegetica, finendo l’autonomia finanziaria regionale per configurarsi come un principio affermato da fonti di rango costituzionale solo in termini generici e programmatici, la cui definizione
qualitativa e quantitativa è stata di fatto rimessa in toto, nella vigenza dell’originario
art. 119 Cost., alle scelte discrezionali del legislatore ordinario statale80.
79 L. PALADIN, La potestà, pagg. 208 e ss.; V. BARILE, Scritti di diritto costituzionale, pag. 51; L.
PALADIN, La potestà, pagg. 208 e ss.
80Peraltro si vedrà nel prosieguo del presenta lavoro come i termini del dibattito dottrinale sopra riportato
sono tornati di vivissima attualità anche a seguito dell’emanazione dell’art. 119 Cost. introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001.
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4. L’attuazione legislativa dell’originario art. 119 Cost. e la creazione di un