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Autonomia privata e libertà contrattuale

ENTI PUBBLICI DI RICERCA

L’AUTONOMIA CONTRATTUALE NEL SISTEMA DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

1. Autonomia privata e libertà contrattuale

Nel sistema giuridico italiano la caratteristica tipica del diritto dei contratti è l’autonomia dei consociati, dove “autonomia” si-gnifica attività e potestà di dare assetto ai propri rapporti e inte-ressi (1).

Nel campo del diritto privato, in particolare, la manifestazione principale di questa autonomia è rappresentata dal negozio giuri-dico, il quale va concepito quale atto di autonomia privata cui il diritto ricollega la nascita, la modificazione e l’estinzione di rap-porti giuridici fra privati (2).

(1) E.BETTI, voce Autonomia privata, in NDI, 1957, V, tomo II, 1559. (2) E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, ESI, 2002, 50-51. Specifica l’A. che, nella misura in cui l’autonomia privata è riconosciuta dall’ordine giuridico, essa non è chiamata a creare o ad integrare alcuna norma giuridica, ma solo a porre in essere l’ipotesi di fatto di una norma già esistente, dando vita fra i privati a quel rapporto giuridico che la norma stessa dispone.

L’autonomia contrattuale, definita come il potere del soggetto di disporre della propria sfera giuridica personale e patrimoniale, concede ai singoli una vasta gamma di libertà, tra le quali centrale è la libertà di dar vita a negozi atipici, cioè non appartenenti alle categorie espressamente previste dalla legge. Rispetto a tale liber-tà, il legislatore pone il limite positivo del perseguimento di «in-teressi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico» (ex articolo 1322, secondo comma, c.c.). Le parti possono dunque coniare tipi negoziali nuovi, combinare quelli già esistenti (nego-zi misti, ad es. contratto di posteggio), o usare questi ultimi per finalità diverse da quelle suggerite dalla legge (negozi indiretti), purché non in contrasto con essa.

Il riconoscimento di effetti giuridici anche ai contratti atipici deriva dalla inadeguatezza, di fronte alle mutate esigenza dei traf-fici economici, dei mezzi giuridici offerti dalla legge. La com-plessità dei moderni traffici giuridici nel campo economico-commerciale, infatti, non sempre consente alle parti di soddisfare i loro interessi e di regolare compiutamente i lori rapporti utiliz-zando esclusivamente i contratti tipici, ovvero quei contratti già previsti e disciplinati dalla legge (3).

L’autonomia privata assume particolare rilievo nel sistema della ricerca scientifica e tecnologica, sistema nel quale negli ul-timi anni si è andata in special modo moltiplicando l’adozione di strumenti contrattuali allo scopo di promuovere il progresso scientifico e tecnologico. Il progredire delle figure di contratto innominato è dovuto soprattutto al nascere di nuovi bisogni eco-nomici: quanto più è ricco lo sviluppo della vita economica, tanto maggiore è il numero delle nuove figure contrattuali. Ed è appun-to a questa esigenza che risponde l’introduzione nella prassi del c.d. contratto di ricerca, schema contrattuale che, pur avendo da tempo assunto nella pratica una caratterizzazione e struttura pro-pria, non è ancora stato sottoposto all’opera di tipizzazione da parte del legislatore. Il contratto di ricerca, infatti, pur essendo un contratto ormai ampiamente diffuso al punto da possedere un

Soltanto in questo senso può dirsi riconosciuta ai privati dall’ordinamento giu-ridico una competenza dispositiva, e non già nel senso che l’ordine giugiu-ridico deleghi loro una porzione della competenza normativa trasformandoli così in organi propri.

proprio nomen nella prassi del traffico, non è organicamente di-sciplinato dal Codice civile, che non lo prevede tra i tipi espres-samente regolati, né dalle leggi speciali, che si limitano a men-zionarlo e a regolarne alcuni aspetti particolari; per tale motivo, l’opinione dominante in dottrina lo qualifica come un contratto atipico (4).

Il nomen “contratto di ricerca”, in via generale, sottende quel-la vasta categoria di accordi economici, sorti spontaneamente nel-la prassi, mediante i quali un soggetto (detto committente) affida ad un altro soggetto (detto ricercatore) l’incarico di svolgere un’attività di ricerca scientifica più o meno complessa, dietro cor-rispettivo e senza alcun vincolo di subordinazione.

Tuttavia, come vedremo meglio successivamente, sotto il me-desimo nomen si colloca una serie di tecniche negoziali che la dottrina specialistica è solita raggruppare in due categorie: le c.d. commesse di ricerca, dette anche conto terzi, ed i contratti c.d. di promozione della ricerca. Il discrimen fra le due fattispecie nego-ziali risiederebbe nello scopo del negozio, in quanto i primi sa-rebbero destinati a commissionare l’attività di ricerca ad un sog-getto determinato nell’interesse del committente stesso, mentre i secondi avrebbero lo scopo di promuovere la ricerca scientifica nell’interesse dell’intera collettività, e quindi non per particolari scopi del soggetto committente.

Analizzeremo nei capitoli che seguono l’origine, la qualifica-zione e la disciplina di questo contratto; qui basti dire che l’autonomia contrattuale delle parti ha una diversa operatività in base alla tipologia di contratto presa in considerazione. In partico-lare, nelle commesse di ricerca affidate dall’amministrazione sta-tale o da altri enti pubblici, nonché nei contratti di promozione stipulati dai soggetti cui sia per legge attribuito il ruolo di “pro-motore”, non si può in principio parlare di atipicità in quanto il relativo contratto è disciplinato, seppure parzialmente, da una legge speciale; diverso è per le commesse che intervengono fra un’impresa ed una università o altro ente o istituto di ricerca ove, in assenza di una specifica disciplina legislativa, la determinazio-ne contrattuale è libera e l’autonomia privata, salvo l’osservanza dei principi di ordine pubblico, trova largo spazio.

(4) M.BESSI, Risoluzione e recesso nel contratto di ricerca, in G.DE N O-VA (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, Giuffrè, 1994, 572.

Prima di concentrarci sull’oggetto principale di questa secon-da parte del volume, concernente il contratto di ricerca e l’analisi delle clausole in esso contenute, è utile analizzare il contesto dal quale tale strumento trae origine e nel quale viene maggiormente adoperato. A tal fine, dopo aver dato conto della nozione di “ri-cerca” come attività diretta all’avanzamento delle conoscenze, ci si soffermerà brevemente sull’organizzazione della ricerca scien-tifica in Italia e sugli attori principali in essa coinvolti, ovvero le istituzioni di ricerca, esaminando le norme che legittimano l’autonomia contrattuale degli enti pubblici di ricerca (EPR) nel campo della ricerca scientifica e tecnologica. Infine, accenneremo ad alcune tra le principali problematiche di diritto privato scatu-renti dall’attività di ricerca e, in particolare, a quella relativa all’appartenenza dei risultati della ricerca stessa.