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3.4 Scelta dei commerciali

3.4.3 Azionamento

La movimentazione del motore per la foratura ha comportato innanzitutto la scelta del mec- canismo da applicare per ottenere l’azionamento desiderato.

Il requisito pi`u banale, gi`a trattato a sufficienza nei paragrafi precedenti, `e il limite che `e necessario imporre sulle dimensioni dell’azionamento. Inoltre, perch´e questo sia in grado di portare a termine l’operazione di foratura, `e necessario che rispetti un altro specifico vincolo che riguarda il carico massimo che `e in grado di sopportare: essendo quella in oggetto una la- vorazione che agisce nella stessa direzione della gravit`a, la forza peso va sommata allo sforzo di taglio per ricavare la forza necessaria per la foratura. Si `e stimata una massa di 30 kg equiva- lente allo sforzo di taglio dunque, sommando ad essa circa 5 kg di componenti, la massa totale da sollevare `e risultata di 35 kg, che equivalgono ad un carico di quasi 350 N approssimando per eccesso.

La strada pi`u semplice avrebbe richiesto l’utilizzo di un attuatore lineare elettrico, un di- spositivo in grado di trasformare il moto rotatorio di un motore nel moto lineare da trasmettere alla parte azionata. Questo componente comprende gi`a in s´e tutte le parti necessarie per otte-

attuatore adatto allo scopo, non sono stati trovati risultati adatti. Il problema principale `e stato anche in questo caso l’ingombro ridotto necessario per la realizzazione del dispositivo: anche nelle configurazioni pi`u compatte dei modelli che rispettavano i requisiti tecnici indispensabili per la foratura, l’attuatore si `e rivelato essere sempre una soluzione di dimensioni eccessive.

Ecco perch´e si `e preferito invece optare per il montaggio dell’azionamento pezzo per pez- zo. Sono stati valutati una vite a ricircolo di sfere e un accoppiamento pignone-cremagliera, come suggerito dalle bozze che troviamo nelle figure 3.4, 3.5 e 3.6. La scelta di utilizzare una combinazione tra ruote dentate e vite a ricircolo `e giustificata proprio da queste, in quanto nel primo e nel secondo caso non sono state trovate soluzioni che rientrassero nei limiti d’ingom- bro previsti. Secondo la soluzione adottata, dunque, il moto viene trasmesso dal motore con funzione asse all’ingranaggio, dall’ingranaggio alla vite e dalla vite (o meglio, dalla chiocciola) al motore su cui viene fissata la punta elicoidale.

Figura 3.10: Struttura di una chiocciola per vite a ricircolo di sfere

La “base” del meccanismo `e dunque una vite a ricircolo di sfere. Le unit`a viti a sfere sono elementi di trasmissione a contatto volvente per la conversione del moto rotatorio in moto lineare. Lavorano con un grande livello di precisione e sono adatte per applicazioni ad alte velocit`a, ma possono sorreggere solo carichi assiali. Sono composte dalla vite vera e propria e

da una chiocciola che scorre su di essa, della quale si pu`o osservare la struttura in figura 3.10. `E composta da: un corpo (1) che contiene i restanti componenti, una serie di corpi volventi (2), due pastiglie di ricircolo (3), anelli di fissaggio per le pastiglie (4), guarnizioni per proteggere il meccanismo (5), un canale di ricircolo (6) e una zona di carico (7). La conversione del moto ro- tatorio in moto lineare avviene in concomitanza con il rotolamento delle sfere nella madrevite della chiocciola. Il movimento di queste `e possibile grazie ad una superficie di rotolamento a spirale ricavata su di un albero. Il circuito dei corpi volventi per una chiocciola `e composto dalla cosiddetta zona di carico e dalla corsa di ricircolo, il cui funzionamento `e esplicitato in fi- gura 3.11: nella zona di carico i corpi volventi trasferiscono le forze assiali fra vite e chiocciola, mentre nella corsa di ricircolo le sfere vengono unicamente condotte nella zona di carico.

Figura 3.11: Principio di funzionamento dei corpi volventi

Cercando sul mercato i modelli pi`u ridotti di viti, i migliori sono risultati quelli della serie miniaturizzata della Bosch, proprio perch´e aventi diametro molto piccolo, che parte da un valore di 6 mm per il modello FEM-E-B (il pi`u piccolo). Questo `e stato scartato per`o, in quanto

`e risultato un fattore di sicurezza di carico statico S0circa pari a 3. Infatti: S0 = C0 F0max = 1020 N 350 N = 2.9

C0 `e il fattore di carico statico fornito da catalogo (per un passo P = 2 mm) e F0max `e il

carico statico assiale massimo che deve sopportare la vite durante la lavorazione. Secondo il produttore S0 non deve essere inferiore a 4. Calcoliamo dunque il fattore di sicurezza per il

diametro successivo, pari a 8 mm: S0 =

C0

F0max

= 2650 N 350 N = 7.6

Questa sembra essere una buona soluzione per il progetto. Come passo, tra le opzioni offerte dalla Bosch, `e stato scelto il pi`u ampio (P = 5mm) in modo da aumentare la velocit`a di avanzamento a parit`a di giri al minuto. La lunghezza della parte filettata, invece, `e stata decisa in seguito in base allo spazio disponibile per la corsa del motore.

Figura 3.12: Chiocciola singola flangiata FEM-E-B

Prima di passare al componente successivo `e stato calcolato il numero di giri necessario per far muovere l’utensile ad una velocit`a di avanzamento vav fissa. Questa `e stata scelta

in prima approssimazione pari a 3 m/min: `e uno dei valori pi`u bassi tra quelli utilizzati in azienda in quanto, per il genere di applicazione considerato, non `e necessario che la foratura sia portata a termine velocemente. Questo perch´e su un top da cucina ci sono pochi fori di quel tipo da praticare, e il tempo richiesto per eseguirli sar`a comunque inferiore rispetto a quello necessario per le lavorazioni dall’alto, pi`u elaborate e in quantit`a maggiori. Cos`ı facendo si abbassa il rischio di rovinare il foro ottenuto. Con queste premesse, il numero di giri a cui

dovr`a ruotare la vite a ricircolo sar`a: n = vav

P =

3 m/min

5 · 10−3m = 600 rpm

L’altro componente commerciale principale da scegliere per completare l’azionamento `e il motore che ha la funzione di ”attivarlo”, ovvero quello che sar`a responsabile del movimento dell’utensile lungo l’asse Z della macchina. Rispetto al motore che lo mette in rotazione, questo pu`o essere meno performante. `E stato pi`u semplice dunque trovarne uno adatto, cercando tra quelli gi`a utilizzati in azienda in modo che questa, quando andr`a a concretizzare il progetto, non avr`a bisogno di nuovi marchi e nuovi fornitori. Le alternative che hanno risposto meglio alle esigenze di progetto sono state il NEMA 17 (marchiato Schneider) e il B40 (marchiato Hi- teco): si tratta rispettivamente di un motore passo passo con elettronica integrata e un motore brushless con azionamento e riduttore integrati. Il secondo tra i due, in particolare, `e stato proposto in quanto `e anche il componente responsabile della movimentazione delle barre del piano di lavoro lungo gli assi X e Y. Risulta dunque il pi`u comodo da collegare al macchina- rio, perch´e quest’ultimo `e gi`a predisposto per il suo funzionamento. In conclusione, seguendo questo ragionamento logico `e stato scelto il B40.

Figura 3.13: Motore brushless Hiteco B40

Si tratta di un motore con riduzione integrata, come gi`a accennato, prodotto con pi`u ver- sioni di riduzione: 1:6.25, 1:32 e 1:64. Di queste tre opzioni `e stata scelta la prima, in quanto l’unica in grado di arrivare al numero di giri richiesto, ovvero 600 rpm. In base a questo, osser-

soddisfa i requisiti di progetto. Calcoliamo la coppia richiesta per l’avanzamento e la potenza assorbita dalla lavorazione:

Ca= F · P 2π · η = 350 N · 5 · 10−3m 6.28 · 0.7 = 0.40 N m Pt = Ca· n · 2π 60 = 0.40 N m · 600 rpm · 2π 60 = 25.3 W

L’unica grandezza non ancora trattata presente in queste formule `e η, ovvero il rendimento della vite a ricircolo. Il catalogo della Bosch suggerisce per esso un valore di 0.9, trattandosi di dispositivi molto performanti, ma in questi calcoli `e stato abbassato a 0.7 perch´e le prestazioni della vite calano quando `e caricata.

Figura 3.14: Caratteristica di coppia del B40 con riduzione 1:6.25

Osservando i risultati dei calcoli e il grafico della caratteristica di coppia, sembra che il motore in oggetto non sia in grado di fornire una coppia adeguata al numero di giri prefissato. Va considerato, per`o, che tra motore e vite a ricircolo verr`a inserito un ingranaggio per la trasmissione del moto, dunque `e possibile ottenere una velocit`a di rotazione pi`u elevata a valle di questo, tarando appositamente il rapporto di trasmissione tra le ruote dentate in modo da ottenere il numero di giri desiderato. Utilizzare il B40 comporta un vantaggio notevole in termini di funzionamento in macchina, per cui `e preferibile non cercarne un sostituto, mentre per quanto riguarda la vite a ricircolo, aumentarne il diametro allo step superiore (ovvero 12 mm) comporterebbe un ingombro maggiore rispetto a quello attuale, mentre l’obiettivo `e

quello di ridurlo il pi`u possibile. Per cui si utilizzer`a l’ingranaggio per risolvere il problema, come vedremo nei paragrafi successivi.

Riassumendo, confermiamo un azionamento cos`ı composto: vite a ricircolo con diametro 8 mm e passo 5 mm e B40 con riduzione 1:6.25. Il montaggio verr`a discusso pi`u avanti, insieme ai collegamenti con il resto dei componenti.

3.4.4 Guida lineare

Le guide lineari esistono in diverse versioni e dimensioni. Si `e scelto di partire da un sistema di guida su rotaie profilate, riprendendo l’idea del caso studiato nei paragrafi precedenti. Questi sistemi sono utilizzati per tutte quelle applicazioni che necessitano di elevata precisione, bassa manutenzione, bassa usura e basso attrito, per realizzare un posizionamento accurato e preciso.

Figura 3.15: Guida lineare su rotaia profilata

Le guide lineari su rotaie profilate sono composte essenzialmente da una rotaia e da un pattino, indicati rispettivamente con i numeri 1 e 2 in figura 3.15. Similarmente alle viti a ricircolo, il pattino `e composto da diverse parti tra le quali uno o pi`u circuiti di corpi volventi in ricircolazione tra una zona di carico e una di ricircolo, rispettivamente indicate con 3 e 4 in figura 3.16. Nella zona di carico i corpi volventi trasmettono il carico dal pattino alla rotaia e viceversa, mentre nel canale di ricircolo i corpi volventi non sono sottoposti a carico ma

vengono solo guidati verso la zona di carico. La ricircolazione dei corpi volventi permette di realizzare corse illimitate.

Figura 3.16: Ricircolo dei corpi volventi per guide a sfere su rotaia

Una parte fondamentale `e il corpo del pattino con le sue piste di rotolamento temprate. I corpi volventi sono normalmente realizzati in acciaio per cuscinetti e sono in contatto volvente con i pattini e le rotaie. I frontali di ricircolo contengono le parti che guidano i corpi volventi in ricircolo ed inoltre alloggiano le guarnizioni, che impediscono l’ingresso di sporcizia o polvere da ogni lato del pattino. La lubrificazione dei pattini avviene tramite raccordi di lubrificazione presenti nei frontali di ricircolo assicurando in questo modo la funzionalit`a delle guide. Anche la rotaia, come i pattini, `e dotata di piste di rotolamento temprate.

La scelta della guida lineare `e ricaduta ancora su un accoppiamento pattino-rotaia marchia- to Bosch, in quanto `e disponibile un catalogo a parte per le ”miniguide” a sfera su rotaia (guide miniaturizzate con due ricircoli di sfere) che sembra rispondere alle esigenze di progetto. Nello specifico, per quanto riguarda il modello da scegliere e le sue dimensioni, per prima cosa si `e cercato di capire quale fosse il pi`u proporzionato all’oggetto da muovere e all’applicazione tutta. La versione larga, piuttosto che quella standard, sembra garantire maggior stabilit`a e minor rischio di rottura, quindi si `e puntato a quella (pattino R0443 e rotaia R0455). Anche in questo caso `e stato valutato il fattore di sicurezza di carico statico, calcolato per quella che viene reputata la dimensione pi`u adatta, la 15.

S0 =

C0

F0max

= 8610 N

350 N = 24.6

3 m/s, un valore nettamente superiore a quello necessario per la foratura, quindi `e possibile confermare anche questo componente.

Figura 3.17: Versione larga della miniguida

3.5 Componenti a disegno

3.5.1 Ruote dentate

Un ingranaggio `e indispensabile per la trasmissione del moto all’interno dell’azionamento, dal B40 alla vite a ricircolo. I parametri delle ruote dentate devono essere calcolati specificatamen- te per questa applicazione e i pezzi creati da zero, in quanto non ne sono stati trovati di adatti tra i componenti gi`a utilizzati in azienda. Ci`o sar`a possibile, nel momento in cui si passer`a alla produzione, grazie ad un fornitore con cui l’azienda `e gi`a in contatto che svolge esattamente questo lavoro.

In figura 3.18 troviamo le grandezze che definiscono una ruota dentata, delle quali elen- chiamo e definiamo le pi`u importanti. Il diametro di fondo, o di piede, limita inferiormente la base dei denti mentre quello esterno, o di testa, limita esternamente la sommit`a dei denti. Il contatto dei denti avviene lungo la circonferenza primitiva, e il tratto di questa compreso tra due denti consecutivi si chiama passo. Il parametro pi`u importante necessario per definire una ruota dentata rimane per`o il modulo M, ovvero il rapporto tra il diametro primitivo Dp

sagoma, l’altezza e la larghezza dei denti dipendono dal modulo) e perch´e la condizione per un accoppiamento tra due ruote dentate `e che queste abbiano il medesimo modulo. Infine ab- biamo il rapporto di trasmissione i, che caratterizza il trasferimento del moto, definito come il coefficiente di moltiplicazione o riduzione della velocit`a di rotazione in una coppia di ruote dentate o di pulegge che si trasmettono il movimento.

Figura 3.18: Geometria delle ruote dentate

Per quanto riguarda la forma delle ruote dentate che trasmetteranno il moto all’interno dell’azionamento, ci si `e ispirati a pezzi gi`a utilizzati in azienda nei piani a barre per i CNC. In figura 3.19 troviamo i modelli CAD creati per le due ruote, delle quali si rende noto che per semplicit`a di elaborazione grafica non vengono mostrati i singoli denti lungo il diametro, approssimati con una circonferenza. La prima ruota, che dovr`a essere fissata sul B40, possiede un foro interno che consente ad essa un accoppiamento diretto con l’albero del motore. La seconda, invece, non `e cava e termina con un albero che permetter`a un collegamento con la vite a ricircolo tramite giunto elastico. Si tratta in entrambi i casi di ruote a denti dritti con un angolo di pressione di 20°, il valore prescritto dalle norme UNI.

Mostriamo ora il procedimento seguito per la progettazione delle due ruote. Innanzitutto `e stata scelta la velocit`a di rotazione a monte dell’ingranaggio, ovvero quella a cui dovr`a fun- zionare il B40. Osservando la sua caratteristica di coppia (figura 3.14) si nota che il numero

Figura 3.19: Modello CAD delle ruote dentate progettate

di giri pi`u elevato che riesca a fornire la coppia massima si aggira attorno ai 450 rpm. Questa viene assunta come velocit`a della prima ruota dentata, mentre per la seconda si mantengono i 600 rpm calcolati in precedenza nel paragrafo che tratta l’azionamento. Per poter procedere con i calcoli `e necessario anche stabilire a priori il numero di denti della prima ruota e il mo- dulo di entrambe. Lo spazio va minimizzato, quindi il numero di denti deve essere il pi`u basso possibile. Dopo qualche prova di calcolo e di modellazione sul CAD, per valutare le dimen- sioni minime consentite dai vincoli geometrici della ruota (il foro interno deve avere lo stesso diametro dell’albero del motore), `e stato scelto un numero di denti pari a 32. `E stato adottato inoltre un modulo di 1.5, similmente ad altri componenti studiati. Vediamo ora i calcoli effet- tuati per la progettazione, nei quali si indica con il pedice 1 la ruota motrice fissata sul B40 e con il pedice 2 la ruota condotta, ovvero quella direttamente collegata alla vite a ricircolo di sfere. Le sigle scelte per indicare le variabili fanno riferimento alla figura 3.18.

p = π · M = π · 1.5 mm = 4.71 mm i = n1 n2 = 450 rpm 600 rpm = 0.75 z2 = z1· i = 32 · 0.75 = 24 Dp1 = M · z1 = 1.5 mm · 31 = 48 mm

De1 = Dp1+ 2 · M = 48 mm + 3 mm = 51 mm De2 = Dp2+ 2 · M = 36 mm + 3 mm = 39 mm Df 1= Dp1− 2.5 · M = 48 mm − 3.75 mm = 44.25 mm Df 2= Dp2− 2.5 · M = 36 mm − 3.75 mm = 32.25 mm a1 = a2 = a = M = 1.5 mm d1 = d2 = d = 1.25 · M = 1.88 mm h1 = h2 = h = a + d = 3.38 mm

Questi sono i parametri geometrici che definiscono le due ruote. `E stata calcolata anche la coppia Cv che agisce sulla vite a ricircolo, conoscendo la coppa massima del motore Cm:

Cv = Cm· i = 1.25 N m · 0.75 = 0.94 N m

Questa serve per verificare che la coppia fornita sia sufficientemente elevata per l’appli- cazione in esame. Infine `e stato calcolato l’interasse I di funzionamento, per capire a quale distanza posizionare le due ruote tra loro:

I = Dp1+ Dp2 2 =

48 mm + 36 mm

2 = 42 mm

3.5.2 Carter

Il carter `e l’involucro in metallo rigido che racchiude e protegge gli organi meccanici in movi- mento del nostro gruppo operatore. Banalmente ha anche la funzione di nasconderli per una questione di estetica, per dare al prodotto una linea gradevole alla vista. Inoltre `e utile per raccogliere i cavi in ingresso ai vari componenti: `e infatti possibile fissare una morsettiera sul lato interno dello stesso per favorire i collegamenti elettrici.

Sono state elaborate e valutate diverse configurazioni per questo oggetto: si `e pensato di utilizzarlo per coprire solo una parte dei componenti, quella relativa all’azionamento, di suddividerlo in due parti separate, una per il lato sinistro del dispositivo e una per il lato destro, o anche di dare ad esso la forma di una semplice lastra piana, per la quale un’estensione del telaio avrebbe costituito un appoggio. Il requisito pi`u importante in questo caso `e che il

prodotto, a colpo d’occhio, goda di un aspetto gradevole e pulito, ed `e in base a questo che `e stata effettuata la scelta finale, ovvero un carter che ”avvolga” i componenti interni per intero. `E costituito da due parti in lamiera saldate tra loro, come mostrato in figura 3.20: una (la pi`u piccola) che si affaccia sulla barra del piano di lavoro e l’altra che “gira attorno” ai componenti del gruppo. L’idea di fare in modo che fosse composto da un unico pezzo di lamiera saldato solo da un lato `e stata scartata, in quanto con due componenti separati si preserva la simmetria e si ottiene quindi un’estetica migliore, influendo in modo trascurabile sul costo dell’oggetto.

Figura 3.20: Modello CAD del carter progettato

La lamiera con cui verr`a fabbricato il carter `e stata proposta in alluminio traforato, in modo da alleggerire ulteriormente il peso da trasportare avanti e indietro lungo le barre del piano di lavoro. `E stato scelto per essa uno spessore di 1.5 mm, dopo aver analizzato altre lastre

metalliche con funzioni analoghe all’interno di diversi progetti. Il raggio di curvatura adottato per le pieghe della lamiera `e stato deciso in base allo spessore di questa, perch´e le lavorazioni modellate sul CAD siano effettivamente fattibili nella realt`a. Ne `e stato stimato infatti un valore minimo pari a 1.5 mm.

La parte superiore del carter `e stata inclinata per favorire lo scivolamento del truciolo in quanto una superficie piana, parallela al terreno, ne provocherebbe invece l’accumulo. Per lo stesso motivo, ovvero per permettere al truciolo di cadere verso il basso, il carter rimane aperto sul lato inferiore. Ci`o risulta utile anche per consentire al motore per la foratura di scendere il pi`u in basso possibile in posizione di off.

Un’altra scelta di progetto da evidenziare `e che la lamiera piana che chiude l’oggetto sul lato della barra non sar`a a filo con il telaio, una volta montata su di esso, ma risulter`a piuttosto un po’ incassata. Si `e preferito infatti imporre una luce di 5 mm tra il carter e la barra del piano di lavoro per evitare strisciamenti, poich´e gli oggetti in lamiera non sono mai prodotti con strette tolleranze di lavorazione. L’altezza del carter `e stata scelta in modo da contenere sia il motore STK con la rispettiva coprimorsettiera che – soprattutto – i connettori e i cavi del B40, che ne hanno dettato la dimensione.

Trattiamo infine l’uscita dei cavi. Il rischio di farli scendere in verticale `e che potrebbero scontrarsi con il supporto delle barre del piano di lavoro. Dall’altro lato, farli uscire orizzon- talmente comporterebbe un rischio di interferenza con il meccanismo dei vari componenti, vite a ricircolo in particolare, sul lato interno del carter. Si `e pensato dunque di scegliere una direzione obliqua, inclinando il lembo inferiore del carter, ma ci`o non `e stato possibile per una questione di spazi, in quanto in quel caso non ci sarebbe posto a sufficienza per contenere i connettori del B40. Per cui si `e tornati alla seconda ipotesi optando per un’uscita orizzontale dei cavi, la meno problematica.

3.5.3 Telaio

Secondo il brevetto, e anche a rigor di logica, all’interno del dispositivo `e necessaria una strut- tura che sorregga tutti i vari componenti. Un telaio, appunto. Il profilo a “L” citato all’inizio della trattazione `e stata l’idea di partenza, modificata in seguito passo dopo passo in base alle

plicata. Innanzitutto il telaio deve presentare fori e scavi per l’inserimento e il montaggio di

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