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Applicazione di gruppi operatori su piano a barre motorizzato

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Academic year: 2021

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Scuola di Ingegneria

C.d.L. Magistrale in Ingegneria Robotica e dell’Automazione

Tesi di Laurea Magistrale

Applicazione di gruppi operatori

su piano a barre motorizzato

Relatrice:

Prof.ssa Lucia Pallottino

Candidata:

Erica Masini

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Indice

Introduzione 1

1 Analisi di mercato 3

1.1 Centri di lavoro e piano a barre . . . 3

1.2 Brevetto . . . 7 1.3 Lavorazione su top . . . 9 2 Concetti teorici 15 2.1 Meccanica . . . 15 2.1.1 Legno . . . 15 2.1.2 Foratura . . . 17 2.1.3 Forze di taglio . . . 19

2.1.4 Problemi della foratura . . . 21

2.2 Automazione . . . 23 2.2.1 PLC . . . 23 2.2.2 BUS e CAN . . . 27 2.2.3 CANopen . . . 29 3 Progettazione 32 3.1 Obiettivi . . . 32

3.2 Studio di applicazioni simili . . . 34

3.3 Sviluppo della struttura . . . 36

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3.4.1 Utensile . . . 41

3.4.2 Motore per la foratura . . . 43

3.4.3 Azionamento . . . 47 3.4.4 Guida lineare . . . 53 3.5 Componenti a disegno . . . 55 3.5.1 Ruote dentate . . . 55 3.5.2 Carter . . . 58 3.5.3 Telaio . . . 60 3.5.4 Modifiche STK . . . 64 3.6 Montaggio . . . 67 3.6.1 Montaggio azionamento . . . 67

3.6.2 Montaggio gruppo operatore . . . 74

4 Studio di fattibilit`a 80 4.1 Stima dei costi . . . 80

4.2 Layout di macchina . . . 83

4.3 Specifica di funzionamento . . . 86

4.4 Algoritmo di ottimo . . . 91

4.5 Vantaggi e svantaggi . . . 94

Conclusioni 97

A Complessivo del gruppo operatore 98 B Gruppo operatore su piano a barre 99

Bibliografia 101

(4)

Elenco delle figure

1.1 Logo SCM Group . . . 3

1.2 Schema di funzionamento di un CNC . . . 4

1.3 Centro di lavoro Morbidelli M800 . . . 6

1.4 Piano di lavoro a barre TV FLEX MATIC . . . 7

1.5 Disegno allegato al brevetto . . . 8

1.6 Dettaglio del disegno allegato al brevetto . . . 9

1.7 Schema di montaggio della giunzione tra top . . . 10

1.8 Quote per la lavorazione su top . . . 10

1.9 Esempio di cucina modulare . . . 11

1.10 Disegno della testina angolare Weldon . . . 12

1.11 Sequenza di montaggio della giunzione tra top . . . 14

2.1 Tipi di punte elicoidali . . . 17

2.2 Struttura della punta elicoidale . . . 18

2.3 Forze di taglio e angoli di spoglia . . . 20

2.4 Effetto della delaminazione . . . 23

2.5 Esempio di PLC (SIMATIC S7-1200) . . . 25

2.6 Interazione tra PLC e campo . . . 26

2.7 Struttura di un PLC . . . 27

2.8 Riduzione del cablaggio grazie al CAN . . . 28

2.9 Struttura di un dispositivo CANopen . . . 29

3.1 Gruppo operatore per bordatrici . . . 34

(5)

3.3 Diagramma a blocchi di una macchina generica . . . 36

3.4 Prima bozza della struttura . . . 38

3.5 Seconda bozza della struttura . . . 39

3.6 Terza bozza della struttura . . . 40

3.7 Punta levanodi BSP . . . 42

3.8 Motore sincrono Elte STK21 6.5/2 . . . 45

3.9 Risultati del test di foratura su MDF . . . 46

3.10 Struttura di una chiocciola per vite a ricircolo di sfere . . . 48

3.11 Principio di funzionamento dei corpi volventi . . . 49

3.12 Chiocciola singola flangiata FEM-E-B . . . 50

3.13 Motore brushless Hiteco B40 . . . 51

3.14 Caratteristica di coppia del B40 con riduzione 1:6.25 . . . 52

3.15 Guida lineare su rotaia profilata . . . 53

3.16 Ricircolo dei corpi volventi per guide a sfere su rotaia . . . 54

3.17 Versione larga della miniguida . . . 55

3.18 Geometria delle ruote dentate . . . 56

3.19 Modello CAD delle ruote dentate progettate . . . 57

3.20 Modello CAD del carter progettato . . . 59

3.21 Montaggio del pattino . . . 61

3.22 Soluzione con scanalatura . . . 61

3.23 Modello CAD del telaio progettato . . . 62

3.24 Versione modificata del motore STK 6.5/2 . . . 64

3.25 Base del motore con nuovi fori e scavi laterali . . . 65

3.26 Curve di coppia e potenza del motore Elte . . . 66

3.27 Cuscinetto obliquo a doppia corona di sfere . . . 68

3.28 Coperchio per il cuscinetto della vite a ricircolo . . . 70

3.29 Ghiera di bloccaggio di precisione . . . 71

3.30 Giunto a soffietto in miniatura . . . 71

3.31 Cuscinetto radiale a una corona di sfere . . . 73

(6)

3.33 Posizione di pattini e perno sul telaio . . . 76

3.34 Piastra per trasmissione del moto dalla chiocciola alla guida . . . 76

3.35 Gruppo operatore completo . . . 78

3.36 Gruppo operatore montato sulla barra . . . 79

4.1 Layout modificato con sei barre . . . 83

4.2 Layout modificato con otto barre . . . 84

(7)

Elenco delle tabelle

1.1 Caratteristiche tecniche della Morbidelli M800 . . . 5

2.1 Costante di truciolabilit`a per diversi tipi di legno . . . 22

2.2 Definizioni degli indici per il dizionario degli oggetti . . . 30

3.1 Estratto dei test di foratura studiati . . . 43

3.2 Specifiche tecniche di Elte STK21 6.5/2 . . . 45

(8)

Sommario

La tesi riguarda tutti gli aspetti della progettazione di un gruppo operatore destinato ai piani a barre per centri di lavoro (CNC) per la lavorazione del legno, secondo un brevetto sviluppato all’interno dell’azienda SCM Group. Nel caso in esame viene presa in considerazione una foratura, ma con le dovute modifiche il gruppo operatore potrebbe essere configurato anche per una fresa o altri utensili. Lo studio `e strutturato in modo da seguire nell’ordine l’intero iter della progettazione.

Nel primo capitolo infatti, a seguito di un’indagine di mercato, vengono presentati i mac-chinari compatibili con il gruppo operatore in esame, il brevetto all’origine del lavoro e le applicazioni a cui `e dedicato. Nel secondo capitolo vengono descritti i concetti base della la-vorazione sul legno e della movimentazione automatica delle macchine, fondamentali per una corretta comprensione degli argomenti sviluppati nella tesi. Nel terzo capitolo viene esposta la soluzione progettata e proposta per concretizzare il brevetto, dai componenti commerciali a quelli progettati ex-novo tramite CAD. Nel quarto capitolo vengono trattate la realizzazione e la movimentazione del pezzo, tra costi e inserimento in macchina, comprese un’analisi del funzionamento automatico della macchina stessa e le modifiche da implementare per poter installare il gruppo operatore.

Il prodotto finito sembra rispondere alle esigenze di progetto, ma si suggeriscono prototipi e test per l’implementazione di eventuali modifiche e miglioramenti.

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Introduzione

La presente tesi `e stata svolta all’interno dell’azienda SCM Group, che si occupa principalmente della produzione di macchine utensili per la lavorazione del legno e delle varie sfaccettature ad essa collegate. L’elaborato riguarda tutti gli aspetti della progettazione di un gruppo operatore destinato ai piani a barre di centri di lavoro CNC, secondo un brevetto sviluppato all’interno dell’azienda stessa dall’Ingegnere Alessandro Bertuccioli. Lo scopo `e ottenere una funzione addizionale per queste macchine, che saranno in grado di applicare lavorazioni sulla faccia inferiore di un pannello di legno eliminando la necessit`a di ruotarlo, con un guadagno notevole nel tempo di lavorazione e di conseguenza nel livello di produttivit`a delle macchine e nella loro versatilit`a. Nel caso in esame viene presa in considerazione una foratura, ma con le dovute modifiche il gruppo operatore potrebbe essere configurato anche per una fresa, cos`ı come potenzialmente potrebbe essere adoperato anche per lavorazioni su materiali diversi dal legno. La trattazione riguarda un recente brevetto, dunque un’innovazione nel campo e per questo un’applicazione specifica per la quale non `e stato semplice trovare – e creare – i componen-ti pi`u adatcomponen-ti, nonostante il funzionamento in quanto a meccanica sia piuttosto basilare. Per questo lo studio ha richiesto cinque mesi di lavoro presso l’Ufficio Tecnico dell’azienda e la collaborazione di diverse figure all’interno della stessa, oltre ad un confronto diretto con i suoi fornitori. Ci`o ha consentito di ottenere un prodotto potenzialmente fattibile, funzionale e adatto alle esigenze di mercato.

Lo studio `e strutturato in modo da seguire nell’ordine l’intero iter della progettazione. Comprende infatti in primis un’indagine di mercato per presentare le motivazioni che hanno portato a brevettare la nuova tecnologia. Successivamente `e stata eseguita una scelta oculata dei componenti commerciali necessari e una progettazione ex-novo di quelli non disponibili sul mercato. Il software utilizzato per la modellazione 3D dei singoli pezzi e del gruppo

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ope-ratore tutto `e Solid Edge (v. ST10), un programma che ha permesso anche la messa in tavola del lavoro, oltre ad un corretto dimensionamento di tutti i componenti in esame e un’idea vi-siva molto concreta dell’assemblaggio degli stessi. Il progetto ha previsto inoltre simulazioni per controllare che il prodotto fosse adatto al contesto in cui andr`a inserito. In seguito `e stata valutata la fattibilit`a del componente in termini di costo e di inserimento sulla macchina, poi si `e passati ad un’analisi del funzionamento automatico della macchina stessa e alle modifiche da implementare per poter installare il gruppo operatore.

Nel primo capitolo vengono presentati i macchinari compatibili con il gruppo operatore in esame, il brevetto all’origine del lavoro e le applicazioni a cui `e dedicato, incluse in particolare le motivazioni che hanno portato all’attuale progetto. Nel secondo capitolo vengono descritti i concetti base della lavorazione sul legno e della movimentazione automatica delle macchine, fondamentali per una corretta comprensione degli argomenti sviluppati nella tesi. Nel terzo capitolo viene esposta la soluzione progettata e proposta per concretizzare il brevetto, in ogni singolo componente, a partire dagli obiettivi fissati all’inizio del lavoro. Nel quarto capitolo vengono trattate la realizzazione e la movimentazione del pezzo nella sua interezza, tra costi e inserimento in macchina. Infine abbiamo le conclusioni, per una interpretazione ottimale dei risultati e una serie di valutazioni su come poter proseguire il lavoro nel futuro.

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Capitolo 1

Analisi di mercato

1.1 Centri di lavoro e piano a barre

SCM Group `e un gruppo industriale leader nella concezione, produzione e distribuzione di soluzioni per la lavorazione di una vasta gamma di materiali. In particolare offre un’ampia scelta di soluzioni e servizi tecnologicamente avanzati per l’industria del legno, il campo che in origine ha portato alla nascita dell’azienda. Il gruppo `e organizzato per divisioni, tra le quali troviamo la divisione Industrial che comprende tre unit`a di business: engineering, housing e furniture. In particolare la seconda punta all’edilizia, come suggerisce il nome, con pareti, tetti, pavimenti, porte, serramenti, scale e via dicendo. `E questa unit`a che produce anche i centri di lavoro CNC (Computer Numerical Control) destinati alle lavorazioni che richiedono asportazione di materiale, ovvero fresatura, foratura e alesatura.

Figura 1.1: Logo SCM Group

Si tratta di macchine a controllo numerico dotate di un numero variabile di gradi di li-bert`a, chiamati assi. Vantano un’ottima precisione e versatilit`a e per questo sono molto diffuse sul mercato e sfruttate per una vasta gamma di applicazioni. Nella figura 1.2 ne troviamo il

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• encoder che trasmettono informazioni relative al movimento e alla posizione dell’asse su cui sono montati;

• motori elettrici che controllano il movimento di tali assi;

• azionamenti che alimentano e controllano il movimento dei motori;

• un computer che acquisisce i dati degli encoder e le istruzioni di programma e operatore e governa gli spostamenti dell’utensile.

Figura 1.2: Schema di funzionamento di un CNC

L’operatore deve comunicare il programma di lavorazione alla macchina, caricare il pez-zo, avviare il ciclo e presiedere all’esecuzione della lavorazione che avviene in automatico. Ci`o `e possibile grazie all’unit`a di governo, ovvero il computer che interpreta le istruzioni del programma e le trasforma in segnali di comando che invia agli organi attuatori (moto-ri e azionamenti). Anche la macchina dovr`a dialogare con l’unit`a di governo, ed `e qui che si rendono necessari altri dispositivi elettronici, detti trasduttori (encoder). Questo `e il fun-zionamento standard, ma il processo pu`o essere ulteriormente automatizzato per macchinari all’avanguardia.

I centri di lavoro prodotti dall’azienda coprono un ampio spettro di funzioni, ma hanno in molti casi una struttura di base analoga. Sono infatti dotati in gran parte di un basamento sul quale `e prevista la presenza di un piano di lavoro fornito di almeno un organo operativo (e.g. punta a forare, fresa) per eseguire le lavorazioni richieste sui pezzi. Tale piano di lavoro `e composto da pi`u barre trasversali parallele tra loro, sulle quali sono montati organi di presa in grado di scorrere lungo le stesse barre, adibiti al bloccaggio dei pannelli subito prima che abbia

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inizio il processo effettivo di lavorazione, quale che sia, effettuato mediante teste operatrici che si muovono lungo pi`u assi sopra al pannello.

Assi

Velocit`a vettoriale assi X-Y 127 m/min Velocit`a asse Z 30 m/min Passaggio pezzo in Z 350 mm Unit`a di fresatura

Potenza motore max. 17 kW Velocit`a di rotazione max. 24000 rpm Utensili disponibili su magazzino 54 n° posti Unit`a di foratura

Mandrini verticali indipendenti 38 n° Mandrini orizzontali indipendenti 12 n° Velocit`a di rotazione max. 8000 rpm Lama integrata in X, diametro 125 mm Lama integrata 0-90°, diametro 160 mm Area di lavoro piano a barre

Area di lavoro asse X 3680 - 6360 mm Area di lavoro asse Y 1680 - 1905 mm Tabella 1.1: Caratteristiche tecniche della Morbidelli M800

A titolo esemplificativo nella tabella 1.1 vengono riportate le caratteristiche tecniche del modello Morbidelli M800 (figura 1.3), che rientra nel top di gamma dell’azienda. Si tratta di un centro di lavoro di fascia alta a composizione modulare, pensato e sviluppato per soddisfare le esigenze dell’impresa nel settore dell’arredamento. Questa macchina `e fornita di un’unit`a di foratura e una di fresatura (per le quali sono necessari fino a 5 assi) che scorrono su due assi Z indipendenti tra loro, ed `e equipaggiata con un piano di lavoro studiato in pi`u versioni in base alle esigenze dei clienti. Quello preso in considerazione in questo studio `e il TV FLEX MATIC, rappresentato in figura 1.4. Si tratta di un piano automatico che permette di gestire

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sulla barra un numero variabile di ventose, in funzione delle dimensioni e della forma del pezzo da lavorare. La movimentazione delle basi di supporto del pezzo avviene tramite un carrello che scorre lungo una guida e va ad agganciarle per trascinarle nella posizione corretta. Il piano `e governato dal software Maestro CNC, che permette la programmazione facilitata di ogni processo produttivo.

Figura 1.3: Centro di lavoro Morbidelli M800

Tramite un’adeguata programmazione su questo software, il piano di lavoro gestisce e sposta barre e dispositivi di bloccaggio in base alle esigenze dell’operatore. Il movimento delle barre avviene lungo quello che viene definito asse X della macchina, mentre quello di ventose o morsetti avviene lungo l’asse Y. L’asse Z riguarda invece il moto di accostamento “verticale” degli utensili al pezzo ed `e esterno alla movimentazione del piano a barre. Quest’ultima, nel dettaglio, `e resa possibile da due motori brushless identici con interfaccia di comando su BUS CANopen DS402, prodotti dall’azienda stessa. Questi vengono azionati da appositi controllori (PLC) che sono in grado di interpretare le istruzioni in uscita dal software e controllare il movi-mento dei motori di conseguenza, governando quindi automaticamente il sistema di appoggio e di afferraggio dei pezzi.

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Figura 1.4: Piano di lavoro a barre TV FLEX MATIC

1.2 Brevetto

L’idea sviluppata in questo progetto `e stata pensata per i centri di lavoro CNC per la lavorazio-ne di panlavorazio-nelli in legno, presentati lavorazio-nel paragrafo precedente. Pi`u specificatamente, come vielavorazio-ne mostrato nella figura 1.5, prevede di montare gruppi a forare o a fresare sulle barre trasversali dei piani a barre altrimenti adibiti soltanto al bloccaggio dei pezzi, ed eventualmente anche uno o pi`u carrelli motorizzati per il trascinamento di tali gruppi. Secondo quanto specificato nel brevetto, essi dovrebbero comprendere un supporto con profilo approssimativamente a “L” in grado di scorrere lungo la barra tramite una guida lineare, che si ipotizza analoga a quella gi`a prevista sugli stessi piani di lavoro per il sistema di bloccaggio dei pannelli. Si suppone che i gruppi a forare o a fresare vengano montati sulla superficie laterale del supporto, mentre sul lato superiore dello stesso potrebbe essere installata una ventosa atta a bloccare dal basso i pannelli da lavorare, o in alternativa (o in aggiunta) un organo a morsa rimovibile per affer-rare il pezzo lateralmente. O ancora, pi`u semplicemente il supporto potrebbe essere privo di ventose o morsetti, installati sul macchinario a parte.

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li renderebbe capaci di eseguire piccole lavorazioni sulla facciata inferiore dei pannelli. La realizzazione di un componente del genere porterebbe vantaggi sia a livello di produttivit`a che di flessibilit`a di impiego del macchinario, in quanto eviterebbe un riposizionamento del pannello in diverse situazioni.

Figura 1.5: Disegno allegato al brevetto

La struttura di questi gruppi operatori comprende due parti principali da progettare e svi-luppare, se escludiamo il supporto – gi`a citato – che permette l’intero movimento. Da un lato si avr`a il motore con annesso l’utensile che andr`a a praticare il foro nel pezzo da lavorare, mentre dall’altro si avr`a un azionamento elettrico o pneumatico in grado di movimentare l’u-tensile lungo l’asse Z perch´e possa accostarsi al pezzo, lavorarlo e tornare alla sua posizione di riposo. [1]

(17)

La descrizione qui riportata, al pari di quella presentata e depositata in data 17.01.2018, `e molto generica: fa in modo di spaziare su pi`u modelli di macchine presenti in azienda e di comprendere il maggior numero di applicazioni che potrebbe avere un elemento del genere, per reclamare l’esclusivit`a dell’invenzione in ogni suo aspetto. In questa trattazione, come gi`a accennato, viene presa in considerazione quella che sembra pi`u conveniente e che ha maggior probabilit`a di essere apprezzata una volta lanciata sul mercato, nonch´e la prima che verr`a sfruttata in futuro in azienda.

Figura 1.6: Dettaglio del disegno allegato al brevetto

1.3 Lavorazione su top

Il foro a cui `e dedicata principalmente questa soluzione `e una lavorazione specifica necessa-ria nelle giunzioni per piani in mobili componibili. Pi`u precisamente si tratta dei top delle cucine, sia dritti che ad angolo, che vengono uniti tra loro per creare la classica sequenza di piani di lavoro che si trova nella maggior parte delle abitazioni. Il collegamento tra questi vie-ne effettuato mediante compovie-nenti di ferramenta commerciali, montati come mostrato vie-nello schema in figura 1.7. Si tratta di un tirante con morsetto a farfalla che a montaggio completato

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risulta incassato nel legno in una cava apposita che ne riprende la forma. Una versione al-ternativa della stessa giunzione `e un connettore con un case di plastica esterno che racchiude una struttura in metallo che funziona tramite un meccanismo analogo al precedente. Questa giunzione, per`o, consente il serraggio dall’alto mediante un utensile elettrico, come si pu`o os-servare nella figura 1.11. Per quanto riguarda il dimensionamento della lavorazione, invece, le quote sono variabili solo entro un certo range, essendo le giunzioni componenti di ferramenta standardizzati. Ne troviamo un esempio in figura 1.8.

Figura 1.7: Schema di montaggio della giunzione tra top

Figura 1.8: Quote per la lavorazione su top

Il pannello che verr`a lavorato pi`u di frequente, dunque, sar`a un tipico piano da lavoro. Nell’ambiente dell’arredamento ne esistono dei materiali pi`u svariati; confinando la ricerca al

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mondo del legno prendiamo in considerazione quelli in laminato, un materiale molto diffuso per il suo basso costo, una buona linea estetica e valide caratteristiche strutturali. Si tratta di pannelli di truciolare rivestiti su entrambi i lati da uno strato protettivo esterno spesso qualche millimetro, composto da resina melamminica. Parliamo quindi di un materiale con scarse propriet`a meccaniche all’interno, essendo il truciolare niente pi`u che un pannello in fibra di legno composto – come suggerisce il nome – da trucioli opportunamente trattati risultanti da scarti di lavorazioni del legno. `E il rivestimento a proteggerlo e a presentare una maggior durezza e resistenza ad usura e agenti esterni (macchie, graffi, umidit`a, ecc.), di conseguenza la lavorazione considerata richieder`a uno sforzo di taglio consistente solo nei primi millimetri di profondit`a, corrispondenti a quelli dello strato protettivo, mentre il resto risulter`a molto pi`u semplice.

Figura 1.9: Esempio di cucina modulare

Le dimensioni pi`u comuni in commercio dei moduli per cucine componibili sono multipli di 15. Infatti i singoli elementi hanno larghezze pari a 15, 30, 45, 60, 90 e 120 cm. Componendo in maniera variabile tali moduli si possono ottenere diverse versioni di cucine, adattandole alle

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mentre i pi`u piccoli sono impiegati per lo pi`u per riempire con maggior esattezza possibile gli spazi a disposizione. La profondit`a standard di questi mobili `e 60 cm, un valore adatto ad elettrodomestici da incasso, cassetti, lavelli, ecc. Ultimamente per`o sono state introdotte sul mercato anche profondit`a pi`u elevate, comode in quanto forniscono una maggiore superficie d’appoggio e una migliore visuale sul piano di lavoro, considerando i pensili sovrastanti. Il pannello (anche chiamato “top”) che viene appoggiato e fissato sulla base avr`a dunque queste dimensioni in larghezza e lunghezza, mentre lo spessore pi`u comune `e di 4 cm.

Figura 1.10: Disegno della testina angolare Weldon

Attualmente, considerando le soluzioni proposte dall’azienda, la lavorazione per la giun-zione dei top viene eseguita grazie ad una testina chiamata Weldon o D SIDE (figura 1.10): si tratta di un aggregato con rinvio angolare che permette alla macchina di eseguire lavorazioni sotto al pezzo, anche se solo in prossimit`a dei suoi lati. `E in grado di eseguire il procedimento

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nativa, trattandosi di un foro cieco posto sulla faccia inferiore del pezzo in lavorazione, deve essere ribaltato il pannello per eseguire dall’alto sia foratura che fresatura tramite il gruppo operatore a cinque assi che fa parte della dotazione standard del CNC. Quest’ultimo `e il me-todo pi`u spesso impiegato in base alla tecnologia del momento, poich´e la testina con rinvio `e ingombrante e di difficile utilizzo e per questo motivo non `e mai riuscita ad avere successo sul mercato. Per portare un dato numerico, in azienda ne vengono vendute in media due all’an-no. Esistono anche versioni analoghe di altri marchi, ma nessuna di queste ha raggiunto un buon grado di diffusione. Da qui giunge la necessit`a di creare uno strumento per risolvere il problema, un oggetto pi`u comodo e funzionale, molto pi`u compatto e semplice da usare che possa sostituire la testina di cui sopra ed evitare cos`ı un ribaltamento del pezzo. Uno strumen-to che, oltretutstrumen-to, offrirebbe un ulteriore vantaggio in base a com’`e stastrumen-to ideastrumen-to nel brevetstrumen-to: al contrario della testina sarebbe in grado di praticare fori al centro della faccia inferiore dei pannelli, non solo lungo i lati. Introducendo dunque tale dispositivo, descritto nel paragrafo 1.2, la sequenza di lavorazione diventerebbe:

1. foratura da sotto tramite il gruppo operatore sulle barre; 2. fresatura da un fianco tramite il gruppo a cinque assi.

Rispetto al procedimento standard si otterrebbe un notevole risparmio di tempo, mentre rispetto alla testina Weldon si otterrebbe una maggiore maneggevolezza. In confronto a que-st’ultima possiamo stimare quindi una possibilit`a di vendita pi`u elevata e un maggiore utilizzo da parte dei produttori di questo tipo di mobili, un incremento sufficiente perch´e il costo del-l’oggetto possa ridursi e diventare pi`u accessibile. Ci`o ne giustifica lo studio e la progettazione e in futuro, si spera, ne giustificher`a anche la realizzazione e la messa in vendita.

Oltre alla lavorazione per le giunzioni tra top, sono stati ricercati altri utilizzi per cui po-trebbe essere riadattato e adoperato questo oggetto, seguendo le linee guida del brevetto. Ad esempio fori strutturali per pannelli, fori per l’inserimento di maniglie in porte o finestre o fori per i gradini di scala. Nel dettaglio, rimanendo nell’ambiente delle cucine, sono stati esaminati i disegni tecnici di alcuni pannelli per pensili (ripiani, ante, lati, fondo) e per altri elementi come colonne dispensa o basi per elettrodomestici da incasso, e anche questi sono risultati ottime applicazioni per l’oggetto di studio di questa tesi, prevedendo fori su entrambe le facce

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del pannello. Si tratta tuttavia di lavorazioni che avrebbero sicuramente un impatto minore sul mercato rispetto a quella qui affrontata, dunque il gruppo operatore verr`a tarato sulle esi-genze di questa per i motivi sopra esposti, rimandando ad un futuro prossimo eventuali nuove specifiche.

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Capitolo 2

Concetti teorici

2.1 Meccanica

2.1.1 Legno

Il legno `e un materiale da costruzione largamente impiegato nel settore dell’edilizia fino agli anni venti del XX secolo, che `e stato successivamente rimpiazzato da materiali pi`u moderni. Di recente per`o sta riacquistando la sua importanza grazie ad una nuova coscienza ambientale collettiva, unita allo sviluppo della progettazione architettonica e di nuove tecniche costruttive, all’introduzione di nuovi prodotti per la conservazione del materiale e a svariati approfondi-menti teorici sullo stesso. Una struttura in legno offre innumerevoli possibilit`a architettoniche, una straordinaria natura estetica e una totale compatibilit`a con i criteri dello sviluppo soste-nibile che si cercano di seguire negli ultimi tempi. Per questo `e importante sviluppare anche la tecnologia in questo campo, nonostante possa sembrare a primo impatto un po’ “antico”.

Utilizzare in modo razionale un materiale da costruzione significa conoscerne a fondo tut-te le carattut-teristiche. Nella stragrande maggioranza dei casi (matut-teriali metallici, pietre, latut-terizi, ecc.) `e possibile, in prima approssimazione, ricondurre questa conoscenza ad un insieme ab-bastanza limitato di valori, ad esempio quelli strettamente necessari per la particolarizzazione ad un dato materiale di un modello lineare (elastico, termico, ecc.) che permetta di prevederne il comportamento reale con una precisione sufficiente nella pratica comune. Nel caso del le-gno, invece, ci`o non accade. Parliamo infatti di un materiale disomogeneo, anisotropo, dotato

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di una struttura differenziata secondo un modello costituito da cellule cave che, per assolvere ad una determinata funzione biologica connessa con la sopravvivenza dell’albero, presentano forme ed orientazioni caratteristiche e sono organizzate in tessuti di diverso tipo che assol-vono diverse esigenze. Tutta questa disuniformit`a spaziale `e governata non soltanto dai ritmi vegetativi dell’essere vivente, ovvero l’albero, ma anche da molteplici fattori esterni quali: cli-ma, natura del suolo, presenza di altra vegetazione nelle vicinanze, ecc. A tutto ci`o si aggiunge un fortissimo effetto di scala: le conseguenze di questa estrema variabilit`a diventano tanto pi`u marcate quanto maggiori sono le dimensioni dell’elemento. [6]

Recentemente si `e cercato di compensare l’elevata mutevolezza del materiale realizzan-do “materiali derivati” che presentassero maggiore isotropia e omogeneit`a e minori effetti di scala, e sono questi che vengono infatti impiegati pi`u spesso nell’industria. In questo caso specifico, comunque, dal momento in cui il sistema da progettare sar`a installato su macchine che andranno a lavorare diversi tipi di legno, si `e cercato di tenere in considerazione variabili impostate su valori che possano essere adatti ad un’ampia rosa di possibili materiali.

Completiamo la panoramica sul legno strutturale illustrandone i principali vantaggi. [2] • Leggerezza: ha un peso specifico inferiore a 500 kg/m3 contro, ad esempio, i 2000-2500

del cemento armato e i 7800 dell’acciaio.

• Resistenza: la sua efficienza prestazionale (rapporto tra il modulo di elasticit`a e un parametro di resistenza) a fini strutturali ha qualit`a simili a quelle dell’acciaio.

• Economicit`a: il suo ciclo di produzione ottimizza l’uso di una risorsa naturale povera ma rinnovabile, offrendo elementi altrimenti non utilizzabili in natura e limitati solo dalle dimensioni di trasporto.

• Affidabilit`a: l’intero processo produttivo segue una prassi normata e continuamente monitorata. Il risultato finale `e un prodotto dalle prestazioni definite e certificate. • Innovazione: le tecniche di progettazione, lavorazione, assemblaggio e giunzione sono

in continua evoluzione e offrono sempre nuove possibilit`a sia in termini di fattibilit`a che di contenimento dei costi.

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• Sostenibilit`a: `e rinnovabile, prevede un basso consumo di energia nel ciclo di vita di un edificio, ha un impatto minimo su suolo, aria e acqua e non `e inquinante.

2.1.2 Foratura

La foratura `e un processo che consiste nel creare su un corpo solido un foro cilindrico che pu`o avere diametri differenti. `E uno dei metodi pi`u comuni di rimozione di materiale ed `e ap-plicato spesso nell’industria di ogni genere, da quella automobilistica a quella manifatturiera, per fare due esempi molto comuni, ed `e spesso seguito da altre operazioni come svasatura o alesatura. Lo scopo `e tendenzialmente quello di generare al minimo costo fori che rispondano alle specifiche richieste, che vengono sfruttati per le applicazioni pi`u disparate. Sebbene siano stati sviluppati metodi differenti per la realizzazione dei fori in risposta alle nuove specifiche di lavorazione, uno dei processi pi`u adottati rimane la foratura convenzionale tramite utensili, chiamati punte per forare. Queste punte vengono costruite con parametri (velocit`a di taglio, feed rate, profondit`a di taglio, ecc) e forme differenti e si distinguono una dall’altra in base al materiale di cui sono composte, alle loro dimensioni, al numero di scanalature che presentano, all’angolo di elica, al rapporto tra lunghezza e diametro, al codolo e alle applicazioni specifi-che per cui vengono utilizzate. In figura 2.1 vengono evidenziate le differenze di forma, in una classificazione che le suddivide in base al tipo di foratura da effettuare. [12]

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La punta elicoidale `e il tipo pi`u comune di utensile nei processi di lavorazione di materiali ed `e spesso considerato il pi`u efficiente tra tutti gli utensili di taglio. In figura 2.2 ne viene mostrata nel dettaglio la geometria. `E costituita da due parti principali: un codolo (shank) cilindrico o conico per il centraggio sul mandrino (ovvero il dispositivo della macchina opera-trice che ha la funzione di sorreggere l’utensile) e per la trasmissione della coppia di taglio, e un corpo cilindrico nel quale vengono ricavate due scanalature elicoidali opposte (flutes) che hanno la funzione di consentire l’evacuazione di truciolo e che formano con l’asse dell’utensile un angolo chiamato angolo d’inclinazione d’elica (helix angle). [13]

Figura 2.2: Struttura della punta elicoidale

All’inizio della foratura le forze eccentriche che nascono nei primi contatti con il legno solleciterebbero a flessione il corpo della punta ed il mandrino, favorendo l’insorgere di errori di perpendicolarit`a dell’asse del foro. Per cercare di guidare l’estremit`a dell’utensile in que-sta fase, si realizza al centro di esso una piccola punta “centrante” che ha anche il compito di ridurre le forze di avanzamento nella zona centrale dei taglienti. Per ottenere un’ottima fini-tura del bordo del foro, la periferia dell’utensile presenta dei taglienti sporgenti in direzione

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circonferenziale detti “incisori”. Questi sono affilati con angoli di attacco fortemente negativi per garantire una migliore finitura del bordo di entrata. Le rilevanti forze normali positive – dirette cio`e verso il pezzo – caratteristiche di questi angoli impediscono infatti il propagar-si delle fratture fra le fibre. Qualora propagar-si debba invece realizzare un foro copropagar-siddetto “passante” occorre garantire anche una buona finitura del bordo di uscita del foro. Per cercare di limi-tare al massimo le componenti normali alla superficie del pezzo delle forze di taglio, che in uscita danneggerebbero inevitabilmente il bordo, si realizzano utensili con una zona tagliente particolarmente appuntita.

Nella foratura convenzionale, ovvero quella considerata nel presente studio, il moto di taglio rotatorio `e posseduto dall’utensile, quello di alimentazione pu`o essere posseduto dal pezzo o dall’utensile mentre i moti di registrazione possono essere posseduti da entrambi. Nelle testine di foratura plurimandrino il moto alle punte `e assegnato tramite catene di ingranaggi, per cui il senso di rotazione degli utensili risulta sempre alternato. Quelli con elica destra, adatti ad essere utilizzati con senso di rotazione orario, devono essere intercalati con quelli ad elica sinistra. Per evitare errori di montaggio `e prassi colorare in nero il corpo delle punte ad elica destra che si distinguono cos`ı da quelle con elica sinistra, colorate in rosso.

2.1.3 Forze di taglio

Per comprendere la meccanica del processo di foratura bisogna innanzitutto distinguere i due tipi principali di taglio: ortogonale e obliquo. La differenza principale tra uno e l’altro `e l’o-rientamento dello spigolo tagliente dell’utensile rispetto alla direzione della velocit`a di taglio. Nella descrizione di Merchant [9] di taglio ortogonale si parla di un processo in cui l’utensile `e impostato in modo che il suo tagliente sia perpendicolare alla direzione del moto relativo tra utensile e pezzo da lavorare e generi una superficie parallela al piano originale di lavoro. Nel taglio obliquo, invece, il tagliente `e ruotato di un angolo relativo alla direzione del moto dell’utensile. In questo caso il truciolo non scorre nel piano definito dal moto dell’utensile, per cui l’azione di taglio non pu`o pi`u essere descritta in due dimensioni. In base a queste defini-zioni, il processo di foratura viene trattato come un processo di doppio taglio obliquo da parte delle cosiddette labbra dell’utensile (lips, con riferimento alla figura 2.2). Durante la foratura

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le forze osservabili sul pezzo in lavorazione sono: la spinta applicata dalla punta elicoidale al pezzo e il momento torcente fornito dal mandrino per tenere in rotazione l’utensile. [7]

Figura 2.3: Forze di taglio e angoli di spoglia

In un piano ortogonale al filo tagliente dell’utensile la situazione `e schematizzabile come indicato nella figura 2.3, dove si possono notare anche i versi positivi per gli angoli. L’angolo γ viene denominato “angolo di spoglia inferiore”, l’angolo α “angolo di spoglia superiore” e l’angolo β “angolo di taglio”. Per quanto riguarda le forze, invece, N e P sono quelle applicate dall’utensile al truciolo, rispettivamente in direzione normale e tangente al dorso del tagliente, mentre R ne `e la risultante. Quest’ultima viene suddivisa in due componenti, Fpnella direzione

di avanzamento e Fnnella direzione perpendicolare all’avanzamento. Infine t `e la profondit`a

di passata, ovvero lo spessore del truciolo indeformato. [15]

`E evidente l’interesse a mantenere la somma β + γ pi`u bassa possibile. A parit`a di forza necessaria per la recisione, infatti, minore `e questa somma e minori saranno l’energia spesa per deformare il truciolo e l’attrito del truciolo stesso sul coltello. Inoltre l’angolo γ non pu`o essere troppo basso a causa delle deformazioni che subisce il legno di base durante il processo di taglio. Parte delle deformazioni sono elastiche, e lo scaricarsi di queste unito ad un basso valore dell’angolo di spoglia inferiore provocherebbe notevoli pressioni di contatto sul dorso dell’utensile. A ci`o seguirebbe un inevitabile aumento delle forze di attrito, che porterebbe a

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sua volta ad un innalzamento indesiderato delle temperature. Dunque in generale si tende a scegliere un angolo γ pari o superiore a 5º. Il valore standard per i legni duri `e compreso tra 8° e 10°, mentre per i legni teneri va dai 16º ai 18º. Per quanto riguarda β, invece, va considerato che la resistenza del materiale che costituisce il “ferro” impone un limite inferiore all’angolo, che quindi normalmente assume un valore superiore a 45°. Infine ricordiamo che l’angolo α risulta sempre positivo, a parte rare eccezioni.

La forza parallela di taglio e lo spessore del truciolo sono legate da una relazione ben pre-cisa, in assegnate condizioni di specie legnosa, umidit`a, temperatura, orientazione relativa tra tagliente e fibre e geometria del tagliente. L’equazione, derivante dall’analisi statistica di dati sperimentali, `e: Fp[N ] = K  N mm0.5  · H0.5[mm] · w [mm]

dove w `e la larghezza della zona di taglio, H lo spessore medio del truciolo e K la costante di truciolabilit`a del legno. I valori pi`u comuni di quest’ultimo parametro, nelle usuali condizioni di umidit`a, temperatura e geometria del tagliente, sono mostrati nella tabella 2.1.

2.1.4 Problemi della foratura

Il comportamento dinamico di una punta a forare `e di grande importanza quando `e richiesta una stretta tolleranza per i fori. Durante la lavorazione a macchina la punta `e fissata rapida-mente al codolo ed `e soggetta a forze di taglio lungo i suoi due spigoli taglienti. Se le forze oscillano vicino alla frequenza naturale dell’utensile di foratura, questo vibrer`a notevolmente e peggiorer`a la qualit`a della superficie finita, o addirittura causer`a instabilit`a e rottura della macchina. Inoltre, sotto ad alti feed rate, potrebbe anche cedere e produrre un ingrandimento eccessivo del foro o un suo decentramento, come provato da Burnham. [3]

La foratura dunque `e spesso soggetta a grossolani errori di geometria, tra i quali i pi`u tipici sono: posizione e inclinazione dell’asse, forma del foro ottenuto e finitura superficiale. Perch´e questi non compromettano la buona riuscita del processo di asportazione di materiale, si cerca di prendere alcune misure precauzionali. Ad esempio, per evitare scheggiature della superficie `e prassi ridurre la velocit`a di avanzamento immediatamente prima che la punta esca dalla parte

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Specie Densit`a [kg/dm3] K

truc [N/mm0.5]

Troncatura Piallatura Sfogliatura Acero 0.53 ÷ 0.80 23 ÷ 35 12 9 Balsa 0.08÷ 0.20 4 ÷ 9 6 3 Betulla 0.52 ÷ 0.80 23 ÷ 35 10 6 Faggio 0.60 ÷ 0.90 26 ÷ 40 12 7.5 Rovere 0.50 ÷ 1.00 22 ÷ 44 10 7 Frassino 0.50 ÷ 0.95 22 ÷ 42 11 7.5 Abete 0.35 ÷ 0.65 15 ÷ 28 9 6 Pino 0.32 ÷ 0.70 14 ÷ 31 7.5 5 Mogano 0.55 ÷ 1.05 24 ÷ 46 9 7 Guaiaco 1.10 ÷ 1.35 48 ÷ 60 15 9 Truciolare 0.50 ÷ 0.75 12 ÷ 18 MDF 0.55 ÷ 0.85 20 ÷ 25

Tabella 2.1: Costante di truciolabilit`a per diversi tipi di legno

opposta del pezzo. Non `e possibile ridurla oltre un certo limite durante il processo, in quanto porterebbe all’usura eccessiva dei taglienti.

Un altro inconveniente da evitare `e il rischio di rottura degli incisori dovuto alla scarsa sezione resistente che li caratterizza, come accennato sopra, soprattutto durante la lavorazio-ne di materiali contelavorazio-nenti inclusioni particolarmente dure. Qualora la profondit`a del foro sia rilevante, lo strisciamento della punta sia contro il bordo foro che contro i trucioli che risalgo-no l’elica pu`o causare risalgo-notevoli innalzamenti della temperatura a causa del basso coefficiente di scambio termico fra utensile ed ambiente. L’incremento della temperatura, riducendo la durezza e la resistenza all’abrasione del materiale dei taglienti, aumenta l’usura.

Anche la forza di spinta sviluppata durante l’atto della foratura gioca un ruolo fondamen-tale nella finitura superficiale del pezzo lavorato: una scorretta calibrazione della stessa pu`o causare infatti effetti che peggiorano la performance della macchina. Il primo tra questi `e la delaminazione, un processo di rottura dovuto alle forze d’impatto e ai ripetuti cicli di stress

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a cui il materiale viene sottoposto. Questo problema si riscontra in prossimit`a dei bordi li-beri dei pezzi, dove sono presenti elevati picchi di tensione. Come conseguenza si ha uno “sfilacciamento” dei pezzi, con una conseguente perdita significativa delle propriet`a meccani-che del materiale laminato. `E stato dimostrato meccani-che il fattore di delaminazione diminuisce con l’aumentare della velocit`a di taglio, mentre aumenta all’aumentare del feed rate. [4]

Figura 2.4: Effetto della delaminazione

2.2 Automazione

2.2.1 PLC

Il controllore a logica programmabile (pi`u frequentemente PLC, Programmable Logic Control-ler) `e un dispositivo o sistema digitale elettronico che utilizza una memoria programmabile per memorizzare informazioni o istruzioni atte a realizzare specifiche funzioni, finalizzate al con-trollo di sistemi combinatori e sequenziali per la gestione di macchine e processi quali: opera-zioni logico-aritmetiche, temporizzaopera-zioni, conteggi, comparaopera-zioni, codifiche, decodifiche, ecc. Il suo sviluppo inizi`o nel 1968 in risposta alle necessit`a della General Motors. Le specifiche dei controlli GM richiedevano sistemi a stato solido con un’elevata robustezza e con la flessibilit`a di un computer, ma che potessero essere programmati e mantenuti dagli ingegneri tecnici dello stabilimento. I primi PLC vennero installati nel 1969 e si rivelarono fin da subito pi`u affidabili dei sistemi a rel´e a cui subentrarono. [8] Ci`o `e stato possibile grazie alla notevole serie di van-taggi che sono in grado di offrire, che li rendono tutt’ora altamente competitivi. Elenchiamo i pi`u importanti.

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• Ampliamenti al sistema di comando: possono essere eseguiti banalmente aggiungendo i componenti e limitandosi al loro collegamento fisico senza dover modificare quello delle altre apparecchiature.

• Modifiche al ciclo di automazione: possono essere apportate semplicemente intervenen-do sul “programma” e lascianintervenen-do inalterati i collegamenti fisici.

• Riduzione del tempo di ciclo: una produzione snella (o Lean Manufacturing) `e impor-tante per aumentare l’efficienza. Un robot ha la capacit`a di lavorare a velocit`a cosimpor-tante senza interrompere il processo e ha il potenziale di produrre di pi`u e in tempi pi`u brevi. • Migliore qualit`a e affidabilit`a: le applicazioni vengono eseguite con precisione e alta ri-petibilit`a. Un robot garantisce che la procedura di fabbricazione del prodotto sia sempre la medesima.

• Sfruttamento massimo dell’area di lavoro: grazie all’automatizzazione della linea di pro-duzione `e possibile diminuire lo spazio del piano di lavoro, utilizzando cos`ı l’area libera per altre operazioni.

• Flessibilit`a di utilizzo: il PLC `e un’apparecchiatura “General Purpose” in cui `e l’utente a decidere per quale applicazione specifica verr`a impiegato. Pu`o anche essere recuperato e riprogrammato in caso non sia pi`u necessario per quella originaria.

La necessit`a dell’industria di produrre a qualit`a costante e sempre pi`u elevata, di rende-re flessibile la capacit`a produttiva e di migliorarende-re la produttivit`a per poter esserende-re competitiva nelle attuali condizioni di mercato, spinge verso un’automazione che interessa tutti i livelli del processo produttivo. Si va cio`e verso la “fabbrica automatica” ed il PLC sta assumendo in quest’ultima il ruolo di componente fondamentale. Non esiste ormai settore di produzione, trasformazione o controllo in cui non siano possibili applicazioni del controllore a logica pro-grammabile. I PLC delle ultime generazioni non hanno pi`u soltanto le caratteristiche originali di semplici sequenziatori , ma stanno assumendo quelle di calcolatori di processo con compiti di controllo e supervisione del processo produttivo visto che `e possibile dotarli della possibilit`a di comunicare con altri PLC e PC.

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Per poter controllare una macchina o un processo (a volte identificati con il termine “cam-po”), il PLC deve acquisirne lo stato istante per istante e, in base alle istruzioni scritte nella propria memoria, determinare se devono o meno essere apportate delle modifiche allo stato attuale delle uscite. Per acquisire lo stato attuale del processo vengono collegati agli ingressi del PLC tutte le apparecchiature che possono fungere da sensori del sistema (datori di segnali) quali: pulsanti, finecorsa, fotocellule, interruttori, contatti ausiliari di rel`e, ecc. Per attuare quanto `e stato determinato dall’elaborazione del programma, alle uscite del PLC sono colle-gate invece tutte le apparecchiature atte a realizzare quanto necessario per l’esecuzione del processo (attuatori), che possono essere, a seconda di come viene realizzato l’automatismo, di tipo pneumatico, oleodinamico o elettromeccanico, o anche misto in alcuni casi. [14]

Figura 2.5: Esempio di PLC (SIMATIC S7-1200)

Lo schema di funzionamento di una macchina che utilizza questo tipo di controllori viene riportato in figura 2.6. La prima azione che il PLC compie `e la lettura degli ingressi del portale, sia digitali che analogici, on board o su BUS di campo (schede remote collegate al PLC o con una rete di comunicazione). Dopo aver letto tutti gli ingressi, il loro stato viene memorizzato in una memoria che `e definita ”Registro Immagine degli Ingressi”. A questo punto le istruzioni di comando vengono elaborate in sequenza dalla CPU e il risultato viene memorizzato nel ”Re-gistro Immagine delle Uscite”. Infine il contenuto dell’immagine delle uscite viene scritto sulle uscite fisiche, il che corrisponde ad un’attivazione delle uscite stesse. Poich´e l’elaborazione delle istruzioni si ripete continuamente, si parla di elaborazione ciclica; il tempo che il con-trollore impiega per una singola elaborazione viene detto tempo di ciclo e varia solitamente

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Figura 2.6: Interazione tra PLC e campo

Un PLC `e un oggetto hardware componibile la cui struttura viene adattata in base al proces-so da automatizzare: durante la progettazione del sistema di controllo vengono scelte le schede adatte alle grandezze elettriche in gioco. In seguito avviene l’inserimento delle varie schede sul BUS o rack del PLC. Esempi di schede sono: moduli di ingresso e uscita remoti, moduli per la comunicazione di rete, moduli PID, moduli encoder e moduli interfaccia utente. Per assolvere i suoi compiti il PLC `e dotato, oltre che di moduli d’ingresso e di uscita, di un’unit`a centrale di elaborazione (CPU, Central Processing Unit) che costituisce il cuore del sistema e sovrintende a tutte le operazioni necessarie al suo funzionamento, di una memoria utente che pu`o essere esterna o interna alla CPU, di un alimentatore per fornire energia e infine di un sistema BUS che permette i collegamenti elettrici e meccanici fra le parti che compongono il sistema. Oltre a ci`o, il PLC deve poter comunicare con il mondo esterno ed `e quindi dotato della possibilit`a di collegarsi con delle periferiche per permettere il dialogo uomo-macchina, per comunicare con altri PLC, per permettere l’utilizzo di memorie di massa e per fornire documentazione cartacea. La struttura cos`ı descritta `e schematizzata in figura 2.7.

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Figura 2.7: Struttura di un PLC

2.2.2 BUS e CAN

Un BUS (Binary Unit System) `e un canale di comunicazione che permette a periferiche e com-ponenti di un sistema elettronico di interfacciarsi tra loro e scambiarsi informazioni o dati attraverso la trasmissione di segnali. I BUS possono essere di due categorie, seriali o paralleli, e adottano rispettivamente – come suggerisce il nome – trasmissioni in serie o in parallelo. Della prima categoria fa parte il CAN (Controller Area Network), un protocollo che assicura un elevato livello di sicurezza per i controlli real-time.

Si tratta di un sistema introdotto dalla Robert Bosch GmbH negli anni ’80, progettato per gestire brevi messaggi e per collegare diverse unit`a di controllo elettronico. Inizialmente `e stato applicato in ambito automotive, ma con il tempo si `e esteso a tante applicazioni industriali di tipo embedded (sistemi integrati non riprogrammabili) dove `e richiesto un alto livello di immunit`a ai disturbi. Questo sistema vanta una serie di propriet`a che ne hanno consentito la diffusione su larga scala. Ne elenchiamo le principali:

• gestisce vari livelli di priorit`a associati ai singoli messaggi; • garantisce tempi di latenza limitati;

• assicura una configurazione molto flessibile;

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• rileva e segnala gli errori, ritrasmettendo automaticamente i messaggi errati; • gestisce sia errori temporanei che stati di malfunzionamento permanente; • isola automaticamente i nodi difettosi.

La rete CAN comunica con un cavo particolare, chiamato doppino ritorto, a velocit`a che arrivano fino a 1 Mbit/s con fino a quaranta dispositivi. Riesce quindi a semplificare note-volmente il cablaggio fornendo una rete a basso costo, robusta ed efficiente. Ne osserviamo l’effetto nell’immagine 2.8. [10]

Figura 2.8: Riduzione del cablaggio grazie al CAN

Il protocollo di comunicazione del CAN `e standardizzato come ISO 11898-1 (2015). Questo standard descrive principalmente lo strato di scambio dati (data link layer, DLL) composto da due strati sottostanti (sublayer), quello ”logico” (Logical Link Control, LLC) e quello del Media Access Control (MAC), e alcuni aspetti dello strato ”fisico” (physical layer). I protocolli di tutti gli altri strati sono lasciati alla libera scelta del progettista della rete. Poich´e lo standard non prevede di per s´e protocolli di livello applicativo, come ad esempio il controllo di flusso, l’indirizzamento dei dispositivi collegati al BUS e la trasmissione di blocchi dati pi`u grandi di un singolo messaggio hanno richiesto l’implementazione di appositi protocolli di livello applicativo. Il CANopen fa parte di questi.

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2.2.3 CANopen

CANopen `e un protocollo di comunicazione e una specifica di profilo per dispositivi per sistemi embedded utilizzato in automazione. Fornisce meccanismi che rendono possibile l’integrazio-ne e la comunicaziol’integrazio-ne di apparecchi di diverso tipo tra loro. Originariamente `e stato progettato per sistemi di controllo per macchine motion-oriented come sistemi di manipolazione, mentre ora `e utilizzato in vari campi di applicazione come equipaggiamento medico, veicoli fuori-strada, elettronica marittima, ecc. Consiste in uno schema di indirizzamento di diversi piccoli protocolli di comunicazione e di un livello applicazione definito da un profilo di dispositivo. I protocolli di comunicazione hanno un supporto per la gestione di rete (network management) per il controllo dei dispositivi e delle comunicazioni tra nodi, e includono un semplice livello di trasporto per la segmentazione/desegmentazione dei messaggi. Il protocollo di basso livello, che implementa il livello fisico e il livello datalink, `e normalmente il CAN, sebbene i profili di dispositivo di CANopen possano essere implementati anche da dispositivi che utilizzano altri mezzi di comunicazione.

Figura 2.9: Struttura di un dispositivo CANopen

Un dispositivo CANopen consiste in tre parti logiche, rappresentate in figura 2.9: lo stack di protocollo che gestisce la comunicazione attraverso la rete CAN, il software applicativo che fornisce la funzionalit`a di controllo interno cos`ı come l’interfaccia per il processo hardware, e il dizionario degli oggetti (Object Dictionary) che si interfaccia sia con il protocollo che con il software applicativo. In particolare quest’ultimo contiene una lista di oggetti, ovvero og-getti dato, ogog-getti comunicazione e comandi, che servono a descrivere il comportamento del

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dispositivo durante la comunicazione. I dati e i comandi sono implementati mediante un index (indirizzo) a 16 bit e un sub-index (voce) a 8 bit, che forniscono un range di indirizzi che va da 0 a 65536. Ognuno di questi `e in grado di reggere fino a 255 parametri e/o comandi. L’index range `e suddiviso in aree specifiche che dipendono dal tipo di parametro, come mostrato nella tabella 2.2. [5]

Index range Scopo dei parametri da 0001H a 009FH definizioni dei tipi di dati da 000A0H a 0FFFH riservati ad un uso futuro

da 1000H a 1FFFH parametri per comunicazione e identificazione dei dispositivi da 2000H a 5FFFH parametri per funzionalit`a specifiche del produttore

da 6000H a 9FFFH parametri specifici di profilo per un tipo particolare di dispositivo da A000H a FFFFH riservati ad un uso futuro

Tabella 2.2: Definizioni degli indici per il dizionario degli oggetti

Ci sono due tipi fondamentali di comunicazione su un BUS CANopen chiamati SDO (Ser-vice Data Object) e PDO (Process Data Object). Il protocollo SDO permette un accesso op-zionale e diretto a qualsiasi voce desiderata ed `e in grado di effettuare una segmentazione dei dati quando la dimensione dei messaggi supera quella di un messaggio CAN, ovvero 8 byte. Se l’informazione `e inviata ciclicamente a uno o pi`u dispositivi entra in gioco il PDO, un mes-saggio CAN completamente configurabile che contiene solo dati. Ogni dispositivo CAN pu`o trasmettere e ricevere pi`u messaggi PDO contemporaneamente. Questi sono configurati con le voci corrispettive nell’Object Dictionary, che permettono di cambiare il CAN ID (ID specifico di ogni drive) e mappare byte del messaggio a oggetti del dizionario.

I profili di comunicazione e di dispositivo di base di CANopen sono forniti dal CAN in Automation Draft Standard 301 (CiA DS301). I profili di classi di dispositivi pi`u specializzate sono basati sul profilo di base, e sono specificati in molti altri standard del CiA, come il DS401 per i moduli di I/O e il DS402 per il controllo del movimento. [11]

Il DS402, in particolare, standardizza il comportamento dei controllori per i servo motori, gli inverter di frequenza e i motori passo-passo e introduce numerose modalit`a di

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funzio-namento con i parametri di funziofunzio-namento corrispondenti. La descrizione fornita dalla CiA include inoltre un automa a stati finiti (o FSA, Finite State Automaton) che definisce il compor-tamento dei dispositivi per ogni stato. Lo stato dell’azionamento determina quali comandi sono accettati e se viene applicata un’alta potenza. Gli stati vengono cambiati quando il controllo-re riceve una ”parola di controllo” oppucontrollo-re cambiano in seguito a determinati eventi interni, mentre lo stato attuale viene indicato dalla ”parola di status”. La parola di controllo e i valori nominali (come la velocit`a) vengono mappati negli RPDO (Receive Process Data Objects) di default, mentre la parola di status e i valori reali (come la posizione) sono mappati nei TPDO (Transmit Process Data Objects).

Come la stessa CiA sostiene, da un lato il DS402 `e uno dei profili di controllo del moto meglio definiti, dall’altro la moltitudine di funzioni e parametri opzionali limita la sostituibilit`a dei dispositivi conformi ad essa. Alcuni venditori implementano infatti solo un sottoinsieme dei parametri e delle funzioni obbligatorie, pur dichiarando la conformit`a alla CiA402.

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Capitolo 3

Progettazione

3.1 Obiettivi

Nel compiere tutte le scelte necessarie ad una corretta progettazione del dispositivo, si `e tenuto conto di una serie di fattori stabiliti a priori per garantire un corretto funzionamento del gruppo operatore ed evitare i problemi pi`u evidenti e limitanti.

Partiamo dai vincoli geometrici. Possiamo considerare una priorit`a minimizzare il pi`u pos-sibile le dimensioni dell’oggetto, in modo che possa essere posizionato su un piano a barre e che sia ad esso proporzionato. Il suo ingombro non deve essere di ostacolo alla funzione prin-cipale del piano di lavoro, ovvero il bloccaggio dei pezzi tramite ventose, n´e alla funzione del gruppo operatore stesso, ovvero la foratura di pannelli dal basso. In particolare, minore `e l’ingombro lungo l’asse X e meglio riescono ad accostarsi le barre tra loro, garantendo cos`ı un bloccaggio con un’efficienza che deve avvicinarsi il pi`u possibile a quella che otteniamo quando il dispositivo non `e installato sul piano. Inoltre, minore `e l’ingombro lungo l’asse Y e maggiore diventa la corsa a disposizione del gruppo operatore, e quindi la porzione di piano su cui riesce ad intervenire. Per quanto riguarda l’altezza, invece (dimensione lungo Z), abbiamo un vincolo superiore e uno inferiore, giustificati da due limiti fisici della struttura della mac-china. Quello superiore `e il piano d’appoggio del pannello, oltre il quale sarebbe impossibile la movimentazione, mentre quello inferiore `e costituito dalle barre tonde su cui scorrono le barre del piano di lavoro, contro le quali il gruppo rischierebbe di scontrarsi scendendo troppo in basso. Di conseguenza possiamo considerare un’altezza disponibile di 230 mm. Per i motivi

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appena citati, bisogna controllare anche che la punta dell’utensile in posizione di off si trovi sotto alla superficie d’appoggio del pannello.

Ovviamente, indispensabile `e anche definire al meglio i parametri di lavorazione: per ese-guire la foratura `e necessario avere potenza sufficiente per lavorare il materiale, ma allo stesso tempo la velocit`a di rotazione non deve essere troppo elevata perch´e il foro ottenuto risulti “pulito” (legno non bruciato e non scheggiato, che rispetti le tolleranze richieste sul dimen-sionamento, ecc). Si tratta di un’operazione che produce materiale di scarto, il truciolo, di cui bisogna evitare l’accumulo di per non compromettere il funzionamento dei meccanismi inter-ni. Quindi un altro obiettivo diventa garantire la pulizia del dispositivo e proteggerlo al meglio dagli agenti esterni.

`E necessario inoltre assicurarsi che i pezzi modellati per il componente oggetto di studio siano realizzabili su CNC e che sia possibile almeno una sequenza di montaggio per assemblare tutti i componenti tra loro. La struttura deve essere maneggevole, solida e duratura nel tempo, e deve ammettere l’inserimento di pezzi di ricambio se necessario. Non `e da trascurare nean-che il fattore estetico, in quanto il prodotto deve avere una linea gradevole alla vista perch´e possa essere considerato da eventuali compratori. Il costo complessivo deve essere paragona-bile a quello della testina Weldon – ma sono ammessi anche costi leggermente superiori, pur limitatamente, visto che se ne prevede un maggiore utilizzo.

La movimentazione del dispositivo deve essere uguale a quella delle ventose presenti sul piano FLEX MATIC, deve avere lo stesso meccanismo, in modo che il carrellino a cui `e asse-gnato il loro spostamento possa portare comodamente anche il gruppo operatore senza che questo comporti modifiche di struttura alla barra. Perch´e sia in grado di trasportarlo, inoltre, bisogna limitarne la massa, in quanto se fosse troppo elevata si rischierebbero deformazioni permanenti o rotture del carrello trasportatore. Di conseguenza si `e scelto di mirare ad una massa dell’ordine dei chilogrammi dopo aver valutato quella delle ventose standard, pari a 1kg, e quella di altre ventose speciali supportate dallo stesso piano, che arriva quasi agli 8kg.

In ultimo, ma non per importanza, deve essere possibile l’inserimento in macchina per quanto riguarda il funzionamento automatico della stessa e del piano di lavoro che stiamo considerando. A livello di software e di codice, bisogna assicurarsi che si possa aggiungere nel ciclo di lavoro attuale dei CNC.

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3.2 Studio di applicazioni simili

Per una corretta progettazione dei gruppi operatori in esame e per avere un punto di partenza per ideare la struttura necessaria alla realizzazione del brevetto, `e stata eseguita una ricerca su applicazioni simili all’interno dell’azienda e sul mercato. Purtroppo sono stati ricavati solo pochi risultati utili allo scopo. Quella in oggetto si `e rivelata dunque essere un’operazione piuttosto particolare, non tanto per il processo di foratura in s´e, quanto pi`u per le dimensioni da minimizzare il pi`u possibile. In genere infatti si ha a disposizione, anche per piccoli fori, un margine di elasticit`a in pi`u per quanto riguarda gli spazi da occupare con i vari componenti.

Figura 3.1: Gruppo operatore per bordatrici

Principalmente `e stato studiato un gruppo operatore di piccole dimensioni movimentato su tre assi, progettato dall’azienda per le sue macchine bordatrici, specializzate nell’applicazione di bordi plastici o in legno sui pannelli. Nello specifico `e inserito nei loro gruppi operatori chiamati “multiedge”, in grado di lavorare i bordi di pannelli con due o tre differenti raggi evitando il cambio utensile. Si tratta dunque di un componente inserito in un contesto diverso

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Ha fornito quindi ottimi spunti per iniziare a concretizzare il brevetto. La struttura di base `e rappresentata in figura 3.1 e comprende un piccolo motore per avviare un particolare utensile fresatore. Il motorino `e fissato su una guida a sfere su rotaia, a sua volta collegata ad altre guide a coda di rondine in modo da consentire al blocco motore-utensile i gradi di libert`a desiderati. I movimenti sono controllati da un secondo motore che consente infatti all’utensile un corretto posizionamento, aiutato da una vite a ricircolo di sfere che trasforma il moto rotatorio fornito da questo secondo motore in moto lineare.

Figura 3.2: Montaggio del gruppo su ventosa e barra

Per ovvi motivi, l’utensile ricercato `e differente da quello utilizzato in questa applicazione. Di conseguenza anche il motore a cui `e collegato si `e rivelato poco adatto ad un’operazione di foratura, funzionando ad un numero di giri troppo elevato. Il suo ingombro ridotto, per`o, ha confermato la possibilit`a di realizzazione del progetto: dal modello 3D dell’oggetto `e stato estratto il solo gruppo a fresare con il rispettivo azionamento, che `e stato montato su un tipo di ventosa utilizzata per il bloccaggio dei pezzi, che a sua volta `e stata montata su una delle

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barre del piano di lavoro di cui abbiamo gi`a parlato. Questa operazione, di cui abbiamo un riscontro visivo nella figura 3.2, ha dimostrato, a prescindere dal dimensionamento dei singoli pezzi, l’esistenza sul mercato di componenti funzionanti simili a quelli desiderati. Lo studio di questo oggetto ha portato inoltre indicazioni utili su come comporre l’azionamento desiderato e su dove cercare componenti commerciali in versione “miniaturizzata”, poich´e nella maggior parte dei cataloghi sfogliati le dimensioni dei componenti si sono rivelate eccessive.

3.3 Sviluppo della struttura

Figura 3.3: Diagramma a blocchi di una macchina generica

La struttura del gruppo operatore da progettare include tutte (o quasi) le parti previste per una macchina in senso pi`u ampio e generico, esplicitate in figura 3.3. `E necessario dunque uno studio preliminare di questa, prima di procedere con l’identificazione e la modellazione dei singoli componenti. Alla luce delle considerazioni esposte nei paragrafi e nei capitoli pre-cedenti, possiamo stabilire che all’interno del nostro dispositivo sono previsti: un motore per la rotazione dell’utensile, un azionamento per la movimentazione del motore, un sistema di guide che renda efficace l’azionamento e un telaio che sorregga i singoli componenti e che

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permetta il collegamento con il piano a barre in cui deve essere inserito il tutto. Il dispositivo di comando non verr`a incluso, si ipotizza di sfruttare quello del CNC su cui verr`a installato il gruppo operatore.

Sono state effettuate una serie di prove per valutare la disposizione dei vari componenti, perch´e la struttura consenta di rientrare nei vincoli di spazio di cui abbiamo gi`a parlato. In queste prove il telaio `e stato solo abbozzato (a forma di L, come suggerito dal brevetto) e appoggiato sulla base di una ventosa gi`a esistente, il motore per la foratura `e stato scelto in maniera casuale, purch´e avesse dimensioni dell’ordine di grandezza necessario per il progetto, e i restanti componenti sono stati prelevati dal gruppo operatore in figura 3.1. In questa fase non sono stati considerati nemmeno i collegamenti fisici tra una parte e l’altra, non esistenti o solo abbozzati.

Per il primo tentativo, che osserviamo in figura 3.4, `e stata scelta una disposizione verti-cale per il motore e l’azionamento - in questo caso una vite a ricircolo di sfere, riprendendo il meccanismo del gruppo operatore studiato. La vite `e controllata da un motore passo-passo, che si collega ad essa grazie ad un apposito giunto. Una struttura del genere sembrava la pi`u adatta, in quanto permette di avvicinare il pi`u possibile i componenti e di conseguenza di ave-re maggior compattezza lungo l’asse Y rispetto ad altave-re varianti. Purtroppo non si `e rivelata accettabile, in quanto l’insieme della vite a ricircolo pi`u il motore necessario per attivarla ha un ingombro maggiore rispetto a quello consentito dalla macchina. In pratica, implementan-dola, durante il movimento la zona dei connettori del motore passo-passo sarebbe andata ad impattare contro le barre tonde che sorreggono le barre del piano di lavoro. Di conseguenza la soluzione `e stata scartata.

Si `e passati quindi al secondo tentativo, rappresentato in figura 3.5. Questo prevedeva inve-ce una disposizione orizzontale sia per il motore per la foratura che per il motore che controlla l’azionamento. Perch´e l’utensile possa penetrare nel materiale da lavorare, `e stata aggiunta inoltre una testina con rinvio angolare in uscita dal motore per la foratura. Si `e scelto un si-stema pignone-cremagliera per sostituire la vite a ricircolo, in quanto il movimento offerto da quest’ultima in senso orizzontale non avrebbe pi`u svolto il compito richiesto. Questa struttura permette di risolvere il problema incontrato in precedenza, in quanto il guadagno di spazio lungo l’asse Z `e notevole e non si rischia dunque di fuoriuscire dai limiti geometrici dettati

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dalla macchina. `E insorto per`o un altro problema: in questo modo l’ingombro lungo Y diventa eccessivo e limita la corsa disponibile per il gruppo operatore, limitandone di conseguenza anche la flessibilit`a e la funzionalit`a. Ecco perch´e questa soluzione, apparentemente fattibile anche se poco gradevole alla vista, `e stata accantonata con la speranza di trovare qualcosa di migliore.

Infine abbiamo il terzo tentativo, che riprende in parte il primo e in parte il secondo (figura 3.6). La disposizione dei pezzi pi`u ingombranti `e verticale e l’azionamento `e costituito da una vite a ricircolo, ma si utilizza una coppia di ruote dentate all’interno dell’azionamento stesso per la trasmissione del moto tra il motore che lo controlla e la vite a ricircolo di sfere, che cos`ı facendo possono essere situati uno accanto all’altro. In questa maniera si riescono a risolvere i problemi incontrati nelle due scorse prove, ottenendo compattezza in entrambi i sensi, sia lungo Y che lungo Z. Non si fuoriesce dallo spazio previsto e non si occupa troppo spazio lungo la barra. Questa `e la soluzione definitiva adottata per il progetto, successivamente rielaborata tramite modellazione e calcoli di dimensionamento adeguati.

3.4 Scelta dei commerciali

3.4.1 Utensile

L’utensile scelto per la lavorazione in oggetto deve avere necessariamente un diametro di 35 mm, ovvero il diametro del foro cieco richiesto per la giunzione dei top da cucina descritta in precedenza (vedi figura 1.8). Non `e possibile valutarne uno pi`u piccolo perch´e – almeno per il momento – per la punta `e previsto unicamente un movimento di on-off lungo l’asse Z della macchina, senza interpolazioni lungo gli altri due assi.

Il fornitore principale dell’azienda `e la BSP, `e dunque dal catalogo di questo marchio che `e stata scelta la punta pi`u adatta. Si tratta di quella che viene chiamata punta levanodi, o punta da cerniera, un utensile che presenta due taglienti frontali, due rasanti e una punta centrale di guida, come possiamo osservare nella figura 3.7. `E uno strumento utilizzato, come suggerisce il nome, sia per rimuovere nodi o difetti del materiale lavorato, che per ricavare sedi per cerniere necessarie generalmente nei mobili. Il nostro caso si avvicina molto a quest’ultimo, in quanto

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Figura 3.7: Punta levanodi BSP si tratta comunque di una giunzione tra due parti, anche se rigida.

Il materiale di cui `e composto l’utensile `e il Widia (abbreviato in HM, hard metal, o pi`u comunemente HW, un misto tra inglese e tedesco), conosciuto anche come metallo duro o carburo cementato. Si tratta di un metallo spesso utilizzato nei processi ad asportazione di truciolo, essendo pi`u duro rispetto ad acciai rapidi e super rapidi. `E in grado di resistere a temperature di taglio elevate e consente quindi velocit`a di lavorazione superiori alla media dei materiali per utensili. Il codolo della punta termina con il cosiddetto attacco Weldon, uno standard utilizzato in azienda che permette il fissaggio degli utensili ai rispettivi mandrini. Per quanto riguarda la lunghezza della punta, infine, tra quelle disponibili `e stata scelta la minore, in modo da rispettare gli obiettivi di progetto e riuscire a rimanere sotto al piano d’appoggio del pannello in lavorazione, in posizione di riposo.

In conclusione, la lunghezza totale dell’utensile considerato `e di 57.5 mm, con una lun-ghezza utile di 12 mm. Il diametro esterno `e pari a 35 mm mentre il diametro del gambo `e di 10 mm.

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3.4.2 Motore per la foratura

Per un corretto dimensionamento del motore sul quale verr`a fissata la punta, sono state ese-guite diverse stime per prevedere la potenza e la coppia richieste durante la lavorazione ad una velocit`a di rotazione prestabilita. Come riferimento `e stata presa una serie di test eseguiti in azienda. Lo scopo di queste prove era determinare la potenza di taglio (Pt) richiesta per la

foratura e la coppia assorbita (Ca) durante la lavorazione in base al tipo di utensile, al tipo di

foro e al materiale da lavorare. Nella tabella 3.1 viene riportata una parte di tali test, per dare un’idea dei parametri utilizzati. Si tratta di fori ciechi con una profondit`a di 30 mm. Osservan-do le velocit`a di foratura aOsservan-dottate durante i test, `e stato stabilito che la velocit`a di rotazione del motore deve essere compresa tra 4000 e 8000 rpm.

Foratura verticale, punta con D = 35 mm Materiale Vrot [rpm] Pt[W] Ca [Nm] Pino 6000 400 0.64 Pino 8000 160 0.25 Rovere 6000 920 1.46 Rovere 8000 880 1.40 MDF 4200 526 1.20 Foratura verticale, punta con D = 10 mm Materiale Vrot [rpm] Pt[W] Ca [Nm] Pino 6000 600 1.00 Pino 8000 80 0.13 Rovere 6000 160 0.25 Rovere 8000 300 0.40 MDF 4000 400 0.95 MDF 6000 260 0.40 MDF 8000 170 0.2

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