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IL CONFLITTO DEL NAGORNO-KARABAKH

3.4 L’azione dell’Unione europea

Le politiche dell’Unione europea negli anni ’90, riguardo il conflitto del Nagorno- Karabakh, hanno seguito la logica del distacco già intrapresa negli altri due conflitti secessionisti della regione: Abkhazia e Ossezia del sud. L’approccio dell’UE nei confronti di questo conflitto è stato determinato dal comprendere che queste dispute rappresentano il nocciolo delle agende politiche, economiche e di sicurezza dei Paesi del Caucaso meridionale342.

Il conflitto del Nagorno-Karabakh, a differenza di quelli in Georgia, è un conflitto tra due Stati sovrani, internazionalmente riconosciuti, ognuno dei quali ha instaurato una propria partnership con l’Unione europea. Questo fatto ha esercitato una grande pressione sull’UE per riuscire a mantenere una posizione neutrale tra le parti343.

Le relazioni tra l’UE e questi due Paesi del Caucaso meridionale sono state stabilite, dopo il crollo dell’URSS, nei PCAs. Attraverso il programma di assistenza finanziaria per i Paesi dello spazio post-sovietico: TACIS, Armenia e Azerbaigian hanno rispettivamente ricevuto 380 e 399 milioni di euro tra il 1991 e il 2008. Parte dei fondi per l’Azerbaigian erano destinati all’assistenza per le IDPs del Nagorno-Karabakh e dei territori occupati dalle forze armene.

Gli strumenti principali utilizzati dall’Unione europea nei rapporti con i Paesi del Caucaso meridionale rimangono la PEV e il Partenariato orientale.

Nel 2006 l’Unione europea, all’interno della PEV, ha negoziato con l’Armenia e l’Azerbaigian gli Action Plans, nei quali si fa riferimento alla risoluzione dei conflitti, dichiarando che l’UE si impegnerà nel supportare finanziariamente la ricostruzione delle zone maggiormente colpite dal conflitto, inoltre,344entrambi gli Action Plans contengono disposizioni riguardanti un maggior impegno da parte dell’UE nel supportare il negoziato di pace all’interno dell’apposito gruppo OSCE e nel fornire aiuti umanitari.

342 Nicu Popescu; EU Foreign Policy and Post-Soviet Conflicts; Stealth Intervention; Routledge; USA and

Canada; Taylor and Francis e-Library;2011;

https://play.google.com/books/reader?id=o5GsAgAAQBAJ&printsec=frontcover&output=reader&hl=it& pg=GBS.PT13; pp. 171-172

343 Ibid. 344 Ibid.

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Il conflitto del Nagorno-Karabakh appare più complicato rispetto a quelli di Abkhazia e Ossezia meridionale. Questi ultimi, infatti, non vedono contrapporsi due Stati sovrani ma uno Stato sovrano, internazionalmente riconosciuto, e le forze separatiste stanziate nei territori interessati dalla disputa, supportate da uno Stato terzo. Il conflitto del Nagorno- Karabakh, invece, non coinvolge solo l’Azerbaigian e i separatisti della regione ma anche l’Armenia, che occupa militarmente parte del territorio azero.

In questo contesto l’Unione ha cercato di definire il suo ruolo in modo imparziale, che, tuttavia, è risultato contraddittorio. Se nell’Action Plan stipulato con l’Azerbaigian, all’interno della PEV, l’UE fa riferimento al principio dell’integrità territoriale, dall’altra, in quello stipulato con l’Armenia, viene incluso il diritto all’autodeterminazione dei popoli, per non dare l’impressione di essere a favore dell’Azerbaigian345.

Questo metodo, però, si è rivelato alquanto controproducente, poiché ha portato, in Azerbaigian, ad una diminuzione della credibilità dell’azione dell’Unione europea per la risoluzione del conflitto. Inoltre, il riconoscimento del Kosovo da parte degli Stati Uniti e di molti Pese membri dell’UE, ha ulteriormente minato la fiducia di Baku nel credere che la comunità internazionale avrebbe difeso la sua integrità territoriale346.

Il Consiglio d’Europa, la principale organizzazione che si occupa dei diritti umani in Europa, si occupa indirettamente della questione del Karabakh. Siccome sia l’Armenia, che Azerbaigian sono parte del conflitto, e dal momento che ne sono divenuti membri dell’organizzazione, si sono impegnati a risolvere il conflitto in modo pacifico (secondo quanto previsto dal diritto internazionale).

In seno all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sono stati approvati degli atti riguardanti la disputa del Nagorno-Karabakh, tra cui la raccomandazione 1951 del 1994 che raccomanda, appunto, ad Armenia e Azerbaigian di instaurare un dialogo politico, nella risoluzione 1416 del 2005, sempre dell’Assemblea Parlamentare si afferma che parte consistente del territorio della Repubblica dell’Azerbaigian rimane occupata dalle forze armene, mentre le forze separatiste hanno il controllo sulla regione del Nagorno- Karabakh. Inoltre, in queste raccomandazioni, viene ribadito che l’indipendenza e la

345 Nicu Popescu; EU Foreign Policy and Post-Soviet Conflicts; Stealth Intervention; Routledge; USA and

Canada; Taylor and Francis e-Library;2011;

https://play.google.com/books/reader?id=o5GsAgAAQBAJ&printsec=frontcover&output=reader&hl=it& pg=GBS.PT13; pp. 179-180

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secessione di un territorio regionale da uno Stato possono avvenire solo in conformità don il diritto internazionale347.

Più che l’Unione europea all’unanimità, sono stati i rappresentanti dei singoli Stati membri ad esprimere la volontà di un maggior coinvolgimento per la risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh. Nel 2013, in una vista a Baku, l’ex Primo Ministro Enrico Letta aveva infatti annunciato che, durante la presidenza italiana dall’Unione europea per l’anno 2014, l’Unione avrebbe lavorato duramente per la risoluzione del conflitto, supportando le attività dell’OSCE348.

È evidente che l’Unione europea non ha un coinvolgimento diretto nella risoluzione di questo conflitto e che non l’ha avuto nemmeno quando il rischio della ripresa degli scontri armati era presente. L’UE si limita a supportare l’azione dell’OSCE. Nonostante all’interno del Gruppo di Minsk uno degli Stati co-presidenti sia un Paese membro UE e che altri, come l’Italia, la Germania e la Svezia, partecipino al negoziato singolarmente, evidenzia il fatto che l’Unione europea non ha una chiara politica nei confronti della risoluzione di questo conflitto ma che rimane in attesa che questo venga risolto per poter promuovere i suoi valori e i suoi programmi in quest’area349.