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Azzerare il consumo di suolo netto

2.5 Paesaggio e sistemi insediativi

2.5.2 Azzerare il consumo di suolo netto

Gli impatti paesaggistici derivanti dalle infrastrutture di trasporto riguardano non solo l’artificializzazione di paesaggi a carattere rurale o seminaturale, l’intrusione visiva, l’effetto barriera urbana e territoriale, ma anche la questione del consumo di suolo e la frammentazione naturale, cioè la separazione di ecosistemi in unità separate con funzionalità ecosistemiche ridotte. L’obiettivo comunitario di raggiungere al 2050 l’azzeramento del consumo di suolo coinvolge dunque direttamente anche la pianificazione dei sistemi di trasporto e le strategie del Prit 2015.

L’obiettivo comunitario al 2050 si riferisce all’azzeramento del “consumo di suolo netto”, come previsto dal VII Environment Action Program dell’UE. Azzerare il “consumo netto” significa bilanciare il nuovo

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suolo consumato con la ri-naturazione di una quantità equivalente del suolo già consumato. Tale bilancio deve risultare da una strategia in cui occorre in primo luogo “evitare” nuovo consumo attraverso tutti i modi possibili tra cui, evidentemente, quello di utilizzare suolo già privato delle sue caratteristiche di naturalità. In secondo luogo occorre “riciclare”, riutilizzando le aree abbandonate o agire per la loro ri-naturazione. Solo a valle di una seria applicazione di tali criteri occorre

“compensare” il consumo che non è stato possibile evitare con il suolo ri-naturato.

Il concetto di compensazione solleva notevoli questioni di conoscenza e di gestione del territorio, poiché il suolo ri-naturato dedicato alla compensazione deve essere in grado di svolgere almeno la stessa quantità e qualità di servizi eco sistemici del suolo consumato e, data la probabile diversa collocazione territoriale delle due partite, la compensazione apre inedite relazioni tra luoghi diversi, probabilmente tra livelli di governo diversi e richiede nuovo strumenti di negoziazione e di scambio.

Anche l’espressione in valori monetari, che sicuramente non esprime il valore di risorse ambientali non riproducibili, può trovare qualche utile applicazione come strumento per aumentare la consapevolezza del danno, anche economico, che deriva dalla perdita di servizi eco sistemici.

La riduzione della connettività ecologica che accompagna il consumo di suolo deriva dall’incremento della frammentazione territoriale e si traduce nella riduzione della resilienza e della capacità degli habitat di fornire determinati servizi ecosistemici, oltre a influenzare negativamente l’accesso alle risorse da parte della fauna, incrementandone l’isolamento. Gli effetti negativi della frammentazione si riflettono indirettamente anche sulle attività umane e sulla qualità del paesaggio.

Secondo il 7° Programma generale di azione dell’Unione europea in materia di ambiente, la limitazione della frammentazione del paesaggio è uno degli elementi chiave per proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale. Tale concetto è ripreso nella Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) recentemente approvata in sede CIPE (2017) nella quale si pone tra gli obiettivi strategici la deframmentazione degli ecosistemi naturali, da perseguire attraverso la pianificazione del territorio e anche attraverso l’attribuzione di valori monetari alla conservazione delle funzioni ecosistemiche.

Per compensare correttamente gli impatti delle infrastrutture viarie è necessario riconoscere e valutare i servizi eco sistemici. La mappatura e valutazione dei servizi ecosistemici (Mapping and Assessment of Ecosystem Services, MAES) è un processo avviato con la Strategia europea per la Biodiversità, utile per garantire un processo uniforme di tutela degli ecosistemi e del loro stato. Il Ministero dell’Ambiente italiano, con altre istituzioni scientifiche, cura il processo MAES per l’Italia. La mappatura dei servizi ecosistemici in particolare è già stata avviata per il nostro paese, anche a scala regionale, ed è uno strumento fondamentale per individuare gli ambiti territoriali interessati da compensazioni ambientali, da progetti di realizzazione/ripristino/recupero della Green-Infrastructure, ovvero della rete multifunzionale di aree verdi a forte valenza eco sistemica) promossa dall’Unione europea- La GI completa, affianca e talvolta sostituisce le tradizionali infrastrutture antropiche "grigie"- LaRete-Natura-2000 ne fa strutturalmente parte e ne costituisce scheletro di base.

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Il Rapporto 2018 sul consumo di suolo offre un quadro dettagliato delle quantità, della localizzazione e della tipologia del consumo di suolo e indica tecniche di collegamento sistematico tra i fattori che determinano il consumo di suolo, comprese le infrastrutture, la natura dei danni paesaggistici e ambientali che ne derivano e le possibilità di compensazione.

Il Rapporto mostra che a livello nazionale nel 2017 si è registrato un aumento della velocità di consumo e che le tendenze in atto in alcune regioni in ripresa economica, come l’Emilia- Romagna o la Lombardia o il Veneto, allontanano dagli obiettivi di disaccoppiare crescita economica e consumo di suolo.

Gran parte del nuovo consumo di suolo ha luogo nelle cinture urbane, in comuni di piccola dimensione demografica (sotto i 20.000 abitanti) e in contesti di bassa densità insediativa. Sono aree nelle quali, nel caso italiano, l’urbanizzazione si è storicamente diffusa appoggiandosi alla viabilità comunale e provinciale dando luogo a strutture insediative che di volta in volta sono state etichettate come sprawl, città diffusa, fino alla “regionalizzazione dell’urbano” nella post-metropoli; le zone padane sono caratterizzate da questi tipi di urbanizzazione. Il 71% del nuovo suolo consumato tra il 2016 e il 2017 si colloca in questo tipo di comuni e poco meno del 50% riguarda “comuni di cintura”, ovvero fa parte dell’espansione urbana nell’area vasta dei centri maggiori.

Gli effetti indotti della realizzazione di infrastrutture in termini di diffusione insediativa, consumo di suolo e frammentazione degli ecosistemi sono stati ad oggi poco esplorati e hanno avuto poco peso nelle decisioni dei piani urbanistici e territoriali. Oggi le nuove condizioni di vulnerabilità del territorio e di perdita di funzionalità degli ecosistemi portano in primo piano la necessità di modificare profondamente i modelli insediativi, compreso il ruolo delle infrastrutture, e il consumo di suolo che li accompagna. La frammentazione territoriale riduce infatti la continuità degli ecosistemi, diminuisce la resilienza e la qualità degli habitat, limita l’accesso alle risorse da parte della fauna e ne aumenta la vulnerabilità. La frammentazione e l’artificializzazione del suolo riduce drasticamente servizi eco sistemici fondamentali per il benessere di tutte le specie viventi, uomo compreso. Compromette infatti la regolazione del clima, lo stoccaggio e il sequestro di carbonio, la depurazione dell’acqua e dell’aria, la regolazione del regime idrologico e molte altre funzioni ancora.

La conoscenza e la valutazione di tali fenomeni deve divenire base fondamentale per la pianificazione generale e settoriale e per tutte le attività di trasformazione del territorio, comprese le politiche dei trasporti. Obiettivi come la riduzione del livello di frammentazione o quantomeno il non aggravamento del fenomeno pur nell’ambito di interventi sulle reti infrastrutturali possono trovare, anche attraverso l’emanazione delle previste Linee Guida per l’attuazione del Prit 2025, regole e strumenti operativi.

A sostegno metodologico di tali linee guida e del monitoraggio degli effetti non mancano sperimentate tecniche di misura del grado di frammentazione, che può essere condotta attraverso la stima di indicatori diversi:

 l’Effective mesh-size (meff), indice correlato alla probabilità che due punti scelti a caso in una determinata area siano localizzati nella stessa particella territoriale

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 l’Effective mesh-density (seff), indice che rappresenta la densità delle patches territoriali (meshes) ossia il numero di meshes per 1000 km2.

Questo secondo indice, più intuitivo del primo, è stato calcolato a livello nazionale da ISPRA rispetto ad una griglia regolare di maglie di 1 km2 di lato, considerando come elementi frammentanti le infrastrutture lineari (strade e ferrovie). La figura successiva mostra il risultato In questa valutazione che articola il territorio nazionale in 5 classi di frammentazione. Il territorio della regione Emilia Romagna, a meno di limitate aree ancora poco frammentate, risulta quasi interamente compreso nelle classi di frammentazione più elevate

Figura. Indice di frammentazione in Italia nel 2017. Valori più bassi dell’indice identificano livelli di frammentazione minori.

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Figura. - Dinamiche territoriali del consumo di suolo nelle principali città italiane (ISPRA, 2018). Il consumo di suolo prevalente riguarda l'espansione delle reti di trasporto extraurbane (indicata in nero).

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Tabella. Territorio coperto da ciascuna classe di frammentazione (Ispra, 2018). L'Emilia-Romagna è una delle regioni maggiormente frammentate.

Figura. Esempio di consumo di suolo determinato dal primo lotto dell'arteria infrastrutturale Tirreno-Brennero, di 12 km, nel Comune di Sissa Trecasali (PR). Confronto tra la situazione preesistente (a sinistra) e durante il cantiere (a destra). Il Comune di Sissa Trecasali ha meno 8.000 abitanti, distribuiti su una superficie di quasi 73 km2, ed è il primo comune italiano per consumo di suolo nel 2017, con 74 ettari di suolo consumato. Dei 455 ettari totali che hanno perso la loro naturalità nella regione, 107 sono serviti per l’infrastruttura.

In sintesi si può affermare che in Emilia-Romagna sussiste una presenza significativa di valori paesaggistici, testimoniali, economici, ambientali differenziati e di valore. Ma al tempo stesso il paesaggio della regione è caratterizzato da una serie di criticità rilevanti, connesse alla forte frammentazione dei sistemi insediativi e produttivi, alla diffusa intrusione paesaggistica delle reti infrastrutturali che li sostengono, all’indebolimento ecosistemico dovuto alla frammentazione del territorio prodotta anche dalle reti infrastrutturali, e all’abbandono progressivo di attività-agricole che soprattutto in montagna è all’origine del degrado di molti paesaggi. Gli obiettivi strategici

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dell’azzeramento del consumo di suolo e del contrasto alla frammentazione per la tutela dei servizi eco sistemici pongono anche per le strategie e gli interventi previsti dal Prit 2025 la necessità contribuire al miglioramento delle criticità individuate, assumendo sistematicamente la sequenza

“evitare” “riciclare” “compensare” come base delle decisioni di trasformazione.