• Non ci sono risultati.

Come premesso nei capitoli precedenti, il luogo di lavoro assume un’importanza fondamentale per il clima aziendale, per il benessere del lavoratore e per la soddisfazione del cliente. Nel caso di strutture ospedaliere, preposte al ricovero e cura di pazienti in età pediatrica come nel nostro caso, questo è ancora più importante, per accogliere il paziente e la sua famiglia nel migliore dei modi e per dargli i migliori strumenti per interagire con l’ambiente circostante. Con i nostri pazienti, diventa fondamentale ricreare un ambiente che soddisfi le loro esigenze e possibilmente che sia riproducibile anche a casa. I genitori, infatti, sovente prendono spunto da ciò che vedono nella struttura riabilitativa, per ricreare a casa un ambiente simile, che permetta al loro bambino di interagire con l’esterno e apprendere più facilmente. Infatti, è fondamentale in un’ottica riabilitativa e di empowerment della famiglia che tutto ciò che è nelle stanze (giochi, ambienti, arredi come tappeti, tavolini, seggioline, ma anche illuminazione) siano facilmente riproducibili dai genitori. Non vogliamo presentare loro strumenti troppo tecnologici, costosi e quindi poco riproducibili che sappiamo già non potranno riproporre al bambino in una situazione di vita quotidiana. In questa ottica, abbiamo sentito l’esigenza di stendere un progetto che modifichi il nostro reparto, ed in particolare la stanza di riabilitazione visiva. Per fare ciò ci siamo ispirati a vari metodi, tra cui il metodo Snoezelen che andrò a presentare di seguito.

Il metodo Snoezelen nasce verso la fine degli anni 70 da due terapisti Olandesi. La loro idea era quella di ricreare degli apposti ambienti dove i pazienti con disturbi mentali potessero essere stimolati attraverso luci, suoni, colori, sapori e manipolazioni, al fine di creare suggestioni attraenti che incrementino la percezione.

Il termine Snoezelen nasce dalla combinazione delle due parole “snuffeln” (esplorare) e “doezelen” (rilassarsi). I pazienti con disabilità, infatti, poichè possono avere difficoltà a

capire e percepire ciò che gli sta attorno, all’interno di tali ambienti vengono spinti ad esplorare e ad entrare maggiormente in contatto con il mondo circostante; ogni componente d’arredo all’interno ha il preciso scopo di stimolare uno dei 5 sensi, aiutare il paziente a prenderne coscienza e generare un diffuso senso di benessere e calma. La stimolazione sensoriale, dunque, va ad assumere un ruolo centrale all’interno del metodo, per comprendere il mondo circostante e per aiutare a sperimentare e reagire all’ambiente circostante. La sua funzione, all’interno del metodo, è riassunta di seguito:

- approccio mirato a stimolare i cinque sensi in maniera controllata - passaggio da cognitivo a “sensoriale”

- riorganizzazione del rapporto con il mondo esterno teso a migliorarne la comprensibilità e la fruibilità

- la stimolazione ripetuta e costante può esercitare un apprendimento implicito (abitudine ad uno stimolo specifico)

Sono tre i principi costituenti la Stimolazione Sensoriale (Baker R., 2001):

1. La stimolazione visiva, uditiva, tattile e olfattiva viene offerta ai pazienti spesso in una stanza o in un ambiente appositamente progettati, usando diversi tipi di luci, musiche stimolanti, aromi e oggetti tattili.

2. Lo staff lavora vis-à-vis con gli individui, adottando un approccio non-direttivo e stimolante, nel quale le necessità del paziente vengono messe in primo piano. I soggetti vengono incoraggiati a sperimentare gli stimoli sensoriali che hanno a disposizione.

3. Gli stimoli utilizzati non sono obbligatoriamente sequenziali o strutturati, ma possono essere sperimentati momento dopo momento senza dover ricorrere alla memoria a breve termine; essi richiedono poche abilità attenzionali e intellettuali nei pazienti con demenza.

Secondo la definizione di Ad Verheul lo “Snoezelen” è una offerta selezionata di stimoli primari in un ambiente attraente e, ancora, è definito come un ambiente specialmente progettato dove il benessere è prodotto da stimoli multisensoriali controllabili.

Come accennato prima, nasce nei Paesi Bassi, da difficoltà assistenziali e di cura di persone con grave disabilità mentale, che venivano esclusi da qualsiasi tipo di attività riabilitativa a causa dell’ambiente poco idoneo al loro quadro clinico e sensoriale. Le prime esperienze furono attività occupazionali a domicilio, costruzione e utilizzo di semplici oggetti, tentativi di risvegliare l’interesse ed incentivare l’attività.

Figura 5 e Figura 6: le prime idee riconducibili al Metodo Snoezelen

I responsabili delle prime attività, presso De Hartenberg, furono Jan Hulsegge e Ad Verheul. Le prime esperienze, presso il centro De Hartenberg, furono le tende sensoriali (1978), per arrivare alla costruzione delle prime “stanze Snoezelen” (1984).

Le tende sensoriali, erano pensate come un luogo di raccoglimento dove il paziente potesse trovare la sua dimensione e interagire meglio con l’ambiente circostante. Erano solitamente così costituite:

- Ventilatore che soffiava su ritagli di carta e palloni

- Angolo soffice con cuscini e fieno (con giocattoli nascosti, emettenti diversi suoni)

- Effetti di proiezione su soffitto

- Reparto odori, profumi, saponi, erbe

- Oggetti tattili su soffitto (fili di lana, giocattoli) - Vassoi con cibi salati, dolci, amari

- Grandi vasche con sabbia e ghiaia

Figura 7 e Figura 8: le tende sensoriali

Gli obiettivi del metodo Snoezelen, per come lo intendiamo oggi, sono riassunti di seguito:

- Gestione dei disturbi comportamentali - Favorire il rilassamento

- Stimolare l’esplorazione dell’ambiente

- Favorire il contatto e la relazione interpersonale - Instaurare relazioni positive nella cura quotidiana - Promuovere il benessere della persona

- Ri-attivazione della persona

Ad oggi sono disponibili diversi studi sull’uso della metodologia Snoezelen come strumento terapeutico in ambito geriatrico e non solo:

- Ridurre i comportamenti non adattivi e incentivare i comportamenti positivi (Backer 2001; van Diepen 2002; Hope 1998; Long 1992);

- Promuovere umore e stati affettivi positivi (Baker 2001; Cox 2004; Pinkney 1997); - Facilitare la comunicazione e l’interazione (Spaull 1998)

- Promuovere le relazioni di cura e ridurre lo stress nei caregivers (McKenzie 1995;

Savage 1996).

Numerosi studi sono andati a vedere l’effetto del metodo Snoezelen su pazienti con demenza senile. Confrontando i pazienti che hanno ricevuto trattamento con metodo Snoezelen e il campione di controllo che ha ricevuto la standard care, si è visto che a fine del ciclo di trattamento i pazienti trattati con metodo Snoezelen hanno ottenuto un miglioramento per quanto riguarda l’apatia e il tono dell’umore, mentre con attività tradizionali il miglioramento era solo nelle abilità linguistiche (the Cochrane Review,

2002).

Secondo lo studio Behavioral and Mood effects of Snoezelen Integrated into 24-Hour

Dementia Care (Julia C.M. Van Weert, 2005) i resident che avevano ricevuto

un’assistenza basata sulla stimolazione multisensoriale mostravano un miglioramento significativo dei seguenti comportamenti: apatia, trascuratezza, oppositività, aggressività e depressione. Inoltre, durante l’assistenza del mattino il gruppo sperimentale mostrava miglioramenti significativi sul benessere (umore, serenità, allegria, tristezza) e sui comportamenti adattativi (risposta alle domande, relazione con il caregiver, interazione con l’ambiente).

Concludendo, l’approccio Snoezelen: - È un approccio innovativo

- Stimola esperienze piacevoli ed un senso di benessere nella persona - Ha effetto a breve termine sui sintomi comportamentali e psicologici - Migliora il benessere e la motivazione dell’operatore

L’uso più comune dell’approccio Snoezelen è la stimolazione visiva. In questo caso, gli strumenti più comunemente utilizzati, sono:

- Fibre ottiche: per favorire la consapevolezza della luce

- Tubo a bolle: per stimolare il movimento oculare di inseguimento

Figure 12 e 13: tubo a bolle

- Luci colorate diffuse: per stimolare la percezione del colore

Da questo presupposto è partita la nostra prima idea, avente come cornice la Sezione di Neurologia di Prima Infanzia dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico presso Calambrone (PI). Poiché all’interno del nostro reparto è presente una Terapista della Neuro e Psicomotricità che si occupa di valutazione e riabilitazione visiva in bambini da 0 a 3 anni, ci sembrava particolarmente importante modificare la stanza visivo, all’interno della quale si svolge in particolare l’osservazione del comportamento visivo del bambino, ma anche l’intervento di riabilitazione visiva. È quindi anche la stanza dove dovrà esserci una maggiore attenzione agli stimoli sensoriali e all’illuminazione.

Inoltre, essendo un reparto dove una gran percentuale di pazienti ha pochi mesi di vita, abbiamo sentito l’esigenza di ricavare una “stanza allattamento”, dove i genitori possano dar da mangiare al proprio bambino, allattare, e più in generale trovare uno spazio confortevole dove stare tra una visita e l’altra, senza confusione, adatto alle loro esigenze. Questo è stato il focus della seconda parte del nostro progetto.

Analisi dell’attuale situazione del Reparto di Neurologia di Prima

Documenti correlati