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Quello che ci prefissiamo di fare con questo progetto, sono una serie di migliorie dal punto di vista strutturale che abbassino la criticità del problema e lo scontento degli operatori e che forniscano alle famiglie un supporto più adeguato, in linea con un centro di terzo livello e con la professionalità dell’equipe multidisciplinare. Ovviamente, la strada per fare tutti i miglioramenti è lunga e prevede spese ingenti ma delle piccole modifiche sono importanti se non indispensabili.

Per fare ciò, dopo un confronto tra operatori, abbiamo selezionato come priorità la creazione di una “stanza allattamento” dove i genitori possano rilassarsi tra una visita e l’altra e dar da mangiare al proprio bambino in un ambiente accogliente e più intimo, e la sistemazione del laboratorio visione, che è ad oggi uno spazio piccolo e poco adatto per fare sia valutazione che trattamento dei disturbi visivi.

Come sopra accennato, il laboratorio SMILE (Stella Maris Infant Lab for Early Intervention) è stato istituito nel 2010, con l’obiettivo principale di migliorare l'assistenza e la qualità della vita di neonati e bambini con disabilità. Il laboratorio SMILE esegue ricerche su nuove strategie per la valutazione e l'intervento precoce in neonati e bambini con danni cerebrali precoci o altre disabilità (tumori, sindromi, malattie metaboliche) dello sviluppo neurologico.

Negli anni, grazie a collaborazioni internazionali e all’aiuto di vari finanziatori, e di pari passo con l’aumento dell’utenza, abbiamo potuto arredare e adattare locali per consentire all’intera equipe di svolgere al meglio il loro lavoro con i bambini e le loro famiglie. Tutto questo in un’ottica di miglioramento continuo, presupposto principale del modello della Lean Organization (da anni sempre più applicata anche in sanità) da cui deriva la possibilità di personalizzare i servizi erogati in funzione della domanda. La Lean utilizza una serie di tecniche per la gestione dei processi operativi con lo scopo di aumentare il valore percepito dall’utente finale e garantire una riduzione sistematica degli sprechi che possano generarsi durante i processi stessi.

Il progetto

È doveroso premettere che tutte le modifiche apportate al reparto e il materiale che sarà eventualmente acquistato per tali cambiamenti, dovrà essere facilmente trasportabile, in quanto recentemente è stato avviato il processo di trasferimento (che avverrà tra circa 5 anni) di gran parte delle unità operative dell’IRCCS Fondazione Stella Maris in un nuovo ospedale, che verrà edificato in zona Cisanello, a Pisa. Nonostante ciò, 5 anni sono un tempo troppo lungo per metter da parte nuove indispensabili esigenze, e soprattutto la necessità di adattare stanze e creare ambulatori che consentano di applicare ciò che le nuove scoperte scientifiche documentano. L’idea quindi è quella di essere sostenuti soprattutto nella realizzazione di materiale trasportabile nel nuovo edificio.

Nell’ultimo anno l’interesse del mondo clinico e scientifico pone al centro dei nostri obiettivi terapeutici la diagnosi e l’intervento precoci dei disturbi neurovisivi, molto frequenti nei nostri bambini con lesioni neurologiche. Tali difetti determinano molto spesso una cecità corticale, l’impossibilità cioè di utilizzare il canale visivo per conoscere il mondo circostante, pur non avendo un danno organico dell’occhio. Nel nostro Istituto da diversi anni sono state sperimentate ed utilizzate tecniche comportamentali di diagnosi precoce e soprattutto di intervento fin dai primi giorni di vita. In questo modo, abbiamo potuto aiutare il bambino e i suoi genitori a stabilire prime relazioni affettive significative anche attraverso un canale visivo il cui sviluppo era fortemente a rischio. Il team SMILE Lab di Pisa attualmente guida uno studio internazionale per la sperimentazione di questo modello di diagnosi ed intervento precoce neurovisivo. L’obiettivo è affrontare la lacuna presente negli interventi riabilitativi per bambini con lesioni neurologiche e gravi problemi neurovisivi.

Abbiamo un bacino di utenti in aumento, ma sono pochi gli spazi disponibili per poter fare in maniera ottimale valutazione e trattamento dei disturbi neurovisivi. L’ambiente clinico necessita di materiale visivamente attraente che spesso contrasta con la necessità di avere un ambiente privo di stimoli distraenti per le valutazioni.

Nasce così l’idea di creare un ambulatorio valutativo e riabilitativo in una stanza “modulare”, la prima, per la valutazione e il trattamento precoce dei disturbi neuro visivi fin dai primi giorni di vita.

Fondamentale in un’ottica riabilitativa e di empowerment della famiglia che tutto ciò che sia nelle stanze (giochi, ambienti, arredi del tipo tappeto, tavolino, seggiolina, ma anche illuminazione) siano facilmente riproducibili dai genitori. Uno degli obiettivi del nostro trattamento è che il bambino riesca ad apprendere in vari contesti, ma soprattutto nel suo ambiente di vita quotidiana, che deve essere il più possibile simile a quello che i genitori vedono in struttura, con ulteriori modifiche personalizzate per quello specifico bambino e per il suo spazio di vita quotidiana.

Per quanto concerne il laboratorio visivo, esso dovrà contenere al suo interno una parte più valutativa, testistica, e una dedita all’intervento, oltre a una postazione con la scrivania per scrivere le schede dei pazienti. Per quanto riguarda la parte valutativa, essa dovrà contenere pochi stimoli ambientali che altrimenti distrarrebbero il bambino e ne comprometterebbero la valutazione, con materiale testistico a portata di mano. Deve quindi essere un luogo piuttosto asettico. Non necessita di essere molto spazioso anche se potranno esser presenti alla valutazione, oltre all’operatore e al paziente, il/i genitore/i e una o più tirocinanti.

Dovrà poi esserci all’interno della stanza una parte dedicata all’intervento precoce. Questa parte vorremmo pensarla ispirandoci al metodo Snoezelen – sopra presentato – perché crediamo che una opportuna stimolazione sensoriale aiuti il bambino ad interagire con l’ambiente circostante, e conseguentemente ad apprendere, ancor di più se ci troviamo in un ambiente appositamente progettato, usando diversi tipi di luci, musiche stimolanti, oggetti tattili e così via. Fondamentale in questa parte di stanza sarà materiale come pannelli sensoriali, luce stroboscopica, lampada di wood, specchio etc.

Secondo obiettivo del nostro progetto è la realizzazione di una stanza di allattamento all’interno del reparto. Per capire l’importanza di tale spazio, è doveroso fare alcune premesse.

In media un neonato poppa 8-12 volte in 24 ore – gli esperti consigliano di allattare a richiesta – a intervalli non sempre regolari, e poiché la produzione di latte inizia quando il piccolo comincia a succhiare, non occorre aspettare che il seno “si riempia” fra un pasto e l’altro. Inoltre, è bene ricordare che i neonati non hanno l’orologio e non sanno aspettare. Soprattutto nei primi tempi, è importante che la madre impari a cogliere i primi segni di fame. Secondo gli esperti della Società italiana di neonatologia, non occorre attendere che il piccolo pianga e si agiti. Allattare prima che sia arrabbiato facilita infatti un corretto attacco al seno. Inoltre non bisogna preoccuparsi se il bambino ha subito fame: il latte materno è molto digeribile e il suo stomaco si svuota presto. Come e quando allattare? Una corretta posizione durante la poppata è fondamentale. La mamma deve essere comoda e rilassata, il corpo del suo piccolo a contatto col suo corpo. Inoltre non esiste un tempo ideale. La poppata termina quando il neonato si stacca spontaneamente dal seno.

Viste queste premesse, pensiamo ora ad un reparto che accoglie bambini nella prima infanzia, quindi a partire dai primi giorni di vita. Una semplice giornata in ospedale, sottopone il neonato ad uno stress non indifferente, considerando che si trova lontano dal suo ambiente e dalle sue abitudini. La routine infatti, è molto importante in queste prima fasi di vita e lo è ancor di più nel caso in cui vi sia stato un evento che abbia ostacolato lo sviluppo del piccolo paziente. Quando i bambini e le loro famiglie giungono in valutazione presso il nostro reparto, quello che li aspetta è una valutazione ed una presa in carico multidisciplinare, il che significa che all’interno della stessa mattina, possono trovarsi a fare anche 3-4 valutazioni diverse. Ricollegandosi ai concetti precedenti, appare evidente l’esigenza di creare uno spazio dedicato all’allattamento, soprattutto in un reparto come il nostro. Se è vero che si può allattare ovunque, è altrettanto vero che la confusione, i rumori, il sovraffollamento, non consentono alla mamma di sentirsi a proprio agio per compiere il suo gesto dolce e generoso, e al bambino di goderne appieno.

Questa sarebbe un’iniziativa semplice e concreta, un piccolo passo sulla strada di una trasformazione culturale che investa sul futuro, sulla maternità, oltre a rappresentare una comodità per le nostre mamme. Per realizzarla non servono strumenti costosi, è

sufficiente avere una stanzetta raccolta, possibilmente con la finestra, un lavandino con sapone e salviette, una poltrona, un fasciatoio, un distributore di acqua, un piccolo frigorifero per conservare il latte, un forno microonde per scaldarlo, tinte delicate, luce soffusa e una musica soft.

Abbiamo individuato, all’interno del reparto, la stanza adatta a tale iniziativa, stanza che al momento è uno dei due bagni del piano, quello riservato al personale. Attualmente infatti, vi sono quattro piccole stanze adibite a bagni, di cui solamente due sono utilizzate come tali. Il primo bagno a sinistra è quello riservato al personale, che diventerebbe la stanza allattamento in caso di approvazione del progetto. Il primo bagno a destra, al momento, non è utilizzato come tale ma è una stanza nella quale negli anni è stato accumulato materiale di cui al momento non necessitiamo ma comunque in gran parte in buono stato. Sarebbe opportuno liberarlo al più presto suddividendo il materiale in armadi già presenti in reparto e parzialmente liberi. Il secondo bagno a destra è utilizzato come bagno per l’utenza; oltre ai sanitari, è qui presente un fasciatoio a parete che può essere all’occorrenza aperto e utilizzato per il cambio pannolino. Il secondo bagno a sinistra, invece, è utilizzato come sgabuzzino, viene chiuso a chiave e contiene detersivi ed altro materiale utilizzato dalle donne delle pulizie.La progettualità prevede di adibire le due stanze sulla destra a bagni, uno per l’utenza (già presente) e uno per il personale, creare una stanza allattamento in quello che attualmente è il bagno per il personale, e lasciare uno sgabuzzino nell’altra stanza, che comunque necessita di esser sistemata.

I fondi

Ormai da anni nel nostro istituto clinica e ricerca vicendevolmente si confrontano e si sostengono tanto da determinare un riconoscimento internazionale di “eccellenza”, reso possibile anche attraverso il lavoro in team di persone preparate, esperte, motivate e dedite ai piccoli ricoverati e alle loro famiglie e anche grazie ad attività di fundraising, ai nostri finanziatori e alle collaborazioni nazionali e internazionali. Abbiamo così potuto

nel tempo arredare e adattare locali, comprare materiali e quant’altro per consentire agli operatori di lavorare meglio.

Per questo specifico progetto, ci siamo rivolti ad un’associazione di Livorno – di cui tuteliamo il nome – con la quale avevamo già preso contatti in passato e che conosce il nostro operato. L’associazione da anni si adopera per aiutare bambini meno fortunati, sostenendo progetti di tutela e formazione dei minori, contribuendo ad acquistare e regalare beni, per quelle strutture che si occupano di prevenzione, recupero e accoglienza. L’associazione dunque, una volta approvato il progetto, si prenderà carico

della spesa per portarlo a termine, aiutandoci così a realizzare, passo dopo passo, un ambiente ad hoc per i nostri piccoli e per le loro famiglie, e che sia il più possibile trasportabile un domani in un’eventuale nuova struttura dove il laboratorio si trasferirà.

Discussione

Questo studio, in primo luogo vuole confermare l’importanza del luogo di lavoro - in questo caso indagata in una realtà riabilitativa della prima infanzia – e sottolineare quanto esso sia strettamente correlato al benessere dei lavoratori. Esso rappresenta anche un importante supporto per i lavoratori e per le loro attività, permettendogli di conservare le loro energie e le loro risorse attentive per svolgere i loro compiti. Nello specifico quindi un ambiente di lavoro positivo consente al team di riabilitatori di assistere al meglio i piccoli pazienti e le loro famiglie, fornendogli il giusto supporto per le loro cure.

È importante fare un’ulteriore specifica. Sappiamo quanto i lavoratori sanitari, quotidianamente a stretto contatto con il malato, siano più soggetti al fenomeno del

burn out. La comprensione di tale fenomeno rimanda a quella dello stress, di cui

rappresenta l’esito finale. Il burn out è appunto una sindrome che colpisce gli operatori delle professioni di aiuto, quindi anche i medici ed il team della riabilitazione. Inoltre, il rischio si fa ancora più alto se vi si trova di fronte pazienti con patologie particolarmente invalidanti, il più delle volte permanenti se non addirittura neurodegenerative, ed in tenera età. Nel caso della Prima Infanzia, l’operatore, a vario titolo, deve essere in grado di accompagnare e supportare il bambino e la sua famiglia, dalla comparsa e individuazione dei primi segnali della patologia, passando per il delicato momento della diagnosi (quando essa è chiara, altrimenti costretto a lasciare i genitori nell’incertezza), fino al passaggio a reparti più specializzati nel caso clinico in questione. Il tutto, coordinandosi con altri operatori per una presa in carico multidisciplinare del paziente. Questa premessa, per sottolineare quanto già di per sé le condizioni lavorative, in un reparto neuroriabilitativo della Prima Infanzia, siano stressanti per l’operatore, e non sempre di facile gestione.

Analizzando le risposte che gli operatori hanno dato al questionario di Giugno 2019, è evidente come da molti di essi, se non dalla totalità, sia emersa la preoccupazione che la struttura non fornisca alla famiglia ciò di cui ha bisogno in termini di supporto nel ricovero e soprattutto hanno evidenziato carenze dal punto di vista strutturale, che non ci si aspetterebbe in un centro di terzo livello a così alta formazione specialistica.

Si comprende dunque quanto sia un’adeguata struttura che la professionalità dei riabilitatori, siano fattori imprescindibili per supportare le, purtroppo numerose, famiglie che afferiscono al reparto. L’ambiente lavorativo assume dunque un’importanza fondamentale in ottica di supporto sia diretto che indiretto al paziente. Supporto diretto quando esso crea un ambiente favorevole per il paziente e per la sua famiglia, quindi ad esempio:

- che sia piacevole per il bambino anche dal punto di vista visivo,

- che vi siano spazi adeguati per svolgere tutte le attività che il bambino è chiamato a fare in ambito sia valutativo che di intervento,

- che vi siano aree di gioco e di condivisione con altri coetanei, - che le zone di ricovero siano adeguate e funzionali,

- che sia accessibile in ogni sua parte dal punto di vista delle barriere architettoniche,

- che vi siano i servizi di primaria necessità, - che sia pulito e igienico,

- che sia attrezzato in caso di problematiche medico-internistiche, - che sia in sicurezza etc.

Supporto indiretto al paziente in quanto, se l’ambiente è favorevole per il lavoratore, di conseguenza ne risente, molto spesso, anche il paziente; quindi per il lavoratore è importante un ambiente di lavoro positivo, ed in particolare è importante:

- che sia funzionale per le valutazioni e per attuare i programmi di intervento, - che sia funzionale in termini di spazi, quindi con un numero di stanze adeguate

che possa prevedere la turnazione degli operatori ma che comunque sia organizzato da non impedire a nessuno di essi di svolgere il suo lavoro,

- che sia funzionale per le attività che devono essere svolte, quindi è necessaria la presenza di stanze più adatte alla valutazione perché senza stimoli distraenti per i bambini, e stanze funzionali all’intervento, con la presenza di tutto il materiale necessario (multisensoriale, giochi per le varie fasce di età, test valutativi etc), - che sia piacevole dal punto di vista visivo, possibilmente illuminato da luce

nelle zone dove gli operatori scrivono referti e fanno attività più da ufficio, alla scrivania,

- sarebbe auspicabile la presenza di almeno una zona ricreativa, dove passare la pausa pranzo e dove condividere dubbi e/o esperienze con i colleghi, ma anche dove poter rilassarsi in tranquillità,

- che sia pulito e igienico, - che sia in sicurezza etc.

Le modifiche dell’ambiente di lavoro relative al reparto della Prima Infanzia dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, di cui nei capitoli precedenti abbiamo descritto la progettualità, hanno proprio l’intento di migliorare l’ambiente di lavoro sia per l’operatore sanitario che è giusto lavori nelle migliori condizioni possibili, sia per il paziente e per la sua famiglia, che devono essere supportati da altrettanto positive condizioni ambientali. Con le nostre proposte di miglioramento, auspichiamo che le criticità rilevate all’interno del reparto diminuiscano e che si crei un ambiente più confortevole sia per l’operatore che per le famiglie.

Con la creazione di una stanza allattamento, vogliamo creare un ambiente intimo per la diade madre-bambino, lontano dai rumori e dal sovra-affollamento, per un momento – quale l’allattamento – fondamentale in questa epoca di vita del bambino. Può essere questo un luogo dove le mamme hanno anche modo di consolare il proprio bambino nei momenti in cui appare frustrato e/o stanco. Pensiamo che tale spazio sia d’aiuto anche agli operatori della riabilitazione, le cui valutazioni spesso sono inficiate dallo stato d’animo dei bambini, che essendo così piccoli, hanno bisogno di rispondere ai loro bisogni fisiologici (sonno, fame, etc). Spesso dunque il terapista è costretto ad interrompere la valutazione e a consigliare ai genitori di tornare in camera per allattare il proprio bambino e per soddisfare i suoi bisogni. La creazione di uno spazio come la stanza allattamento, all’interno del reparto quindi vicino a tutte le stanze di valutazione e intervento, potrebbe consentire al bambino di fare una breve pausa tra una valutazione e l’altra o all’interno della stessa ora valutativa, e riprendere successivamente l’attività, più facilmente e in tempi più brevi rispetto a quello che accade ora.

Anche il laboratorio visivo “modulare” pensiamo che possa offrire servizi aggiuntivi alla nostra struttura e soprattutto che possa migliorare qualitativamente le valutazioni delle funzioni visive. Queste ultime infatti, ad oggi vengono effettuate in una stanza in cui il bambino fa anche attività di intervento neuroriabilitativo, e vengono quindi molto spesso inficiate dal fatto che il setting particolarmente ricco di stimoli – come necessario per l’intervento – appare spesso distraente per il paziente, che non è quindi focalizzato sul test che l’operatore gli somministra per la valutazione visiva. Inoltre, abbiamo individuato molto materiale, ispirandoci al metodo Snoezelen, che crediamo sia utile al bambino per interagire con l’ambiente circostante, e conseguentemente apprendere. Il materiale in questione è soprattutto di tipo multisensoriale, particolarmente stimolante dal punto di vista visivo. È stato visto infatti che materiale di questo tipo consente ai pazienti con disabilità – e soprattutto a quelli con problematiche visive – di approcciarsi meglio all’ambiente circostante e di esplorare quello che li circonda. Pensiamo dunque che uno spazio del genere possa dare molto ai nostri pazienti in termini di assistenza e anche ai lavoratori per svolgere al meglio la loro attività.

Infine, un focus importante del nostro progetto è stato proprio quello del benessere dei lavoratori, perché pensiamo – ed è dimostrato anche in letteratura – che dipendenti sereni, che lavorano nelle migliori condizioni possibili, siano più propensi a svolgere al meglio le loro attività lavorative, oltre ad essere tipicamente meno disposti a cercare un’altra occupazione o a lasciarla a seguito di altre offerte di lavoro. In un mondo in cui i lavoratori sono risorse valide e indispensabili è bene fare il possibile per creare le migliori condizioni lavorative al fine di evitare un alto turnover.

La stesura di questo progetto e le relative proposte di miglioramento sono state pensate per garantire ai lavoratori un ambiente (fisico ed organizzativo) che consenta loro di continuare ad offrire alla struttura il meglio delle proprie competenze professionali. Da non sottovalutare è il fatto che le professioni sanitarie presentano alcune specificità: le attività comportano movimentazione dei pazienti (spesso non collaboranti a causa delle patologie che presentano), dove spesso il rischio è significativo in ambito infortunistico, posture incongrue e fisse, prolungata e fissa stazione eretta, in un contesto ad alta intensità emotiva dove lo stress e il deterioramento della capacità lavorativa sono

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