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OTTIMI LIVELLI DI SENSIBILITA’ E SPECIFICITA’

2.1 Background e Razionale dello Studio

La malattia da CPPD rappresenta una comune causa di morbilità nella popolazione generale. La prevalenza riportata in studi basati sull’osservazione radiografica si attesta intorno al 7-10% in soggetti di età compresa fra i 60 e i 65 anni, ed incrementa progressivamente con l’età fino a raggiungere valori vicini al 20% nella fascia d’età 80-84 anni [8]. I dati sulla prevalenza aumentano considerevolmente quando l’osservazione è basata su altre metodiche diagnostiche, quali l’analisi del liquido sinoviale (LS) o l’osservazione diretta di tessuti prelevati da pazienti sottoposti ad artroprotesi, superando in alcune osservazioni il 50% [10], [72], [73].

Nonostante la rilevanza della patologia, ad oggi, le conoscenze riguardanti l’eziopatogenesi e la storia naturale della malattia sono molto limitate. Questo ha determinato, peraltro, numerose difficoltà nella classificazione e nella nomenclatura dei differenti pattern clinici. Solo recentemente, una task force dell’EULAR ha prodotto le prime raccomandazioni riguardanti la terminologia, la classificazione clinica e la diagnosi di questa patologia[7].

Gli esperti hanno identificato quattro differenti quadri clinici: forma asintomatica, artrite acuta, artrite cronica e artrosi associata alla deposizione di cristalli di pirofosfato, distinta dall’artrosi isolata.

Non è noto se tali classi cliniche possano rappresentare fasi successive di progressione della patologia, quali possano essere i fattori che influenzano maggiormente il susseguirsi degli eventi acuti e lo sviluppo di forme cliniche ad impronta cronica, che a loro volta possono presentare un equilibrio variabile fra la componente infiammatoria e quella degenerativa.

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Le scarse conoscenze sulla storia naturale della CPPD sono correlate alla difficoltà di reperire informazioni sull’eziologia e sulla patogenesi della formazione dei cristalli.

Molti aspetti influenzano la formazione dei cristalli di pirofosfato (CPP): l’invecchiamento, fattori genetici, le modificazioni della matrice cartilaginea extracellulare, la mancata regolazione del metabolismo del fosfato (Pi) e del pirofosfato (PPi) e le alterazioni del profilo fenotipico del condrocita.

È noto che alcune condizioni dismetaboliche, quali l’iperparatiroidismo o l’ipomagnesemia, determinano una maggiore predisposizione allo sviluppo della CPPD, correlata ad un’alterazione del metabolismo del pirofosfato e del calcio. Sono state riconosciute, inoltre, forme familiari di CPPD determinate da mutazioni genetiche a carico del gene ANK, che codifica per una proteina transmembrana deputata al trasporto del PPi dallo spazio extra a quello intracellulare. Tale mutazione nell’uomo induce una maggiore concentrazione del PPi nello spazio extracellulare e predispone quindi alla formazione e all’ accumulo di cristalli di pirofosfato[8]. Tuttavia nella maggior parte dei pazienti affetti da CPPD sporadica non sono riconoscibili alterazioni dei valori ematochimici di calcio, fosforo o magnesio. Sulla base di queste osservazioni, si potrebbe concludere che nella patogenesi dei depositi di pirofosfato risultano fondamentali fattori locali piuttosto che quelli sistemici [74], [75]

Al contrario, l’elevata concentrazione di PPi inibisce la formazione dei cristalli di fosfato basico di calcio che, infatti, raramente coesistono ai cristalli di pirofosfato di calcio [73].

Un altro fattore patogenetico riconosciuto è legato alle caratteristiche della cartilagine articolare. I depositi di pirofosfato, infatti, si formano all’interno delle cartilagini e fibrocartilagini e l’attacco acuto si instaura in seguito alla liberazione dei cristalli all’interno dello spazio articolare. Studi precedenti hanno osservato che i depositi di CPP tendono a formarsi prevalentemente in aree di anormalità della matrice cartilaginea (riduzione del

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contenuto di collagene, frammentazione delle fibrille, cambiamenti nell’espressione della componente proteica della cartilagine) [22].

Dal punto di vista della diagnosi della malattia da CPPD, ad oggi, non vi è accordo su quale possa essere il migliore strumento per la diagnosi ed il follow up di malattia.

Storicamente i criteri diagnostici per la CPPD erano rappresentati dall’esame del liquido sinoviale e dall’individuazione delle calcificazioni al Rx. Nel 2011 la task force dell’EULAR, sulla base della revisione della letteratura, ha ridimensionato il ruolo della radiografia articolare, affermando che l’analisi del liquido sinoviale da sola è sufficiente per la diagnosi della CPPD. Gli esperti, inoltre, hanno individuato nell’ecografia uno strumento sensibile e specifico per il riconoscimento dei depositi di pirofosfato.

Negli ultimi anni, infatti, l’ecografia sta guadagnando un posto di rilievo nell’iter diagnostico di questa patologia. Gli studi effettuati hanno condotto, per la prima volta, alla standardizzazione dei criteri ecografici per la diagnosi della CPPD [56,57,59] ed una prima valutazione della sua performance diagnostica, valutata in un recente studio comparativo diretto sui vari metodi di diagnosi della CPPD, in cui sono state confrontate le performance dell’analisi del liquido sinoviale (LS), della radiografia e dell’ecografia nella ricerca dei cristalli di pirofosfato rispetto ad un gold stardard rigoroso, quale l’analisi microscopica dei tessuti delle articolazioni esaminate. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’ecografia raggiunge i migliori livelli di sensibilità mantenendo un’ottimale specificità [60].

Sulla base dei progressi fatti (soprattutto in termini di riproducibilità) e in virtù delle sue caratteristiche di non invasività e basso costo, l’ecografia potrebbe rappresentare un valido strumento nello screening e nel follow-up di pazienti affetti da CPPD. In particolare, la possibilità di effettuare controlli seriati potrebbe offrire un valido aiuto nella ricostruzione della storia naturale della patologia, valutandone sia gli aspetti flogistici che degenerativi.

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2.1.1 CPPD ed OA: Quale Relazione?

La coesistenza fra OA e CPPD è una evenienza comune, soprattutto nella popolazione anziana - essendo l’età un fattore predisponente per lo sviluppo di entrambe -, e la presentazione clinica di OA associata a CPPD rappresenta una delle forme previste dai criteri classificativi EULAR. Tuttavia, la relazione fra le due patologie è tuttora oggetto di studio.

Come precedentemente affermato, le alterazioni della matrice cartilaginea legate alla degenerazione artrosica potrebbero fungere da stimolo alla formazione e alla liberazione di cristalli di CPP; d’altra parte, alcune osservazioni supportano l’ipotesi che la presenza di CPPD costituisca di per sé una causa di danno articolare e di peggioramento degli outcome clinici e radiografici dell’OA [72], [76]. Non è chiaro, quindi, quale delle due condizioni patologiche preceda l’altra, così come non è stato valutato, ad oggi, quale ruolo possa essere rivestito dall’infiammazione articolare nella genesi e nello sviluppo della patologia da deposito.

Alcuni studi sul LS o basati sull’osservazione diretta di campioni anatomici hanno valutato la prevalenza di CPPD in popolazioni di pazienti affetti da OA, suggerendo anche la presenza di alcune differenze nelle caratteristiche cliniche e del LS dei pazienti con e senza CPPD.

In un’ampia popolazione di pazienti affetti da OA di vario grado, Nalbant e coll. hanno rilevato la presenza di cristalli di calcio all’analisi del LS nel 52% dei soggetti; il 21% dei pazienti risultava positivo per la ricerca di CPP ed il 47% per quella di BCP, mentre il 16% dei pazienti presentava contemporaneamente i due tipi di cristalli. Nella popolazione di studio, la presenza di cristalli di calcio, nel suo complesso, appariva positivamente associata a gradi più severi di OA, mentre solo la presenza di CPP associava positivamente con l’età e con la cellularità del LS[72].

Viriyavejkul e coll., che hanno riportato una prevalenza di CPPD di oltre il 50% nel LS di pazienti sottoposti ad artroprotesi per gonartrosi, non hanno

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invece osservato differenze cliniche significative per quanto riguarda l’età di esordio dei sintomi articolari, l’anamnesi positiva per episodi di infiammazione articolare acuta, il grado di compromissione funzionale nelle comuni attività fisiche fra i pazienti con e senza CPPD [10].

Nguyen e coll.[73] hanno invece valutato microscopicamente le cartilagini femorali e tibiali provenienti da pazienti indirizzati ad artroprotesi. I risultati ottenuti hanno evidenziato la diffusa presenza di depositi cristallini nelle cartilagini di questi pazienti, con una netta prevalenza di BCP, mentre i depositi di CPP sono stati osservati nel 40% dei campioni.

Gli autori hanno inoltre osservato che cristalli di CPP e cristalli BCP in genere non coesistono nelle stesse aree, e che la presenza di CPPD si associava ad una maggiore concentrazione locale di PPi, oltre che ad alcune caratteristiche peculiari delle cellule condrocitarie che assumevano un fenotipo ipertrofico ed una espressione genica peculiare.

La correlazione fra CPPD e severità di OA appare, inoltre, supportata da alcun osservazioni radiografiche. In particolare, in passato, la CPPD sarebbe associata positivamente agli aspetti osteoproduttivi dell’OA (nello specifico alla presenza e all’entità di osteofitosi [12]; al contrario, non è stata confermata una correlazione fra CPPD ed aspetti degenerativi della cartilagine femoro- rotulea[12], [77].

Più recentemente, in un ampio studio radiografico, Abhishek e coll.[39] hanno valutato la correlazione esistente fra OA e CPPD in varie sedi articolari. Gli autori hanno osservato che, a livello di polso e ginocchio, la presenza di OA correla con la presenza di CPPD. Considerando il ginocchio, non è stata confermata una distribuzione caratteristica delle alterazioni osteoartrosiche, con ugual interessamento sia del comparto femoro-tibiale che femoro-patellare nel 95% dei soggetti valutati.

Inoltre, è stato evidenziato come l’OA del ginocchio e del polso correli con la presenza di CPPD anche in altre articolazioni, comprese le piccole articolazioni delle mani, in maniera indipendente da fattori quali l’età, il peso e

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la presenza di OA nelle articolazioni stesse. Esisterebbe, pertanto, una forte associazione fra OA e CPPD nelle singole articolazioni ma anche una tendenza di alcuni pazienti a sviluppare la CPPD in varie sedi e in maniera indipendente da altri fattori; queste osservazioni – secondo gli autori – indicherebbero l’esistenza di una predisposizione sistemica allo sviluppo di CPPD anche nelle cosiddette forme sporadiche, e che lo sviluppo della malattia non sia correlato soltanto a fattori locali.

Uno studio più recente da parte del gruppo di Abhishek [40] ha rivalutato l’effettiva esistenza di un pattern di alterazioni caratteristiche che contraddistingua l’OA associata a CC rispetto all’OA singola. A tale scopo, sono state valutate le radiografie provenienti da un’ampia coorte di pazienti, prendendo in considerazione il ginocchio e l’anca.

Per ciascuna articolazione, hanno considerato il grado di osteofitosi, la riduzione dello spazio articolare e, per il ginocchio, la presenza di “bone attrition”, definita come riduzione di struttura ossea associata al collasso dell’osso subcondrale.

Dalle analisi effettuate, gli autori hanno concluso che, a livello del ginocchio, la presenza di CC non si associa ad un maggior grado di osteofitosi o ad una maggiore riduzione dello spazio articolare, mentre sono statisticamente più frequenti le aree di “bone attrition” a carico delle ginocchia con CC+OA. Tale risultato mette in evidenzia che, l’associazione tra le due patologie potrebbe determinare una forma maggiormente “destruente” di OA, contrariamente a quanto concluso in passato da altri studi, che avevano osservato una maggior grado di proliferazione ossea nei pz con CC+OA rispetto all’OA singola.

Per quanto riguarda l’anca, gli autori hanno osservato un’associazione negativa tra la presenza di CC, il grado di osteofitosi e la riduzione dello spazio articolare. Tuttavia, come affermano gli stessi autori, questo dato potrebbe essere viziato da alcuni bias, quale la difficoltà di classificare correttamente i pazienti come affetti da CC solo sulla base dell’esame radiografico dell’anca. I

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risultati di questo studio, pertanto, andrebbe rivalutati utilizzando un esame più sensibile nel riscontro delle tipiche calcificazioni, quali l’ecografia.

I risultati degli studi presenti in letteratura, seppur non numerosi e a volte contrastanti, suggeriscono nel loro complesso che vi siano delle differenze fra pazienti affetti da OA e pazienti con OA e CPPD, riguardanti la presentazione clinica, gli aspetti radiologici e le caratteristiche del LS dei due gruppi. Tali differenze, tuttavia, devono essere ancora ampiamente approfondite e caratterizzate.

2.1.2 Il Ruolo Dei Cristalli E Delle Loro Caratteristiche Fisiche Nello Sviluppo Della Flogosi Articolare

In letteratura sono disponibili scarse osservazioni sistematiche condotte sul LS nelle fasi intercritiche o asintomatiche di CPPD.

Pascual e coll.[45] hanno esaminato il LS di 74 pazienti con diagnosi nota di CPPD, sottoposti ad artrocentesi a distanza di alcuni mesi da un attacco acuto. In tutti i LS esaminati gli autori rilevano la presenza di cristalli, a localizzazione sia intra che extracellulare, ed una cellularità media di 300 elem/ml con una percentuale di neutrofili pari al 16,8%. L’aumento della cellularità e della componente neutrofila veniva interpretata dagli autori come la persistenza di una lieve attività infiammatoria nei LS dei soggetti in fase intercritica.

Quali meccanismi siano i principali responsabili del perdurare della cascata infiammatoria non è tuttora noto. Tra le potenziali cause, vanno ricordati: il numero dei cristalli nel liquido sinoviale, alcune delle loro caratteristiche fisiche, piuttosto che fattori locali legati alla cartilagine

Alcuni dati in letteratura sembrano indicare che i cristalli di dimensioni più piccole siano maggiormente implicati nello sviluppo di flogosi articolare[78].

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Dati contrari emergono, invece, da uno studio del gruppo di Dieppe e coll. [34], in cui sono stati confrontati i LS prelevati da un gruppo di pazienti durante la fase acuta e poi in fase intercritica (almeno 6 mesi di distanza dall’attacco). Gli autori segnalavano che il liquido sinoviale delle fasi infiammatorie era contraddistinto da cristalli di dimensioni maggiori e da una maggior percentuale di m-CPP (cristalli di tipo monoclino) rispetto ai t-CPP (cristalli triclini) ed ipotizzarono che queste caratteristiche fisiche siano correlate ad un maggiore potenziale flogogeno degli stessi cristalli.

Tuttavia, ad oggi, non è chiaro il ruolo flogogeno dei cristalli di piccole dimensioni (-<1micron-) che le tecniche di studio normalmente usate (microscopia ottica a luce polarizzata), e la stessa microscopia elettronica potrebbero essere inadeguate a rilevare. Non si può escludere che, a seconda della concentrazione nel LS, i piccoli cristalli tendano a formare aggregati, più o meno stabili, di dimensioni maggiori e per questo motivo cristalli più piccoli siano scarsamente o per niente reperibili all’esame del LS.

Prendendo in considerazione la forma dei cristalli, è possibile che cristalli monoclini e triclini derivino da depositi differenti o localizzati in diverse parti dell’articolazione; è ipotizzabile, inoltre che i cristalli triclini possano essere meno rapidamente rimossi dall’ambiente articolare, oppure che i cristalli monoclini siano meno stabili e che tendano a convertirsi progressivamente in triclini. Quest’ultimo aspetto spiegherebbe la maggiore concentrazione di questo tipo di cristalli nel LS durante le fasi intercritiche.

Considerando la scarsità di informazioni disponibili in letteratura, nonostante il notevole impatto epidemiologico della malattia da CPPD nella popolazione, l’obiettivo di questo studio è stato identificare e descrivere le caratteristiche del LS, le manifestazioni flogistiche ed i segni di degenerazione articolare individuabili all’ecografia nei pazienti affetti malattia da CPPD, mettendole a confronto con quelle dei pazienti affetti da OA, allo scopo di individuare le principali analogie e differenze.

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2.2 Materiali e Metodi

L’arruolamento dei pazienti è stato condotto presso l’ambulatorio di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese nel periodo compreso fra settembre 2016 e ottobre 2017.

Sono stati arruolati tutti i pazienti consecutivamente giunti all’ambulatorio di Reumatologia che soddisfacessero i criteri clinici e/o radiologici di osteoartrosi del ginocchio (qualsiasi grado radiologico di OA, valutato secondo lo score di Kellgren-Lawrence), associata o meno a CPPD, e che presentassero liquido sinoviale aspirabile a carico del ginocchio. Sono stati esclusi i pazienti affetti da altre patologie infiammatorie articolari ed i soggetti affetti da gotta o per i quali ci fosse stato un pregresso riscontro di iperuricemia.

Per ciascun paziente arruolato sono stati raccolti i dati demografici, i dati antropometrici (peso, altezza), le eventuali comorbidità e le concomitanti terapie farmacologiche. Inoltre, è stata esplorata la storia clinica del paziente per reperire informazioni circa pregresse quadri articolari flogogeni di tipo “acuto” e le eventuali sedi coinvolte.

Ogni paziente è stato sottoposto ad esame ecografico del ginocchio interessato (in caso di interessamento bilaterale, è stato scelto il ginocchio più sintomatico o l’articolazione dove fosse apprezzabile la presenza di liquido sinoviale), e a successiva aspirazione del liquido sinoviale presente.

Il LS raccolto è stato opportunamente conservato e/o utilizzato per eseguire le analisi previste dallo studio. Tutte le procedure di conservazione ed i dettagli delle analisi eseguite saranno opportunamente spiegati nei paragrafi successivi.

La diagnosi di CPPD è stata effettuata sulla base della presenza dei cristalli di CPP a livello del liquido sinoviale. La classificazione dei pazienti in una delle quattro classi EULAR è avvenuta in funzione delle manifestazioni cliniche predominanti e della storia della patologia articolare del paziente.

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Ecografia: All’esame ecografico del ginocchio è stato valutato: la presenza dei cristalli di pirofosfato di calcio a livello dei menischi e della cartilagine ialina, le manifestazioni flogistiche ed i segni della degenerazione articolare ecograficamente esplorabili.

La presenza dei cristalli di pirofosfato è stata valutata mediante un criterio dicotomico di presenza/assenza, basato sui criteri diagnostici recentemente pubblicati dal gruppo Omeract [57]

Per quanto riguarda le manifestazioni flogistiche, sono stati considerati il versamento, la sinovite e il segnale Power Doppler (PD), utilizzando uno scoring semiquantitativo (0-3) già descritto in letteratura [79]; analogamente i segni ecografici di degenerazione (l’osteofitosi femoro-tibiale e la degenerazione della cartilagine femorale come segno di OA femoro-rotulea) sono stati valutati mediante una scala semiquantitiva [79] (Figura 7).

Tutti gli esami ecografici sono stati effettuati seguendo il medesimo protocollo di scansione: i recessi sovrapatellare e parapatellare sono stati valutati con scansioni longitudinali (anche con il muscolo quadricipite in contrazione). I menischi sono stati esaminati con il ginocchio in estensione e successivamente in semi-flessione (angolo compreso tra i 30° e i 45°), seguendo con la sonda le strutture in esame dall’angolo anteriore fino al posteriore ed utilizzando, se necessario, sia scansioni trasversali che longitudinali. La cartilagine ialina di entrambi i condili (sia nella porzione anteriore che posteriore) è stata studiata con il ginocchio in flessione completa, con scansioni longitudinali e trasversali.

Tutte le ecografie sono state eseguite da un reumatologo esperto in ecografia e malattie da microcristalli, cieco ai dati clinici e ai risultati dell’analisi del LS, utilizzando il medesimo ecografo [MyLab 70 (Esaote, Genova)] dotato di sonde lineari di frequenza compresa fra 4 e 18 Mhz

Subito dopo l’esame ecografico i pazienti sono stati sottoposti ad artrocentesi sotto guida ecografica, che ha permesso di verificare l’effettiva aspirazione di tutto il LS presente.

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Analisi del LS: il LS è stato analizzato per determinarne le caratteristiche fisiche (colore, viscosità, aspetto), la cellularità, la presenza di cristalli di CPP. Tutti gli esami sono stati condotti da un operatore esperto, cieco ai dati clinici e ai risultati dell’ecografia.

L’analisi microscopica è stata condotta utilizzando strumenti AxioLab A.1 [Zeiss]. La conta totale dei globuli bianchi (GB) è stata effettuata mediante l’uso di camera di Bürker mentre per la conta cellulare differenziale sono stati impiegati vetrini precolorati (Testsimplets®). I cristalli di CPP sono stati identificati sulla base della morfologia e delle caratteristiche di birifrangenza all’analisi alla luce polarizzata e compensata.

Nei LS positivi per CPP, inoltre, è stata condotta un’analisi quantitativa per determinare il numero totale di cristalli o di cluster identificabili in un singolo vetrino. A questo scopo, due vetrini sono stati allestiti con una singola goccia di LS ed osservati ad un ingrandimento di 400x; abbiamo valutato, per singolo vetrino, un numero di campi osservati pari a 800. È stato quindi determinato il numero totale di cristalli e di cluster osservati in un vetrino, espresso come num/800 campi; se il numero di cristalli di CPP risultava superiore a 100 in almeno 10 campi, un valore forfettario di >1000/800 campi veniva assegnato al LS, considerato come massimo valore di scoring. Per i cristalli di CPP è stato inoltre determinato il numero totale di cristalli intra- ed extracellulari.

Se il campione prelevato risultava sufficiente, è stato effettuato lo stoccaggio di una parte del LS per il dosaggio dei principali ioni coinvolti nella formazione di cristalli di CPP: Calcio (Ca2+), Magnesio (Mg2+), Fosfato (Pi) e Pirofosfato (Ppi), mediante test colorimetrici e saggi di immunofluorescenza. La porzione di LS destinata a questa analisi è stata centrifugata (1800 rcp/min) subito dopo il prelievo, conservando successivamente alla temperatura di -20°C il pellet e il supernatante; un’analoga quantità di LS intero è stato conservato alla stessa temperatura per eventuali ulteriori analisi.

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Analisi dei dati: I dati ottenuti sono stati analizzati utilizzando gli appropiati test statistici (Chi-quadro, Mann Whitney; per le correlazioni fra le variabili misurate test Ro di Spearman).

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2.3 Risultati

Abbiamo arruolato 65 pazienti (38 donne, 27 uomini). Nella popolazione generale, l’età media era pari a 70,34 anni (SD±11.12) e con un BMI medio pari a 26,65 (SD±3.5).

Nella nostra coorte, 25 pazienti risultavano affetti da OA senza CPPD (14 donne), mentre 40 erano affetti da CPPD (24 donne) in varie forme di presentazione clinica: il 10,77% (7/40) presentava una monoartrite, il 27.69% (18/40) un quadro di artrite cronica in fase intercritica, il 21,54% (14/40) era affetto da una forma di CPPD associata ad OA e solo l’1,54% (1/40) è stato classificato come affetto da CPPD asintomatica (paziente affetto da sindrome

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