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2.4 Discussione

La malattia da pirofosfato di calcio è una condizione di comune riscontro nella popolazione [8], in particolare nelle fasce d’età più avanzate [16]. Nonostante l’impatto epidemiologico di questo condizione morbosa, essa è stata per lungo tempo accantonata e, erroneamente, paragonata alla gotta nelle sue manifestazioni cliniche.

La malattia da CPPD, infatti, è una patologia caratterizzata da un variegato pattern di presentazioni cliniche che, in passato, ha determinato il proliferare di numerose pseudo-sindromi per comprendere tutte le possibili manifestazioni [37]. Tale complessità è stata parzialmente risolta nelle recenti raccomandazioni Eular, in cui gli esperti hanno definito quattro principali quadri clinici della malattia da CPPD [7].

Tuttavia rimangono numerose zone d’ombra nella comprensione dei meccanismi patogenetici alla base delle diverse presentazioni cliniche, secondarie ad un variabile sovrapporsi di meccanismi infiammatori e di degenerazione delle strutture articolari. Ad oggi, infatti, sono scarse le conoscenze sui processi che favoriscono l’insorgere ed il progredire della malattia da CPPD e quale sia il decorso clinico delle diverse classi cliniche identificate.

In particolare, nonostante sia ben nota l’associazione tra la CPPD e l’OA [39] (tanto da rientrare come classe clinica distinta nelle raccomandazioni Eular), non è stato definito il rapporto eziopatogenetico tra esse e quali siano gli aspetti che li differenzino.

L’obiettivo di questo studio, quindi, è stato valutare le principali differenze e analogie tra la CPPD e l’OA, esplorando sia l’espressione delle manifestazioni flogistiche che il pattern delle alterazioni strutturali.

A tal scopo, sono stati impiegati i due principali strumenti diagnostici attualmente in uso per la diagnosi di CPPD [7]: l’analisi del liquido sinoviale, e l’ecografia.

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Il primo è stato utilizzato al fine di valutare le eventuali differenze nell’espressione cellulare del liquido sinoviale, mentre l’ecografia è stata impiegata sia per studiare l’impegno infiammatorio che degenerativo delle articolazioni coinvolte. Abbiamo valutato, inoltre, la concentrazione dei principali ioni coinvolti nella formazione dei cristalli di pirofosfato, in modo da testare la presenza di eventuali modificazioni locali dell’omeostasi, come precedentemente supposto [8]

Considerando i risultati ottenuti dalle osservazioni condotte, si evidenzia l’effettiva esistenza di differenze nelle caratteristiche del liquido sinoviale e nella presentazione clinica ed ecografica in pazienti con CPPD e con OA.

Il LS nella CPPD, infatti, anche in assenza di manifestazioni cliniche infiammatorie, presenta una cellularità totale più elevata e un maggior numero di PMN rispetto all’OA. Il maggiore impegno flogistico nei pazienti con CPPD è confermato dalle informazioni ottenute dall’ecografia, dato che nella popolazione dei pazienti con CPPD (anche escludendo le forme acute) è stata osservata una maggiore quantità di versamento articolare rispetto ai pazienti con OA. Anche considerando la proliferazione sinoviale, quest’ultima appare significativamente maggiore nel gruppo CPPD rispetto all’OA. Questo dato, tuttavia, non si conferma escludendo dall’analisi i pazienti con attacco acuto. Va sottolineato, inoltre, che la proliferazione sinoviale, non è accompagnata da un incremento della vascolarizzazione al PD.

I risultati ottenuti confermano quanto già osservato in precedenti studi, condotti impiegando l’analisi del LS, in cui era stata osservata la persistenza di una componente infiammatoria anche nelle fasi intercritiche di malattia da CPPD [45].

La presenza di una componente infiammatoria subclinica potrebbe confermare i risultati di un precedente studio pilota condotto su alcuni campioni tissutali prelavati da pazienti affetti da CPPD ed OA [80].

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In questo studio è stato osservato, infatti, che il tessuto sinoviale dei pazienti con CPPD presentava, prevalente degenerazione fibrosa della membrana, appiattimento dei villi ed una scarsa componente vascolare, aspetti che potrebbero secondari alla flogosi cronica e/o alla degenerazione indotta dai microcristalli. Ulteriori osservazioni appaiono necessarie per confermare tali aspetti microscopici e per valutare le eventuali trasformazioni della morfologia sinoviale nelle diverse fasi della malattia.

Il ruolo flogogeno dei cristalli di CPP è confermato, inoltre, dalla correlazione tra il numero di cristalli identificati all’analisi del LS sia con la cellularità totale e la percentuale di neutrofili che con il versamento e la sinovite valutati all’ecografia.

Riteniamo che ulteriori indagini, su campioni più ampi di pazienti e mirate a valutare l’interazione fra cristalli e cellule del microambiente articolare, possano contribuire a chiarire se tali aspetti siano legati alla persistenza di una flogosi subclinica, associata alla presenza dei cristalli o a una specifica interazione di questi ultimi con i diversi elementi cellulari.

È tuttora in corso, inoltre, la valutazione di ulteriori aspetti dei cristalli di CPPD (forma, dimensioni medie) nel nostro campione di studio, al fine di valutare l’associazione fra caratteristiche fisiche e presentazione clinica. In precedenti studi, infatti, è stato ipotizzato che il potenziale infiammatorio dei cristalli di CPP non è correlato solo alla loro concentrazione, ma anche ad alcune caratteristiche intrinseche [34].

Considerando i segni ecografici di degenerazione articolare, non è stata osservata una correlazione tra la gravità dell’OA femoro-tibiale o femoro- rotulea né con la presenza di CPPD né con il numero di cristalli nel LS.

Sulla base di questi risultati, è possibile ipotizzare che né la presenza dei cristalli né una loro elevata concentrazione correlino con una specifica distribuzione delle lesioni da OA, né che si associno a quadri “peggiori” per quanto riguarda i processi osteoproduttivi e la riduzione dello spazio articolare femoro-rotuleo.

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Questi dati sono conformi a quanto già osservato recentemente da Abhishek e coll che, utilizzando la radiografia tradizionale, non hanno confermato un maggiore interessamento del comparto femoro-rotuleo [39] e non hanno osservato una maggiore osteofitosi o riduzione dello spazio articolare tra i pazienti con CC+OA del ginocchio e chi lamentava solo OA, avendo invece osservato più frequentemente aree di “bone attrition” nel primo gruppo ed ipotizzando, sulla base di questi risultati, un quadro maggiormente destruente nei pazienti affetti da entrambe le patologie.

L’ecografia, tuttavia, non permette di apprezzare questo tipo di alterazioni, per cui potrebbe essere opportuno completare ulteriormente la valutazione degli aspetti morfo-strutturali di questi pazienti effettuando anche un esame radiografico del ginocchio.

Per quanto riguarda la concentrazione dei diversi ioni considerati, nessuna differenza è stata riscontrata. Questo dato appare in contraddizione con quanto precedentemente riportato in letteratura, soprattutto per il PPi, ritenuto dalla maggior parte degli autori come il principale responsabile dell’enucleazione dei cristalli. Questi dati andranno ulteriormente valutati alla luce dell’incremento della casistica in studio.

Concludendo, i risultati di questo studio indicano alcune sostanziali differenze tra l’OA e la CPPD, indicando, in particolare, un ruolo predominate dell’infiammazione, anche subclinica, nella patogenesi e nel perdurare delle manifestazioni cliniche della CPPD. L’ipotesi della presenza di meccanismi patogenetici diversi, tuttavia, dovrebbe essere ulteriormente valutata sia incrementando la casistica di questo studio, sia programmando studi mirati ad approfondire il rapporto tra i cristalli di CPP e le cellule del microambiente articolare, anche al fine di determinare i principali mediatori della flogosi implicati nella genesi delle manifestazioni cliniche.

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