Anche a Mogliano, la guerra faceva sentire i suoi effetti. Fino a Caporetto le scuole avevano funzionato regolarmente, ma dopo, con l'arretramento del fronte, gli edifici scolastici venivano trasformati in ospedali, in caserme, oppure in uffici militari; i ragazzi che prima frequentavano la scuola si trovavano all'improvviso senza nulla da fare.
A casa mancava l'autorità paterna, la mamma spesso assente, a causa dei lunghi turni di lavoro, il risultato fu che i bambini
49. M. Ermacora, Cantieri di guerra.Il lavoro dei civili nelle retrovie del fronte italiano 1915-
vivevano in strada, senza nessuno che poteva accudirli.
Le stesse autorità militari si rendevano conto dei rischi che potevano incorrere questi bambini, tanto che il ten. col. Smaniotto aveva pensato di creare una specie di ricreatorio - scuola.
Nella lettera indirizzata al Comune di Mogliano, il Ten.Col. sottolineava la situazione di disagio della popolazione giovanile, dovuto alla chiusura delle scuole, scriveva nella sua missiva: " il crescente analfabetismo, l'abbandono dei bambini lasciati a se stessi e alle influenze deleterie e ai pericoli materiali della strada, con rammarico dei padri soldati e delle madri che il lavoro intenso sottrae ai naturali uffici e doveri, è venuto nella determinazione di creare un tipo speciale e provvisorio d'istruzione tra la scuola all'aperto e il ricreatorio..."
I bambini, divisi per fasce di età, dovevano studiare la storia, la geografia e l'economia del paese, imparare ad eseguire calcoli mentali, invogliati a fare buone letture, grazie a libri dati in prestito ed esporre per iscritto i loro pensieri (50).
Non tutti i bambini passavano il loro tempo a bighellonare per il paese, qualcuno, per sua fortuna, aveva trovato una occupazione, il compito che gli veniva affidato era di mantenere in buono stato le strade di Mogliano. L'arrivo della Terza Armata, comportava un grande aumento del traffico, la presenza di mezzi per il trasporto delle truppe, carri, ambulanze, che andavano su e giù per il paese tutto, portava ad una inevitabile usura del manto stradale, questo richiedeva una costante manutenzione, e qui entravano in gioco i ragazzi aiutati da una donna o più spesso da un anziano, uno con il badile, l'altro con un barattolo d'acqua attinta dal fosso, livellavano continuamente il manto stradale, il risultato doveva essere lusinghiero, visto che a detta di molti, le strade a Mogliano in tempo di guerra erano tenute meglio che in tempo di pace (51).
Il problema dell'istruzione dei ragazzi e il loro controllo, si presentava anche alla fine della guerra e purtroppo tale problema era destinato a durare nel tempo; a Mogliano dopo le attività belliche l'esigenza di scuole ed asili era molto sentita.
50. vedi Doc. 28.
Un documento, indirizzato al segretario comunale, faceva capire come la condizione dei bambini fosse triste, la lettera sollecitava l'apertura di un asilo infantile a Zerman, località di Mogliano, per "... raccogliere gli orfani di guerra, i figli dei richiamati e bambini profughi" inoltre per dare "un briciolo di affetto paterno a chi la perduto per sempre".
Si sottolineava che questi bambini vivevano per strada, senza nessuno che gli accudiva, la lettera si concludeva con un appello alla generosità ma sopratutto ad un appoggio del segretario, durante il consiglio comunale (52).
Questa richiesta era destinata ad andare a buon fine, in un altro documento infatti, si avevano i ringraziamenti del parroco per "aver deliberato per una piazza pro asilo di Zerman" (53).
Con un altro documento, redatto sempre nello stesso periodo si decideva di "attivare" due asili a Mogliano, in totale dovevano accogliere duecento bambini, ai quali veniva dato: latte, pane e carne, compito del comune era quello di individuare i bambini che necessitavano di tale servizio (54).
Altro grande problema era quello degli orfani, (55) che si
trovavano in condizioni di vera e propria miseria, le madri non erano in grado di garantire nulla ai figli. Un documento scritto a distanza di due anni dalla fine della guerra, dimostrava in maniera lampante la condizione di forte indigenza di molte famiglie moglianesi. Il Commissario per l'assistenza degli orfani di morti in guerra, infatti, scriveva di nuclei famigliari che non possedevano più nulla, nemmeno il vestiario per i loro bambini; sottolineava a tale riguardo la situazione di una donna con quattro figli, tre dei quali ricoverati in istituto e chiedeva se “era possibile dare una maglia di lana e una camicia all'unico bambino rimasto” (56).
Oltre a questo esisteva il problema della salute, non dimentichiamo che siamo alla vigilia di una pandemia la cosiddetta
52. vedi Doc. 29. 53. vedi Doc.30. 54. vedi Doc.31. 55. vedi Doc 32. 56. vedi Doc.33.
febbre spagnola, che in poco tempo si diffuse in tutto il mondo, causando milioni di morti, si va dai 21 milioni accertati ai 100 milioni con almeno un miliardo di contagiati. Anche l'Italia veniva colpita da questo misterioso morbo, in solo sei mesi tra la fine di ottobre 1918 e l'aprile 1919 morivano migliaia di persone, anche qui non sappiamo con esattezza la cifra esatta dei decessi, chi dice 375.000 chi si spinge fino a 650.000. Va tenuto presente che a quel tempo gli antibiotici non esistevano (57) e che inizialmente non venne
capita la gravità e l'origine della malattia (58).
Era in questo clima che venivano spediti in breve successione due comunicati: il primo datato 25 ottobre chiedeva di vigilare "in continuazione" sulla salute pubblica (59); ben più incisivo si
presentava il secondo comunicato, un fonogramma a mano urgente spedito solo quattro giorni dopo, esso ordinava "la immediata chiusura delle scuole per bambini" (60).
Altro pericolo, che incombeva sulla popolazione, ma sopratutto sui bambini, vista la loro naturale curiosità e incoscienza era quello dovuto alle varie bombe, proiettili, o altro ancora inesplosi. A tale proposito veniva richiesto a tutti i sindaci della zona di vigilare sulla popolazione " ...che non conoscendo i vari artifizi (bombe a mano, proiettili a gas asfissiante, ecc.) li raccoglie e maneggiandoli ne determina l'esplosione, pregasi vivamente a tutti gli amministrati, affinché vogliano segnalare ai dirigenti l'amministrazione comunale, dove si trovano tali ordigni pericolosi abbandonati sul terreno oppure giacenti in quantità sulle case, in baracche, in caverne o in depositi sotterranei scavati negli argini o nelle trincee ed in altre località." (61).
In conclusione, si poteva affermare che la guerra cambiava in modo radicale il destino di molti bambini: alcuni, una minoranza, si vedevano privati di entrambi i genitori, altri, i più, di uno solo, di
57. La penicillina veniva scoperta solo nel 1928 da Alexander Fleming. 58. M Sapienza, La febbre spagnola in " e-Storia" 1 (2012), p.27. 59. vedi Doc.34.
60. vedi Doc.35. 61. vedi Doc.36.
gran lunga il padre. Altri diventavano, con il loro salario, indispensabili al sostentamento della famiglia, ma tutti perdevano per non ritrovarla più, quella caratteristica comune in tutti i bambini del mondo: l'innocenza.
Capitolo 6
Uomini
L'Italia si trovava nel 1914-1915 in una situazione singolare, in teoria continuava ad essere alleata con l'Austria-Ungheria e la Germania, però non interveniva al loro fianco, con la scusa che l'attentato di Sarajevo non veniva considerato una aggressione anti austriaca da parte della Serbia (62).
Veniva così dichiarata una neutralità che durò nove mesi, durante questo periodo la stragrande maggioranza della popolazione era ben lieta che l'Italia non partecipasse a nessuna guerra, la loro speranza era che questa condizione di non belligeranza durasse fino alla fine.
Il periodo che la nazione passava, dal punto di vista sociale non era dei più felici, nel mondo operaio e contadino non mancavano i problemi, che spesso sfociavano in veri e propri conflitti, scioperi e manifestazioni sindacali si dichiaravano nel centro nord del Paese.
Nel Mezzogiorno si sentivano ancora gli effetti relativi alla guerra in Libia del 1911-12, oltre a questo era ancora viva nella memoria delle persone, il disastroso terremoto di Messina del dicembre del 1908, che aveva distrutto la città e provocato oltre sessantamila morti, tutto questo contribuiva ad accrescere il sentimento di forte contrarietà all'intervento dell'Italia in guerra (63).
Con la discesa in campo dell'Italia il 24 maggio 1915 e le conseguenti disavventure belliche, che facevano allontanare la speranza di una guerra di breve durata, iniziavano a diffondersi le lamentele, per il rincaro del costo della vita, che i giornali dell'epoca riferivano, badando bene, comunque, di non provocare la censura.
La stampa attraverso la cronaca locale pubblicava le notizie sui funerali dei caduti e le restrizioni dovute alla guerra.
62. Sacco, Monticone, Rigoni Stern, Attualità della Grande Guerra cit.,p.16. 63. Ibid., pp.23-24.
Tutto questo contribuiva a prendere coscienza del grande sacrificio richiesto alla popolazione e più di qualcuno si chiedeva se ne valeva la pena.
Durante i tre anni di guerra, venivano mobilitati 4 milioni di uomini, i morti saranno 600 mila, il totale di feriti ed invalidi raggiungeva la cifra di un milione e 500 mila (64).
6.1 - Gli uomini di Mogliano Veneto
Anche Mogliano Veneto, vedeva la partenza verso il fronte di numerosi uomini. Non tutti partivano, il medico condotto godeva di una dispensa, la legge stabiliva che ci doveva essere un medico ogni 5000 abitanti, l'ordine dei medici a tale riguardo poneva la questione ai comuni e pregava le autorità di avvisare il Ministro della Guerra per ottenere la dispensa, il rischio consisteva che la chiamata alle armi arrivasse prima, con la conseguente partenza del medico privando il comune dell'assistenza sanitaria (65). Questo eventualità
probabilmente era più frequente di quanto si credeva, abbiamo infatti un documento del Ministero dell'Interno che sollecitava i Prefetti a vigilare affinché il personale medico non fosse richiamato, "questo Ministero", diceva il documento " non può non preoccuparsi della assoluta necessità di evitare che alla organizzazione dei servizi di assistenza sanitaria e farmaceutica vengano, in conseguenza dei richiami dei quali si tratta, inflitte diminuzioni che ne compromettano quella sicura efficienza..."(66).
Altri facevano di tutto per non partire, accampavano come pretesto, l'assoluta importanza per la popolazione, del loro lavoro. Era il caso del gestore del mulino,che scriveva al sindaco pregando quest'ultimo
64. dati raccolti dal sito ufficiale dell'esercito italiano, www.esercito.difesa.it 65.vedi Doc.37.
di fare le "opportune pratiche... in considerazione dei buoni servizi che detto mulino rende in tutto quel circondario..."(67).
La partenza dei mariti, dei figli in ogni caso rendeva problematica la vita di numerose famiglie, la Deputazione Provinciale di Treviso, elargiva alle famiglie povere dei richiamati sotto le armi la somma di 102.000 lire per l'intera provincia, la quota veniva divisa a seconda del numero di abitanti. A Mogliano Veneto toccavano 1.345 lire, e grazie a questo documento vediamo che all'inizio della guerra la popolazione contava 9635 abitanti (68).
Si sapeva che all'epoca la stragrande maggioranza della forza lavoro a Mogliano Veneto veniva impiegata nell'agricoltura, si poteva facilmente immaginare, la difficoltà di chi rimaneva, a gestire i campi, le domande per una licenza, dunque, sicuramente non mancavano. Il Prefetto con un telegramma, indirizzato al comune, faceva presente che esistevano dei moduli in vendita nella tipografia del paese, che debitamente compilati, davano la possibilità di godere di alcuni giorni, in questo caso per la semina, di licenza (69).
La situazione era grave, molte persone si trovavano in difficoltà, per cercarle di lenirle, nascevano diversi comitati e associazioni, spesso presieduti da donne, appartenenti a ceti agiati, queste persone sentivano il dovere di aiutare chi più era obbligato a contribuire col proprio sacrificio fisico ed economico alla guerra, valeva a dire, i soldati e le loro famiglie.
Il Comitato Provinciale di Soccorso per le famiglie dei maestri che periranno nella Guerra d'Italia, scriveva al sindaco di Mogliano per ricordargli che gli insegnanti del suo comune " si sono spontaneamente obbligati a rilasciare ogni mese fino al termine della guerra le somme corrispondenti all'uno per cento dello stipendio netto; di devolvere i tre quarti di tale somma alla Preparazione Civile del Comune ed un quarto a questo Comitato..."(70).
Il Comitato di Assistenza Civile di Mogliano riceveva i ringraziamenti dall'esercito per "la generosa offerta che ha permesso,
67. vedi Doc.39. 68.vedi Doc.40. 69.vedi Doc.41. 70.vedi Doc.42.
di acquistare oggetti di grande utilità", oltre ai soldi il Comitato spediva anche 255 paia di calze di cotone e 24 di lana "pure molto utili"(71).
Il più caratteristico, senza dubbio, era il Comitato Nazionale pei Sigari ai Soldati Combattenti, il compito che si era dato era quello di "inviare ai soldati combattenti sigari e trinciati e per prendere tutte quelle iniziative che possono praticamente facilitare e sviluppare tale nobilissimo slancio...", per riuscire in questo si chiedeva l'aiuto di tutti i "Sindaci d'Italia sicuro che l'appoggio e l'aiuto loro non verrà a mancargli e rivolge pertanto ai primi cittadini della Patria il nobile appello"(72).
La società Dante Alighieri invece chiedeva ai propri soci "quando non debbano servire la patria coll'armi, sian pronti a darle in altre forme la loro attività, nel momento del bisogno; questo Comitato sarebbe fiero se tutti gli iscritti non vincolati al servizio militare figurassero nei quadri della preparazione civile"(73). Il
Comitato Trevigiano di Preparazione Civile chiedeva ai cittadini la loro collaborazione "allo scopo di assicurare continuità e regolarità di svolgimento a tutte le attività civili ed industriali del nostro Comune contribuendo così all'efficacia dell'azione militare..." e concludeva "voglia scegliere fra i vari servizi elencati nell'unita scheda quello che Ella giudica più adatto alle proprie attitudini e favorisca inviare la scheda stessa firmata e completata..."(74).
La guerra nel frattempo continuava e cominciavano ad arrivare le lettere che annunciavano i primi caduti e dispersi, era il caso di un certo Bellio, il comandante scriveva che di lui non si sapeva più niente, che risultava "irreperibile e deve presumersi morto"(75).
Le famiglie dei militari caduti, se bisognose potevano sperare di ottenere un piccolo contributo come la famiglia Bergamo che riceveva da una apposita Commissione, un sussidio di 200 lire (76).
71.vedi Doc.43. 72. vedi Doc. 44. 73. vedi Doc. 45. 74. vedi Doc. 46. 75. vedi Doc. 47. 76. vedi Doc. 48.
I lutti erano frequenti in questi anni di guerra, molte famiglie di Mogliano si vedevano recapitare lettere che annunciavano la perdita del figlio o del marito. Ma probabilmente nessuna raggiungeva il triste record della famiglia Carraro; il padre aveva visto partire uno alla volta i suoi cinque figli, di questi tre erano morti e scriveva al distretto di Treviso pregando "codesto Comando di disporre gli sia immantinente esonerato dai servizi di prima linea uno dei due rimasti e cioè Augusto della classe 1898..." il padre rispondeva a una precedente richiesta fatta dal Comando, che le chiedeva quale dei due figli voleva allontanare dal fronte, infatti la lettera continuava " dal sottoscritto designato in risposta al telegramma di codesto Distretto N° 16882 su ordine del Comando Supremo"(77).
Chi non moriva spesso veniva fatto prigioniero, era il caso di Capelesso Francesco, le autorità militari avvisavano che il soldato si trovava in un campo di prigionia in Austria e di avvisare la famiglia(78). Nel corso della guerra, specialmente dopo la rotta di
Caporetto, molti soldati subivano il medesimo destino.
La guerra che si pensava breve, continuava e dal fronte giungevano notizie assai lusinghiere per il comportamento in battaglia dei soldati moglianesi. Non è facile oggi conoscere il numero dei decorati nella Grande Guerra, nei mesi o addirittura negli anni successivi venivano consegnate nuove onorificenze che rimediavano ad un torto subito, oppure servivano ad assecondare opportunità politiche (79).
Di sicuro due Medaglie d'Argento venivano assegnate al fante dei reparti d'assalto Attilio Novello (80). Altra Medaglia d'Argento al
soldato Miatto Giuseppe (81). Al soldato Segato Giuseppe, invece le
veniva consegnata una Croce al Merito (82).
In totale, ma il bilancio, non è certo, a Mogliano si contavano alla fine della guerra: sette Medaglie d'Argento, sei Medaglie di Bronzo e una decina di Croci al Merito (83). Tanti erano inoltre i
riconoscimenti minori, come quello in denaro consegnato alla
77. vedi Doc. 49. 78. vedi Doc. 50.
79. AA.VV, Mogliano da Caporetto a Vittorio Veneto, cit.,p.51. 80. vedi Doc.51.
81. vedi Doc.52. 82. vedi Doc.53.
famiglia del soldato Callegaro Giulio dalla Croce Rossa americana "...non solo a titolo di fraterna solidarietà ma in omaggio anche alla ferma e patriottica condotta del congiunto alla fronte ove dà quotidiana prova di assolvere con fedeltà il più alto dovere civico nel quale si sommano le virtù del disinteresse e del sacrificio" (84).
Se esisteva chi nei campi di battaglia si faceva onore, è altresì vero che esistevano persone che da quei campi tentavano di fuggire in tutti i modi. I documenti in nostro possesso ci dicevano che anche a Mogliano ci furono dei disertori. Sono proprio le autorità militari a confermarlo, quando scrivevano al sindaco che il "militare Carraro Federico per diserzione venne condannato dal Tribunale di guerra all'ergastolo...egli gode di ottima salute, può scrivere una volta ogni quattro mesi..." (85). Altro militare condannato all'ergastolo per
diserzione era Brugnaro Fortunato, il documento che lo riguardava ci dice anche che "è stato dimesso dalla casa penale di Castiadas in seguito ad amnistia e munito di foglio di via obbligatorio..." (86).
Vicende, queste, che finivano bene, molti soldati non avevano avuto la medesima fortuna di un regolare processo, le esecuzioni sommarie in quel periodo erano molto frequenti, specialmente se incontravano sulla propria strada il generale Andrea Graziani (87).
Non mancavano i risvolti comici, dovuti probabilmente alla situazione di totale confusione generale, dopo la ritirata di Caporetto; come nel caso di Speronello Carlo, portaferiti dell'Ospedaletto da Campo n° 308, durante un "ripiegamento sulla
84. vedi Doc.54. 85. vedi Doc.55. 86. vedi Doc.56.
87.Andrea Graziani (1864-1931), generale, proveniente dai bersaglieri, comandò diverse
brigate e divisioni. Il suo compito alla fine dell'anno 1917 era quello, in origine, di ricomporre in unità organiche gli sbandati e i dispersi e per centrare la consegna si affidava alla paura e al terrore, come quella volta che ordinava di fucilare un artigliere, reo, a suo dire di averlo guardato con un atteggiamento di sfida e di avere il sigaro in bocca. Accusato di ferocia, Graziani si giustificava che occorrevano mezzi straordinari per salvare la patria in circostanze così gravi come quella provocata dalla disfatta di Caporetto.
Nel 1919 il generale Graziani veniva collocato a riposo d'autorità.
Moriva nel1931, cadendo dal treno in corsa. La sua morte rimaneva avvolta dal mistero, ma l'inchiesta per appurare fatti e circostanze, nonché eventuali responsabilità, si chiudeva in fretta e furia, senza nulla di fatto. Ma i dubbi restavano: si era davvero trattato di
incidente oppure di una vendetta a distanza di anni? Qualcuno poteva avere avuto un movente per uccidere? Domande che, ancora nei giorni nostri, sono senza risposta.Tratto dal libro Piave e dintorni cit.,p.36.
destra del Piave. Che dopo tale fatto egli scomparve e non venne riconosciuto tra i militari dei quali legalmente accertata la morte o che risultarono essere prigionieri. Che perciò è irreperibile e deve presumersi morto il 26 ottobre 1917" (88). Il Commissario prefettizio
di ricevuta la comunicazione rispondeva "informo che il soldato Speronello Carlo di Taddeo, appartiene all'artiglieria da Campagna, servizio di guardia al Santuario di Bergamo, gode ottima salute ed ora trovasi a Mogliano in licenza ordinaria" (89).
Con la sconfitta a Caporetto, la situazione dell'Italia si faceva critica, veniva chiamata così alle armi la classe del 1899. Da una ricerca del Cap. Filippo Castagnoli, effettuata presso l'Archivio di Stato, sui "ragazzi del 99" di Mogliano, si riscontrava che furono 104 gli arruolati, di questi, 87 rimanevano soldati semplici, 10 venivano promossi caporali, 2 caporalmaggiori, 1 sergente, 1 aspirante allievo ufficiale e ben 3 sottotenenti.
Il 74% era alfabetizzato contro il 26% che non sapeva ne leggere ne scrivere.
In maggioranza, ben 60 facevano i contadini, 16 i carrettieri, 3 studiavano, 2 erano allievi, 2 i fuochisti, 2 i calzolai, 2 i fornai, 2 gli impiegati e 1 ciascuno lavorava come agronomo, automobilista, barcaiolo, bracciante, cameriere, fabbro, falegname, ferroviere,