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LA DISCIPLINA TRIBUTARIA DI AGEVOLAZIONE

5. Cenni alla disciplina tributaria prevista per particolari categorie di

5.4. Banche cooperative. – La disciplina tributaria delle banche costituite

in forma cooperativa deve essere ricostruita alla luce di tre rilevanti provvedimenti intervenuti di recente in materia – segnatamente, i decreti legislativi 6 febbraio 2004, n. 37 e 28 dicembre 2004, n. 310 (correttivi della riforma societaria), e la già citata legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005) – che hanno contribuito ad individuare con maggior precisione le linee di disciplina e la natura giuridica delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo, consentendo di superare alcune incertezze del quadro normativo, anche relative al regime fiscale, derivanti dalla precedente esclusione di dette banche dall’ambito di applicazione della riforma societaria156.

155 FICI, Cooperative sociali e riforma del diritto societario, in Riv. dir. priv., 2004, p. 83. 156 SANTORO, Commento all’art. 35, in Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di Belli, Contento, Patroni Griffi, Porzio e Santoro, Bologna, 2003, 540 ss; OPPO, Le banche cooperative tra riforma della cooperazione e legislazione speciale, in Riv. dir.

Come noto, infatti, l’art. 5, ultimo comma, della legge delega 3 ottobre 2001 n. 366 escludeva dall’ambito di applicazione della riforma del diritto cooperativo le banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della cooperazione bancaria in genere, per i quali avrebbero dovuto continuare ad applicarsi le norme vigenti, salva l’emanazione di norme di mero coordinamento.

Con il decreto legislativo n. 310/2004, emanato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 366/2001, sono state apportate modificazioni e integrazioni al testo unico bancario (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, TUB) allo scopo di coordinare la riforma societaria con la disciplina speciale delle banche costituite in forma cooperativa.

Il coordinamento ha reso applicabili nei confronti di queste categorie di banche le disposizioni del riformato codice civile che non incidono su aspetti sostanziali della relativa disciplina speciale contenuta nel TUB.

La tecnica normativa adottata è stata quella di indicare in un nuovo articolo del medesimo TUB (150-bis) le previsioni civilistiche non applicabili in quanto in contrasto con le predette disposizioni speciali, introducendo quindi una sorta di “presunzione di compatibilità” delle altre norme non richiamate157. civ., 2004, II, 754 ss; CONDEMI, L’esclusione dalla riforma societaria delle banche costituite in forma cooperativa: questioni interpretative e prospettive di intervento, in Nuovo diritto societario ed intermediazione bancaria e finanziaria, a cura di Capriglione, Padova, 2003, 254 ss; SCIUMBATA, Società, banche ed intermediazione finanziaria: norme di coordinamento, Milano, 2004, 73.

157Tra le norme non ricomprese nell'elenco di quelle inapplicabili, spiccano quelle che definiscono e disciplinano il profilo della mutualità: in particolare l'art. 2511, che delinea la nozione di cooperativa, definendola come società "con scopo mutualistico"; l'art. 2515, che impone l'indicazione nella denominazione sociale dell'espressione "società cooperativa", precisando che tale indicazione non può essere usata "da società che non hanno scopo mutualistico"; l'art. 2516 (che pone il principio di parità di trattamento nella costituzione ed esecuzione dei "rapporti mutualistici"); l'art. 2521 (secondo il quale l'atto costitutivo contiene le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica, e che regolamenta l'approvazione del

In sintesi, la nuova disciplina conferma la distinzione tra i due modelli di banca cooperativa individuati dal TUB, incentrandola sulla diversa intensità del requisito mutualistico (con ciò dimostrando di ritenere che lo scopo mutualistico, sebbene con connotati peculiari, caratterizzi anche le banche popolari).

Le banche di credito cooperativo sono ricondotte alla categoria civilistica delle cooperative a mutualità prevalente, in quanto tenute ad adottare nei propri statuti le clausole di cui all’articolo 2514 del codice civile oltre che a rispettare i criteri di operatività prevalente con i soci definiti ai sensi dell’articolo 35 TUB; con riguardo alle banche popolari, è stata, invece, espressamente esclusa l’applicabilità delle disposizioni che fanno riferimento alla condizione di prevalenza mutualistica.

Diverso, corrispondentemente, è il regime fiscale applicabile ai due tipi di banche.

Quanto alle banche di credito cooperativo, l’art. 9.13 del decreto legislativo 6 febbraio 2004 n. 37 – superando le incertezze della disciplina transitoria dettata dall’art. 223-terdecies delle disp. att. c.c., che, anche ai fini del godimento delle agevolazioni tributarie (223-duodecies), stabiliva per dette banche una presunzione di “mutualità prevalente” subordinata al rispetto delle norme delle leggi speciali loro dedicate158 – ha modificato l’art. 28 del TUB,

regolamento mutualistico); l'art. 2527, comma 1 (che richiede l'indicazione in statuto dei requisiti per l'ammissione dei soci "coerenti con lo scopo mutualistico" e l'attività economica svolta); l'art. 2545 (che pone a carico degli amministratori e dei sindaci l'obbligo di relazionare annualmente in ordine al conseguimento dello scopo mutualistico). A ciò si aggiunga che, ai sensi del comma 5 dell'art. 150-bis suindicato, "l'atto costitutivo delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo può prevedere, determinandone i criteri, la ripartizione di ristorni ai soci secondo quanto previsto dall'articolo 2545-sexies del codice civile".

introducendovi il comma 2-bis, secondo cui “ai fini delle disposizioni fiscali di carattere agevolativo, sono considerate cooperative a mutualità prevalente le banche di credito cooperativo che rispettano i requisiti di mutualità previsti dall’articolo 2514 del codice civile ed i requisiti di operatività prevalente con soci previsti ai sensi dell’articolo 35 del presente decreto”.

Veniva, in tal modo, chiarito che, sebbene ai soli fini delle agevolazioni fiscali, la banca di credito cooperativo era tenuta ad introdurre – e rispettare “in fatto” – le clausole non lucrative ex art. 2514 c.c., come pure rispettare “in fatto” i requisiti di operatività prevalente con i soci previsti dall’art. 35 della legge bancaria, escludendosi la rilevanza per il mantenimento del trattamento tributario agevolato del rispetto di altre norme della legge speciale, cui sembrava alludere la citata disposizione transitoria.

In particolare, secondo quanto dispone l’art. 35 del TUB, le banche di credito cooperativo esercitano il credito prevalentemente a favore dei soci: nelle stesse, quindi, la “mutualità prevalente” - alla quale è subordinato il godimento delle agevolazioni fiscali - ha una precisa caratterizzazione nella normativa speciale, che attribuisce rilevanza esclusivamente alle operazioni attive (di erogazione del credito), mentre le operazioni dal lato della raccolta possono essere svolte, indifferentemente, con i soci o con i terzi. In più, l’art. 35 del TUB dispone che la Banca d’Italia può autorizzare, per periodi limitati, la deroga alla regola di

prevalenza, sia pure nei soli casi in cui sussistano ragioni di stabilità. Si tratta quindi di una mutualità prevalente del tutto particolare159.

Come accennato, il quadro normativo è stato completato dal decreto legislativo 28 dicembre 2004, n. 310, che, al nuovo art. 150-bis del TUB dispone che “lo statuto delle banche di credito cooperativo contiene le clausole previste dall’articolo 2514, primo comma, del codice civile” (comma 4), escludendo, parallelamente (comma 1), l’applicazione dell’art. 2514, comma 2, nonché dell’art. 2545-octies c.c., vale a dire la possibilità, prevista in via generale, per i soci di modificare o sopprimere le clausole non lucrative con deliberazione assembleare.

Ne consegue che le banche di credito cooperativo, in quanto obbligate a prevedere negli statuti le clausole non lucrative di cui all’art. 2514 c.c., senza possibilità di soppressione o modifica, si atteggiano necessariamente come cooperative a mutualità prevalente. Come tali esse sono destinatarie, alle altre condizioni poste in via generale (iscrizione nell’apposita sezione dell’albo e regolare contribuzione ai fondi mutualistici), della normativa fiscale di favore prevista per questo tipo di cooperative.

Ciò non significa, come è stato osservato, che le banche suddette siano, necessariamente, fiscalmente agevolate, atteso che il mantenimento delle agevolazioni è comunque subordinato all’effettiva osservanza dei requisiti

159 La circolare Banca d'Italia 21 aprile 1999 n. 229, Aggiornamento al 9 aprile 2004 (titolo VII, capitolo I, sezione III) disciplina in dettaglio il requisito dell'operatività prevalente a favore dei soci.

statutari e dei parametri oggettivi di prevalenza, specificamente previsti dall’art. 35 TUB160.

In tali ipotesi, la banca di credito cooperativo, salvi i provvedimenti sanzionatori di competenza dell’autorità di vigilanza, decade dalle agevolazioni fiscali, il che a sua volta comporta, a norma dell'art. 17 della legge n. 388/2000, la devoluzione del patrimonio indivisibile ai fondi mutualistici.

Oltre alle norme sui ristorni e sul prestito dei soci, troveranno, quindi, applicazione alle banche di credito cooperativo le disposizioni che prevedono la detassazione delle somme destinate a riserva indivisibile.

In particolare, ai sensi dell’art. 37 TUB, le banche di credito cooperativo devono destinare almeno il settanta per cento degli utili netti annuali a riserva legale, statutariamente indivisibile, la quale, pertanto, per il combinato disposto degli artt. 1, comma 460, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e 6, comma 1, del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63 non concorrerà alla formazione del reddito imponibile.

Lo stesso vale per la quota degli utili netti annuali che deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, sempre ai sensi del citato art. 37, comma 2, nella misura del 3 per cento l’utile al lordo delle riserve obbligatorie (in conseguenza dell’abrogazione, da parte dell’art. 1, comma 468, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, del secondo periodo dell’art. 11, comma 4, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il

160 PETRELLI, Il regime fiscale delle banche cooperative, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 4/2005/T.

quale prevedeva per le banche di credito cooperativo che la quota del 3 per cento fosse calcolata sulla base degli utili al netto delle riserve obbligatorie).

Diversa è la situazione delle banche popolari, per le quali, già anteriormente alla riforma societaria, si escludeva l’applicazione delle disposizioni agevolative specificamente rivolte alle cooperative, subordinate alla previsione ed al rispetto dei requisiti mutualistici previsti dall’art. 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 (richiamato dall’art. 14 del d.p.r. n. 601/1973), atteso il disposto dell’art. 29, comma 4, TUB, che escludeva espressamente l’applicazione a dette banche della legge Basevi (ivi compreso, quindi, l’art. 26).

Alle stesse conclusioni deve giungersi con riguardo alla normativa vigente. Da un lato, infatti, il d.lgs. 6/2003, all’art. 223-duodecies disp. att. c.c., penultimo comma, riserva le agevolazioni tributarie alle cooperative a mutualità prevalente (quelle, quindi, che agiscono prevalentemente con i soci, e che includono nel proprio statuto le clausole non lucrative ex art. 2514 c.c.), dall’altro il d.lgs. n. 310/2004, al nuovo art. 150-bis t.u.b., esclude, espressamente, che alle banche popolari si applicano gli articoli del codice civile sulle cooperative a mutualità prevalente.

Le banche popolari, quindi, pur qualificabili come “cooperative”, non possono in nessun caso essere inquadrate tra le cooperative a mutualità prevalente e non possono conseguentemente accedere ai benefici fiscali ad esse riservati.

Qualche dubbio può residuare con riguardo all’applicazione alle banche popolari di disposizioni “di favore” che non possano qualificarsi come

agevolazioni in senso tecnico, o che, al di là del loro corretto inquadramento formale, siano dalla legge estese alle cooperative in generale, comprese quindi quelle a mutualità non prevalente.

Si tratta, in particolare, della disciplina fiscale dei ristorni e della ritenuta alla fonte sugli interessi dei prestiti sociali, prevista dall’art. 6 del decreto legge 15 aprile 2002 n. 63, i cui commi 1, 2, 3 e 6 - applicabili a regime - contengono norme che, secondo la dottrina e l'amministrazione finanziaria, sono applicabili a tutte le cooperative, anche a mutualità non prevalente. Senonché, come è stato osservato, l’ultimo comma del suddetto art. 6 limita il campo di applicazione delle suddette previsioni alle sole cooperative regolate dalla legge 31 gennaio 1992 n. 59, tra le quali non rientrano - per espressa previsione dell'art. 21, comma 8, di quest’ultima legge, le banche popolari161.

Quanto al regime di detassazione degli utili destinati a riserva indivisibile, previsto dall’art. 1, comma 464, della legge n. 311/2004, a norma del quale “a decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2004, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente l’applicabilità dell’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, è limitata alla quota del 30 per cento degli utili netti annuali, a condizione che tale quota sia destinata ad una riserva indivisibile prevista dallo statuto”, la sua inapplicabilità alle banche popolari è desunta, in via sistematica, dal fondamento sostanziale dell’“esclusione”, da ravvisarsi nell’assoluta incapacità dei soci di “appropriarsi” di tali riserve, sia durante la vita

161 PETRELLI, Il regime fiscale delle banche cooperative, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 4/2005/T.

della società, sia all’atto della sua trasformazione o scioglimento. Questa condizione, alla quale è collegato la norma tributaria sulle riserve indivisibili, non si riscontra nella disciplina delle banche popolari (non tenute, tra l’altro a devolvere le riserve indivisibili ai fondi mutualistici), che pertanto devono ritenersi escluse dal relativo beneficio162.

162 PETRELLI, Il regime fiscale delle banche cooperative, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 4/2005/T. Contra, PEPE, Le banche cooperative tra riforma societaria ed imposizione sui redditi, in Rass. trib., 2007, 383.

CAPITOLO QUARTO