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3.2. I primi due accordi di Basilea

3.2.2. Basilea 2

Dai limiti di Basilea 1, nel gennaio del 2001 il Comitato ha pubblicato il documento The New

Basel Capital Accord: è la prima bozza dell’accordo universalmente noto come Basilea II. Nel

gennaio del 2006, iniziò la fase di applicazione sperimentale all’Accordo, diventando operativo a partire dal 2008.

Il principale obiettivo dei partecipanti ai gruppi di Basilea 2 fu la salvaguardia della stabilità del settore bancario, perno attorno al quale ruotano le economie mondiali, ove le banche non devono assumere rischi eccessivi e devono tutelarsi dai rischi assunti.

In effetti, Basilea 2 ha garantito che il patrimonio delle banche sia sufficiente per far fronte a situazioni di crisi e a casi di insolvenza da parte delle imprese. Si evidenzia che il capitale di riserva dipendeva dalla qualità e dalle caratteristiche dei prestiti concessi alle imprese. Ne consegue che quanto maggiore è la rischiosità dell’impresa, tanto maggiori devono essere gli oneri e tanto più stringenti le condizioni per la concessione del prestito.25

Basilea 2 ha riesaminato i criteri per la definizione dei requisiti di solidità patrimoniale delle banche ed ha aggiunto, rispetto al precedente accordo (Basilea 1), anche l’obiettivo di incentivare le banche a sviluppare procedure interne di gestione del rischio di credito, prevedendo non più una sola ma diverse metodologie per il calcolo dei citati requisiti patrimoniali.

Il principio fondamentale in base al quale ogni attività realizzata dalla banca comporta l’assunzione di un certo grado di rischio, che deve essere supportato dal patrimonio di vigilanza, rimase, nella sostanza, lo stesso di Basilea I.

In particolare il patrimonio di vigilanza doveva essere tale per cui, se rapportato alle attività ponderate per le tipologie di rischio previste dall’accordo (A * Risk Weight), il risultato non doveva essere inferiore all’8%:

Patrimonio di vigilanza/ A * RW ≥ 8%

Capitolo terzo – Gli accordi di Basilea e gli IAS/IFRS

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Rispetto a Basilea I, si è rilevato:

 l’invarianza della percentuale dell’8% ed il numeratore del rapporto;

 al denominatore la presenza delle attività ponderate per le tre tipologie di rischio (A * RW) previste dall’accordo.

Pertanto Basilea 2 ha introdotto la possibilità di calcolare in maniera più precisa le attività ponderate per il rischio, utilizzando diversi e più precisi sistemi di misurazione dei rischi di credito, del rischio di mercato e del rischio operativo26.

Emerge dall’Accordo l’introduzione del rating nel processo di calcolo per la costituzione del capitale di vigilanza. In pratica, gli istituti di credito erano chiamati ad attribuire un rating27

che sintetizzava la capacità di credito e la solvibilità della controparte: veniva valutata l’attitudine del prenditore a far fronte agli impegni assunti alle scadenze prestabilite.

Basilea 2 ha introdotto la possibilità di definire il requisito patrimoniale in ragione della specifica rischiosità dell’impresa, prevedendo un accantonamento crescente in funzione del peggioramento dello standing creditizio dell’impresa28.

In conclusione, Basilea 2 ha fissato un principio verso cui il sistema bancario deve progressivamente tendere: la determinazione del capitale di vigilanza delle banche deve dipendere dalla rischiosità effettiva delle singole operazioni creditizie che la banca medesima pone in essere, ovvero al crescere della rischiosità dell’azienda affidata corrisponde un maggior capitale assorbito e di conseguenza un aumento del tasso di interesse richiesto dall’azienda stessa per garantire un’adeguata remunerazione.

Per gestire attentamente il rischio, bisogna utilizzare tre strumenti di controllo definiti “i tre pilastri di Basilea 2”, che rappresentano un’innovazione non solo nel sistema bancario ma anche in quello industriale; essi, inoltre, portano ad una maggiore trasparenza riguardo al capitale, alla misurazione e alla gestione del rischio 29. Essi sono:

1. requisiti patrimoniali minimi, cioè il patrimonio minimo che ogni banca deve possedere per fronteggiare i molteplici rischi cui è esposta. Ciò prevede nuovi metodi per il calcolo del

26 “Il rischio operativo si concretizza allorquando l’azienda subisce perdite in ragione dello scadimento della

pro-pria immagine, o in conseguenza di anomalie nei sistemi informativi, di errori umani o di comportamenti fraudo-lenti. Esso è un rischio puro, difficile da prezzare. Il rischio operativo è complesso da misurare e da quantificare”. G. GABBI, I rischi operativi: rischi bancari e la definizione del rischio operativo, in Disas, 1/2008, p. 14.

27 Il rating, in italiano classificazione, è un metodo utilizzato per valutare sia i titoli obbligazionari, sia le imprese

in base al loro rischio finanziario. Le valutazioni del rating sono emesse ad opera delle cosiddette agenzie di rating.

28 “Non si tratta più solo di fornire alla banca dati di bilancio chiari e precisi, ma di rendere partecipe l’istituto di

credito nella definizione di strategie aziendali e nelle prospettive di crescita di medio periodo”. E. FACILE, A. GIACOMELLI, Basilea II. Il nuovo processo del credito alle imprese, Le Guide del Sole 24 Ore, 2008, p. 62.

Dinamiche del credito alle PMI e riflessioni operative

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rischio Standard approach e Internal rating approach, ovvero l’approccio standard e l’approccio basato sui rating interni.

2. controllo prudenziale, che sancisce i principi di collaborazione tra le banche e le autorità di vigilanza nazionale; queste ultime sono chiamate a monitorare costantemente l’adeguatezza dei livelli di capitalizzazione rispetto ai rischi e a valutare la coerenza delle politiche gestionali attuate dalle banche per rispettare i ratios stabiliti dalla normativa. 3. disciplina del mercato e trasparenza, sollecita le banche a fornire al mercato una

informativa che consenta ad azionisti, investitori e risparmiatori di conoscere i veri profili di rischio ed i livelli di capitalizzazione delle banche, al fine di poterne valutare l’effettiva solidità.

I punti cardine del secondo accordo di Basilea si possono sintetizzare nella Figura 36.

Figura 36: Mappa del nuovo accordo sul capitale

Fonte: Bonifazi A., Troise G., Il nuovo rapporto banca impresa. Basilea II, il merito creditizio, Iposa, Milano, 2008.

Basilea 2 non ha imposto alle banche un approccio univoco per determinare il rischio implicito in una determinata operazione di credito, ma definisce diverse metodologie alternative:

 approccio standard: The Standardised Approach, che prevede l’utilizzo di rating esterni assegnati da agenzie internazionali autorizzate dall’autorità di vigilanza;

 approccio basato sui rating interni (The Internal Ratings Based Approach, IRB), in cui la metodologia a sua volta viene articolata in: approccio IRB base (Foundation) e approccio IRB avanzato (Advanced). Le banche che adottano questo metodo devono assegnare un giudizio, appunto il rating, a tutte le imprese clienti. Sulla base di tale rating viene adottato un predeterminato coefficiente di ponderazione, che, diversamente dalle metodologie precedentemente adottate, è variabile in funzione di una valutazione del rischio effettuata internamente dalla banca.

Capitolo terzo – Gli accordi di Basilea e gli IAS/IFRS

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Figura 37: Il rischio di un’operazione di credito

Fonte: elaborazione dell’autore.

I fattori di mitigazione del rischio, il metodo standard e il metodo IRB e la politica delle garanzie rappresentano il fulcro fondamentale dell’accordo.

Basilea II sembrava il punto di arrivo di questa evoluzione della regolamentazione, ma, in conseguenza della crisi finanziaria scoppiata tra il 2007 e il 2008, lo scenario cambia. Si da quindi il via ad un nuovo accordo, denominato Basilea III.

L’obiettivo è quello di migliorare la capacità del settore bancario di assorbire shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie, migliorare la gestione del rischio e la governance e di rafforzare la trasparenza e l'informativa delle banche.

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