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3.2. I primi due accordi di Basilea

3.2.1. Basilea 1

La città di Basilea ha dato il nome, nel corso degli anni, ad una serie di accordi, fra autorità di vigilanza e banche centrali dei principali paesi, volti a irrobustire i sistemi bancari.

Per prevenire l’insorgere di situazioni critiche nei mercati finanziari internazionali e la propagazione indotta al sistema economico collettivo, nel 1988 il Comitato di Basilea propose uno strumento per valutare l’adeguatezza patrimoniale degli istituti creditizi noto come Basel

Capital Accord.

La sua previsione fondamentale, in estrema sintesi, consiste nel richiedere che il patrimonio bancario sia adeguato ai rischi assunti: ne risulta che il rischio deve essere quantificato e supportato da un’entità, denominata “capitale di vigilanza”, determinata secondo i criteri definiti dalla Banca Centrale Nazionale. Ciascuna delle plurime attività poste in essere da un’impresa finanziaria comporta l’assunzione di un determinato grado di rischio,

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convenzionalmente distinto in rischio di credito19 e rischio di mercato20. Posto che gli istituti finanziari esercitano in prevalenza attività di intermediazione del credito, il principale rischio da fronteggiare è soprattutto quello creditizio, come si può desumere dal dato concernente l’adeguatezza patrimoniale del sistema bancario italiano al 2002, secondo cui il patrimonio complessivo allocato a fronte dei rischi è per il suo 92% destinato a copertura dello specifico rischio di credito. Ad integrazione dei rischi di mercato e di credito, l’Accordo di Basilea introduce anche il “rischio paese”, evidenziando come l’instabilità delle condizioni sociali, economiche e politiche in una particolare nazione si traduca in fattore di rischio per il sistema finanziario internazionale. L’attenta valutazione del rischio paese deriva dal fatto che, dalla seconda metà degli anni 90, il sistema finanziario internazionale ha sperimentato ripetuti episodi di grave instabilità che hanno determinato contrazioni dei livelli di attività e di occupazione nei paesi colpiti e si sono riflessi sui ritmi di crescita dell’economia mondiale. Il primo accordo sul capitale ha lo scopo di limitare la condotta molto aggressiva di alcuni istituti di credito e introduce un requisito patrimoniale minimo, per far fronte al rischio di credito e al rischio di mercato, che consiste in una quota di capitale destinata a proteggere i depositanti. Esso vuole che il capitale sia almeno pari all’8% dei crediti alla clientela. (Quindi, se il patrimonio a disposizione è insufficiente, si dovrebbero ridurre i prestiti alla clientela, oppure bisogna rivolgersi a impieghi meno rischiosi.) L’assunto fondamentale dell’Accordo di Basilea è, quindi, che il rischio assunto da un istituto di credito deve trovare un adeguato sostegno nel capitale di vigilanza21, di cui è necessario esaminare il processo di formazione. Il patrimonio di vigilanza (PV) è costituito dalla somma algebrica di una serie di elementi positivi e negativi relativi alla sola parte del patrimonio effettivamente disponibile e utilizzabile per fronteggiare i rischi e le perdite dell’intermediario banca. Da questa affermazione possiamo ricavare la formula del patrimonio di vigilanza, che rappresenta una risorsa indispensabile che ha il compito di soddisfare puntuali prescrizioni normative. Esso è così calcolato:

19 “Il rischio di credito assorbe la quasi totalità del patrimonio di vigilanza necessario a sostenere gli impieghi

economici della banca. […] Il rischio di credito connesso alla mancata restituzione dei prestiti erogati dalla con-troparte costituisce il rischio tipico dell’intermediazione creditizia. L’analisi del rischio di credito concerne princi-palmente i profili di qualità del soggetto debitore, il grado di concentrazione del rischio e la valutazione dei rischi prospettici derivanti dalla natura, dalla rotazione dei crediti e dalla adeguatezza delle garanzie che li assistono”. L. LUCIANETTI, Profili Economico Aziendali delle Banche Locali. Una ricerca sul campo, Giappichelli, Torino, 2008, p. 75.

20 “Il rischio di mercato (di posizione) deriva all’investitore in conseguenza dell’oscillazione dei corsi dei valori

mobiliari. […] il rischio di mercato rappresenta la possibilità di subire perdite in conseguenza di andamenti sfavo-revoli nei prezzi di mercato”. L. LUCIANETTI, Profili Economico, op. cit., 2008, p. 75.

21 “Ogni attività posta in essere da parte della banca comporta l’assunzione di un certo grado di rischio. Tale

rischio deve essere quantificato e supportato dal capitale (cosiddetto PV): PV / attività sottoposta a rischio di mercato e di credito = 8%. In pratica, il capitale che le banche dovevano accantonare era fissato nella misura dell’8% della somma delle attività creditizie poste in essere dalla banca”. A. BONIFAZI, G. TROISE, Il nuovo

Capitolo terzo – Gli accordi di Basilea e gli IAS/IFRS

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𝑃𝑉 = 𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑏𝑎𝑠𝑒 + 𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑠𝑢𝑝𝑝𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 – 𝐷𝑒𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖. Gli elementi patrimoniali di qualità primaria (Patrimonio di base o primario) sono i seguenti:

 capitale sociale (versato);  riserve di utile;

 sovrapprezzo di emissione;  fondo per rischi bancari generali;  strumenti innovativi di capitale.22

Il totale di questi elementi, previa deduzione delle azioni proprie, dell’avviamento, delle immobilizzazioni immateriali, delle perdite registrate in esercizi precedenti e quelli in corso, costituisce il patrimonio base.

Il patrimonio supplementare è costituito, invece, dai seguenti elementi:  riserve di rivalutazione;

 strumenti ibridi di patrimonializzazione23 e le passività subordinate;

 fondo rischi su crediti, al netto delle minusvalenze nette su titoli e degli altri elementi negativi;24

 plusvalenze o le minusvalenze nette sulle partecipazioni.

Dalla somma del patrimonio di base e del patrimonio supplementare sono sottratti gli elementi di deduzione, cioè le partecipazioni, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e i prestiti subordinati detenuti nei confronti di banche e società finanziarie, così determinando il patrimonio di vigilanza.

Esso costituisce il supporto per la formulazione dei parametri di operatività dettati dall’organo di vigilanza e rappresenta il presidio quantitativo ai rischi tipici dell’attività bancaria.

Fatta questa premessa, possiamo affermare, come detto in precedenza, che l’Accordo di Basilea ha introdotto il concetto di adeguatezza del patrimonio bancario in funzione dei rischi assunti, in particolare il rischio di credito è valutato sulla base di due fattori: natura delle controparti debitrici e rischio paese.

22 “Gli strumenti innovativi di capitale, quali le preference share, sono titoli emessi da controllate estere nel

gruppo bancario. La computabilità nel patrimonio di base degli strumenti innovativi del capitale è consentita solo in presenza di condizioni che garantiscono pienamente la stabilità della base patrimoniale delle banche”. F. LE-NOCI, Basilea II, op. cit., 2008, p. 35.

23 Gli strumenti ibridi di patrimonializzazione vengono considerate le passività irredimibili e altri strumenti

rim-borsabili su richiesta dell’emittente con il preventivo consenso della Banca d’Italia. D. GOLONIA, Guida a Basilea

II, op. cit., 2007, p. 20.

24 “Sono ammessi al computo del patrimonio supplementare i fondi rischi su crediti destinati a fronteggiare i

rischi di credito soltanto eventuali e che non hanno funzione rettificativa”. A. BONIFAZI, G. TROISE, Il nuovo

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L’accordo del 1988 è rimasto in vigore per quasi due decenni grazie alla sua semplicità sia teorica che applicativa; tuttavia, con il passare del tempo, esso ha iniziato a mostrare evidenti limiti nel rapporto fra banca impresa, in quanto:

 penalizzava investimenti;

 bassa tecnologia nei settori produttivi;  bassa propensione all’innovazione.

Quindi, il primo accordo di Basilea rappresentava una normativa poco prudente e non era in grado di gestire i cambiamenti repentini del sistema industriale bancario.

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