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CAPITOLO 3) LOAN LOSS PROVISIONS E REGOLE DI BASILEA III

3.2 Le regole di Basilea

3.2.3 Basilea III

Basilea III rappresenta la risposta delle Autorità di vigilanza prudenziale alla crisi finanziaria avviatasi alla fine del 2007 ed alle debolezze che la stessa aveva messo in luce sul sistema di regole vigenti, quindi, sul framework di Basilea II.

Se l’impostazione di base delle regole di Basilea (3 pilastri; requisiti di capitale, metodologie standard e IRB per il calcolo di tali requisiti) è tuttavia rimasta anche nel nuovo accordo, numerose sono le novità introdotte come risposta alla crisi.

In estrema sintesi gli interventi di revisione della disciplina possono essere suddivisi in base a due grandi direttrici. Da un lato vi rientrano tutti quegli interventi volti al rafforzamento patrimoniale e ad una migliore misurazione patrimoniale dei rischi, dall’altro quegli interventi che introducono misure di natura macro-prudenziale.

Se, infatti, fino al framework di Basilea II gli obiettivi macro-prudenziali di stabilità finanziaria erano considerati sostanzialmente realizzati assicurando la stabilità dei singoli intermediari, con Basilea III tali obiettivi vengono perseguiti con strumenti ad

hoc, volti nello specifico ad incidere direttamente sul sistema finanziario nel suo

complesso.

La revisione da parte del Comitato di Basilea del framework prudenziale per le banche (Basilea III) costituisce senza dubbio la risposta più importante delle Autorità internazionali alla crisi finanziaria del 2007. Essa tocca tutti i principali tasselli della regolamentazione finanziaria: il capitale, la leva finanziaria, l’operatività nella finanza

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Cfr. Banca d’Italia, Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 (Fascicolo «Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche»)

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strutturata, il rischio di liquidità e l’interazione tra regole prudenziali e ciclo economico78.

Tra gli interventi di natura micro-prudenziale, in primo luogo, il nuovo schema interviene nella definizione del patrimonio di vigilanza e nel livello di patrimonializzazione che gli intermediari devono detenere a fronte dei rischi cui sono esposti, con l’obiettivo di migliorarne sia la qualità che la quantità dei mezzi a copertura delle perdite potenziali. L’esperienza della crisi aveva, infatti, evidenziato che il patrimonio di vigilanza non era poi risultato adeguato alla copertura delle perdite effettivamente emerse e che la definizione di “patrimonio di vigilanza” non era sufficientemente armonizzata a livello internazionale. Il nuovo framework contiene, pertanto, una definizione nuova di fondi propri e di capitale di qualità primaria (definito “CET 1”) formato esclusivamente da elementi assolutamente a disposizione dei soggetti vigilati a fronteggiare le perdite. Seppur il requisito minimo complessivo rimane inalterato e pari all’8% delle RWA, Basilea 3 prevede che almeno il 4,5% di tale requisito debba essere coperto da elementi di elevata qualità (CET1). Inoltre, quasi tutte le deduzioni ed i filtri prudenziali applicati al patrimonio di vigilanza nel

framework di Basilea II vengono adesso applicati direttamente nel CET1 con il nuovo

regime. Ai fini del presente lavoro è importante sottolineare che l’applicazione della deduzione dello shortfall di perdite attese rispetto alle rettifiche di bilancio, che in Basilea 2 veniva effettuato in pari quote dal patrimonio di base e da quello supplementare, viene con Basilea III effettuato direttamente sul CET 1.

Parallelamente alle regole sul capitale, ma sempre con l’obiettivo di assicurare la capacità di coprire le eventuali perdite che possano emergere dall’attività di assunzione dei rischi, con Basilea III si rendono più severi i requisiti a fronte di alcune esposizioni, ad esempio quelle verso alcune forme di cartolarizzazioni o verso prodotti finanziari complessi che, alla luce della crisi, si sono dimostrati più rischiosi; inoltre sono state rese più severe le modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato, al fine di riallineare i requisiti all’effettiva rischiosità degli strumenti classificati in questo portafoglio.

78Verso una nuova regolamentazione finanziaria”. Intervento del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia. Scuola di alta formazione dell’I.P.E., Convegno inaugurale del Master in Finanza Avanzata.

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Ancora, per evitare che il sistema finanziario nel suo complesso assuma un grado di “leverage” troppo elevato, ma anche al fine di inserire una misura di contenimento del rischio “plain” non influenzata dalle metodologie di ponderazione e dai sistemi interni, il nuovo accordo prevede un requisito massimo di leverage finanziario. Le banche dovranno detenere un patrimonio di base (Tier I) almeno pari al tre per cento delle attività in bilancio e fuori bilancio, inclusi i derivati, non ponderate per il rischio. Sempre sotto il profilo micro-prudenziale, un’altra importantissima area di intervento del nuovo framework è quella relativa alle nuove disposizioni sul rischio di liquidità, non contenute all’interno di Basilea II.

Il rischio di liquidità, tipico dell’operatività bancaria, non era stato posto al centro degli standard prudenziali definiti a livello internazionale, sulla base della convinzione che le esigenze degli intermediari potessero essere fronteggiate facendo leva su mercati interbancari ben sviluppati e integrati79.

A tal riguardo il Comitato di Basilea ha predisposto due regole. La prima (liquidity

coverage ratio) richiede che le banche mantengano uno stock di risorse liquide, che

consenta di superare una fase di accentuato deflusso di fondi della durata di 30 giorni senza dover ricorrere al mercato o al rifinanziamento presso la banca centrale. La seconda (net stable funding ratio) risponde all’esigenza di evitare squilibri strutturali nella composizione per scadenze delle passività e delle attività di bilancio.

Sotto il profilo macroprudenziale, invece, la crisi finanziaria ha riportato all’attenzione generale anche il tema della prociclicità delle norme prudenziali, già ampiamente dibattuto durante i lavori di predisposizione del framework di Basilea 2 e giunto alla conclusione che fosse necessario integrare le norme vigenti, al fine di meglio contenere i rischi derivanti da una eccessiva dinamica del credito nei periodi di maggiore espansione economica, alla quale segue generalmente una contrazione della disponibilità di finanza altrettanto brusca quando il ciclo si inverte.

La finalità perseguita dalle nuove regole di Basilea è stata, pertanto, quella di disegnare norme che contribuiscano a mitigare la prociclicità del settore finanziario, assicurando che le banche accumulino capitale aggiuntivo rispetto ai minimi

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“Verso una nuova regolamentazione finanziaria”. Intervento del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia. Scuola di alta formazione dell’I.P.E., Convegno inaugurale del Master in Finanza Avanzata.

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regolamentari (buffer) nei momenti di maggiore crescita e siano, quindi, in grado di affrontare le fasi negative del ciclo senza interrompere il finanziamento all’economia 80

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Le misure previste consistono nell’introduzione di un cuscinetto di capitale aggiuntivo rispetto ai minimi regolamentari, pari al 2,5 per cento del common equity in rapporto all’attivo a rischio (cosiddetto capital conservation buffer) e un secondo buffer (counter cyclical capital buffer), discrezionalmente richiesto dalle autorità di vigilanza nei momenti in cui lo ritengano opportuno, destinato a garantire che le banche accumulino risorse patrimoniali nelle fasi in cui la crescita del credito rispetto alla dinamica del prodotto interno lordo risulti particolarmente elevata. Questa seconda componente patrimoniale verrà attivata dalle autorità nazionali, che eserciteranno una discrezionalità vincolata da metodologie definite a livello internazionale, e potrà raggiungere il 2,5 per cento delle attività ponderate per il rischio. A differenza del primo buffer, quest’ultimo potrebbe essere coperto anche con strumenti diversi dal

common equity ma con alta capacità di assorbire le perdite.

Come già anticipato, nonostante le numerose novità introdotte, lo schema dell’accordo di Basilea rimane pressoché quello già stabilito all’interno di Basilea II.

Per quelle che sono le finalità del presente lavoro, rimane sostanzialmente inalterata la metodologia di calcolo dei requisiti di primo pilastro a fronte del rischio di credito, i quali potranno essere calcolati attraverso l’approccio standardizzato, ossia secondo delle ponderazioni previste dal comitato di Basilea e segmentate a seconda della tipologia di prenditore, di operazione e di rating attributo dalle agenzie esterne, oppure attraverso l’utilizzo dei propri modelli di rating sviluppati internamente e validati dalle autorità di vigilanza, attribuendo quindi ponderazioni in funzione dei parametri di rischio autonomamente determinati.

Pertanto, sotto l’aspetto della misurazione dei requisiti l’unica novità di rilievo è rappresentata dalla deduzione dello shortfall di rettifiche rispetto alla misura di perdite attese, che, ai sensi del nuovo framework dovrà essere effettuato direttamente dal

common equity tier one capital.

80Audizione del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia Giovanni Carosio, Senato della Repubblica 23 novembre 2010: “Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese. L’effetto delle regole di Basilea 3 sulla patrimonializzazione delle banche e sull’economia”

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