• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 3: L’INVESTIMENTO NEL PRIVATE EQUITY

3.4 L’EQUITY DEAL E IL GROWTH CAPITAL

3.4.1 I BENEFICI DELL’INVESTIMENTO

Per individuare quali siano i benefici apportati nell’investimento in Dentalpro nei confronti dei limited partners, consideriamo le teorie consolidate dagli analisti in merito alla governance aziendale, le quali si riferiscono al rapporto tra gli azionisti e il management, trasferendo gli effetti conseguiti nelle società d’investimento in oggetto di questa tesi e mettendo in evidenzia il fattore del controllo azionario da parte del private equity: si svolgerà un’analisi nell’impresa target, considerando successivamente le implicazioni sul team management del fondo d’investimento e concludendo con i limited partners. Jensen (1976) descrive i conflitti di interesse tra i possessori delle azioni: il conflitto può derivare soprattutto da un mancato allineamento tra l’interesse dell’azionista e quello del management; per ovviare a questo problema si può responsabilizzare il management cedendo loro delle partecipazioni societarie. La responsabilizzazione del management, quindi, risulta essere correlata alla detenzione di azioni societarie e questa dinamica si implementa in un accrescimento del valore aziendale efficientando al meglio l’operatività del team management: un applicazione di questa teoria rientra nelle stock option che diventano uno strumento di retribuzione ma anche di fidelizzazione del dipendente/manager. È proprio per questo motivo che emerge un principale beneficio economico delle operazioni in private equity secondo il quale la partecipazione azionaria da parte dei gestori dell’impresa può comportare ad un’entrata più facile nel mercato del private equity. La teoria è stata dimostrata da Harper (Harper, 2001) secondo la quale il management che detiene una bassa oppure nulla partecipazione societaria effettuerà delle scelte con decisioni distorte in base agli incentivi destinati a loro oppure agli azionisti: il private equity quindi comporta dei benefici economici in base alla responsabilizzazione che viene trasferita in capo ai manager, i quali molto spesso vengono chiamati ad essere promotori del business plan innovativo che costituisce la base dell’operazione in private equity, ma soprattutto viene richiesto loro di apportare capitale sociale, diventando quindi azionisti,

137 eliminando i costi di agenzia. Nel caso in cui ci sia un controllo relativamente elevato dai manager, questo può essere dannoso per gli azionisti i quali si mostreranno più avversi al rischio del management: l’attitudine al rischio dei manager ha un impatto negativo sulla ricchezza degli azionisti i quali, seppure abbiano ceduto gran parte del controllo ai manager, hanno comunque investito gran parte della propria ricchezza per creare l’azienda. Abbiamo visto quindi i due estremi di controllo da parte del management, il controllo elevato e quello basso, nel caso in cui ci si trovi in un equilibrio di controllo-proprietà è molto probabile che i costi di agenzia non siano molto elevati e soprattutto che non siano necessarie operazioni di private equity. (Achleitner, Betzer, Georgen, & Hinterramskogler, 2013). Inoltre nei Lbo, dato che le imprese target sono private, il capitale apportato dal management è sotto forma di illiquidità, intendendo con questo l’impossibilità di vendere le proprie azioni oppure esercitare l’opzione prima della scadenza e quindi prima del disinvestimento (N.Kaplan, 2008). In accordo con la Modigliani Miller, le decisioni sulla struttura di capitale sono irrilevanti per i valori aziendali quando si è in mercati perfetti, tuttavia sappiamo come nella realtà la leva finanziaria genera un cambiamento del valore aziendale dovuto dall’effetto dei benefici fiscali, di conseguenza un operazione in private equity implica un maggior debito e un maggior ammontare di flussi di cassa i quali fattori implicano maggior valore aziendale: di questo effetto benefico se ne è già parlato. (Achleitner, Betzer, Georgen, & Hinterramskogler, 2013). Questo effetto implica il funzionamento della leva finanziaria che crea comunque una pressione sui manager del fondo di private equity poiché sono loro responsabili del pagamento dei canoni di rimborso e dei relativi interessi30. I soci dei fondi di

private equity o, nel caso Lbo, gli investitori soci nella società veicolo, hanno il controllo sull’azienda e sono coinvolti nell’attività aziendale molto di più rispetto le imprese quotate: si tratta di una metodologia di governance nata nel 1980, oggi i fondi di private equity spesso sono costituiti da membri specialisti in determinate materie quali corporate finance, restructuring, operazioni straordinarie e, inoltre, possiamo trovare fondi di private equity specializzati in determinati settori industriali (come nel caso Dentalpro, Summit Partners opera in più imprese sanitarie) (N.Kaplan, 2008). Nel caso Dentalpro la distinzione tra azionisti e management rientra nella categoria del venture capital nel quale l’azionariato è definito dai partner dei fondi d’investimento: essi inoltre esercitano l’attività aziendale in veste di advisors all’interno del team management. Dalle teorie sopra indicate si pone in evidenzia che nel caso in oggetto il private equity ha comportato una forte responsabilizzazione in capo al management tale da apportare un beneficio di accrescimento del valore aziendale grazie all’entrata del fondo d’investimento nell’attività aziendale.

30The value of this tax shield, however, is difficult to calculate because it requires assumptions of the

tax advantage of debt (net of personal taxes), the expected permanence of debt, and the riskiness of the tax shield”. (N.Kaplan, 2008)

138 Il fondo di private equity, e nello specifico la costituzione della società veicolo per l’operazione di Lbo, comporta dei benefici economici individuabili:

 nella diversificazione del portafoglio, che nell’evidenza empirica delle società di private equity europee, mostra che il rischio sia il principale attore della struttura organizzativa dell’operazione; inoltre la necessità di condividere il rischio può essere collegata allo strumento delle “window dressing” i quali si riferiscono a quelle operazioni che migliorano artificiosamente il rendimento del portafoglio prima della chiusura dell’esercizio. In questo modo si omette una sottovalutazione degli investitori attuali nonché del management del fondo e facilita la ricerca dei fondi. L’effetto benefico di base nella costituzione delle associazioni di investitori si definisce nella creazione di un network capace di rendere maggiori aspettative nei rendimenti grazie alle esponenziali opportunità che una rete professionale può dare.

 Nella cooperazione delle società dei fondi di private equity: si utilizza un metodo di lavoro aggregato che consiste nella valutazione degli investimenti in un modo migliore e più analitico rispetto ad una struttura organizzativa unipersonale, essi procedono quindi con due diligence e decisioni d’investimento più accurate grazie alla suddivisione dei costi. Inoltre la complementarità delle competenze e la specifica conoscenza dei singoli finanziatori coinvolgono un valore aggiunto alle opportunità di mercato e a migliori contrattazioni finanziarie. Infine al momento del disinvestimento, l’associazione comporta ad una certificazione potenziata ed ad una più bassa svalutazione del portafoglio aziendale.

Fondamentale ai fini dell’operazione oggetto di analisi è l’interesse “non economico” degli investitori, intendendo con questo, l’impegno degli investitori professionisti, che oltre ad apportare capitale e liquidità da investire nella target partecipano attivamente al management e quindi alle scelte strategiche-operative vengono definite: di conseguenza non solo gli investitori mirano ad un interesse economico ravvisabile nel capital gain finale e nei dividendi se distribuiti (questi ultimi però potrebbero essere utilizzati per coprire il debito), ma portano nell’impresa proprie competenze e know how completando i piani aziendali che accompagnano l’operazione delle Lbo e ovviamente verranno stipendiati per il lavoro apportato. Il guadagno finale può essere suddiviso in due tipologie che definiamo in capital gain e capital gain incompleto: con il primo si vuole intendere il completamento dell’operazione di private equity definita raggiungendo l’obiettivo prestabilito, nella seconda invece potrebbe accadere che le valutazioni svolte in sede di business plan non vengano rispettate e il valore aziendale non aumenti di quanto era stato previsto. Per valutare a posteriori se l’investimento attuato dai fondi di private equity ha portato una remunerazione sopra o sotto le aspettative, solitamente si

139 fa riferimento al calcolo dell’Internal Rate of Returns (IRR; tasso interno di rendimento) il quale misura l’interesse remunerativo sul capitale investito nell’impresa target.31

In realtà non sempre la ricapitalizzazione avviene nel modo descritto nell’effetto ipoteca poiché spesso il debito viene trasferito sia come capitale sociale sia come debito vero e proprio: la difficoltà consiste proprio nel definire quale sia l’ammontare di debito sostenuto dagli investitori e trasferito come equity, un informazione che è difficile da valutare in sede di analisi d’investimento in quanto sarebbero necessari maggiori informazioni, alcune delle quali impossibili da richiedere per la privacy degli investitori. Emerge quindi un considerevole legame tra le banche e i General Partner dei fondi di private equity a causa della asimmetria informativa e le conseguenti clausole finanziarie32. Quindi

l’aspetto benefico del private equity ha comportato sicuramente una maggior efficacia a livello operativo della target, una eliminazione dei costi di agenzia solitamente presenti nella governance aziendali e per gli investitori esterni il beneficio più importante rientra nel capital gain atteso il quale, in queste particolari tipologie d’investimento, risulta molto elevato a fronte del rischio correlato.

Documenti correlati