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Bias su costi, ritorni occupazionali e probabilità di abbandono

Nel documento RicercAzione Volume 6 - Numero 2 (pagine 35-41)

PRIME EVIDENZE DA UNA SPERIMENTAZIONE CONTROLLATA

6. Bias su costi, ritorni occupazionali e probabilità di abbandono

La prima colonna della Tabella 1 riporta i costi effettivi degli studi universitari, stimati

5 ISEEU (Indicatore della Situazione Economica Equi-valente Università) è costruito sulla base di numerosi indicatori, tra cui il valore catastale degli immobili posseduti, il numero di figli o di altre persone a carico, il reddito familiare ed eventuali beni mobili o immo-bili. Siamo ricorsi a una necessaria semplificazione, prendendo come riferimento i tre parametri principali che concorrono al calcolo dell’ISEEU (numero di figli a carico, proprietà della casa di residenza e reddito fa-miliare).

6 Il questionario rilevava informazioni sulla proprietà dell’abitazione di residenza e sulla composizione del nucleo familiare. Il reddito familiare, invece, non ri-levato per questioni di privacy, è stato stimato utiliz-zando i dati italiani dell’indagine EU-SILC del 2012, confrontando alcune informazioni chiave contenute in entrambi i database, tra le quali il titolo di studio, lo status occupazionale e il lavoro di entrambi i genitori, la zona geografica, il numero di parenti che vivono nel nucleo familiare, il possesso della casa di residenza e un indicatore soggettivo di deprivazione economica.

7 Per gli studenti che non hanno indicato un ateneo (per-ché, ad esempio, non intenzionati a iscriversi all’univer-sità), pari al 30% del campione, è stato imputato l’ateneo modale degli studenti della loro provincia.

sulla base della procedura appena descritta. Le spese mensili per trasporti (es. viaggio in treno più abbonamento urbano per autobus) sono pari mediamente a 39 euro e quelle per i pranzi fuori casa nei giorni di lezione ammontano a 65 euro.

Il valore medio delle spese mensili per affitto è 147 euro, ma si tratta di una media tra il valore zero per una quota rilevante di studenti che non le sosterranno affatto, perché dichiarano che in-tendono abitare presso i genitori, e i valori com-presi tra 200 e 400 euro per una stanza doppia in un appartamento che dovranno esborsare gli studenti che usciranno di casa per studiare in un ateneo lontano. Le spese per materiali di studio (es. libri, dispense) e tasse universitarie (al netto di eventuali esenzioni) sono riportate su base annuale. Come si vede, i costi totali per gli studi universitari ammontano a 4.186 euro annuali, ossia quasi 350 euro mensili; se lo studente non sosterrà spese di affitto, siamo comunque in-torno a una spesa di 200 euro mensili. Per una famiglia monoreddito di ceto medio-basso non è certo poca cosa.

La seconda colonna della Tabella 1 riporta lo scarto medio (e mediano) tra i valori sogget-tivi stimati dagli studenti e i valori oggetsogget-tivi, separatamente per ogni voce di costo presa in considerazione, per il rischio di abbandono uni-versitario e per il reddito da diplomato. In caso gli studenti sottostimino i costi da sostenere, i valori in tabella avranno segno negativo; vice-versa avranno un segno positivo. Riportiamo gli scarti calcolati sia sull’intero campione, sia su tre sotto-campioni definiti in base al livello di istruzione dei genitori.8 Le mediane sono sta-te riportasta-te per sta-tenere conto di valori estremi, che possono indicare sia percezioni soggettive estremamente inaccurate, sia preferenze per

8 È stata preferita l’istruzione dei genitori all’occupazione in quanto la prima è il predittore più importante degli esiti scolastici dei figli ed è un fattore particolarmen-te rilevanparticolarmen-te per l’acquisizione di informazioni ai fini della scelta del percorso universitario. La variabile è stata costruita sulla base del criterio di dominanza: chi ha almeno un genitore laureato sarà considerato figlio di laureati (istruzione alta); chi ha almeno un genitore diplomato sarà considerato figlio di diplomati (istru-zione media); i casi rimanenti sono raggruppati sotto l’etichetta «istruzione bassa».

comportamenti di spesa atipici, molto dispen-diosi o molto parchi.

TABELLA 1

Scarto medio e mediano (tra parentesi) tra stime soggettive e valori oggettivi dei costi universitari, rischi di abbandono e redditi da

diplomato

Scarto medio per istruzione dei genitori

Alta Media Bassa Costi (valori in euro)

Trasporto m 39 57 (24) 52 (23) 57 (23) 62 (29) Rischio di abbandono (valori in %)

Rischio per il primo corso

scelto 16.9 4.2

(2.7) 8.3

(5.7) 4.8 (3.1) -3.1 (-4.2) Reddito da diplomato (valori in euro)

Reddito da diplomato a 4 anni dal diploma

1.005 96 (25) 127 (56) 96 (24) 70 (-3)

m Costi calcolati su base mensile.

a Costi calcolati su base annuale.

Partiamo dalle stime dei costi: lo scarto medio (o mediano) è quasi sempre positivo, a indicare una tendenza alla sovrastima. La tabella mostra una sovrastima media dei costi di 2.965 euro su base annuale. In altre parole, abbiamo visto che i costi totali annuali effettivi (prima colon-na) ammontano mediamente a 4.186 euro, ma a questa cifra le famiglie «aggiungono» ulteriori 2.965 euro, perché si rappresentano l’università molto più costosa di quanto non lo sia in real-tà. Le barriere informative accrescono sensi-bilmente l’onerosità delle barriere economiche effettive. La sovrastima del costo delle tasse universitarie annue è pari al 76% del costo da noi stimato, se ragioniamo sulla media del cam-pione complessivo. Si tratta di una sovrastima notevole, ma l’ordine di grandezza è simile (se non inferiore) a quello di precedenti ricerche,

come quella di Avery e Kane (2004) sugli stu-denti di Boston. Si nota poi come gli stustu-denti abbiano percezioni abbastanza accurate della spesa annua necessaria per i materiali di stu-dio, mentre sovrastimino in maniera rilevante tutte le altre voci. Le sovrastime compiute dagli studenti nel calcolare i costi di trasporto e dei pasti, anche se apparentemente contenute in termini assoluti su base mensile, diventano ri-levanti se consideriamo che queste spese vanno sostenute per almeno otto mesi l’anno.

Inoltre, la sovrastima complessiva di 2.965 euro varia tra i 2.437 euro indicati dai figli di laureati e i 3.500 euro dei figli di genitori con istruzio-ne di base. Dunque, tutti gli studenti tendono a sovrastimare le spese per gli studi universitari, ma il problema è particolarmente accentuato per quelli di bassa estrazione sociale. Questo risulta-to va letrisulta-to anche in termini di costi relativi: per una famiglia benestante, una sovrastima di 2.000 euro annui non rappresenta una grossa preoccu-pazione; per le famiglie in difficoltà, al contrario,

«aggiungere» 3.500 euro annui (pari a quasi 300 euro mensili) al budget effettivo necessario per fare studiare i figli è tutt’altra cosa.

Passiamo ora ai rischi di abbandono univer-sitario. Secondo le stime riportate in tabella, gli studenti riportano in media delle previsioni sufficientemente corrette rispetto alle proprie chances di riuscita negli studi universitari. Il confronto degli scarti tra valori soggettivi e oggettivi di studenti di diversa origine sociale mostra, contro-intuitivamente, che gli studenti di elevata estrazione sociale sono quelli meno fiduciosi delle proprie capacità rispetto alle pro-babilità oggettive di riuscita. In realtà, i figli di laureati riportano rischi di abbandono soggettivi sensibilmente più bassi rispetto agli studenti di più modesta estrazione. Non si può prescindere però dal fatto che i figli di laureati provengono in gran parte da percorsi liceali che forniscono una preparazione più adeguata a intraprendere gli studi accademici, elemento che gli studenti non sembrano tenere debitamente in conto al momento di effettuare le proprie valutazioni.

Per quanto riguarda i redditi da diplomato, no-tiamo una sovrastima media contenuta, di circa 100 euro, pari al 10% del valore oggettivo da

noi imputato. I figli delle famiglie di modesta estrazione sociale, concentrati soprattutto nelle filiere tecniche e professionali, attribuiscono al loro diploma un valore maggiore di quanto non facciano invece i figli dei laureati, che invece si concentrano nei licei. In generale, gli studenti sovrastimano il valore del diploma in manie-ra modesta, sopmanie-rattutto se manie-rapportata alle per-cezioni che hanno del reddito che potrebbero percepire una volta laureati, come possiamo os-servare nella Tabella 2. Qui gli scarti sono pre-sentati disaggregati per il primo corso di laurea scelto e disposti in ordine decrescente rispetto al valore medio dello scarto. Le previsioni di reddito sono fortemente ottimistiche per quasi tutti i corsi di laurea: lo scarto medio tra valori soggettivi e valori oggettivi è sempre positivo e di entità ragguardevole. Anche i valori mediani degli scarti (riportati in parentesi) sono quasi sempre positivi ma di minore entità, indicando la presenza di valori estremi molto elevati nelle percezioni dei nostri studenti.

TABELLA 2

Correttezza delle stime soggettive Ambito disciplinare Valore medio

oggettivo: red-dito da laureato

Scarto medio reddito Legge (specialistica) 1.296 1.148 (792) Legge (triennale) 1.398 1.087 (606) Medico e chirurgico 1.805 861 (311) Architettura

(triennale) 1.297 849 (447)

Architettura

(specialistiche) 1.300 773 (519)

Ingegneria

e Informatica 1.494 604 (403)

Economico/statistico 1.448 591 (199)

Veterinaria 1.400 447 (236)

Farmaceutico 1.332 442 (275)

Politico/Sociale 1.337 398 (63)

Scientifico 1.398 279 (49.9)

Geo-Biologico 1.324 255 (116)

Sanitario 1.550 121 (-41)

Umanistico 1.337 102 (-49)

Formazione

e Psicologia 1.349 99 (-4.5)

I corsi per cui osserviamo una sovrastima maggiore sono quelli che conducono alle

li-bere professioni (Giurisprudenza, Medicina, Veterinaria, Architettura, Ingegneria) o che danno accesso a posizioni dirigenziali nel set-tore privato (Economia). I valori indicati negli altri corsi di laurea sono invece meno distorti.

Questo vale anche per ambiti disciplinari che hanno buone prospettive occupazionali, come le professioni sanitarie, ma che non costituiscono una porta d’ingresso per le libere professioni.

Sembra quindi che gli studenti formulino le proprie stime utilizzando una semplice euri-stica, derivante dall’uso di stereotipi lavorativi di professionisti all’apice della loro carriera. Si iscrivono a Giurisprudenza e si immaginano avvocati o notai; si iscrivono a Economia e si proiettano manager o broker. Non considerano che il mercato del lavoro italiano non riesce a creare un simile numero di occupazioni presti-giose, soprattutto per chi possiede una laurea triennale.

7. Conclusioni

In questo articolo è stato presentato un di-segno di ricerca abbastanza inusuale per le scienze sociali odierne, almeno in Italia: una sperimentazione controllata, volta a verifica-re l’efficacia di un intervento orientativo che fornisce agli studenti informazioni su costi, difficoltà e sbocchi occupazionali degli studi universitari.

I primi risultati che abbiamo illustrato, riferiti alle credenze degli studenti prima di attivare l’intervento, dimostrano il suo potenziale. In-fatti, le analisi presentate quantificano per la prima volta in Italia le distorsioni informative degli studenti su tre parametri-chiave per la scelta del percorso post-diploma: i costi degli studi; le probabilità di abbandono e i ritorni economici di lauree e diplomi. In linea con la letteratura anglosassone, anche gli studenti del nostro campione sovrastimano i costi degli studi universitari, tanto più se provengono da contesti svantaggiati. I risultati sulle probabili-tà di abbandono mostrano distorsioni di entiprobabili-tà limitata in media, mentre i ritorni economici sono fortemente sovrastimati. Abbiamo quindi

due tendenze che vanno in direzione opposta: la sovrastima dei costi scoraggia la partecipazio-ne universitaria, mentre la sovrastima dei ren-dimenti economici delle lauree la incoraggia.

Inoltre, abbiamo visto che gli studenti di bassa estrazione sociale sovrastimano maggiormente i costi dell’università.

Di fronte a un quadro così articolato, l’impatto del nostro trattamento sui comportamenti degli studenti non è affatto scontato. Ad esempio, le buone notizie portate sul fronte dei costi potreb-bero essere più che controbilanciate da quelle, di segno opposto, che abbiamo fornito sul fron-te della redditività degli studi accademici. La rimozione delle barriere informative sui costi potrebbe incentivare particolarmente gli strati sociali bassi a iscriversi all’università, ma di fronte ai deboli rendimenti delle lauree questi potrebbero orientarsi invece verso la formazio-ne professionale post-diploma.

Queste incertezze sugli esiti del nostro in-tervento illustrano bene il punto che abbiamo sottolineato in apertura di questo contributo: la necessità di verificare puntualmente l’efficacia degli interventi educativi, senza dare per scon-tato che essi conseguano gli obiettivi per cui sono stati introdotti. Occorre quindi tradurre gli obiettivi in precisi indicatori di risultato e sviluppare sperimentazioni controllate per ve-rificare il raggiungimento di tali obiettivi. Le sperimentazioni controllate sono il metodo più affidabile per rispondere alla domanda-chiave:

funziona? Esse richiedono sempre di mettere a confronto due gruppi. Il primo riceve un in-tervento educativo, mentre il secondo non lo riceve (o lo riceve solo in un secondo momen-to). L’elemento essenziale è la randomizzazione:

l’assegnazione delle scuole o degli studenti a uno dei due gruppi deve avvenire per sorteggio, altrimenti i due gruppi non sono confrontabili e viene compromessa la logica sperimentale.

Un risultato che possiamo dire di aver rag-giunto è proprio quello di essere riusciti a im-plementare il disegno sperimentale inizialmen-te progettato. Si tratta di un risultato per nulla scontato, dato che in Italia le sperimentazioni controllate nelle scuole sono appena agli albori (si vedano Argentin et al., 2013; 2014; Argentin

& Barbetta, 2014). Il dato interessante è che le scuole non sono affatto contrarie a questo tipo di ricerca: lo comprendono e collaborano con solerzia. Questo aspetto ci sembra molto promettente, in quanto la spinta a promuoverle non verrà dai decisori politici, bensì dalle com-ponenti più innovative del mondo della scuola.

Probabilmente sono proprio queste componenti a possedere la conoscenza migliore per dise-gnare interventi innovativi di orientamento, di prevenzione degli abbandoni, di potenzia-mento degli apprendimenti. Detto altrimenti, auspichiamo un’alleanza tra scuole e studiosi universitari, dove le prime propongano idee e interventi che secondo la loro esperienza hanno maggiore potenziale, mentre i secondi verifi-chino la loro reale efficacia.

Ringraziamenti

Si ringraziano Giulia Assirelli e Giampiero Passaretta (Università di Trento) per l’attenta ri-lettura data alla prima bozza di questo articolo.

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