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Lavori di diploma

FUSCO Giovanni, Handicap e invecchiamento, tendenze emergenti e traccia per una possibile presa a carico, SUPSI, DLS, Canobbio, gennaio 2000

VANOLLI Romina, Gli anni passano, i bisogni cambiano… l’istituzione evolve?, SUPSI, DSAS, Manno, novembre 2011

WERTHMÜLLER Xenia, L’isola che non c’è? La vita adulta delle persone disabili in istituto, SUPSI, DSAS, Manno, settembre 2014

Libri e riviste

COLELLA Francesca, Focus group. Ricerca sociale e strategie applicative, 1a ristampa 2014, 1a edizione 2011

COTTINI Lucio, Bambini, adulti, anziani e ritardo mentale – Progetti per la continuità educativa, Società Editrice Vannini, Gussago (Brescia), 2003

COTTINI Lucio, Disabilità mentale e avanzamento d’età. Un modello di intervento multidimensionale per una vita di qualità, Milano, Franco Angeli, 2008

FRANCHINI Roberto, La figura dell’animatore nelle strutture per anziani, Milano, Franco Angeli, 2002

GIUDICI Francesco, CAVALLI Stefano, EGLOFF Michele, MASOTTI Barbara, Fragilità e risorse della popolazione anziana in Ticino, Ufficio di statistica, 2015

GOUSSOT Alain, a cura di, Il disabile adulto, anche i disabili diventano adulti e invecchiano, San Marino, edizione Maggioli, 2009

PALMIERI Cristina, Dal progetto educativo individualizzato al progetto di vita, In “Animazione Sociale”, Aprile 2006

Riferimenti a corsi scolastici SUPSI-DEASS

Modulo Cicli di vita, prof. Lavizzari P., SUPSI/DEASS, Manno, Anno accademico 2012- 2013

Modulo Modelli e concetti dell’azione educativa, prof. Poletti F., SUPSI/DEASS, Manno, Anno accademico 2014-2015

Modulo Percorsi nelle disabilità, prof.ssa Balerna C., SUPSI/DEASS, Manno, Anno accademico 2013-2014

Modulo Processi nell’équipe, prof. Nuzzo A. e prof. Pirozzi F., SUPSI/DEASS, Manno, Anno accademico 2013-2014

Web

Alma Mater Studiorum, Università di Bologna <https://www.unibo.it/sitoweb/alain.goussot/cv> Consultato il 13 luglio 2015

Confederazione Svizzera <www.admin.ch>

Consultato il 10 luglio 2015

Confederazione Svizzera. Luglio 2015. Convenzione ONU. Campo d’applicazione <http://www.edi.admin.ch/ebgb/00564/00566/05493/05920/index.html?lang=it> Consultato li 10 luglio 2015 Enciclopedia Treccani <www.treccani.it> Consultato il 15 agosto 2015 Immagine di copertina <http://odiami.pianetadonna.it/come-assistere-un-anziano-154595.html> Consultato il 30 agosto 2015

La Fonte, fondazione a sostegno della persona disabile <http://www.lafonte.ch>

Consultato il 10 giugno 2015

Repubblica e Cantone Ticino. Ufficio degli invalidi

<http://www4.ti.ch/dss/dasf/ui/chi-siamo/sostegno-e-integrazione-sociale-alle-persone-con- andicap/>

Consultato il 13 luglio 2015 Documenti PDF

Università degli studi di Urbino Carlo Bo, Lucio Cottini: curriculum scientifico e didattico <http://www.uniurb.it/it/cdocs/CWEB/2514-cv.pdf>

Consultato il 13 luglio 2015

CESA-BIANCHI Marcello, PRAVETTONI Gabriella, CESA-BIANCHI Giovanni,

Invecchiamento biologico e psicologico, Parte IV, Ciclo di vita, Paolo Moderato, Francesco Rovetto, Psicologo: verso la professione, 4/ed

<http://www.ateneonline.it/moderato-rovetto4e/approfondimenti/10.pdf> Consultato il 13 luglio 2015

Fondazione la Fonte - Documento Sistema Gestione Qualità (SGQ): Fondazione la Fonte, SGQ LIV 2 COD 2.3.1-02 / VERS: 07/2013-03 Fondazione la Fonte, SGQ LIV 3 COD 2.3.1-02 / VERS: 07/2013-03

ALLEGATI

1. Documento di complemento all’intervista alla capo struttura 2. Trascrizione dell’intervista alla capo struttura

2.2. Documento “Descrizione di impiego capo struttura”

3. Documento di complemento all’intervista all’ex presidente della Commissione genitori della Fondazione La Fonte

4. Trascrizione dell’intervista all’ex presidente della Commissione genitori della Fondazione La Fonte

5. Documento di complemento al focus group con gli operatori 6. Trascrizione del focus group con gli operatori

7. Documento di complemento al focus group con gli utenti

8. Trascrizione degli elementi più rilevanti emersi dal focus group con gli utenti 9. Documento “Evoluzione demografica 1998-2014”

  1 Documento di complemento all’intervista alla capo struttura

L’intervista ha avuto luogo nell’ufficio della capo struttura e si è tenuta in due momenti: il primo mercoledì 3 giugno 2015, il secondo martedì 8 giugno 2015. Gli incontri sono durati in totale un’ora e mezza circa.

Le domande iniziali hanno permesso di capire da quanti anni è attiva la capo struttura presso il centro diurno La Fonte1 e quali sono le sue mansioni principali.

In un secondo momento sono state poste domande che hanno permesso di cogliere la sua idea rispetto all’invecchiamento e alle persone attive a Fonte1 che a suo parere stanno vivendo questa fase (caratteristiche, atelier di riferimento e compiti principali). Le domande restanti, invece, erano più di approfondimento per capire quale fosse stato, nel caso, il lavoro svolto a livello di Fondazione e Centro diurno per fronteggiare il fenomeno dell’invecchiamento dell’utenza e quello che invece, forse, è in previsione.

Didascalia: R: ricercatore I: intervistato

( ): aggiunta di risate, riferimenti,… …: pausa, sospensione

  1 Trascrizione dell’intervista alla capo struttura

R: “Da quanti anni lavori presso la Fonte1?” I: “(risata) In settembre 31.”

R: “Quale ruolo ricopri all’interno dell’istituto e quali sono i tuoi compiti principali?” I: “Beh, il ruolo è quello di capostruttura. Come compiti principali te li riprendo dal mansionario. Beh sicuramente la gestione operativa della struttura, vuoi il documento o vuoi che te lo leggo e poi scrivi direttamente? (riferendosi al documento “Descrizione di impiego” che si trova all’interno del Sistema di gestione della qualità. Vedi allegato numero 2.2).”

R: “Ma se posso tenere il documento…”

I: “Puoi tenerlo. Quindi progettazione, sviluppo, gestione, supervisione, cura e coordinamento degli aspetti legati al personale… A processi di lavoro alla produzione della presa carico dell’utente. Cura e coordinamento delle attività proprie della struttura attribuita e dei processi di comunicazione interna ed esterna. E documentazione e rendicontazione al Consiglio di direzione in merito all’operatività messa e da mettere in atto. Divulgazione della cultura istituzionale e del sapere ai gruppi di lavoro attribuiti. E trasmissione delle necessità di formazione rilevate sul personale appartenente alla struttura e un eventuale partecipazione a gruppi di lavoro specifici, interni e/o esterni all’istituzione, su mandato istituzionale: gruppo invecchiamento… beh ero agente qualità quindi per una decina d’anni e così via. Tutte cose che poi andavano ad aggiungersi in questo senso. Io te lo lascerei (riferendosi al documento).”

R: “Sì grazie. Quando si parla d’invecchiamento dell’utenza, a tuo parere, a cosa si fa riferimento?”

I: “(risata) Per quanto mi riguarda l’invecchiamento che coinvolge ciascuno di noi, in questo senso, che per logica è conseguente del percorso di vita anche dell’utente portatore di handicap in questo senso. Se guardo l’utente lo guardo… cioè quindi se parlo di invecchiamento, in questo caso lo guardo come utente nella presa a carico. Bisogni e presa a carico, chiaramente: la famiglia, il futuro, l’educatore rispettivamente l’équipe, la struttura, in questo contesto chiaramente il centro diurno, ma pure l’istituzione che è il progetto istituzionale. Adesso te le ho dette partendo dal basso verso l’alto ma sono convinta che per l’immediatezza parto dal basso, ma per il futuro la logica è dall’alto verso il basso, cioè non è possibile… si diventa impotenti a un certo punto se lavori solo sull’utente. Penso sì sia questo. Per me vuol dire trattare l’argomento invecchiamento in funzione propedeutica rispetto ai futuri invecchiamenti… quindi ai giovani, rispetto ai giovani. Io penso che l’utente anziano o l’invecchiamento dell’utenza mi ha… ci ha e mi ha confrontato con quello che può essere la trasformazione nel futuro della presa carico dell’utente. Trent’anni fa proprio lavorando anche in quest’ambito… trent’anni fa si

  2 lavorava in un modo, oggi non si lavora più in quel modo, sì perché sono passati trent’anni, ma anche perché determinate riflessioni hanno avuto la loro influenza. Anche la scoperta secondo me dell’invecchiamento dell’utente, perché davvero era qualcosa che non era conosciuto. La mortalità era sicuramente nel passato molto più alta a questo livello, di conseguenza sono state un apprendere e non apprendere dall’esperienza per noi per poi fare un bagaglio che ci serve oggi e sta entrando. Quindi è vero che se dopo andremo a vedere la testistica nel corso dell’intervista, è diventata necessaria per misurare l’involuzione o ha avuto senso per ragionare attorno al senso della misurazione dell’involuzione, ma se non la mettiamo in pratica dall’inizio non ha nessun senso anche la testistica. Ecco un po’ in quel senso.”

R: “Nel centro diurno Fonte1 quanti utenti pensi che rispondano a una casistica definibile come anziana?”

I: “Dipende un po’ da che cosa intendiamo per anziano. Io ho preferito in tutti questi anni nel lavoro all’interno della struttura, ma proprio anche un po’ sulla base dell’esperienza, andare a differenziare delle aree o delle fasce. Delle fasce che ci hanno fatto vedere un po’, proprio in questo senso partendo dall’esperienza, ci hanno fatto vedere quanto esistono fasce legate allo sviluppo, una fascia legata al mantenimento, piuttosto che a una della cura. Fino a oggi, più o meno, andiamo un po’ a differenziarle per fasce d’età, quindi dico dai 18 circa ai 34 abbiamo l’area dello sviluppo, dai 35 ai 44 quella del mantenimento, dove l’intervento è mirato a questo, e a volte già dai 45 incominciamo già ad avere quelle osservazioni che ci richiedono più un intervento di cura dove il mantenimento sicuramente continua, ma siamo attenti chiaramente in un altro modo ai bisogni dell’utenza. Per cui abbiamo definito sviluppo, mantenimento e cura le tre fasce. Attualmente, quindi ad oggi, siamo, se stiamo a questa divisione, 11 nell’area dello sviluppo, 2 nell’area del mantenimento e 16 nell’area della cura. È chiaro che non vuol dire che tutti sono anziani, però ognuno, o più che altro la cura, ci fa dire “Bene stiamo attenti a tutti quegli indicatori che ci dicono fate attenzione”. Cioè o curate meglio quest’aspetto piuttosto che l’altro, che sia legato alla salute, che sia legato alle donne alla menopausa, che sia legato a vari aspetti che chiaramente siamo andati a scoprire col tempo. Ti ho risposto? (risata). Quindi mi è difficile dire anziani. Io lo vedo sempre come processo e poi penso che non può essere preso globalmente, va preso individualmente proprio perché se lo guardiamo nell’ambito della cura possiamo vedere degli utenti che di per sé ci sembrano dei giovincelli (risata) ma che se non prendiamo in considerazione dove si trovano secondo me facciamo un torto. Non per questo riduciamo le stimolazioni subito, da subito, però è solo una chiave di lettura, nient’altro.”

R: “Quali sono le loro principali caratteristiche?”

I: “Bella! (risata) Beh una è l’età, ok. Sicuramente l’età è una delle caratteristiche. La necessità e il bisogno, forse più che caratteristiche andrei a evidenziare quelli che sono i

  3 bisogni prioritari. Il bisogno di mantenimento to cure, quindi ecco di… stimolazione continua in questo senso. Il bisogno di, a volte, riduzione degli stimoli. Penso che questa è un’altra delle grandi caratteristiche, o della miglior suddivisione degli stimoli. Non tutti di un colpo come succedeva una volta, perché non sono più in grado chiaramente di… Il bisogno di ritmi diversi, il bisogno di… sì, mi verrebbe da dire questo. Però è difficile dire caratteristiche perché davvero uno è diverso dall’altro.”

R: “Però quelle che riconosci come comuni sono l’età…” I: “Sì, sono proprio date dai bisogni”.

R: “In quale atelier lavorano e quali sono i loro compiti principali?”

I: “La questione degli atelier è interessante perché penso che in tutti questi anni abbiamo visto diverse trasformazioni quindi momenti in cui… penso che qua riesco a trovarti un documento. Nella storia sicuramente abbiamo avuto diverse trasformazioni, quindi inizialmente gestivamo una casistica mista all’interno degli atelier. Poi man mano che i numeri cambiavano, perché questo è sicuramente l’altro bisogno, man mano che il numero degli utenti con bisogni specifici cresceva, si è trattato poi a un certo punto di fare un certo ordine, ma prima di tutto di andare a riflettere se aveva senso l’ordine. Perché in quel momento funzionava la presa a carico, per l’utente sicuramente ricco di stimoli, però a volte anche iper stimolato come ambiente. Per l’educatore un ampio raggio d’intervento, quindi da bisogni molto differenziati quindi più di sviluppo piuttosto che di cura, mi viene da dire in questo senso… per cui si trattava un po’ di vedere come riuscire a semplificare e anche a meglio mirare gli interventi. Da lì le prime riflessioni, quindi il far nascere alcune mezze giornate di gruppo incontro, ricordo ancora questa era un po’ l’indicazione, quindi con attività specifiche mirate a una tipologia d’utenza più anziana. Per poi arrivare un giorno a creare l’atelier Incontro che poi è diventato l’atelier Creaidea perché in quel momento era altrettanto creativo. Sicuramente togliendo quello che era un presupposto ancora presente legato a una produttività, mai richiesta come produttività così di per sé, ma sicuramente come identificazione con il lavoro. Per cui da lì sicuramente l’atelier Creaidea è l’atelier che ha risposto… mi vien da dire che però gli stessi utenti li ritroviamo anche in un atelier di Attività conto terzi… piuttosto che in altri atelier. Perché la differenza? In Creaidea andiamo a trovare sicuramente gli utenti che più di altri necessitano di un ambiente tranquillo. Quindi l’ambiente dell’incontro, dello scambio, della chiacchiera ma anche della stimolazione, ma una stimolazione mirata… mirata, puntuale, molto probabilmente rituale, ritualizzata, quindi che rispondesse davvero ai bisogni dell’utente da questo punto di vista. Gli altri utenti che hanno, che fanno parte della cura come prima si diceva, che non sono in questo atelier sono utenti che sono ancora in grado di stare quindi in un atelier diverso, stimolante, a volte produttivo, dove anche il confronto con gli altri utenti è sempre nello scambio, è sempre anche nel buon’adattamento alla situazione. Quindi ecco che non a caso vediamo utenti anche in altri atelier. Aggiungerei che comunque ciascun atelier ha dovuto modificarsi perché il passato ci vedeva come

  4 laboratorio occupazionale, ma sicuramente dove la produttività aveva un suo senso, dove l’identificazione dell’utente era sicuramente sul lavoro, dove anche l’operatore era molto stimolato dalle ordinazioni esterne piuttosto che dalle proposte che faceva. Quindi sicuramente c’era un progetto. Ecco questo progetto ha dovuto cambiare. Ha voluto dire sì cambiare per l’utente perché i bisogni erano evidenti, quindi non ce la faceva. Ma dall’altro lato non era possibile cambiarlo per l’utente se non cambiava prima nella… nell’impostazione dell’operatore, quindi che doveva in un certo senso rinunciare a determinate cose dove sicuramente la frustrazione è uno dei temi che è entrato in merito all’interno della gestione e non solo. Penso che la frustrazione è stato uno dei primi temi. Ricordo sempre, qui eravamo ancora a Viganello, parlo del ’97, forse qualche anno prima o due anni prima, dove a confronto con un primo utente che in quel momento si confrontava con la demenza e poi con altre situazioni parallele ma diverse, dove un’educatrice si chiede, pone la domanda in équipe dicendo: “Ma vorrà dire che noi in un futuro non potremmo più pensare di lavorare in questo modo, quindi la produttività ok, e dovremmo andare a vedere qualcos’altro?” Ecco quello penso sia stato un po’ il momento in cui ha voluto dire cambiare, prendere in considerazione il cambiamento di quello che sto producendo in questo momento forse un giorno non lo farò, ma perché non avrò l’utenza in quel senso. La trasformazione del Centro diurno, quindi il passaggio da laboratorio occupazionale a centro diurno 2004, aprile 2004, sul momento non ha modificato granché a questo livello, ma chiaramente man mano che passano gli anni, l’inserimento dei nuovi utenti è veramente diverso da quello che avevamo prima e quindi la tipologia di utenti che vengono inseriti sono diversi da quelli di prima, quindi con un bagaglio di competenze e sicuramente minore che ci chiederà di essere preso in considerazione negli anni. Perché la casistica è cambiata, sicuramente è più grave.”

R: “E i compiti principali che svolgono all’interno degli atelier?”

I: “Gli utenti?”

R: “Sì, proprio in generale…”

I: “Beh sono diversi per atelier. Forse non so se ti rispondo dicendo che sicuramente quello che viene tenuto come luogo comune affinché questo argomento diventa argomento da parte di tutti, è la gestione del calendario, quindi la gestione dell’agenda settimanale, del programma settimanale, questo anche in un’ottica preventiva. È un apprendimento che li aiuta a situarsi quindi a livello temporale piuttosto che a livello spaziale, e che sicuramente è uno dei requisiti che nel tempo diventa sempre più importante. Quindi se uno possiede quello abbiamo per lo meno la strutturazione per permettergli di meglio muoversi quando incominciano a perdere alcune competenze di questo tipo. Quindi sicuramente quest’aspetto. E poi all’interno di ogni atelier, partecipare all’attività quotidiana. Poi a livello di compito mi viene da dire per ciascuno quello che ha bisogno. Sicuramente da parte dell’educatore l’occhio sulle stimolazioni, quindi assolutamente mantenimento di tutte le autonomie possibili legate all’utente, questo da

  5 parte… ma questo fa parte anche del progetto educativo. E questo sicuramente fino al momento in cui l’utente esce da qua è un lavoro che viene mantenuto. Chiaro se non c’è la base a quel punto si rivedrà un attimo come affrontarlo, ma intanto mi viene da dire, se non ci sono i requisiti di base è, però penso che sono queste. Difficile da sintetizzare i compiti.”

R: “Durante lo stage e documentandomi su internet, so che un gruppo di persone si è riunito per approfondire il tema dell’invecchiamento della persona disabile. Quando si sono svolti gli incontri e chi ha partecipato? Quali sono le principali tematiche che avete trattato e i rispettivi elementi principali emersi?”

I: “Mi viene da dire che il tema dell’invecchiamento è un tema che trattiamo da molti più anni. Probabilmente prima come struttura visto che a livello istituzionale non c’era ancora questa presenza di anziani e dove il tema invecchiamento non era ancora qualcosa che veniva rilevato ampiamente. Per cui in quei casi è stato indispensabile non tanto star li ad attendere, quanto diventare attivi nella riflessione, anche perché i primi coinvolti sono gli educatori quindi i quali devono confrontarsi sono loro e quindi si trattava di dire “Beh vediamo come fare”. In questo senso è stato fatto tutto un lavoro di riflessione fatto attraverso le supervisioni, piuttosto che il confronto in équipe, piuttosto che il confronto nei gruppi di lavoro, nelle attività. Sicuramente ci metteva a porre domande e interrogativi e sono alla base penso in quello che è la partenza di un lavoro in questo senso. Parallelamente a queste riflessioni venivano adeguate, posti alcuni adeguamenti all’interno della struttura proprio in risposta a bisogni che man mano andavano a evidenziarsi. Finalmente nel 2004 siamo riusciti a portare, a rispondere a un mandato, su nostra sollecitazione, a un mandato dalla direzione. Siamo riusciti a rispondere con una traccia, perché dicevamo “Questo tema non è poi solo un tema nostro, ma diventa anche un tema, diventerà anche un tema, di altre strutture”. E a oggi confermo che lo è diventato. E in quell’ambito ok avevamo semplicemente lanciato, tracciato una lista di tematiche e contenuti da trattare come fondazione. Un documento che è rimasto fermo sulla scrivania, sicuramente che attendeva i suoi tempi e che a livello di fondazione ha necessitato un’attesa, ha necessitato di tempo, per poi essere affrontato finalmente come gruppo di lavoro nel 2010, mi sembra, sì settembre del 2010. Nel settembre del 2010 abbiamo iniziato con quindi i capistruttura, forse i più coinvolti e quelli interessati, e il coordinatore delle strutture. In quest’ambito si è trattato un attimo di vedere come sviluppare il lavoro e come dicevo prima si è trattato proprio di affrontare, allestendo, facendo un’analisi globale quindi intanto di quella che era la fondazione. In quest’ambito si è trattato di cominciare a fare, a raccogliere intanto dati, visto che si ripartiva. Quindi riprendere un attimo il documento del 2004 intorno a quella che era la mappa delle tematiche e revisionarlo in funzione del lavoro che si voleva affrontare. Andare a definire i bisogni rispetto all’utenza, le risorse del personale, un’ipotesi di percorsi di vita istituzionale, sono stati sicuramente le tematiche principali. In questo senso si è fatta chiaramente una raccolta dati rispetto

  6 all’utenza piuttosto che al personale, per andare a vedere rispetto al personale proprio

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