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Disabilità e invecchiamento : al centro diurno La Fonte1, di fronte al fenomeno dell’invecchiamento dell’utenza, il ruolo e l’intervento educativo si sono evoluti?

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Academic year: 2021

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Disabilità e invecchiamento

Al centro diurno La Fonte1, di fronte al fenomeno dell’invecchiamento

dell’utenza, il ruolo e l’intervento educativo si sono evoluti?

Studente/essa

Michela Gadina

Corso di laurea Opzione

Bachelor in Lavoro sociale

Educatore

Progetto

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

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Alla mia famiglia, grazie di tutto cuore.

“Se non ci fosse stato qualcuno genuinamente interessato al nostro “poter essere”, non avremmo potuto “esistere”.

Dove esistere non significa semplicemente vivere, ma essere presenti nel mondo potendo essere se stessi,

anzi, cercando se stessi, la propria forma,

all’interno dei contesti e delle relazioni in cui da subito abbiamo abitato”.

Cristina Palmieri

Estratto da Dal progetto educativo individualizzato al progetto di vita, In “Animazione Sociale”, Aprile 2006, p. 76

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ABSTRACT

Ho svolto l’ultimo periodo di pratica professionale del mio percorso formativo presso il centro diurno La Fonte1 di Agno, appartenente alla Fondazione La Fonte, volto a un’utenza con deficit cognitivo medio-grave.

Nel corso dei mesi di lavoro, la tematica dell’invecchiamento dell’utenza è diventata sempre più elemento di riflessione da parte del personale con il quale mi sono confrontata. Cogliendo l’occasione di poter unire un interesse personale rispetto ai temi legati agli anziani all’attualità del contesto lavorativo, è nata l’idea per questo lavoro di tesi che ha voluto indagare se e in che modo il ruolo e l’intervento educativo, si sono evoluti di fronte all’invecchiamento dell’utenza.

Per lo svolgimento di questa tesi sono andata ad analizzare il fenomeno dal macro al micro. Dapprima ho volto lo sguardo al nostro contesto socio-culturale leggendo, nella parte teorica, il concetto di disabile, quello di invecchiamento e l’invecchiamento della persona disabile con gli occhi della nostra società.

In seguito ho posto l’attenzione a quanto attuato a livello di Fondazione svolgendo un’intervista alla capo struttura e leggendo la documentazione messami a disposizione. Successivamente, entrando sempre più nel micro, mi sono concentrata sul Centro diurno tenendo un focus group con gli operatori e uno con gli utenti.

Infine, ho intervistato l’ex presidente della Commissione genitori della Fondazione, per raccogliere il punto di vista dei famigliari.

L’indagine ha permesso di rispondere alla domanda di ricerca e di individuare i tre elementi centrali che hanno caratterizzato l’approccio della Fondazione rispetto al tema dell’invecchiamento.

Il primo elemento riguarda la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione rispetto alla tematica, svolto sia con il personale sia con le famiglie, attraverso la collaborazione con altri professionisti. Questo ha portato alla creazione, in collaborazione con l’Ufficio Invalidi, di un gruppo di lavoro cantonale misto che si dedica all’approfondimento delle tematiche legate all’invecchiamento delle persone disabili.

Il secondo interessa la struttura Fonte1 che, per rispondere ai bisogni degli utenti, è stata trasformata da Laboratorio in Centro Diurno. Questo cambiamento ha portato a riconsiderare gli atelier nella loro organizzazione e nella strutturazione degli spazi; inoltre il lavoro produttivo ha perso d’importanza a beneficio di attività più adatte all’utenza che sta invecchiando, considerando allo stesso tempo gli utenti più giovani.

Il terzo elemento concerne l’adattamento del ruolo e dell’intervento educativo. Gli educatori, anche attraverso una riflessione rispetto alla propria formazione, hanno dovuto adattare i modi comunicativi e relazionali alle nuove (o diverse) esigenze dell’utenza, adottando o rivalutando strumenti quali: il bagaglio dell’utente, l’osservazione, il lavoro di rete e la cura emotiva.

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Quanto emerso, dunque, mi ha dato l’opportunità di capire e conoscere i cambiamenti che negli anni sono avvenuti in risposta al fenomeno dell’invecchiamento dell’utenza. Ho colto l’importanza del costante impegno da parte degli operatori al fine di adeguarsi e migliorarsi personalmente e professionalmente per rispondere ai (nuovi) bisogni delle persone con cui sono confrontati.

In conclusione, questo lavoro mi ha permesso di crescere sia a livello personale sia professionale, lasciandomi diverse riflessioni tuttora aperte rispetto alle istituzioni attive sul territorio e a come si possa e si debba ancora migliorare.

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INDICE

1. Introduzione p. 6

2. Descrizione del contesto lavorativo p. 7

2.1. La Fonte1 p. 8

2.2. Gli atelier p. 9

3. Presentazione della problematica p. 10

3.1. Metodologia p. 10

4. Concetti teorici di riferimento p. 12

4.1. Il concetto d’invecchiamento p. 12

4.2. Il concetto di disabile p. 13

4.3. L’invecchiamento della persona disabile p. 14

5. Dissertazione p. 16

5.1. Intervista alla capo struttura p. 17

5.2. Focus group con gli operatori p. 17

5.3. Focus group con l’utenza p. 18

5.4. Intervista all’ex presidente della Commissione genitori p. 18

6. Elementi chiave p. 19

6.1. La Fondazione La Fonte e il fenomeno dell’invecchiamento p. 19

6.2. La Fonte1: da Laboratorio a Centro diurno p. 20

6.3. Il ruolo e l’intervento educativo al centro diurno La Fonte1 p. 24

7. Conclusioni p. 31

7.1. Limiti p. 33

8. Riflessioni finali p. 33

Bibliografia e documenti consultati p. 36

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1. INTRODUZIONE

L’argomento centrale di questo lavoro di tesi è l’invecchiamento dell’utenza presente presso il centro diurno La Fonte1 di Agno il quale accoglie persone adulte con disabilità cognitiva medio-grave.

L’invecchiamento è sempre più un tema d’attualità nella nostra società: si voglia per le domande che ci si pone in merito alla presa a carico, a come porsi nei confronti degli aspetti che si vanno a creare come per esempio le malattie che potrebbero subentrare, o ancora all’idoneità o meno delle istituzioni e del personale, o al “Dopo di noi” che è un pensiero che accompagna le famiglie rispetto a quando loro non ci saranno più.

Nel corso dell’ultimo periodo di pratica professionale, attraverso lo scambio e il confronto con i colleghi con i quali ho collaborato, ho riscontrato questa tematica come una delle parti centrali del loro pensiero e delle loro riflessioni che trattavano l’invecchiamento delle persone disabili. Le stesse, andavano a indagare più aspetti e il coinvolgimento degli operatori durante i momenti di scambio e confronto era sempre più presente. La ricchezza di stimoli e i nuovi interrogativi sui quali riflettere riguardavano il come porsi al meglio all’interno dell’Istituzione e come confrontarsi e superare i nuovi fenomeni che si vanno a creare con l’invecchiamento. Più nello specifico in che modo modificare, o come si sono modificati, il proprio ruolo o l’intervento educativo verso coloro che stanno vivendo questa fase e come prevenire e aiutare, se si può, quelli che vi entreranno, o ancora in che modo sostenere le famiglie.

Prima di iniziare il percorso formativo presso la SUPSI di Manno, ho svolto degli stage in diverse case per anziani del nostro Cantone riscontrando positività e interesse verso la casistica con la quale mi sono confrontata nonché alle tematiche a essa correlate.

Cercando di unire quindi l’interessamento verso questo fenomeno all’attualità dello stesso nella nostra società, ho scelto l’argomento per questo lavoro di tesi.

Un’ulteriore fonte di motivazione è stata la curiosità di conoscere il percorso svolto e che ancora è in movimento presso il centro diurno La Fonte1. Da una parte capire le motivazioni e le conoscenze che sono state utilizzate, come pure capire gli stimoli e le riflessioni che hanno forse permesso di adeguare il proprio ruolo e l’intervento educativo e/o che sono tutt’ora presenti. Dall’altra osservare se il pensiero e la percezione rispetto a quanto attuato ha avuto un impatto nell’operativo del Centro diurno. Il tutto senza dimenticare quanto sia stato realizzato a livello macro di Fondazione.

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2. DESCRIZIONE DEL CONTESTO LAVORATIVO

La Fondazione La Fonte, ente di diritto privato, è stata fondata nel 1980 e scaturisce dalla richiesta e dall’impegno di alcuni genitori con figli disabili grazie anche alla donazione di un sostegno finanziario da parte di una persona rimasta anonima.

L’obiettivo prioritario era quello di “promuovere, realizzare e gestire strutture nel Cantone Ticino, destinate all’integrazione sociale e professionale degli invalidi mentali e fisici, quali: centri di integrazione, laboratori per l’occupazione permanente, case ed appartamenti protetti come pure le relative strutture ad uso sociale collettivo”.1

La missione tuttora condivisa resta la medesima, ma l’azione è volta verso quelle persone che già beneficiano, o aspettano di poter percepire, una rendita d’invalidità.

La Fondazione è sussidiata dal Dipartimento della sanità e della socialità del Canton Ticino, tramite l’Ufficio degli invalidi, attraverso la LISPI (Legge sull’Integrazione Sociale e Professionale degli Invalidi) “che sostiene le strutture e i servizi destinati agli invalidi (…)”.2

In riferimento a ciò è bene far capo al principio di sussidiarietà per il quale se un organo inferiore non dispone di sufficienti mezzi per lo svolgimento del suo compito, ecco che l’organo superiore interviene attraverso un contributo finanziario.

In questo momento le attività della Fondazione, suddivise in otto strutture, comprendono due settori d’intervento, ossia quello residenziale e quello lavorativo con diversi campi di attività: occupazionale, industriale, artigianale e agricolo.

La cultura istituzionale prevede un continuo interesse rispetto alle problematiche sociali, soprattutto se improntate sulla disabilità; ad esempio il tema dell’integrazione o quello dell’invecchiamento delle persone disabili. Inoltre una parte del mandato istituzionale è volta alla protezione degli utenti rispetto ad abusi e maltrattamenti.

I macro obiettivi della Fondazione sono due: il primo è quello di creare, attraverso le proprie strutture e risorse, le migliori condizioni socio-ambientali così da promuovere un clima di lavoro e convivenza adeguato ai propri utenti e alle loro esigenze e possibilità; il secondo, non di minore importanza, è la gestione istituzionale efficiente che rispetti le possibilità finanziarie e le risorse a disposizione.

Il mandato prevede inoltre di favorire un benessere “generalizzato” ai destinatari ponendo quindi al centro delle proprie attenzioni gli ospiti stessi “riuscendo nel contempo a:

1. Focalizzare gli obiettivi e l’azione istituzionale sul cliente; 2. Coinvolgere le risorse interne a disposizione;

3. Rilevare e misurare costantemente l’attività attraverso l’uso dei precisi criteri ed indicatori;

                                                                                                               

1 La Fonte, fondazione a sostegno della persona disabile. Chi siamo.

http://www.lafonte.ch/I/chi-siamo.html (14 ottobre 2014)

2 Repubblica e Cantone Ticino. Ufficio degli invalidi. Chi siamo.

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4. Supportare sistematicamente, attraverso la formazione/informazione e la gratificazione, un processo di miglioramento continuo, di costante autocritica e prevenzione”.3

Con lo scopo di garantire uno strumento che rappresenti una guida, è stata creata una carta dei valori. Essa comprende la coerenza, la fiducia, la professionalità, il rispetto, la lealtà e l’equità. Tutti valori che creano coesione e garantiscono una visione comune con la quale i professionisti operano e tengono presente per il raggiungimento degli obiettivi comuni.

Infine l’istituzione “fonda il proprio pensiero sull’assunto della non divisione tra i concetti di "normalità" e quello di "diversità””.4

2.1. La Fonte1

Tra le otto strutture attive rivolte al territorio, La Fonte1 di Agno è un centro diurno, aperto dal lunedì al venerdì, volto a un’utenza con deficit cognitivo medio-grave. Ha un massimo d’accoglienza pari a ventotto posti a tempo pieno e, in relazione al bisogno dell’utente e cercando comunque di favorire una continuità ritenuta indispensabile, si può decidere per un’occupazione a tempo parziale.

I diversi obiettivi generali sono:

− “Il raggiungimento del benessere psico-fisico dell’utente;

− Lo sviluppo (acquisizione di competenze e apprendimento di autonomie) ed il mantenimento delle potenzialità di ciascun utente;

− La socializzazione: differenziazione e integrazione adeguate; − Elaborazione della separazione e del distacco;

− Il contenimento; − La cura”.5

All’interno della struttura vi sono più figure professionali: una capo struttura, gli educatori sociali, i terapisti, i tirocinanti e il personale ausiliario.

L’équipe dei terapisti, collaborando in stretto contatto con l’équipe educativa, si occupa della presa a carico terapeutica-riabilitativa.

L’équipe educativa, invece, composta dalla capo struttura, dagli educatori sociali e dai tirocinanti, si occupa della presa a carico dell’utente ed è costituita da persone con diversi percorsi formativi. La presa a carico è intesa come “accompagnamento, supporto e cura, ove l’educatore diventa il punto di riferimento e colui che “contiene””.6

                                                                                                               

3 La Fonte, fondazione a sostegno della persona disabile. Sistema di gestione della qualità.

http://www.lafonte.ch/I/sistema-di-gestione-della-qualita.html (14 ottobre 2014)

4 La Fonte, fondazione a sostegno della persona disabile. Chi siamo. http://www.lafonte.ch/I/chi-siamo.html

(14 ottobre 2014)

5 Fondazione la Fonte, SGQ LIV 2 COD 2.3.1-02 / VERS: 07/2013-03, p. 2 6 Fondazione la Fonte, SGQ LIV 3 COD 2.3.1-02 / VERS: 07/2013-03, p. 7

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Ogni membro del gruppo di lavoro ha una parte attiva per quel che concerne le strategie lavorative, la costruzione di progetti e la ripartizione dei compiti. Inoltre ognuno di essi è capo di un atelier e ne cura tutti gli aspetti di gestione, organizzazione, creatività e produttività. Il gruppo utenti che si ritrova a gestire nel quotidiano varia da tre a cinque. Egli diventa così loro referente e assume il compito di sviluppare per ogni persona il Progetto di Sviluppo Globale, tenendo in considerazione anche il suo stato di salute.

Per assicurare una presa a carico lineare e globale, gli educatori si scambiano quante più informazioni possibili riguardanti gli ospiti, tenendosi così in costante aggiornamento. Ciò avviene principalmente durante le riunioni settimanali che servono anche per condividere sensazioni, rappresentazioni, situazioni di difficoltà o temi che richiedono un’attenzione particolare da parte di tutta l’équipe. Inoltre ogni educatore si occupa di mantenere i contatti con la rete degli utenti dei quali è referente, sia essa interna o esterna all’Istituto, al fine di garantire una continuità d’intervento.

2.2. Gli atelier

La Fonte1 è organizzata in diversi atelier con sfondo terapeutico, all’interno dei quali le persone possono collaborare sia tra loro sia con l’educatore di riferimento. “L’attività rappresenta in primo luogo il mezzo che favorisce la relazione: permette all’utente di riconoscersi parte di un “tutto”, di avere dei punti di riferimento, di conoscere, riconoscere e confrontarsi con limiti e regole”.7

Gli spazi lavorativi offerti sono sei e si suddividono nel modo seguente:

1. Atelier Ago e Filo: dove sono prodotti oggetti quali per esempio biglietti augurali; 2. Atelier Attività per Conto Terzi (ACT): dove si svolgono attività semplici e

ripetitive delle quali il risultato è subito visibile;

3. Atelier Ceramica: nel quale si produce oggettistica varia;

4. Atelier Creaidea: nel quale operano utenti che necessitano di ritmi più lenti piuttosto che spazi maggiormente tranquilli e strutturati.

5. Atelier Economia Domestica: dove si svolgono compiti per la gestione della casa. 6. Atelier Mosaico: rivolto a una tipologia di utenza medio-grave con tratti autistici. Come complemento agli atelier sono proposte prestazioni interne, gestite dai terapisti, riguardanti l’area cognitiva e affettiva relazionale che comprendono per esempio il mantenimento scolastico.

                                                                                                               

7 La Fonte, fondazione a sostegno della persona disabile. Strutture. Centro diurno Fonte1.

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3. PRESENTAZIONE DELLA PROBLEMATICA

L’obiettivo di questo lavoro è principalmente di comprendere, di fronte al fenomeno dell’invecchiamento dell’utenza, se e quali cambiamenti hanno subito il ruolo e l’intervento educativo degli operatori del centro diurno La Fonte1.

Le domande che mi hanno accompagnato durante tutto il percorso sono state: Vi è una consapevolezza rispetto al fenomeno del disabile che invecchia? Quale tipo di riflessione è stata fatta a livello Istituzionale e di Centro diurno? Vi sono delle strategie attuate o in previsione?

In che modo, se è il caso, gli atelier, il ruolo e l’intervento educativo si sono adattati a questo fenomeno?

Come vivono gli operatori, e quali sono se è il caso i cambiamenti avvenuti?

Fino a quando la presa a carico del Centro diurno è idonea alla persona disabile che invecchia e cosa succederà dopo?

Tenendo presenti questi interrogativi, ponendo l’attenzione al Centro diurno e considerando la tempistica a mia disposizione, ho formulato la seguente domanda di ricerca:

“Al centro diurno la Fonte1, di fronte al fenomeno dell’invecchiamento dell’utenza, il ruolo e l’intervento educativo si sono evoluti?”

Pertanto gli obiettivi di questo lavoro sono di rilevare se e quali strategie siano state attuate a livello di Fondazione per rispondere al fenomeno dell’invecchiamento dell’utenza, per poi porre l’attenzione al Centro diurno: se e quali modifiche ha apportato al ruolo dell’educatore e all’intervento educativo, considerando inoltre i famigliari e gli utenti stessi. 3.1. Metodologia

Per la realizzazione di questo lavoro ho deciso di prestare l’attenzione al tema dell’invecchiamento considerandolo dal macro al micro. Sono quindi partita orientando il mio sguardo alla dimensione sociologica per entrare sempre più nello specifico della Fondazione La Fonte arrivando poi al centro diurno La Fonte1: atelier, équipe, genitori e infine, ma non d’importanza, utenti. L'indagine è stata svolta, durante e dopo lo stage. Come primo strumento ho utilizzato l’intervista poiché permette di preparare e formulare domande d’interesse per la ricerca con la possibilità di approfondire alcuni aspetti, se necessario, nel corso dell’incontro.

Ho intervistato la capo struttura di La Fonte1 (allegato 2) per conoscere il lavoro svolto a livello di Fondazione e iniziare a capire invece quanto messo in atto a livello di Centro diurno.

In seguito, come rappresentante delle famiglie, ho intervistato l’ex presidente della Commissione genitori della Fondazione (allegato 4). Non ho incontrato il presidente

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attualmente in carica poiché, attivo da un anno circa, non avrebbe forse potuto garantire una visione abbastanza ampia a livello temporale.

Come secondo strumento ho utilizzato il focus group svolgendone dapprima uno con gli operatori del Centro diurno (allegato 6); la scelta è stata dettata dal fatto che esso permette all’équipe di confrontarsi. Considerando che “le opinioni personali non nascono in un contesto di isolamento del soggetto, ma derivano dal confronto con le idee che ci stanno intorno”8, il focus group si è dimostrato idoneo per raccogliere le percezioni del gruppo di lavoro rispetto alla tematica trattata in questo lavoro. Inoltre “grazie all’interazione nel gruppo, e agli stimoli che ne derivano, nuove idee e opinioni possono essere illustrate in tutto il loro pieno significato, poiché i soggetti si sentono liberi di esprimersi e di condividere le proprie esperienze trovando sostegno, il più delle volte, negli altri”.9 Questi elementi non sarebbero stati possibili svolgendo un’intervista o dando ai singoli un questionario da compilare. L’incontro si è tenuto all’interno di un atelier prima della riunione settimanale; il luogo e il momento hanno favorito il clima e l’interazione che ha avuto come temi principali:

- La percezione dell’équipe rispetto all’invecchiamento dell’utenza;

- Le modifiche (forse) attuate al proprio ruolo e/o all’intervento educativo di fronte al fenomeno;

- L’adeguatezza dell’istituzione e della formazione degli operatori per la presa a carico nei confronti dell’utenza anziana.

Per la raccolta dati rispetto all’utenza ho svolto un secondo focus group creando un momento apposito di discussione con un piccolo gruppo di ospiti i quali stanno vivendo la fase della vecchiaia. L’incontro ha avuto lo scopo di parlare del fenomeno dell’invecchiamento anche correlato al Centro diurno per verificare se quanto sarebbe risultato, avrebbe avuto una coincidenza o meno con le altre raccolte dati svolte. Per la raccolta dati ho trascritto gli elementi più rilevanti che sono emersi (allegato 8).

Infine, per quel che concerne la scelta della bibliografia, ho fatto capo ad alcune tesi che hanno trattato il tema dell’invecchiamento della persona disabile, verificando l’idoneità e l’attualità dei testi rispetto alla tematica principale di questa ricerca.

Tengo a sottolineare che per questioni di correttezza nei confronti delle persone che si sono messe a disposizione e di protezione dei dati, è stato rispettato l’anonimato.

                                                                                                               

8 COLELLA Francesca, Focus group. Ricerca sociale e strategie applicative, 1a ristampa 2014, 1a

edizione 2011, p. 37

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4. CONCETTI TEORICI DI RIFERIMENTO

Tenendo presente il tema centrale di questo lavoro, è bene iniziare attraverso un quadro teorico di riferimento che andrà a indagare il concetto d’invecchiamento, quello di disabile e infine l’invecchiamento della persona disabile.

4.1. Il concetto d’invecchiamento

Nella nostra società l’invecchiamento è il ciclo di vita rappresentato da un progressivo e generalizzato declino. Da una parte vi è quello biologico inteso come la regressione progressiva delle funzioni dell’organismo (funzionali, fisiche e mentali); dall’altra troviamo l’invecchiamento secondario che è caratterizzato da quelle malattie legate all’età che possono essere curate o per lo meno rallentate.

Si può quindi parlare di età anagrafica ed età biologica (o età fisiologica). L’età biologica è da intendere come “l’età che si può attribuire a un individuo sulla base delle sue condizioni morfologiche e funzionali (per esempio la qualità dei tessuti, degli organi o degli apparati)”.10 Anche se, “l’età biologica è influenzata da numerosi altri fattori incluse determinazioni genetiche e influenze comportamentali (…), ambientali (…) e socio-economiche (…). Non solo l’età anagrafica, ma anche il vissuto della persona determina le risorse sociali, economiche e culturali di cui gli anziani dispongono, nonché il loro stato di salute e la disponibilità nel prestare servizio al resto della società”.11

Alcune funzioni che, sebbene dipendano appunto dal processo individuale di ciascuno, generalmente diminuiscono la loro efficienza, sono la vista, l’udito, il linguaggio e la mobilità. In questo senso si può far capo:

• Al processo di fragilizzazione che “corrisponde alla riduzione, progressiva o repentina, ma inevitabile con l’avanzare dell’età, delle riserve fisiologiche e sensomotorie”.12

• Al concetto di fragilità che “subentra quando il processo di fragilizzazione raggiunge un livello tale da ledere la resilienza di una persona (…)”.13

È importante precisare che è impossibile stabilire esattamente le diverse età che definiscono il passaggio da un ciclo di vita all’altro: in Svizzera, a oggi, l’entrata nella fase dell’invecchiamento è attorno ai 77 anni per gli uomini e agli 80 per le donne, ma “fissare un’età di inizio della vecchiaia è una convenzione che può risultare utile a fini statistici, assistenziali, fiscali, pensionistici, organizzativi ma certamente molto meno ai fini antropologici, o clinici, o psicologici”.14 In questo senso, nel nostro Paese, “l’entrata nella                                                                                                                

10 GIUDICI Francesco, et al., Fragilità e risorse della popolazione anziana in Ticino, Ufficio di statistica, 2015,

p. 15

11 ibidem, p. 15, 16 12 ibidem, p. 54 13 ibidem, p. 54

14 FRANCHINI Roberto, La figura dell’animatore nelle strutture per anziani, Milano, Franco Angeli,

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“popolazione anziana” è convenzionalmente sancita dal sorgere del diritto alla rendita di vecchiaia”15 che rispecchia i 64 anni per le donne e i 65 per gli uomini.

Ciò nonostante l’invecchiamento va considerato individualmente poiché, come già in parte anticipato, si manifesta “con modalità, ritmi, conseguenze estremamente variabili da individuo a individuo, in relazione a tendenze genetiche, a fatti preesistenti e a condizioni contingenti, nonché alle linee che avranno caratterizzato l’esistenza di ciascuno”.16

4.2. Il concetto di disabile

Innanzitutto va precisato che il concetto di disabile, come i sinonimi a esso correlati, quali per esempio handicappato, variano di percezione, sguardo e rappresentazione a seconda del contesto storico e culturale con il quale si decide di leggerlo. A oggi, nella nostra società, si può definire il concetto di disabile secondo quanto segue.

In Svizzera, dal 15 maggio 2014, è entrata in vigore la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (CDPD). Essa ha lo scopo di “favorire, proteggere e garantire alle persone con disabilità il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali, nonché promuovere il rispetto per la loro dignità intrinseca. La Convenzione si propone di incentivare le pari opportunità dei disabili, di eliminare ogni forma di discriminazione all'interno della società e di contribuire allo sviluppo di un gruppo di persone che se non hanno alcuna sicurezza economica sono tra le più povere al mondo”.17

L’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della salute e delle disabilità), oltre a considerare le variabili personali per definire l’handicap, ha introdotto una classificazione dei fattori ambientali: prodotti e tecnologia, ambiente naturale e cambiamenti effettuati dall’uomo, relazione e sostegno sociale, atteggiamento, servizi, politica. Inoltre ha definito la disabilità come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.

Attualmente sono considerati diversi gruppi di handicap tra i quali: persone che perdono la loro indipendenza e/o autonomia; persone con deficit o che hanno subito un trauma/danno in seguito a ferite di guerra, malattie, incidenti; persone con problemi di salute mentale o disturbi cronici.

È importante precisare che deficit e handicap non sono sinonimi. Il primo è una condizione, è misurabile e può essere fatta un’analisi perfetta (per esempio la miopia); mentre il secondo è una situazione che l’individuo potrebbe ritrovarsi a vivere ed è influenzata da fattori sociali e culturali (per esempio un edificio provvisto solo di scale al                                                                                                                

15 GIUDICI Francesco, et al., op. cit., p. 13

16 CESA-BIANCHI Marcello, PRAVETTONI Gabriella, CESA-BIANCHI Giovanni, Invecchiamento biologico e

psicologico, Parte IV, Ciclo di vita, Paolo Moderato, Francesco Rovetto, Psicologo: verso la professione,

4/ed, http://www.ateneonline.it/moderato-rovetto4e/approfondimenti/10.pdf, 13 luglio 2015, p. 2

17 Confederazione Svizzera. Luglio 2015. Convenzione ONU, campo d’applicazione.

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quale una persona in carrozzella non ha accesso). Pertanto il deficit è una condizione sempre presente, ma diventa handicap in situazione, la quale è determinata dall’ambiente che può essere considerato facilitante oppure ostacolante.

Attualmente, la Legge Federale sull'eliminazione della discriminazione contro le persone con disabilità (EPDA), considera il disabile come “toute personne dont la déficience corporelle, mentale ou psychique présumée durable l’empêche d’accomplir les actes de la vie quotidienne, d’entretenir des contacts sociaux, de se mouvoir, de suivre une formation, de se perfectionner ou d’exercer une activité professionnelle, ou la gêne dans l’accomplissement de ces activités”.18

Questa definizione fa riferimento a due modelli:

1. Il modello medico (o individuale): “le handicap est un problème médical individuel d’une personne dont l’organisme présente des déficiences durables. La réponse à ce problème passe principalement par des soins et/ou des moyens auxiliaires adaptés spécifiquement à cette personne”.19

2. Il modello sociale: “le handicap est un problème social collectif lié au fait que l’environnement social (culturel, institutionnel, bâti, etc.) dans lequel évolue une personne ayant un problème de santé durable ne permet pas à cette dernière de mener une vie sociale intégrée. La réponse à ce problème est d’abord collective, consistant à faire évoluer l’environnement pour lever les barrières qui s’opposent à la pleine participation de cette personne à tous les aspects de la vie sociale”.20 Nella nostra società, quindi, sono notevoli i passi in avanti fatti rispetto a questa tipologia di casistica e ancora molto è il lavoro da fare rispetto alla loro integrazione per quel che concerne il lavoro, il loro ruolo e la partecipazione all’interno della società. Lo stesso vale per la valorizzazione di questi cittadini che – portatori di vissuti, sentimenti e storie – devono prima di tutto, essere guardati, considerati e vissuti come ciò che sono: persone. 4.3. L’invecchiamento della persona disabile

Il fenomeno dell’invecchiamento della persona disabile è una realtà con la quale la nostra società si è dovuta confrontare negli ultimi anni; realtà che ha permesso di riflettere su questo fenomeno e che lascia ancora molti spunti di riflessione.

Vi è da considerare che, come nel processo d’invecchiamento nei normodotati, anche per i disabili avvengono dei cambiamenti. Vi sono delle funzioni cognitive che sembrano siano quelle maggiormente colpite dal deterioramento cognitivo:

1. “La rapidità di risposta; 2. La capacità visuo-spaziale;                                                                                                                

18 Confederazione Svizzera. Statistica Svizzera. Pubblicazione. Luglio 2015.

http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/fr/index/news/publikationen.html?publicationID=3784, PDF, p. 5

19 ibidem, p. 5 20 ibidem, p. 5

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3. La capacità mnestica; 4. La capacità linguistica;

5. I processi di controllo esecutivo;

6. La capacità adattativa, intesa come possibilità di vivere in maniera adattata nell’ambiente sociale di appartenenza”.21

Inoltre potrebbero esservi conseguenze su molteplici aspetti: sulle abilità funzionali (alcune delle quali potrebbero andar perse), sull’adattamento dell’ambiente, a livello d’integrazione sociale, sull’autonomia e sul benessere psicologico. Tutti elementi che a loro volta potrebbero ripercuotersi sugli aspetti fisici (ad esempio il movimento) andando a complicarli ulteriormente: a livello biologico, per esempio, alcune disfunzionalità potrebbero aggravarsi.

Importante è portare la persona a sentirsi e a essere considerata attiva, pilota della propria esistenza ed esistere come soggetto e non come oggetto. Questo per evitare di cadere nella passività assistenzialistica per la quale, come processo alienante, porta la persona a diventare estranea a se stessa. Sostenendo questo si può citare John Dewey22. Egli sostenne che l’esperienza sia il fulcro nonché punto di partenza dell’educazione; pensiero ripreso da Goussot23 per il quale “l’idea di una costruzione sociale consapevole della persona attraverso l’esperienza di vita che funziona come apprendimento e possibilità di gestire i processi in atto senza mai perdere completamente il controllo della propria esistenza fa riferimento ad un modello educativo e riabilitativo della persona disabile dove quest’ultima è un attore protagonista del suo sviluppo e del suo percorso”.24

Spesso marginalizzati o considerati come eterni bambini, non s’integra il principio secondo il quale anche i disabili diventano adulti e di conseguenza anziani con rispettivi bisogni e richieste.

L’operatore sociale, il famigliare o chiunque si confronti o lavori con queste persone dovrebbe far propria l’idea che anch’essi hanno un divenire, un futuro, e pertanto il disabile “ha bisogno di avere un accompagnamento capace di accogliere la sua richiesta di cambiamento ma di un cambiamento che permette di non perdersi totalmente e di non diventare completamente estraneo a se stesso”.25 Questo considerando tutte le aree che riguardano l’individuo, compresa la sua storia di vita poiché è anche attraverso questa che egli ha sbagliato, esperito, appreso e soprattutto si racconta e della quale bisogna portare rispetto e garantirne cura e dignità anche attraverso “attività e proposte che abbiano un senso e un significato nel vissuto della persona”.26

                                                                                                               

21 COTTINI Lucio, Disabilità mentale e avanzamento d’età. Un modello di intervento multidimensionale per

una vita di qualità, Milano, Franco Angeli, 2008, p. 83

22 John Dewey (1859-1952): esponente di spicco del movimento pedagogico dell’Attivismo. 23 Alain Goussot: laureato in storia e filosofia, agrégé in pedagogia applicata, dottorato in storia. 24 COTTINI Lucio, op. cit., p. 44

25 GOUSSOT Alain, a cura di, op. cit., p. 29 26 ibidem, p. 37

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In questo senso si può prendere come riferimento il concetto di Qualità di vita (QdV) che, come sostiene Lucio Cottini27, può diventare da una parte un obiettivo e dall’altra un parametro di valutazione rispetto all’efficacia e all’efficienza delle proprie azioni. Difficilmente definibile e descrivibile si possono identificare alcuni aspetti fondanti della qualità della vita (QdV), ossia:

• “La qualità della vita è collegata ai bisogni e alle aspettative individuali. Pertanto, è impensabile un approccio che trascuri la dimensione di percezione soggettiva; • Il soddisfacimento dei bisogni non è rimandato a un intervento meramente

assistenziale, ma si riferisce alla capacità della persona di perseguire i propri obiettivi. In altri termini, non possiamo ignorare la componente di abilità individuali necessarie al mantenimento e al miglioramento della propria QdV;

• La QdV deve essere collocata all’interno del contesto sociale di vita, assumendo pertanto una connotazione ecologica;

• Infine, è evidente la dimensione prospettica del concetto di QdV. In altri termini, esso non si limita solamente allo stato attuale di benessere, ma si sostanzia anche nella capacità di dare un significato alla propria vita in vista del mantenimento futuro di un’immagine positiva di se stessi”.28

Importante è inoltre considerare l’invecchiamento come un processo di modificazione e non di deterioramento tenendo presente che il disabile non è il solo a invecchiare, ma con esso invecchiano anche i genitori. A questi ultimi è bene offrire un sostegno attraverso l’offerta di spazi di confronto e supporto, una parte informativa e non da ultimo l’ascolto, poiché i genitori sono una grande fonte di conoscenza dalla quale poter imparare o ai quali riferirsi riconoscendoli come risorsa e sostenendoli da subito, ancor prima del “Dopo di noi”.

Infine, uno sguardo va orientato anche verso gli operatori, i modelli educativi di riferimento e le istituzioni, poiché gli anni passano anche per loro.

5. DISSERTAZIONE

Dall’analisi dei dati raccolti sono sorti degli elementi rilevanti sul tema dell’invecchiamento all’interno dell’Istituzione che sono sicuramente da evidenziare.

Nei capitoli seguenti sarà dapprima posto l’accento su quanto emerso dall’intervista alla capo struttura del Centro diurno arrivando, in un secondo momento, a quello di più significativo dato dal focus group svolto con l’équipe. Si passerà poi a ciò che è emerso con l’utenza per arrivare infine agli elementi più rilevanti dati dall’ex presidente della Commissione genitori.

In secondo luogo, entrando nella parte centrale del lavoro, saranno approfonditi tutti gli aspetti emersi e raggruppati al fine di analizzarli nello specifico.

                                                                                                               

27 Lucio Cottini: Laureato in pedagogia e sociologia. 28 COTTINI Lucio, op.cit., p. 23

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5.1. Intervista alla capo struttura

Dall’intervista alla capo struttura sono emersi elementi interessanti che riguardano sia la Fondazione La Fonte che, più nello specifico, il centro diurno La Fonte1 come pure gli atelier, il ruolo e l’intervento educativo.

Quanto emerso a livello istituzionale riguarda un pensiero costante rispetto al tema dell’invecchiamento dell’utenza alla quale l’Istituzione si rivolge: negli anni la Fondazione ha sempre più focalizzato l’attenzione verso questo fenomeno, cercando di adeguare la propria strategia, al fine di rispondervi nel modo più adeguato possibile secondo le proprie conoscenze, le risorse e i limiti.

Per quel che concerne La Fonte1, la trasformazione più rilevante è stata quella che l’ha vista diventare da Laboratorio a Centro diurno con tutti i cambiamenti, analizzati in seguito, che questo ha comportato. Quello che si è andati a modificare, adeguando la presa a carico alle necessità dettate dall’invecchiamento dell’utenza, sono stati da una parte gli atelier e dall’altra il ruolo e l’intervento educativo. I primi, negli anni, si sono mutati cercando di adattarsi alle esigenze di coloro che stavano invecchiando senza sfavorire i più giovani.

Il ruolo e l’intervento educativo, invece, hanno dovuto (ri) valutare le strategie di approccio allargando il proprio sguardo a elementi prima nascosti o modificando lo stesso andando a osservarne altri o in modo differente. Nell’intervista, in merito, sono sorti diversi elementi: “l’educatore è diventato colui che favorisce poi, dopo lo sviluppo, il mantenimento delle cose. (…) L’aspetto fisico, funzionale è diventato importante, diversamente importante. (…) Ogni intervento va misurato singolarmente su ciascuno. (…) La rete ha dovuto allargarsi riconoscendo a ciascun elemento un campo di osservazione”.29 Tutti elementi che, come emerso con la capo struttura, restano comunque aperti alla continua riflessione.

5.2. Focus group con gli operatori

Dal focus group con gli operatori, oltre che sostenere la tesi della capo struttura rispetto a una costante riflessione rispetto all’invecchiamento che ha permesso di definire un linguaggio comune quando si parlava del fenomeno, è emerso come ogni atelier si sia adeguato entrando nello specifico sulle modalità che si sono dovute attuare.

Il tutto riflettendo molto ampliamente su cosa significasse per l’équipe un utente anziano e lavorare con esso: quali caratteristiche gli si attribuiscono e quali sono i cambiamenti più importanti sui quali prestare attenzione e rispondere.

Cercando di rispondere al fenomeno, da una parte l’adeguamento è stato attuato nell’organizzazione degli atelier dove il lavoro è più mirato. Nel focus group un educatore                                                                                                                

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afferma che “oggi è veramente il vestitino che tu cuci sull’utente”.30 Dall’altra è emerso quanto lo stesso abbia comportato delle modifiche anche rispetto al proprio ruolo e all’intervento educativo; il tutto riflettendo sull’idoneità delle proprie conoscenze e/o della propria formazione.

5.3. Focus group con l’utenza

Nel focus group svolto con un gruppo di utenti rappresentanti di coloro che stanno vivendo la fase della vecchiaia al Centro diurno, sono emersi degli elementi congruenti con quanto asserito sia dalla capo struttura, sia dall’équipe educativa. Questi riguardano il cambiamento da Laboratorio a Centro diurno, come pure gli atelier o l’approccio degli operatori come il ruolo e l’intervento educativo.

Negli anni varie modifiche sono state attuate e gli utenti, da quanto emerso, ne riconoscono alcune riferendole da una parte al cambiamento a Centro diurno e dall’altra al loro invecchiamento e a ciò che esso ha comportato: la creazione dell’atelier Mosaico e quello Creaidea (prima atelier Incontro), i prodotti creati da loro e le tempistiche che si sono modificati, alcuni atelier (ad esempio quello di Falegnameria) da una parte che a oggi non sono più attivi e la proposta di nuove attività dall’altra.

Il tutto attribuendo la causa di questo alla trasformazione a Centro diurno e/o al loro invecchiamento.

5.4. Intervista all’ex presidente della Commissione genitori

Dall’incontro con l’ex presidente della Commissione genitori della Fondazione, è emersa una continua riflessione che da anni ha accompagnato l’Istituzione.

La stessa ha coinvolto sia gli operatori, sia i genitori. Questi hanno potuto confrontarsi, formarsi e informarsi: vi è stata una presa di coscienza sia da parte degli educatori che dai famigliari anche grazie alla collaborazione con altri professionisti (ad esempio psicologi) che ha permesso di allargare la rete di lavoro che circonda gli utenti del Centro diurno. Riguardo, nello specifico, il tema dell’invecchiamento dell’utenza, l’ex presidente afferma che “è stato affrontato praticamente in serate, in serate di formazione e istruzione. Abbiamo avuto per esempio due geriatri (…) che hanno fatto un anno dopo l’altro delle conferenze e qui c’è stata un’ottima, una buona partecipazione dei genitori”.31

Inoltre egli afferma che “ormai il Cantone ha difficoltà finanziarie, ci sono restrizioni, tagliano a destra e sinistra e questo è un problema un po’ marginale”,32 riferendosi all’invecchiamento delle persone disabili. Pertanto, un aspetto sul quale l’ex presidente ha voluto porre l’accento, è stato quello economico inteso come la mancanza di risorse                                                                                                                

30 Allegato Trascrizione focus group con gli operatori, p. 11

31 Allegato Trascrizione intervista all’ex presidente della Commissione genitori della Fond. La Fonte, p. 3 32 Allegato Trascrizione intervista all’ex presidente della Commissione genitori della Fond. La Fonte, p. 4

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finanziarie, ad esempio per l’adeguamento delle strutture e degli spazi offerti o la quantità di professionisti che vi operano.

Per concludere, volendo entrare nello specifico di quanto è emerso dalla raccolta dati di ciascun attore, si può notare come vi siano degli elementi comuni. In primo luogo sarà dunque analizzato il rapporto della Fondazione La Fonte con il fenomeno dell’invecchiamento. Successivamente si entrerà nello specifico della Fonte1 che da laboratorio è diventata centro diurno cercando di analizzare il cambiamento e ciò che ha comportato. Infine sarà svolto un lavoro di approfondimento anche per quel che concerne un ultimo aspetto emerso, ossia il ruolo e l’intervento educativo.

Nei prossimi capitoli si cercherà quindi di esporre quanto risultato dalle raccolte dati, cercando di analizzare e valorizzare ciascun elemento.

6. ELEMENTI CHIAVE

6.1. La Fondazione La Fonte e il fenomeno dell’invecchiamento

Dall’intervista alla capo struttura è emersa una continua riflessione Istituzionale rispetto al fenomeno dell’invecchiamento. La stessa, infatti, afferma che “è stato fatto tutto un lavoro di riflessione fatto attraverso le supervisioni, piuttosto che il confronto in équipe, piuttosto che il confronto nei gruppi di lavoro, nelle attività. Sicuramente ci metteva a porre domande e interrogativi e sono alla base penso in quello che è la partenza di un lavoro in questo senso”.33

In seguito, nel 2004, è stato elaborato dagli operatori delle diverse strutture un documento con temi che secondo loro si sarebbero dovuti trattare a livello di Fondazione. Tale documento è stato ripreso e affrontato come gruppo di lavoro, composto dai capi struttura e dal coordinatore delle strutture, nel 2010. Citando Rossano Cambrosio, direttore della Fondazione La Fonte, il gruppo di lavoro “ha cercato di raccogliere informazioni per poi essere trasformate e considerate nell’ambito dello sviluppo futuro delle nostre attività professionali (…)”.34

Nel frattempo sono state organizzate diverse serate che hanno affrontato il tema dell’invecchiamento:

• Nel 2005 la serata che ha trattato, in collaborazione con la dottoressa Miranda Zürcher (psichiatra e psicoterapeuta), il tema “Dopo di noi”;

• Nel novembre del 2008, in collaborazione con Atgabbes, sono state organizzate due serate pubbliche con lo scopo di “(ri)focalizzare il tema, coinvolgendo gli addetti ai lavori di tutti i livelli, facendo soprattutto capire quanto questa tematica fosse ormai di dominio comune”.35

                                                                                                               

33 Allegato Trascrizione Intervista alla capo struttura, p. 5

34 Notiziario ufficiale La Fonte d’informazione, no. 26, novembre 2012, p. 4 35 Notiziario ufficiale La Fonte d’informazione, no. 26, novembre 2012, p. 4

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• Nell’autunno 2011 è stata proposta un’altra conferenza, allargando la possibile partecipazione a famiglie e personale di altre istituzioni del territorio.

Sempre nel 2011 si è avviato l’incarico vero e proprio del gruppo di lavoro che, trovandosi a scadenze di quattro o cinque volte l’anno, ha continuato la collaborazione con la dottoressa Zürcher con riflessioni che “andavano attorno alla presa a carico, alla necessità di strumenti per meglio valutare lo stato delle funzioni e definire i trattamenti necessari per preservare l’autonomia”.36

Per ampliare la propria conoscenza, il gruppo di lavoro ha anche avuto modo di confrontarsi con altre realtà: Madonna di Rè e Noi, OTAF, Istituto Don Orione come pure, uscendo dal territorio nazionale, andando a visitare alcune strutture in Italia.

Quattro anni fa, inoltre, è stata espressa la volontà di voler “allargare la riflessione attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro cantonale misto”37 che avrebbe dovuto occuparsi nello specifico dell’invecchiamento del disabile. Progetto che si è concretizzato nel 2013, grazie alla nascita di un gruppo misto di lavoro costituito dall’Ufficio degli invalidi. Una struttura che si è adattata in modo visibile all’invecchiamento è la casa con occupazione La Fonte3, situata a Neggio. La stessa ha creato al suo interno un reparto adibito per coloro che necessitano di spazi ridotti, cure particolari e prese a carico mirate e specialistiche. Inoltre, attualmente, è in corso l’adeguamento degli atelier interni in risposta a coloro che non sono più in grado di svolgere un’attività esterna, sia essa in un laboratorio o in un centro diurno, e che necessitano di un gruppo di lavoro ridotto.

Pertanto, il lavoro svolto a livello istituzionale è stato notevole. La Fondazione ha iniziato l’approccio al fenomeno attraverso una riflessione che ne ha portato sempre più presa di coscienza e al quale si è cercato di rispondere attraverso strategie pensate e adeguate il più possibile. Le idee e i progetti futuri sul tavolo istituzionale sono diversi: “piccoli piani in ogni ambito che necessitano sicuramente ancora di un buon lavoro d’integrazione. (…) Le riflessioni ci sono, andranno messe in comunicazione”.38

6.2. La Fonte1: da Laboratorio a Centro diurno

Tra le otto strutture attive sul territorio, La Fonte1 ha subito alcune modifiche interne di rilevante importanza.

Una di queste riguarda la trasformazione della struttura da Laboratorio a Centro diurno, avvenuta nell’aprile 2004 che ha portato in secondo piano l’aspetto produttivo. La riflessione rispetto a questa possibile modifica era già presente negli anni precedenti; nell’intervista, infatti, la capo struttura, riferendosi a un caso di un utente che si stava confrontando con la demenza, riporta il pensiero di un’educatrice di allora: “Ma vorrà dire che noi in un futuro non potremmo più pensare di lavorare in questo modo, quindi la                                                                                                                

36 Allegato Trascrizione intervista alla capo struttura, p. 6

37 Notiziario ufficiale La Fonte d’informazione, no. 26, novembre 2012, p. 5 38 Allegato Trascrizione intervista alla capo struttura, p. 13

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produttività ok, ma dovremmo andare a vedere qualcos’altro?”39 Continua dicendo: “Ecco quello penso sia stato un po’ il momento in cui ha voluto dire cambiare, prendere in considerazione il cambiamento di quello che sto producendo in questo momento forse un giorno non lo farò, ma perché non avrò l’utenza in quel senso”.40 In questo senso è interessante osservare l’evoluzione della popolazione del Centro diurno dal 1998 al 2014 (allegato 9). Se dal 1998 al 2001 la percentuale di utenti presenti sotto il cappello “cura” era pari al 33%, nel 2011 è aumentata raggiungendo quasi il doppio nel 2014 dove la cifra era pari al 62%.

Il cambiamento a Centro diurno non ha però modificato da subito il tutto, la trasformazione è avvenuta gradualmente negli anni. La struttura si è adattata in modo progressivo agli utenti di quel momento al fine di rispondere al meglio alle loro richieste e ai loro bisogni. Un altro aspetto che è cambiato con la trasformazione a Centro diurno è l’orario d’apertura proprio in risposta ai bisogni degli utenti: precedentemente si iniziava alle ore 8:00 del mattino, mentre oggi si è posticipato l’orario alle 9:00.

Un elemento interessante emerso nel focus group è la considerazione dello stabile di Fonte1 e la sua organizzazione interna rispetto agli spazi. In questo senso Edu.6, nel focus group, fa riferimento ai girelli spiegando che lo spazio non è organizzato per permettere, agli utenti che lo necessitano, di muoversi con l’ausilio di questi mezzi. Un altro esempio potrebbe essere quello dei bagni situati al primo piano poiché non abbastanza grandi. Questo, come sostiene Edu.5 nel focus group, va a incidere su quella che è la sicurezza. Lo stesso problema lo evidenzia l’ex presidente della Commissione genitori sostenendo che bisognerebbe avere delle strutture più idonee. Quest’aspetto è importante da considerare poiché, come scrive Cottini, “le abilità motorie (…) si caratterizzano per una profonda utilità adattiva andando a influire trasversalmente anche sulle abilità cognitive, affettive e sociali, contribuendo in larga misura al raggiungimento di una reale qualità di vita. (…) Non da meno, però, sono le ripercussioni sulla dimensione prettamente psicologica: l’essere più efficienti e abili sul piano fisico si riflette in un aumento di sicurezza di sé e una maggior autostima”.41

Per affrontare l’invecchiamento, inoltre, la struttura ha pensato a “un’organizzazione differente all’interno dell’Organizzazione”42 agendo anche sugli atelier, sulla formazione dei gruppi e sulle attività che propone. I “processi di deterioramento, da considerarsi senza dubbio come un evento naturale reso particolarmente evidente dall’aumento della prospettiva di vita, sono accentuati quando la persona sperimenta condizioni poco stimolanti, sia dal punto di vista affettivo e relazionale, che da quello motorio e cognitivo”.43 Pertanto è essenziale un lavoro continuo in questo senso, individualizzato per ogni                                                                                                                

39 Allegato Trascrizione intervista alla capo struttura, p. 4 40 Allegato Trascrizione intervista alla capo struttura, p. 4 41 COTTINI Lucio, op. cit., p. 218, 219

42 Allegato Trascrizione intervista alla capo struttura, p. 10

43 COTTINI Lucio, Bambini, adulti, anziani e ritardo mentale – Progetti per la continuità educativa, Società

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persona, al fine di offrire a essa quanto più funzionale. Vi è da sottolineare che il pensiero dell’équipe rispetto all’invecchiamento dell’utenza è continuo e si è sempre in discussione: “Io penso che l’invecchiamento e comunque nella presa a carico in generale ci debba essere movimento (…) questa è la chiave. (…) Io penso che bisogna sempre ambire a, a meglio”.44

Un atelier che si è adattato in modo importante al fenomeno dell’invecchiamento è il Creaidea che è stato creato “da un punto di vista proprio dell’ambiente, predisposto ad accogliere persone in età di… avanzata diciamo, di invecchiamento (…), gli utenti più anziani, ma che non sono più in grado di stare così, in altri ambienti più popolosi e più dinamici (…), il bisogno è quello di tranquillità (…): numero di utenti, vita… sicuramente ridotto, vita più tranquilla, vita ritmata, (…) una programmazione molto rituale”.45 La cura dell’ambiente assume così grande importanza e va costantemente valutata al fine di permettere di pensare e “individuare i sostegni che accrescono la piena partecipazione e il buon funzionamento di una persona nella vita comunitaria”.46 Inoltre offre la possibilità di non ridurre le aspettative ma potenziare “le abilità individuali necessarie per conseguire stati di benessere”47 che in altri atelier non sarebbero garantiti.

Interessante, per l’atelier Creaidea, è osservare che sì accoglie gli utenti più anziani, ma non d’età: in questo spazio, vi sono utenti con età inferiori rispetto ad altri che occupano atelier diversi. Il termine “anziano”, in questo caso, non è dunque da riferire all’età anagrafica, bensì a quella biologica. La percezione degli utenti rispecchia la realtà; gli stessi nel focus group ricordano il cambiamento dello stesso da Incontro a Creaidea con la motivazione che è stato modificato per accogliere gli utenti “più anziani”.

Per quel che concerne le attività, alcune di esse sono state adattate rispetto alla loro durata o ai ritmi che si sono rispettivamente ridotti o rallentati. Ne è un esempio l’uscita del lunedì pomeriggio, dove si fanno delle passeggiate e ci si ferma per consumare una bevanda: se una volta le passeggiate duravano tutta la mezza giornata e il ritmo nel cammino era sostenuto, a oggi ci si è adattati attraverso la riduzione di entrambi al fine di permettere alle stesse persone di parteciparvi. Un secondo esempio potrebbe essere il “Giornalino”. Quest’ultimo è pubblicato a scadenza regolare ed è “un’attività dove poi anche determinati utenti di questo tipo riescono a essere molto attivi”48 collaborando nella sua creazione. All’interno dello stampato sono esposti gli eventi del Centro diurno (per esempio la festa di carnevale), i pensieri degli utenti stessi, delle fotografie, una ricetta, l’oroscopo e dei giochi di parole.

La partecipazione attiva a queste attività e le stesse proposte si rivelano positive poiché, come afferma la capo struttura, “tanti utenti hanno ancora bisogno di confrontarsi e                                                                                                                

44 Allegato Trascrizione focus group con gli operatori, p. 15 45 Allegato Trascrizione focus group con gli operatori, p. 12, 13

46 COTTINI Lucio, Disabilità mentale e avanzamento d’età. Un modello di intervento multidimensionale per

una vita di qualità, Milano, Franco Angeli, 2008, p. 188

47 ibidem, p. 32

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identificarsi come lavoratori”.49 In riferimento a ciò è bene ricordare che “l’importanza del lavoro come fattore fondamentale per l’affrancamento e l’integrazione sociale delle persone disabili (…) è una certezza ormai da tempo acquisita”50 ed è importante considerare e mantenere questo aspetto, poiché il lavoro è fortemente attaccato alla capacità di autodeterminazione. Sebbene l’autodeterminazione sia “uno degli elementi che subisce la maggiore contrazione nelle persone disabili durante il processo di invecchiamento”51, è uno dei due fondamenti – insieme alla qualità del supporto sociale – che aiuta a determinare il benessere individuale che dovrebbe essere un obiettivo implicito e presente di chi opera nel sociale. Anche nel focus group gli utenti hanno riconosciuto l’introduzione delle attività al di fuori degli atelier, quali per esempio le terapie e le attività di movimento, riconoscendole e parlandone con connotazione positiva.

Un aspetto che è cambiato in modo importante è la produttività. Con il passaggio a Centro diurno, infatti, la stessa non è più un obiettivo primario, ma il quotidiano è diventato “più un lavoro sul gruppo. Se c’è un minimo di produzione la si continua, è un modo di scambio e di animazione del gruppo”.52

L’aspetto produttivo però, è andato diminuendo non solo per rispondere ai bisogni di un’utenza sempre più anziana, ma anche per permettere ai nuovi, ai giovani, di apprendere quelle competenze utili allo svolgimento del lavoro. “Siamo noi che dobbiamo adeguarci ai cambiamenti, sicuramente non loro a noi o all’atelier. E poi, se è il caso, bisogna introdurre in alcune situazioni nuovi strumenti di… di aiuto”.53 A questo proposito “le politiche riabilitative in questi ultimi tempi si sono rivelate efficaci nel fare cose per le persone disabili, migliorando la loro qualità della vita; tuttavia, si tratta adesso di creare le condizioni di vita affinché le persone disabili imparino a fare le cose per se stesse, mantenendo elevati livelli di autodeterminazione (…). In questo senso, allora, il potenziamento e/o mantenimento di adeguati livelli di autodeterminazione costituisce un primo fondamentale obiettivo di un approccio orientato alla qualità della vita”.54

Rispetto alla produttività, gli utenti nel focus group, la riconoscono come meno presente e la attribuiscono più motivazioni. Da una parte asseriscono che, producendo meno, il prodotto ha una maggiore qualità; dall’altra la loro età che aumenta come pure la stanchezza e gli acciacchi, non permettono un ritmo produttivo elevato come quello di un tempo. Nel racconto dei loro compiti quando La Fonte1 era ancora Laboratorio, infatti, si è potuto notare come questi fossero maggiori sia rispetto alla richiesta di prestazioni, sia alla risposta che gli utenti erano in grado di dare.

Vi è dunque, in generale, una cura rispetto alle condizioni della persona, una parte di accudimento e stimolazione ben curata e pensata giorno dopo giorno; il tutto collegato al                                                                                                                

49 Allegato Trascrizione intervista alla capo struttura, p. 10 50 GOUSSOT Alain, a cura di, op. cit. p. 159

51 COTTINI Lucio, op. cit., p. 33

52 Allegato Trascrizione focus group con gli operatori, p. 10 53 Allegato Trascrizione focus group con gli operatori, p. 11 54 COTTINI Lucio, op. cit., p. 34

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contesto rispetto all’atelier che si offre: aspetto molto importante poiché, come si sa, il deficit è presente, ma diventa handicap in situazione. Questo adattamento mi fa pensare al Processo di Produzione dell’Handicap (PPH) che spiega come si crea una situazione di handicap; legame che credo sia interessante da portare. Questo modello considera sia i fattori personali sia quelli ambientali. I fattori personali si distinguono in sistemi organici (ad esempio il sistema muscolare) e attitudini, ossia la capacità di compiere attività fisiche e mentali (ad esempio camminare). I fattori ambientali, che possono essere facilitanti o ostacolanti, si suddividono in altre due categorie. La prima riguarda i fattori sociali, ossia quelli politico economici e socio-culturali; la seconda è rappresentata dai fattori fisici: la natura (ad esempio il clima) e la sistemazione (ad esempio le strade). Secondo il PPH, l’handicap risulta tale quando l’ostacolo corrispondente al fattore ambientale, in interazione con i fattori personali, impedisce la realizzazione delle abitudini di vita.

Un adeguamento che è stato attuato all’interno degli atelier, che riprende anche il concetto di ritmo lavorativo, è la pausa della mattina: se prima si svolgeva a metà mattinata, tutt’oggi ogni atelier è libero di gestirla. Troviamo quindi alcuni atelier che la svolgono a metà mattinata e altri che l’hanno modificata nel momento di accoglienza al quale è offerto agli utenti del caffè con dei biscotti. Il tutto sempre facendo riferimento e pensando a cosa sia meglio per il gruppo con il quale si è confrontati e il lavoro che si andrà a svolgere. Se da una parte la produzione non è più tra gli obiettivi principali, oggi l’accoglienza ha assunto maggiore rilevanza: una volta gli utenti entravano nell’atelier e iniziavano a lavorare, oggi questi hanno la necessità di raccontare qualcosa e il bisogno di essere ascoltati; momenti che permettono loro di calmare le ansie, di contenersi e iniziare la giornata lavorativa in uno stato di maggior benessere. Allo stesso tempo permette all’educatore di osservare giorno per giorno il reale stato fisico e psichico della persona per adeguare la proposta di attività che dovrà svolgere nell’arco della giornata.

In generale, dunque, la struttura come ogni singolo atelier ha cercato di rispondere il più possibile alle esigenze della popolazione che invecchia attraverso la formazione dei gruppi e delle attività proposte (durata, pause e ritmi), della produttività (che è passata in secondo piano), del dialogo, della relazione e infine avendo una cura maggiore nell’accoglienza.

6.3. Il ruolo e l’intervento educativo al centro diurno La Fonte1

Dall’intervista alla capo struttura è emerso come negli anni della sua esperienza lavorativa si sia arrivati a definire, anche per le statistiche interne, una suddivisione in aree per differenziare gli utenti del Centro diurno in fasce d’età:

• Area dello sviluppo: dai 18 ai 34 anni à 11 utenti; • Area del mantenimento: dai 35 ai 44 anni à 2 utenti; • Area della cura: a volte già dai 45 anni à 16 utenti.

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