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La biofumigazione

Nel documento Recupero degli scarti verdi nei vivai. (pagine 101-107)

TEXTBOX 3.1 Materiali biodegradabili per legare le piante, alternativi ai materiali plastici

4.2 La biofumigazione

Nel 1987 il bromuro di metile (BM), un fumigante largamente utilizzato in Italia per la disinfestazione del terreno, è stato incluso nel Protocollo di Montreal tra le sostanze ritenute responsabili della distruzione della fascia di ozono stratosferico il cui consumo va posto sotto controllo. Tale provvedimento ha scatenato, a livello internazionale, tutta una serie di iniziative legislative volte a ridurre in modo graduale e ad eliminare a partire dal 2005 il Bromuro di Metile in agricoltura. Contemporaneamente si è verificato un rapido sviluppo di ricerche volte a mettere a punto metodologie alternative di disinfestazione del terreno per il controllo di alcuni patogeni del terreno (funghi, nematodi) non solo in agricoltura biologica, ma anche in quella convenzionale in seguito ad una crescente spinta da parte del legislatore a cancellare la registrazione di molecole ad elevata tossicità (Regolamento R.E.A.C.H) ed ad incentivare l’adozione di pratiche sostenibili ed a ridotto impatto ambientale(Regolamento CE 1234 del 2007).

Il mercato globale dei fumiganti è in crescita tuttavia esistono molte difficoltà in ambito registrativo per la scarsa rispondenza dei fumiganti ai requisiti della normativa Europea e, inoltre, alcuni di essi possono essere impiegati per uso di emergenza solo per un numero limitato di colture ornamentali. In questo contesto, la ricerca di alternative con alta efficacia, basso costo ed impatto ambientale contenuto rappresenta una vera e propria sfida per un’agricoltura moderna in chiave eco-sostenibile. Le alternative proposte includono metodi come la solarizzazione, l’applicazione di agenti di biocontrollo e di sostanza organica e la biofumigazione.

È noto che nel mondo vegetale sono presenti vari sistemi naturali di difesa che in alcuni casi rappresentano dei veri sistemi chimici in grado di produrre composti ad elevata attività biologica. Fra questi, il sistema glucosinolati-mirosinasi, tipico della famiglia delle Brassicaceae, delle Capparidaceae e di altre 10 famiglie minori delle Dicotiledoni, ha mostrato fin dai primi anni del secolo alcune interessanti caratteristiche biologiche. I glucosinolati sono una classe di circa 120 diversi glicosidi caratterizzati da un gruppo funzionale comune e da una catena laterale che può essere di natura alifatica, aromatica o eteroaromatica. Tali composti, in presenza di acqua e dell'enzima endogeno mirosinasi, sono rapidamente idrolizzati con formazione di b-D-glucosio, Sommario

controllo, e comunque di difesa, da alcuni agenti patogeni. I prodotti di idrolisi sono composti solforati caratterizzati da una discreta volatilità e da un'elevata attività biologica nei confronti di batteri, funghi, nematodi, insetti e come inibitori di germinazione. L’elevata volatilità, se da un lato rende tali molecole poco persistenti nel terreno, dall’altro consente loro un’estrema mobilità e quindi la possibilità di raggiungere agevolmente l’organismo bersaglio.

Le caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti d'idrolisi, la loro attività biologica e la presenza di buone quantità di glucosinolati e mirosinasi in tutti gli organi delle Brassicaceae, hanno suggerito la possibilità di ammendare il terreno con tali composti attraverso la coltivazione ed il sovescio di piante caratterizzate da un elevato contenuto in glucosinolati ad elevata attività biocida per il controllo di Sclerotinia spp., Fusarium spp., Verticillium spp., Pythium spp., Phytophthora spp., nematodi, elateridi e perfino erbe infestanti.

Campi di applicazione

Le attuali conoscenze sull’utilizzo del sistema ‘glucosinolati-mirosinasi’ in agricoltura derivano da una serie di studi sistematici condotti dalla ricerca Italiana che hanno dato un impulso fondamentale alla tecnica, conosciuta da molto tempo, ma applicata sempre a livello empirico. Tali studi sono sostanzialmente schematizzabili in tre fasi:

1. Studi di miglioramento genetico: condotti senza il ricorso a tecnologie OGM attraverso i quali è stata selezionata una gamma di varietà specificatamente create per l’impiego di biofumigazione e caratterizzate da elevate produzioni di biomassa e/o di seme, contenuto in glucosinolati e varia adattabilità anche a condizioni pedoclimatiche non ottimali

2. Studi sull’ottenimento di materiali secchi a partire da tessuti vegetali e/o da semi delle Brassicaceae selezionate. Proprio basandosi su queste ricerche, a partire dal 2004 una nuova tecnologia brevettata consente di ottenere formulati secchi con attività biofumigante a partire da farine di semi di Brassicacee. Questi vengono disoleati seguendo una tecnologia che consente di conservare praticamente inalterate le componenti biotossiche e successivamente di formulare i prodotti garantendo una cinetica di reazione costante.

Basandosi su questa tecnologia sono stati prodotti biofertilizzanti in pellet (Biofence) che hanno trovato impiego in orticoltura e frutticoltura sia in Italia che all’estero e sono inseriti nei piani di sviluppo rurale tra le misure per il miglioramento della qualità dei suoli.

Le attuali conoscenze sulla biofumigazione naturale, ottenute nell’ambito di ricerche nazionali e regionali pongono la Società AGRIUM Italia (ex Cerealtoscana), partner del Progetto VIS, in una posizione di leader del settore al livello nazionale ed internazionale, come dimostrato dalla concessione del Brevetto Europeo concesso nel dicembre 2008. Partendo dalle conoscenze acquisite, la Società ha messo a punto una gamma di formulati in forma di polveri o pellet che al momento sono classificati come concimi organici e sono già commercializzati nel settore orticolo sia in coltura protetta sia in pieno campo (www.triumphitalia.com).

In Italia, la biofumigazione è stata applicata su fragola, patata, lattuga, riso, carota, pomodoro e vite. Negli Stati Uniti, nel 2004, oltre 15.000 ettari sono stati trattati con materiali biofumiganti e sono note anche esperienze dell’applicazione di tale tecnica in altri paesi d’Europa (Olanda, Inghilterra, Francia, Finlandia, Svezia, Danimarca), in Africa (Marocco, Kenia,) in Giappone e in Israele. Le modalità di applicazione sono sempre estremamente pratiche e meccanizzabili: i sovesci freschi vengono interrati in fioritura, quando la quantità di glucosinolati interrata per ettaro è massima. I sovesci secchi in pellet possono essere distribuiti attraverso uno spandiconcime e successivamente interrati nello strato superficiale del terreno e sottoposti ad una leggera irrigazione. In tal modo l’azione ammendante avviene totalmente nel terreno, senza dispersioni e con un’efficienza molto elevata, soprattutto in coltura protetta. I pellet esercitano anche un’azione fertilizzante e fitostimolante legata all’apporto di sostanza organica, azoto non facilmente dilavabile, fosforo e microelementi (TEXTBOX 4.1).

Numerosi sono gli studi che hanno messo in evidenza l’attività biofumigante delle Brassicaceae appositamente selezionate nei confronti di diversi patogeni tellurici.

Il livello di controllo della malattia può essere migliorato selezionando le varietà di Brassica con un elevato contenuto di isotiocianati che siano particolarmente attivi nei confronti di specifici patogeni e maggiormente persistenti nel terreno. Inoltre, la dimensione delle particelle e l’affinamento di alcune pratiche agronomiche quali la quantità di materiale per volume di terreno, la sua bagnatura e/o il suo interramento al fine di aumentare il rilascio degli isotiocianati riducendone la perdita, possono contribuire a migliorare le “rese fitoiatriche” di tale strategia.

Il termine biofumigazione è stato coniato per meglio definire il controllo di organismi patogeni di origine tellurica da parte degli isotiocianati che vengono liberati dall’idrolisi dei glucosinolati

sostanza organica e di composti bioattivi presenti nei semi di brassicacee e non riconducibili al sistema glucosinolati – mirosinasi.

Fig. 4.6 - Interramento di sovescio biofumigante ISCI 20

Il grande interesse suscitato dalla biofumigazione risiede anche nel fatto che essa è considerata una tecnica eco-compatibile e a basso impatto ambientale.

I pellet biofumiganti (es. Biofence) sono costituiti esclusivamente da materiale vegetale. Pertanto sono completamente rinnovabili e completamente degradabili. Recentemente sono stati compiuti anche studi sul bilancio della CO2 che ne ha messo in luce un bilancio positivo. Un interramento di formulati secchi ai dosaggi consigliati in etichetta permette di conservare quantitativi di gas serra pari a qualche centinaio di kg per ettaro che diventano migliaia se si aggiungono i mancati utilizzi dei fumiganti chimici.

I formulati secchi per biofumigazione sono ovviamente di nessuna tossicità per l’uomo e recenti studi ne hanno messo in evidenza anche una scarsa sensibilità da parte di microrganismi antagonisti o saprofitari.Per tale motivo recentemente sono stati condotti studi per valutare eventuali effetti indesiderati sia dei glucosinolati che degli isotiocianati nei confronti della micoflora del terreno residente o introdotta che degli organismi non-target. Recenti studi hanno evidenziato una minore

biocontrollo possano essere utilmente impiegati assieme al trattamento biofumigante per un controllo integrato delle malattie

La biofumigazione nel florovivaismo

L’impego della biofumigazione per la disinfezione del terreno è una tecnica relativamente recente, ma già ampiamente diffusa e consolidata su numerose colture ortofrutticole. La nuova tecnologia per applicare la tecnica di biofumigazione al settore florovivaistico attraverso l’uso di formulati secchi in farine è, al contrario, un’opportunità più recente e oggetto di studi che possono migliorarne ulteriormente l’efficacia.

I vantaggi pratici dell’utilizzo dei formulati secchi risiedono nella velocità dell’operazione che non richiede – rispetto al sovescio fresco – i tempi necessari alla coltivazione della pianta. Inoltre interrando le farine nel terreno prima della bagnatura migliora notevolmente l’efficienza del trattamento. La composizione tipica (% sostanza secca) dei formulati secchi utilizzati in biofumigazione è la seguente: - Olio 9 - 12% - Azoto 5 - 6% - Fosforo 0,7 - 1% - Potassio 1 - 1,5% - Carbonio 40 - 45% - Zolfo 1 - 1,5% - Sostanza Organica 80 - 85% - Glucosinolati 4,1 – 4,7

- Nell’utilizzo in bancale o direttamente nel suolo, la pratica della biofumigazione è in grado di creare un migliore ambiente di coltivazione in cui viene ripristinato il livello di fertilità e una composizione della microflora assai più equilibrata e favorevole allo sviluppo di una pianta sana.

- Anche l’impiego di tali formulati in vaso, oltre ad ampliare le conoscenze sulla loro efficacia in un nuovo settore, ha ricadute pratiche immediate di notevole interesse. Il basso impatto

stato necessario mettere a punto l’utilizzo di formulati farine ad azione biofumigante e una tecnica di utilizzo adeguata al contesto operativo (TEXTBOX 4.1).

L’utilizzo di formulati in polvere ad azione biofumigante deve essere inquadrata in una innovazione del processo produttivo aziendale attuabile nel florovivaismo senza la necessità di acquistare macchinari o modificare la normale pratica. Questo sicuramente va a favore della diffusione della biofumigazione anche nelle Aziende piccole e medie che in tal modo sono in grado di ottenere prodotti di qualità elevata, mantenendo una buona competitività e garantendo al tempo stesso un alto indice di rispetto dei parametri ambientali.

Nel documento Recupero degli scarti verdi nei vivai. (pagine 101-107)