Facendo luce sul cambio di paradigma culturale che investe la modernità, Foucault mette a tema lo spostamento del fulcro del potere dalle anime al corpo:
«Quando l’Impero romano si cristallizzò all’epoca di Costantino, lo Stato, per la prima volta nella storia del mondo mediterraneo, si attribuì il compito di prendersi cura delle anime. Lo stato cristiano non doveva solo svolgere le funzioni tradizionali dell’Impero, ma permettere anche alle anime di ottenere la salvezza, obbligandole, se necessario. Così l’anima è diventata uno degli obiettivi dell’intervento statale. Tutte le grandi teocrazie, da Costantino fino alle teocrazie miste del XVIII secolo in Europa, sono state dei regimi politici per i quali la salvezza delle anime costituiva uno dei principali obiettivi.
Si potrebbe dire che emerge attualmente ciò che in realtà si preparava già nel XVIII secolo, e cioè non una teocrazia, ma una “somatocrazia”. Noi viviamo in un regime per il quale una delle finalità dell’intervento statale è la cura del corpo, la salute fisica, la relazione tra la malattia e la salute, ecc.»551.
551
ID., Crisi della medicina o dell’antimedicina?, in Dal Lago A. (a cura di),
Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste II (1971- 1977), Feltrinelli, Milano
177
L’efficace confronto tra epoche storiche lontane tra loro, il mondo antico e quello inaugurato dall’età moderna, fa luce sulla variazione della traiettoria seguita dal potere, che passa dalla cura dell’anima alla cura del corpo; la metafisica fa posto alla biologia, la salvezza alla salute. Archiviata ogni premessa metafisica, il potere si materializza nel corpo, in quanto si radica in esso, nella sua immanenza, nella sua materialità, e in esso pone le sue finalità, traendone così efficacia. La direzione dei corpi alla salute subentra, sostituendola, alla direzione delle anime alla salvezza: il «clero della terapeutica»552 veicola una «conversione quasi religiosa»553 alla coscienza medica generalizzata554 e sorveglia il trionfo della salute e la «volatizzazione della malattia»555. La salute, nuovo dogma, è la forma assunta dalla salvezza in un contesto che si è liberato da rimandi metafisici e trova il suo fondamento nel perimetro del corpo, che segna la finitudine dell’uomo: «la salute sostituisce la salvezza, diceva Guardia»556.
Il punto di svolta, che condurrà a una concezione secolarizzata di salvezza e al trionfo della salute, è rappresentato dalla dissezione dei cadaveri e, dunque, dalla visibilità della struttura del corpo. La clinica e l’anatomia patologica inaugurano un discorso nuovo sull’uomo a partire dalla morte e dai tentativi di scongiurarla557: il «cerchio nero»558, la morte e la finitudine, segnano la condizione in cui l’uomo conosce le sue possibilità e, soprattutto, conosce se stesso come possibilità.
«The “Birth of the Clinic” has at its heart a consideration of the
reorganization of our relationship to individuality, to suffering and to death that has made this new regime of the self possible. […] When the positive knowledge of the individual inaugurated by the clinic internalized illness within the body of the sick person, it initiated that springtime of reason wich would progressively seek to eliminate the
552
ID., Nascita della clinica. Una archeologia dello sguardo medico, Einaudi, Torino 1998, p. 44.
553
Ibidem.
554
Cfr., SORRENTINO V., Il pensiero politico di Foucault, cit., p. 108.
555
FOUCAULT M., Nascita della clinica, cit., p. 44.
556 Ivi, p. 210. 557 Cfr., ivi. 558 Ivi, p. 185.
178
metaphysical and spiritual significance of suffering in favour of a propedaedeutic of health and an ethic of happiness. When language and vision connected death to life, when death becomes embodied in the living bodies of individuals, then science can take the “natural order” of the body as an object of knowledge. Thus we should not be surprised that health has replaced salvation in our ethical systems, that the doctor has supplated the priest, that the discourse of medicine has become saturated with questions concerning the meaning of life»559.
L’indagine condotta in Nascita della clinica si colloca tra la seconda metà del XVIII secolo e la prima metà del XIX secolo quando, in Europa, si assiste a una mutazione profonda del sapere e della pratica medici che corrisponde a una rifondazione epistemologica della medicina tale da consentire una nuova riflessione sull’uomo. È il corpo del malato il luogo della malattia, lo spazio del patologico, cui è rivolto lo sguardo medico all’interno della dimensione ospedaliera, destinata alla cura e alla formazione. È il corpo del cadavere aperto da Xavier Bichat a destare l’attenzione medica, l’osservazione dello sguardo medico. La sovranità riconosciuta allo «sguardo medico» poggia sul potere analitico che gli consente di dire ciò che vede: esso è uno «sguardo loquace»560, che definisce l’esperienza in una struttura razionale. La logica sottesa allo sguardo medico è tale da organizzare in un discorso vero sulla malattia i dati che percepisce vedendo il corpo del malato.
Il connubio tra anatomia e clinica, che trova appunto la sua sintesi nello sguardo medico, unisce il sapere sulla morte con quello sull’individuo e così conduce alla fondazione di una nuova antropologia. L’avvicinamento tra clinica e anatomia patologica connette la morte con il singolare, fungendo, la prima, da presupposto epistemologico per il secondo: «Conoscere la vita è dato solo a questo sapere crudele, riduttore e già infernale che la desidera solamente morta»561. La morte diventa «costitutiva della singolarità»562; essa la sottrae dalla «sorda vita
559
ROSE N., Medicine, history and the present, cit., p. 69.
560
FOUCAULT M., Nascita della clinica, cit., p. 5.
561
Ivi, p. 185.
562
179
comune»563 e, al contempo, isolandola, «le conferisce lo stile della sua verità»564. Con l’irruzione della morte in medicina, quest’ultima si fa condizione di possibilità delle scienze dell’uomo, in cui l’uomo elabora e sperimenta se stesso, interpretandosi soggetto e oggetto del sapere. Nella sua dimensione anatomo-clinica, la medicina individua l’uomo nella sua singolarità e apre la possibilità critica dell’ethos filosofico, in cui l’uomo si afferma come soggetto. L’ «archeologia» dello sguardo medico non solo fa emergere le condizioni epistemologiche di possibilità del sapere medico, ovvero il corpo come spazio della malattia e della cura, nonché, ampliando la prospettiva analitica, l’uomo quale oggetto di un sapere; ma, attraverso la specificità dell’indagine archeologica qui proposta, il Pensatore francese definisce l’a priori -che in Foucault ha sempre una portata storica- del metodo archeologico. Accanto a una «lettura prima», c’è una «lettura seconda»565: la clinica è qui analizzata con metodo archeologico; ma l’archeologia, a sua volta, non è che clinica. Lo sguardo medico è di per sé archiviante, «perché capace di produrre singolarità irriducibili ai sistemi di normalizzazione»566. L’archeologia e lo sguardo medico trovano il loro punto di sovrapposizione, tensione a unità nell’elemento della critica, storica e filosofica, intesa, nella prospettiva etica del rifiuto della passiva accettazione del darsi dell’evento singolare; come produzione del singolare e del suo antagonismo; come «evenemenzializzazione»567. La nascita della clinica in età moderna è dunque già in sé «prefigurazione di quelle stesse procedure di archiviazione, che pure della clinica intendono fare l’oggetto speciale della propria analisi. In altri termini la medicina moderna è già lavoro archeologico e, per quanto detto, lavoro critico».568
In questa cornice medica ed etica, che si va definendo a partire dal XVIII secolo, la medicina estende il suo campo di intervento fino a investire lo spazio politico: la salute e il benessere fisico delle popolazioni sono assunti quali principali obiettivi del potere politico.
563 Ibidem. 564 Ibidem. 565
Cfr., FONTANA A., Introduzione, in FOUCAULT M., Nascita della clinica, cit., p. VII.
566
Cfr., FIMIANI M., Foucault e Kant. Critica clinica etica, cit., pp. 64-69: 64.
567
Cfr., ivi, p. 58.
568
180
«L’imperativo della salute: dovere di ognuno e obiettivo generale»569: gli apparati di potere devono farsi carico dei corpi, garantendo condizioni di salute e innalzandone il livello. Se nel Medioevo, dichiara Foucault, funzioni del potere politico erano la pace e la guerra, a cui si aggiunsero, successivamente, il mantenimento dell’ordine e l’organizzazione dell’arricchimento, a partire dal XVIII secolo il potere politico assume l’ulteriore compito della «pianificazione della società come ambito di benessere fisico, di salute ottimale e di longevità»570. Funzioni, queste ultime, garantite dalla police, ovvero istituzione che si occupa di mantenere l’ordine, regolare la crescita economica e garantire la salute generale. Il corpo degli individui e il corpo della popolazione sono il
focus dell’azione politica, al fine di incrementare il livello di efficienza.
Già in Nascita della clinica Foucault mette in evidenza come, negli anni immediatamente precedenti e successivi alla Rivoluzione francese, si diffonde una «coscienza politica»571 della medicina, che si manifesta nell’affermarsi di due miti: da un lato la crescita del potere della classe medica nazionalizzata, d’altro, in connessione con quanto appena dichiarato, il mito di una popolazione sana. Da una parte la medicina si rinvigorisce, forte della sua istituzionalizzazione, da un’altra, la malattia va dileguandosi, formando popolazioni sane e virtuose. È la medicina dell’efficacia politica: «se riuscirà ad essere politicamente efficace, la medicina non sarà medicalmente indispensabile»572.
Il sapere medico esce dal cerchio della scienza chiusa, congelata nell’astratta teoria accademica e si apre alla varietà del reale, acquisendo spessore politico e sociale, mediante una presa diretta della medicina politicizzatasi o della politica medicalizzatasi sulla vita573. Prendono forma nel corso del XVIII secolo un sapere medico-amministrativo e la presa medico-sociale sulla popolazione, al fine di osservare, correggere, migliorare il corpo sociale e di conservarlo in uno stato di salute
569
FOUCAULT M., La politica della salute nel XVIII secolo, cit., p. 190.
570
Ivi, p. 191.
571
Cfr.,ID., Nascita della clinica, cit., pp. 34- 49.
572
Ivi, p. 48.
573
Cfr., VAGNARELLI G., Medicalizzazione e potere in Naissance de la clinique, in «materiali fiucaultiani», II, 3, pp.127-147, 2013.
181
permanente574. La medicina diventa strumento politico e sociale attraverso il quale raggiungere uno stato di benessere, politicamente e socialmente definito, che trova compendio nell’immagine dell’«uomo modello». Essa non si propone più, o almeno non principalmente, la rimozione della malattia, ma assume il compito positivo di gestione e mantenimento della salute: la gestione della vita, per la quale ha bisogno di elaborare un criterio normativo, ovvero ha bisogno di darsi nella positività della norma. Si apre un dialogo tra sapere biomedico e istituzioni socio-politiche che farà della medicina uno strumento tra le mani politiche e della politica un modello medicalizzato di organizzazione e governo sociale. «La medicina non deve più essere solamente il corpus delle tecniche della guarigione e del sapere che richiedono; essa comprenderà anche una conoscenza dell’uomo in salute, cioè un’esperienza dell’uomo non malato e una definizione dell’uomo
modello insieme. Essa assume, nella gestione dell’esistenza umana,
postura normativa, che non l’autorizza a distribuire semplicemente consigli di vita saggia, ma l’incarica di reggere i rapporti fisici e morali dell’individuo e della società in cui vive»575.
La salute passa innanzitutto attraverso la riorganizzazione della famiglia e degli ospedali. La famiglia, «medicalizzata-medicalizzante»576 a un tempo, rappresenta il primo centro di diffusione della coscienza medico-politica. Facendo della salute una delle sue leggi morali fondamentali, essa veicola il diritto e il dovere degli individui rispetto alla salute propria e altrui, ovvero obiettivi generali della buona salute del corpo sociale, nonché desiderio e bisogno di cure individuali.
A partire dal XVIII secolo, l’autorità medica diviene una vera e propria autorità sociale, che prende decisioni rispetto a città, quartieri, regolamenti e istituzioni; oltre alla malattia, si occupa di acqua, aria, costruzioni, per fare degli esempi; prendono forma i meccanismi di amministrazione medica, quali registro dei dati, redazione e confronto di statistiche; soprattutto si diffonde l’ospedalizzazione quale apparato di medicalizzazione collettiva: nasce una medicina di Stato. Gli anni che
574
FOUCAULT M.., La politica della salute nel XVIII secolo, p. 196.
575
ID., Nascita della clinica, cit., pp. 47- 48.
576
182
segnano la fine del periodo termidoriano e gli inizi del Direttorio inaugurano la riorganizzazione istituzionale della medicina. La Scuola di sanità istituita in Francia individuerà in essa una parte integrante della medicina e della formazione del medico. La clinica, intesa come struttura essenziale della coerenza scientifica, promuove l’ampliamento del sapere medico. Significativa è la distinzione operata tra medico e ufficiale sanitario e legata alla formazione che le due tipologie di figure professionali ricevono. Se l’ufficiale sanitario sfoggia una conoscenza di tipo empirica, il medico fonda la sua professione sulla verità decifrata dallo sguardo medico. Il volto clinico della medicina sarà alla base, inoltre, della riorganizzazione dell’istituzione ospedaliera: Foucault parla di «lezione degli ospedali»577. Da un lato i pazienti potranno beneficiare dell’assistenza sanitaria finanziata dalla società, dall’altro la società, imparando dai casi registrati in ospedale, amplia il suo orizzonte conoscitivo. Accanto a ciò, la riforma istituzionale, tecnica e architettonica degli ospedali è l’immagine più significativa dell’«osmosi del politico e del medico a opera dell’igiene»578. La scomparsa delle epidemie, il calo del tasso di morbosità e l’allungamento della durata di vita assurgono a obiettivi centrali del potere medico-politico. Le condizioni di vita, le forme di esistenza e di comportamento, le abitazioni, le abitudini sono il fulcro nuovo di analisi e intervento della medicina. «La medicina come tecnica generale della salute, ancor più che come servizio delle malattie e arte di guarigione, assume un posto sempre più importante nelle strutture amministrative e in questo macchinario di potere, che non cessa di estendersi e di affermarsi nel corso del XVIII secolo»579.
Sul finire del secondo conflitto mondiale, la riorganizzazione del campo della salute raggiunge, con il piano Beveridge del 1942, una tappa fondamentale, che celebra il diritto, la morale, l’economia, la politica del corpo580. A partire da questo momento «si è consolidato non il diritto alla vita, ma un diritto differente, più importante e più complesso che è il
577
Cfr., ID., Nascita della clinica, cit., pp. 76- 99.
578
ID., La politica della salute nel XVIII secolo, cit., p. 196.
579
Ibidem.
580
183
diritto alla salute»581. Lo Stato, per la prima volta, si fa carico, tutelando e promuovendo, non solo della vita, ma della vita sana, del «corpo in buona salute»582. Cambiano i vettori, per cui non sarà più l’individuo in buona salute al servizio dello Stato, ma, al contrario, lo Stato si porrà al servizio dell’individuo e della sua salute. Non siamo di fronte a una questione di diritto o di strategia politica, ma alla diffusione di una vera e propria «morale del corpo»583. Pulizia e igiene, condizioni economiche favorevoli a un equo accesso alle cure e all’assistenza medica rientrano tra le prime e più importanti «esortazioni morali alla salute»584.
Interrogandosi sul modello di sviluppo della medicina, avviatosi già nel XVIII secolo, Foucault, in risposta a Ivan Illich585, fa luce sul fenomeno che contraddistingue la medicina del XX secolo: non già la iatrogenia di Illich, ma una «iatrogenia positiva»586, che investe la medicina nei suoi stessi fondamenti razionali. Illich sostiene la tesi secondo la quale il progredire della medicina e l’estensione del suo intervento oltre i campi strettamente medici della cura della malattia e del ripristino della salute sono diventati un pericolo per la salute stessa. «La corporazione medica è diventata una grande minaccia per la salute»587, dichiara con tono provocatorio nell’incipit della sua analisi. Il «monopolio medico sulla cura della salute»588 ha espropriato l’uomo della sua salute, «usurpando la nostra libertà nei confronti del nostro corpo»589. La classe medica è responsabile del processo di medicalizzazione della vita, che ha privato l’uomo della sua salute: il medico si è insediato nella vita dell’uomo e ha prepotentemente sottratto a quest’ultimo il potere sull’intera vita, decidendo quando e come nascere, quando e come morire, distinguendo tra chi è sano e chi è malato. I medici applicano gli schemi di una «nosologia sociale»590 e la
581 IVI, p. 202. 582 Ivi, p. 203. 583 Ivi, p. 203. 584 Ibidem. 585
Cfr., ILLICH I., (1976), Nemesi medica. L’espropriazione della salute, Mondadori, Milano 1977.
586
FOUCAULT M., Crisi della medicina o crisi dell’antimedicina?, cit., p. 207.
587
ILLICH I., Nemesi medica, cit., p. 9.
588 Ivi, p.12. 589 Ibidem. 590 Ivi, p. 183.
184
società, all’interno di un circolo vizioso definito tra sapere medico e potere-volere sociale, si organizza in base alla nosologia riconosciuta e approvata dalla scienza medica. La medicina si è estesa nella vita e tra la vita umana come un’epidemia: «epidemia iatrogena»591. I medici, curando, hanno contagiato i pazienti; li hanno infettati di una medicina patogena che crea bisogni vani eppure crescenti e fa ammalare dei suoi effetti indesiderati. Illich propone un allarmante parallelismo tra la minaccia che la medicina attuale rappresenta per la salute e il pericolo generato dall’intensità del traffico per la mobilità, nonché quello che istruzione e media costituiscono per l’apprendimento, o, ancora il problema dell’urbanizzazione per l’edilizia. La minaccia, in ognuno di questi casi, è costituita dalla capacità controproducente messa in atto dall’istituzionalizzazione. Se l’accelerazione del traffico produce perdita di tempo, l’istruzione generale incrementa incompetenza mascherata di specializzazione e tecnica, i media frastornamento e chiasso, la medicina, dal canto suo, ha i suoi effetti collaterali classificabili come epidemia iatrogena. Come tutti gli spazi vitali istituzionalizzati, essa rimane imprigionata nel sistema che la produce. Il processo di medicalizzazione della vita viene ricondotto a tre fattori di ordine, rispettivamente, clinico, sociale e culturale e produce iatrogenesi clinica, iatrogenesi sociale e iatrogenesi culturale. Ciò che viene soffocato è la condizione umana quale presupposto dell’agire umano. Nell’epoca industrializzata si agisce come se non ci fossero limiti per l’azione che, una volta, erano garantiti dall’intrinseca normatività dell’umano. Affinché «l’azione resti umana», Illich propone un nuovo imperativo che, richiamando alla mente l’imperativo kantiano e il principio di responsabilità teorizzato da Hans Jonas592, recita così: «Agisci in modo che l’effetto della tua azione sia compatibile con la permanenza della vita autenticamente umana», che, nel reale, si declina come: «Non accrescere il livello della radioattività se
591
Cfr., ivi, pp. 9- 10.
592
Il principio di responsabilità individua nella responsabilità dell’uomo verso le future generazioni l’imperativo volto a tutelare la vita dell’umanità. Esso invita a considerare le conseguenze che le azioni umane, rese possibili dal crescente potere tecnologico, avranno sulla biosfera nel succedersi generazionale. Affermandosi come imperativo volto alla tutela della vita, la responsabilità deve poggiare sulla riscoperta di una intrinseca finalità della natura stessa. Cfr., JONASH., Il principio di responsabilità.
185
non sei sicuro che quest’atto non si ripercuoterà sui figli dei tuoi figli»593. Perché tale imperativo sia effettivamente praticabile, il nostro Autore chiede un intervento politico e legale finalizzato a istituire procedure tali da promuovere il risveglio etico dell’autonomia personale: «Una mobilità migliore non dipenderà da un nuovo sistema di trasporto, ma dall’esistenza di condizioni che rendano più apprezzabile la mobilità personale controllata personalmente. Migliori possibilità di apprendere non dipenderanno da una migliore distribuzione di più abbondanti informazioni intorno al mondo, ma dalla limitazione delle attività produttive a forte intensità di capitale, a vantaggio di condizioni di lavoro interessanti. Una salute migliore non dipenderà da qualche nuova norma terapeutica, ma dal grado di propensione e di competenza ad impegnarsi nella cura di sé. Il recupero di questo potere dipende dal riconoscimento delle nostre attuali illusioni»594. L’autonomia è la capacità di auto- gestirsi, sviluppando capacità di reazione e adeguamento all’ambiente proprio. Essa è il potere di raggiungere una condizione di salute, che, a sua volta, rimanda al godimento di una libertà da vivere. In ciò ognuno è responsabile nei confronti di se stesso e, solo in misura minore, nei confronti degli altri. La salute, dice Illich, è un compito, la cui riuscita dipende dall’autocoscienza, dall’autodisciplina e dalle risorse interiori con cui ognuno organizza la propria quotidianità e dunque la propria esistenza, sebbene tutto ciò sia fortemente influenzato dall’ambiente culturale in cui ci si forma e in cui si vive. L’autonomia si esprime come cura di sé, capacità di salvaguardarsi che, pur non potendo sostituire