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PARTE PRIMA La scena della traduzione

Capitolo 2 La bomba a scoppio ritardato inglese

Par. 1. La standard translation

Dell’immenso corpus dell’opera freudiana possediamo oggi, in lingua tedesca, diverse raccolte110. L’edizione tedesca delle opere complete di Freud è compresa grosso modo nei 12 volumi delle

Gesammelte Schriften (Psychoanalytischer Verlag), edite tra il 1924 e il 1934, e nei 17 volumi dei Gesammelte Werke. La prima edizione dei GW è degli anni 1940 (Imago, Londra), mentre la

seconda, che comprende anche il Registerband (1968) e il Nachtragsband (1987), è stata realizzata nel 1999 presso la Fischer Taschenbuch-Verlag. Quella inglese, la Standard Edition è del 1953 (Hogarth Press), quella francese delle OCF/P del 1988 (P.U.F) e quella italiana del 1966 (Bollati Boringhieri). Nel 2010 è scaduto il copyright e ciascuno può tradurre i testi di Freud liberamente.

110 - Gesammelte Schriften. 12 Bände, Hrsg. v. Anna Freud, Psychoanalytischer Verlag, Leipzig 1924–1934.

- Gesammelte Werke. Chronologisch geordnet. 17 Bände, dazu ein Registerband (Bd. 18) und ein Band mit Nachträgen (Bd. 19). Hrsg. v. Anna Freud u. a. Zuerst erschienen bei Imago, London 1940–1952, Registerband 1968, Nachtragsband 1987, mehrere Auflagen; Nachdruck beim Fischer Taschenbuch-Verlag 1999, (Imago-Ausgabe; umfassendste Edition von Freuds Schriften, nach dieser Ausgabe wird am häufigsten zitiert).

- Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud. 24 Bände Hrsg. v. James Strachey in Zusammenarbeit mit Anna Freud. Hogarth Press, London 1953–1974 (englische Übersetzung; die Ausgabe mit dem ausführlichsten editorischen Material).

- Studienausgabe. 10 Bände und ein Ergänzungsband. Hrsg. von Alexander Mitscherlich, Angela Richards, James Strachey. S. Fischer, Frankfurt am Main. Die Bände 1 bis 10 erschienen zuerst 1969 bis 1975. Der Ergänzungsband mit Freuds technischen Schriften wurde von Ilse Grubrich-Simitis herausgegeben und erschien 1975. (Die

Studienausgabe enthält etwa zwei Drittel der Standard Edition. La Studienausgabe ist die philologisch beste Ausgabe in

deutscher Sprache, mit editorischen Vorbemerkungen zu jedem Text, Anmerkungen der Herausgeber zu Entwicklungen von Freuds Denken sowie dem Nachweis wichtiger Änderungen, die Freud in verschiedenen Auflagen seiner Schriften vorgenommen hat; jeder Band enthält eine Bibliographie sowie ein ausführliches Register. Der editorische Apparat dieser Ausgabe beruht überwiegend auf der von Strachey ab 1953 herausgegebenen Standard

Edition.)

- 1977 wurde die Studienausgabe um eine bereits 1975 außer der Reihe erschienene Arbeit von Ingeborg Meyer- Palmedo erweitert: Sigmund-Freud-Konkordanz und -Gesamt-Bibliographie, so dass die Studienausgabe vorübergehend zwei Ergänzungsbände umfasste, insgesamt also 12 Bände. Ein Nachdruck der 12bändigen Studienausgabe erschien 1982 im Fischer Taschenbuch-Verlag, Frankfurt am Main, ISBN des ersten Bandes.

- 1989 veröffentlichte der S. Fischer-Verlag eine revidierte Neuausgabe der Studienausgabe, jetzt wieder ohne die Bibliographie, also in 11 Bänden. 2000 erschien im Fischer Taschenbuch-Verlag eine Lizenzausgabe der revidierten Neuausgabe der Studienausgabe von 1989. (Die Revision besteht vor allem in der Beseitigung von Druckfehlern und in der Verbesserung der Querverweise zu seitengenauen Querverweisen innerhalb der Ausgabe.)

- Parallel zur revidierten Neuausgabe der Studienausgabe im Jahr 1989, aber außerhalb dieser Reihe, erschien im selben Jahr eine revidierte und erweiterte Version der Bibliographie; der Titel wurde dabei verändert in Freud-

Bibliographie mit Werkkonkordanz. 1999 erschien eine verbesserte und erweiterte Auflage. dieser Bibliographie.

- Werkausgabe in zwei Bänden. Band 1: Elemente der Psychoanalyse. Band 2: Anwendungen der Psychoanalyse. Herausgegeben und kommentiert von Anna Freud und Ilse Grubrich-Simitis. Fischer Verlag, Frankfurt am Main 2006.

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Le GS, pubblicati da Freud stesso e apparsi nell’Internationalen Psychoanalitischen Verlag negli anni 1924-1934 sono composte di dodici volumi programmati ed editi da J.A. Storner, direttore della casa editrice. Le opere vi figurano ordinate per temi ma con qualche eccezione ed è certo che Freud stesso avesse approvato questo ordinamento, sebbene non sia rintracciabile un suo parere diretto né, tantomeno, è presente una sua prefazione ai testi. Delle GS numerosissime copie furono mandate al macero dai nazionalsocialisti assieme ad altro materiale della casa editrice, nel marzo 1938. L’idea di produrre un’edizione che le sostituisse però datava già 1937. A Londra, com’è noto, fu infatti fondata una casa editrice, la Imago, il cui primo compito era proprio quello di progettare una nuova edizione. L’impresa apparve subito realizzabile anche grazie all’ingente contributo finanziario offerto dalla principessa di Grecia Maria Bonaparte. Eduard Bibring, Ernst Kris e Anna Freud andarono a formare il comitato editoriale che si occupò, tra le altre cose, di studiare il raggruppamento dei testi al fine di sostituire il criterio cronologico a quello tematico delle GS111. Nel luglio 1951 uscì la prefazione al primo volume dei Gesammelte Werke. Ne erano usciti già alcuni volumi negli anni 1938-1939 e precisamente i volumi VI, IX,XI, XIV ma è solo nella prefazione al I volume che Anna Freud scrive: “dopo molta riflessione, il comitato decise di sostituire il criterio tematico delle Gesammelte Schriften, con un criterio cronologico che sembra meglio corrispondere ai bisogni degli operatori scientifici e di coloro che sono interessati alla formazione della scienza psicoanalitica”, formazione che Paolo Boringhieri, in un articolo apparso sulla rivista Psicoterapia e Scienze umane, definisce “monumento”, quello che solo i posteri possono desiderare di costruire a partire dalle GS, volute da Freud ed edite quando ancora era in vita. Una nota importante di Anna Freud specifica, dopo poche righe, che “il proposito degli editori di riprodurre nei GW alcuni dei lavori preanalitici fu lasciato cadere dopo averne discusso con l’autore, per suo espresso desiderio”. Fu cioè Freud a volere quella cesura tra preanalitico e analitico che ha avuto tanta rilevanza nell’interpretazione della psicoanalisi e nella sua storia. Il criterio fu infatti adottato, seppur con qualche eccezione, anche dall’edizione inglese e da quella italiana.

111 Pur essendo, quello tematico, un criterio tradizionale sotto più di un riguardo, Musatti, psicoanalista e direttore

scientifico dell’edizione italiana, fu inizialmente convinto che fosse il migliore. James Strachey, dal canto suo, concede al criterio tematico qualche applicazione, anche se il quadro della Standard Edition è, prevalentemente, cronologico. Quando, nel 1959, la casa editrice Boringhieri concluse il contratto di traduzione con Ernest Freud, il figlio di Sigmund che abitava a Londra, l’idea di servirsi di un criterio tematico fu definitivamente accantonata. Il contratto faceva infatti riferimento all’edizione tedesca cominciata ad uscire a Londra durante la guerra e ordinata in ordine cronologico. Il criterio della suddivisione per argomenti si rivelò particolarmente adatto all’edizione curata dall’autore, il quale, com’è ovvio, non mira –come scrive Boringhieri- a “creare il monumento della sua opera e della sua vita nel rigido susseguirsi degli anni, ma si propone soprattutto di fornire uno strumento di discussione che ruoti attorno ai concetti fondamentali” (P. Boringhieri, L’edizione delle opere di Sigmund Freud, Psicoterapia e Scienze Umane, 1989, n. 4, pp. 29). Ecco perché Freud ne approvò l’utilizzo per le GS e perché, la casa editrice, lo seguì per l’edizione del corpus freudiano minore (Universale scientifica Boringhieri).

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Con lo scoppio della guerra le circostanze in cui erano cominciati i lavori assieme al carattere ristretto del comitato mutarono inevitabilmente. Bibring e Kris emigrarono in America nel 1940- 41 e perciò si videro costretti a ridurre la loro collaborazione. Vengono cooptati Willi Hoffer e Otto Isakower. Nella prefazione Anna Freud ringrazia in modo particolare John Rodker, direttore di Imago, e lo stesso Hoffer per il lavoro redazionale. Non accenna, curiosamente, al contributo di Ernest Jones mentre non manca di segnalare la presenza di alcuni errori e lacune nell’edizione, in modo particolare per quel che concerne gli Indici, auspicando a una loro correzione nelle edizioni successive. Nelle stesse esprime l’augurio che siano pubblicati alcuni lavori, dimenticati nel volume corrispondente agli anni in cui sono stati composti. Il ringraziamento degli editori va invece ai suggerimenti preziosi di Strachey112 e a Lili Neurath per la collaborazione.

I Gesammelte Werke non sono un’edizione critica: essi cioè non tengono conto delle varianti delle varie edizioni, tacciono i manoscritti ed escludono scritti di altri autori che pure figurano nelle edizioni originali. Ad esempio il contributo di Breuer agli Studi sull’isteria e il capitolo della

Traumdeutung113 scritto da Otto Rank. Sui diciassette volumi dei GW è poi stato condotto l’indice

(Registerband), uscito solo nel 1968 perché giovatosi, nel frattempo, del molto lavoro che veniva condotto sui testi freudiani al di fuori dell’edizione tedesca. Si pensi soprattutto, all’edizione inglese uscita nel 1953. Come ricordano gli Herausgeber nella prefazione al volume XVII degli Scritti, al Nachlass (1940): «il lascito scientifico di Sigmund Freud qui (nei GW) raccolto dagli editori è scarso. La ragione sta nel modo di lavorare dell’autore. Freud scriveva per la pubblicazione: dava alle stampe ciò che era compiuto e distruggeva ciò che era rimasto come lavoro preparatorio e non gli appariva maturo per la pubblicazione. I pochi abbozzi e scritti qui pubblicati costituiscono eccezioni sfuggite per diverse ragioni a questo destino».

Sulla Standard Edition (SE), composta di 24 volumi ed edita originariamente dalla Hogarth Press di Londra tra il 1956 e il 1974, si è dibattuto a lungo, sottolineandone soprattutto i limiti. Ma quali sono stati i criteri, le linee di ricerca e le scelte editoriali che ne hanno permesso la realizzazione? Nella prefazione al primo volume, datata Marlow 1966 e firmata dallo stesso Strachey, viene fatta luce sulle norme che hanno guidato le scelte terminologiche e sui particolari parametri adottati

112 Nella prefazione scritta nel luglio 1974 per il volume degli indici preparato da Strachey, Anna Freud per

ringraziarlo scrive: “Non si sarebbe potuto trovare un traduttore così qualificato, né nessuno avrebbe potuto svolgere questo compito con la stessa precisione erudita, comprensione e determinazione infaticabile, malgrado un handicap personale fino alla morte. È forse l’elogio più alto per l’opera compiuta da Strachey il fatto che per una gran parte dei lettori di tutto il mondo, la SE, con i suoi lucidi commenti editoriali sia entrata in sorprendente competizione con il testo originale dell’autore”. Anna Freud, commenta Ranchetti, aveva previsto e capito.

113 Con riferimento a quest’ultima opera, sempre nella prefazione, Anna Freud non manca di specificare che si tratta

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nell’impianto complessivo. Strachey può essere senza dubbio considerato l’editor di tutta l’opera, lui che nei vent’anni precedenti il 1953, si era esercitato a lungo con la traduzione di testi freudiani114, saggiandone così le difficoltà e i tratti caratteristici. Nel frontespizio infatti si legge:

The Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud translated from the German under the general editorship of James Strachey in collaboration with Anna Freud assisted by Alix Strachey and Ann Tyson, Editorial Assistant Angela Richards.

I criteri adottati da Strachey ed esposti nella prefazione sono i seguenti: 1) la traduzione delle opere psicologiche, analitiche e preanalitiche, 2) l’esclusione, dall’edizione completa delle opere, dell’enorme corrispondenza di Freud, fatta eccezione per le lettere aperte e quelle inviate a Fliess, 3) la non traduzione dei reports e degli abstracts a meno che non siano stati redatti da Freud; 4) il rispetto dell’ordine cronologico delle opere; 5) la pubblicazione delle stesse secondo un certo periodo di anni, con la precedenza riservata alle opere o all’opera maggiore, cui fanno seguito le minori e le minime; 6) l’obbligo di indicare come data valida quella di composizione e di ricorrere a quella di pubblicazione quando la prima sia stata giudicata incerta; 7) la presenza di una bibliografia in ogni volume; 8) il ricorso ai soli testi delle Schriften e dei Werke (anche se, con riferimento agli scritti successivi al 1908, si conoscono i manoscritti); 9) l’obbligo di rilevare ogni volta le stratificazioni delle varie edizioni, i mutamenti e le aggiunte verificatesi per ogni edizione; 10) l’inserimento di note testuali, allusioni storiche e cross-references che, pur non volendo essere definitive, nondimeno devono funzionare come indicazioni per ulteriori ricerche (Strachey voleva bilanciare in questo modo il ricorso al solo criterio cronologico); 11) l’obbligo di premettere a ogni opera un’introduzione in cui, tra le altre cose, devono essere indicate: le edizioni del testo tedesco, quelle di eventuali traduzioni in inglese –ma non in altre lingue- , le date e le circostanze della composizione e della pubblicazione, parimenti alle indicazioni sul contenuto dell’opera e sul suo posto nel pensiero di Freud115 (Strachey afferma qui di aver voluto dar voce solo Freud, tacendo quelle, seppur presenti, di altri autori).

Come ha osservato, a ragione, Michele Ranchetti nella relazione pronunciata al convegno internazionale L’opera di Freud a cinquant’anni dalla morte svoltosi a Bologna dal 12 al 14 Maggio 1989116, “malgrado il grande aiuto ricevuto da Jones, la SE rimane “a piece of pioneering work”,

con tutti gli errori e le inesattezze che questo comporta. Strachey stesso è come cresciuto con la sua opera, migliorato nel corso del suo lavoro, ritornando spesso su decisioni ritenute

114 Fu Freud stesso, come ricorda Strachey nella prefazione al primo volume, ad affidargli la traduzione di un testo

appena scritto “Ein Kind wird geschlagen” (“Un bambino viene picchiato”). Si veda S. Freud, OSF, vol. IX, pp. 37- 65.

115 Nell’edizione italiana, debitrice della SE, Musatti ha curato nel dettaglio queste introduzioni. 116 Il testo è stato riprodotto parzialmente nel n. 4 della rivista Psicoterapia e Scienze Umane (1989).

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insoddisfacenti ma che, nondimeno, dovette prendere subito, ad esempio la parola “psycho- analysis”. La Standard Edition, come la definisce ancora Ranchetti, è infatti una sorta di “amateurisch production” e ciò sebbene sia stata concepita, anche e soprattutto nella mente di Strachey, come un’opera destinata al “serious student”. La SE è stata, di fatto, l’opera di alcuni individui, pochi, di solito occupati anche in altre professioni, e carenti di quella che Ranchetti chiama l’“academic machine”, pronta a fornire, nel caso fosse servito, personale e ospitalità117. Nonostante le critiche e il carattere pioneristico del lavoro, la SE è stata a lungo considerata un punto di riferimento imprescindibile, sia per l’edizione tedesca dei GW, che intanto veniva rivista, che per quelle italiana118 e francese. La maggior parte delle critiche sollevate contro la SE si sono

appuntate sull’infelicità di alcune scelte terminologiche operate da Strachey (si pensi a Mind per

Psyche, a Istinct per Trieb e a Ego per Ich), il quale, dal canto suo, in parte sembra giustificare questa

infelicità quando afferma che il modello e lo stile di Freud sono a tal punto irripetibili da rendere preferibile, quando se ne deve tradurre l’opera, l’azione unificante di un’unica mano (verosimilmente la sua) rispetto alla molteplicità dei testi119. Per tradurre Freud e farne, in certo senso, un autore inglese, Strachey ha cioè avuto davanti gli occhi e sempre in mente, un modello immaginario, quello –spiega Ranchetti- «degli scritti di un uomo di scienza inglese di vasta cultura nato verso la metà del XIX secolo» che se punta ad enfatizzare la “parola inglese”, non è per spirito patriottico ma in uno spirito di spiegazione (“in an explanatory and no patriotic spirit”). Tuttavia, l’inglese utilizzato da Strachey non è una lingua di sua sola invenzione: lo psicoanalista inglese non esita a dichiarare le sue fonti: anzitutto il New Psycho-analytical Vocabulary della moglie Alix che, a sua volta si basava sui suggerimenti avanzati dal Glossary Committee promosso da Jones negli anni venti. La mano degli Strachey è insomma quella della terminologia analitica inglese e del criterio, ribadito da Strachey stesso, di utilizzare sempre lo stesso termine inglese tecnico per il o i termini tedeschi. Ad esempio Unlust è sempre reso con unpleasure, Schmerz sempre con pain,

psychisch con psychical e seelisch con l’assai discutibile mental. E nondimeno, come abbiamo

accennato nel capitolo precedente, nei confronti della Nachträglichkeit, Strachey sembrerebbe

117 In Italia, fu la casa editrice Boringhieri a funzionare come tale. Scrive Boringhieri: “non c’era, in Italia, una

persona come James Strachey, che da vent’anni prima di iniziare la sua grande opera si era cimentato in traduzioni freudiane e ne aveva conosciuto tutti i problemi. Si poteva solo puntare su un’accumulazione di esperienze e soluzioni all’interno di un organismo, quale appunto la casa editrice, facendo ricorso, là dove occorreva, oltre a Musatti (..) ai consigli su questioni singole di altri studiosi e traduttori”(P. Boringhieri, L’edizione delle opere di Sigmund

Freud, op. cit., p. 32).

118 L’edizione italiana dipende, com’è stato detto, da quella inglese e ciò non soltanto per i contributi e i materiali che

Strachey mise a disposizione del comitato musattiano e le facilitazioni che gli offrì in varie questioni.

119 Riferimento probabile ai Collected Papers tradotti da Joan Rivier che, secondo Peter Gay, rappresentano la migliore

traduzione inglese degli scritti di Freud pubblicata in 4 volumi tra il 1924-25 nonché quella più usata, sempre secondo Gay, dagli psicoanalisti di lingua inglese. Nell’edizione italiana a questa unificazione ha provveduto con successo Renata Colorni mentre, in quella francese, il contributo principale è stato offerto da Jean Laplanche.

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violare l’univocità richiesta da questo criterio, scegliendo, piuttosto, di tradurre il sostantivo di Freud, di volta in volta, e a seconda dei contesti, in modo diverso.

Sempre nel primo volume e a chiusura dell’introduzione di Strachey, si trova una lista di termini tecnici di cui, i principali e più controversi sono: Abvehr con defence, Angst con anxiety,

Anlenungtypus con anaclitic o attachment type e Besetzung con il greco cathexis (investimento)120, termine inventato da Strachey e sottoposto nel 1922 al parere di Freud il quale, pur non dichiarandosi entusiasta all’inizio, comunque lo adotterà quattro anni dopo nel manoscritto originale del suo articolo per l’Enciclopedia britannica. A questi si aggiungano: Instanz con agency, Trieb tradotto come Istinkt ossia, istinct e, come si è visto, Psyche, psychisch, Seele, seelisch con psyche, psychical, mind e

mental, fra loro considerati da Strachey come ripete più volte, sinonimi. Su questa presunta e

ribadita sinonimia si appunterà la celebre critica di Bettelheim, il quale rimprovererà Strachey di qualcosa di più di un travisamento. Ma proprio a fronte dell’unica mano e della rigida univocità che anima le scelte terminologiche, è curioso riportare la dedica di Strachey a Freud riportata nel primo volume, dedica in cui Strachey sembra consapevole dei suoi ‘errori’: «ai pensieri e alle parole di Sigmund Freud, questo loro offuscato riflesso, è dedicato dal suo esecutore».

Al carattere offuscato di questo riflesso, nel senso però di impreciso e approssimato, non hanno mancato di appellarsi i critici della SE, primo fra tutti, appunto, Bettelheim. Nel volume Freud e

l’anima dell’uomo (1982), lo psicoanalista austriaco emigrato in America, accusa Strachey di aver

ridotto il linguaggio non tecnico di Freud – quello appartenente a linguaggi ‘altri’ rispetto a quelli impiegati nelle ‘scienze naturali’- a una terminologia tecnica (soprattutto medica) scientificizzandolo, nel senso di una medicalizzazione. Bettelheim contesta cioè la volontà, da parte di Strachey, di interpretare la psicoanalisi come una branca della medicina. Sulla base di una fitta corrispondenza tra Strachey e Jones, tra Anna Freud e Jones e tra Strachey e la figlia di Freud, è stato però possibile mostrare il carattere affatto lineare e semplicistico di alcune decisioni prese dall’equipe stracheyano e, inoltre, si è riusciti a far luce sugli stessi accordi tra Freud, Jones e Brill in merito all’adozione di una particolare terminologia al posto di un’altra. In altri termini, grazie al lavoro di alcuni studiosi (R. Steiner ad esempio) che si sono dedicati allo spoglio di questa corrispondenza è stato possibile conoscere le tensioni, le discussioni e i dissapori sorti inevitabilmente in simile contesto editoriale in ragione della portata e della difficoltà dell’impresa che si andava compiendo. Ranchetti afferma ad esempio che è in questo modo che si è potuto sapere qualcosa dei giudizi di Freud su Strachey, dell’appoggio quasi incondizionato che gli diede sfavorendo Jones e della devota ammirazione che quest’ultimo nutriva, invece, nei confronti del

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padre della psicoanalisi. Jones, ricorda Ranchetti, voleva dirigere la storia della psicoanalisi, in particolare la sua diffusione, ad esempio coniando una terminologia insieme con Brill e, quando propose il progetto di volere redigere l’edizione completa delle sue opere, usò queste parole: “questo farebbe la mia vita meritevole di essere vissuta”.

Dalla SE e sempre per iniziativa di Strachey derivano comunque due risultati minori ma non meno rilevanti: 1) i dodici volumi della Studienausgabe (editi dal 1969 al 1975) che rappresentano l’edizione tedesca più accurata e pubblicata nella serie Conditio Humana (Ergebnisse aus den

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