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IV. La via al riconoscimento diplomatico

1. Una breccia si apre

Un punto di svolta nello sviluppo delle relazioni Italia-DDR si ebbe nell’aprile 1971 da parte del governo italiano, dopo un lungo processo di negoziazione svolto dal Partito comunista. Il PCI era riuscito ad ottenere per la prima volta che una figura politica di primo piano della DDR potesse entrare in Italia. Si trattava di Hermann Axen, all’epoca presidente della commissione esteri alla Volkskammer e segretario del comitato centrale della SED con delega alle relazioni estere. Axen viaggiò in totale segretezza ed una volta giunto in Italia, ebbe colloqui con il sottosegretario agli affari esteri Angelo Salizzoni e con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nonché segretario del PSI, Francesco De Martino304. Su questo episodio si manifestò la posizione ambivalente del governo italiano, che da una parte auspicava una soluzione pacifica e amichevole in merito alla questione territoriale delle due Germanie, dall’altra non poteva (o voleva) affrancarsi dalla posizione di Bonn e degli altri paesi dell’Europa occidentale. Una posizione perlopiù “attendista”, in vista di ulteriori sviluppi dei rapporti tedesco-tedeschi. Tuttavia il dialogo tra Axen ed i rappresentanti italiani era volto ad aprire una sorta di “bilaterale” in materia economica tra i due paesi, in particolare gli accordi commerciali, ma non solo: le trattative erano rivolte ad ampliare il campo anche all’apertura di un canale ufficiale di relazioni tra il Parlamento italiano e la Volkskammer e ad un accordo sulla circolazione delle persone, che prevedesse il riconoscimento dei passaporti emessi dalla DDR per i tedeschi che intendevano recarsi in Italia e il libero ingresso di corrispondenti delle agenzie stampa

304 Cfr. Hermann Axen, 6.5.1971: Vorlage für das Politbüro des ZK, betr. Ergebnis der Reise des Gen. Axen

zur Führung vertraulicher Gespräche mit Vertretern der italienischen Regierung am 29.4.1971 in Rom, Politbüro, Arbeitsprotokoll der Sitzung vom 11.5.1971, in: SAPMO, DY 30 J IV 2/2A-1513.

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dei due rispettivi paesi. Angelo Salizzoni, come riferisce Axen305, fu il rappresentante che si dimostrò più aperto e disponibile verso la controparte tedesca di quanto non fece De Martino. Come si legge nel rapporto, Salizzoni mostrò vero interesse e si dichiarò “pronto alla conclusione di accordi commerciali in via ufficiale e di altre proposte concrete. Credeva che qualcosa sarebbe potuto cambiare”306. Tuttavia, nonostante tutti i buoni propositi, Axen aveva l’impressione che il partito di governo in Italia non avrebbe mutato la propria posizione concretamente, ma che sarebbe rimasto allineata ai voleri di Bonn, come aveva fatto in precedenza con tutti i cancellieri che si erano succeduti, da Adenauer fino a Kiesinger e ammoniva che il governo italiano “non avrebbe dovuto rimanere indietro sui nuovi sviluppi in corso in Europa e nel mondo”307. De Martino si mostrò più cauto e anzi contrappose il fatto che la DDR dovesse risolvere in primis la questione di Berlino e concedere quantomeno la libera “uscita” dei cittadini di Berlino Est verso Berlino Ovest, prima di avanzare richieste ad un paese occidentale308. La posizione dell’Italia si rivelava così ambivalente, stretta da una parte nella morsa degli Stati Uniti e la Germania federale, dall’altra dalla fragilità della situazione politica interna al paese. Da ciò conseguiva una politica estera non autonoma e fortemente condizionata dai due alleati. Questa mancanza di autonomia e di autodeterminazione nelle scelte che avevano a che fare con le questioni estere era messa in risalto da quel “movimento per il riconoscimento” guidato in prima linea dal PCI.

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, la sinistra (ma non solo) si era organizzata non solo a livello partitico, ma anche a livello associazionistico con il Centro Thomas Mann ed il Comitato Italia-RDT. Per questi, una distensione fra Est e Ovest passava imprescindibilmente dal riconoscimento diplomatico della

305 Cfr. ibid.

306 “[…] daβ er persönlich für die sofortige Errichtungen von offiziellen Handelsmissionen sei. Er persönlich

sei auch für die anderen acht konkreten Vorschläge des Arbeitspapiers. Er glaube, daβ etwas geschehen werde”. Cfr. Vermerk über das Gespräch mit dem Staatssekretär im italienischen Ministerium für Auswärtige Angelegenheiten und Mitglied des Nationalrates der Democrazia Cristiana, Abgeordneter Angelo Salizzoni, am 29.4.1971, in: ibid.

307 “nicht hinter der allgemeinen Entwicklung in Europa und in der Welt zurückbleiben”. Cfr. ibid.

308 Nella relazione è riportato un curioso “botta e risposta” tra De Martino e Axen, dove il primo avrebbe

affermato “Mi scusi se lo dico in modo brutale, ma la DDR deve dare in cambio qualcosa!”, e il secondo avrebbe diplomaticamente risposto che una tale richiesta (aprire i varchi di frontiera tra Berlino Est e Berlino Ovest) avrebbe significato cedere alle posizioni del revanscismo. E ciò era nell’interesse non solo dell’Europa, ma anche dell’Italia. Da ultimo, Axen taglia corto la discussione affermando che la questione di Berlino non aveva nulla a che fare con lo sviluppo delle relazioni tra Italia e DDR. Cfr. ibid.

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Repubblica democratica tedesca. Il Partito comunista italiano svolse un ruolo di mediazione (in veste non ufficiale, chiaramente) tra le posizioni della SPD di Brandt e la SED. Da una parte il partito di Luigi Longo cercava di far comprendere al “partito fratello” tedesco orientale le posizioni della socialdemocrazia, dall’altra cercava di rendere meno diffidente la SPD nei confronti del partito di governo della Germania Est. Sul fronte interno, il dibattito sulla questione tedesca era tenuto vivo dall’organo di stampa del partito, L’Unità. Nell’ottobre 1969, il quotidiano dedicò un ampio articolo alla DDR in occasione del ventennale della fondazione dello Stato309. L’autore era Sergio Segre, il quale

ripercorreva nelle colonne del quotidiano il lento avvicinamento dei due Stati tedeschi e sottolineava il contributo che i comunisti italiani avevano dato per favorire questo avvicinamento. Interessante era anche il titolo, che poneva l’accento sulla “svolta positiva nelle relazioni con Bonn”310. La DDR dunque non era più

una realtà da ignorare e anche gli altri paesi socialisti erano pronti a porgere la mano alla Germania federale. All’indomani delle celebrazioni del ventennale, in un entusiastico articolo, il corrispondente dalla Germania Romolo Caccavale, affermava sulle colonne dell’Unità che le celebrazioni e i festeggiamenti per questo traguardo raggiunto avevano mostrato l’attaccamento dei cittadini al loro Stato, ma soprattutto l’entusiasmo e la partecipazione dei più giovani311.

Il 15 gennaio 1969, alcuni parlamentari che già avevano aderito al Comitato Italia-RDT, fondarono il Comitato permanente per il riconoscimento della RDT. Beniamino Finocchiaro (PSI), che in quel momento ricopriva la carica di presidente del primo comitato, fu designato presidente anche del nuovo. Il nuovo movimento riscosse da subito un gran successo, con 115 adesioni fra Camera dei deputati e Senato. Anche nelle fila della Democrazia Cristiana si contavano numerose partecipazioni: già all’inizio del 1971, in quasi tutte le correnti del partito si trovavano sostenitori del riconoscimento e in particolare in quelle di Aldo Moro e Amintore Fanfani312. L’evento più importante del Comitato permanente fu

organizzato tra il 2 ed il 9 maggio 1970: si trattò di una vera e propria “settimana del riconoscimento”, il cui programma 309 Cfr. L’Unità, 7 ottobre 1969.

310 Cfr. ibid.

311 Cfr. L’Unità, 8 ottobre 1969.

312 Cfr. Pöthig C., Italien und die DDR. Die politischen, ökonomischen und kulturellen Beziehungen von 1949

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consisteva in eventi informativi in diverse città italiane come Roma, Genova, Torino e Livorno.

Nonostante l’attivismo di un consistente numero di parlamentari, il governo italiano rimase fermo sulla sua posizione. Una posizione piuttosto “attendista”: la motivazione era che il dialogo ufficiale doveva intercorrere prima di tutto tra i due Stati tedeschi; solo in caso di esito positivo, l’Italia poteva agire di conseguenza313. Fino a

quel momento, gli incontri che potevano avvenire tra esponenti del governo della DDR e della SED e politici italiani erano esclusivamente a titolo personale e non erano da considerarsi espressione di una volontà politica della Repubblica italiana. Solo dopo l’incontro tra le quattro potenze vincitrici, avvenuto il 3 settembre 1971 a Berlino Ovest314, il governo italiano mostrò maggiori aperture nei confronti della questione tedesca e del riconoscimento della DDR. Più in generale, quasi nessuno ormai aveva interesse – sia in Italia che nel resto dell’Europa occidentale – a negare l’esistenza della Repubblica democratica tedesca.

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