IV. La via al riconoscimento diplomatico
2. Il riconoscimento
All’inizio di ottobre del 1971, dopo che era stato siglato l’“Accordo delle quattro potenze”, quaranta deputati italiani
firmarono un documento pubblico in cui si chiedeva che il governo italiano regolarizzasse la propria posizione diplomatica nei confronti della DDR, a fronte dei mutamenti che stavano avvenendo a livello internazionale, che non giustificavano più la totale chiusura sulla questione del riconoscimento della Repubblica democratica tedesca come Stato de iure e de facto. I deputati che aderirono erano di varia appartenenza: PCI, PSIUP, PSI e DC. I primi firmatari della petizione furono due esponenti dell’ala sinistra della Democrazia cristiana, Luigi Granelli e Franco Salvi, assieme
313 I negoziati tra la Repubblica federale e la Repubblica democratica erano stati avviati nel 1970. I colloqui
tra il cancelliere federale Willy Brandt e il presidente del Consiglio dei ministri della DDR Willi Stoph si erano tenuti in due incontri distinti: il primo a Erfurt, il secondo a Kassel. Questi due incontri sono stati preparatori per il successivo “Trattato fondamentale”, siglato a Berlino Est nel 1972, con il quale venne sancito il riconoscimento reciproco delle due repubbliche tedesche come Stati sovrani.
314 Il c.d. “Accordo delle quattro potenze” prevedeva la regolamentazione dello status di Berlino; stipulato il
3 settembre 1971 dai ministri degli esteri delle quattro potenze alleate (Alec Douglas-Home per la Gran Bretagna, Maurice Schumann per la Francia, William P. Rogers per gli Stati Uniti e Andrej Gromyko per l’Unione Sovietica).
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a Sergio Segre del PCI. Già incoraggiati dal fatto che anche una parte della DC fosse coinvolta in questa richiesta di riconoscimento, il PCI fece leva anche sulla mutata posizione del Vaticano315.
Nel luglio 1972, i rappresentanti del Comitato permanente per il riconoscimento della DDR, assieme ad Albert Norden, si riunirono nel Gruppo interparlamentare italo-tedesco. I membri italiani del gruppo manifestarono interesse ad includere la DDR nell’Unione Internazionale Interparlamentare, per dare prestigio alla Repubblica democratica tedesca e, in un secondo momento, favorire il suo ingresso nell’ONU. Il PCI e la SED inoltre, come accennato precedentemente, cercarono una sponda anche nella chiesa cattolica316. Il 21 novembre 1972 si tenne a Roma un convegno che riunì tutti i comitati di amicizia presenti in Italia, i quali si fusero tutti nel Comitato di iniziativa Italia-DDR317. Il giorno successivo
fu presentata in Parlamento la richiesta al governo italiano di avviare le procedure per stabilire relazioni diplomatiche ufficiali con la DDR ed il 28 novembre fu presentato al ministro degli Esteri Giuseppe Medici il medesimo documento con le sottoscrizioni di tutti i parlamentari che avevano aderito alla richiesta318.
L’impegno per il riconoscimento della DDR sottendeva anche un chiaro vantaggio per il Partito comunista, in termini di influenza e prestigio. Come scriveva Giancarlo Pajetta, “il PCI si è sempre impegnato a promuovere i contatti politici della DDR con l’Italia, sia per sostenere la battaglia del riconoscimento diplomatico, sia per ottenere dei vantaggi politici per il Partito comunista”319.
L’influenza del PCI su un mutamento di posizione dei socialisti e dei cattolici, in merito alla politica estera nei confronti della
315 Cfr. Vermerk über Gespräch des Mitgliedes des Politbüros des ZK der SED, Harry Ott (Abteilung
Internationale Verbindungen), mit führenden Vertretern der italienischen Anerkennungsbewegung, 21.7.1972, in: SAPMO, Bestand Volkskammer, DA-1/12321. Per quanto riguarda il Vaticano, la distensione avvenne anche con la Santa Sede, che nel giugno 1972 poté istituire delle proprie diocesi autonome nella DDR.
316 “Alles, was die DDR an positivem gegenüber der katholischen Kirche durchführen würde, wäre auch
fürden Kampf um die Anerkennung von Nutzen”. Cfr. ibid.
317 Cfr. Auslandinformation an Norden, 29.11.1972, in: SAPMO, Bestand Büro Norden, DY 30/IV
B2/2.028/12.
318 Furono circa 200 le adesioni di parlamentari italiani. Della campagna di raccolta firme se ne parla in:
Notizen über ein Gespräch des Vorstands der IPG mit der Delegation führender Politiker der italienischen Bewegung für die Anerkennung der DDR am 20.7.1972, in: SAPMO, Bestand Volkskammer, DA-1/12919- 1.
319 Cfr. Informationen über Beratungen mit einer Delegation des Zentralkomitees der Italienischen
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Germania Est non fu di poco conto. Il dibattito sul riconoscimento della Repubblica democratica fu un’arma ritenuta idonea per sfidare la Democrazia Cristiana. In Senato, Franco Antonicelli criticò i ritardi e i continui rinvii del governo circa il riconoscimento della DDR320. Quando infine le forze di governo
decisero di avviare i contatti per l’istituzione di relazioni diplomatiche ufficiali tra Roma e Berlino Est, e di conseguenza riconoscere l’esistenza dello Stato tedesco orientale, il PCI accolse con un plauso e con profonda soddisfazione la decisione del governo321.
L’impegno delle forze politiche di sinistra in merito al riconoscimento della DDR fu notevole e sicuramente riuscì nell’opera di sensibilizzazione del partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana, a capo del governo, che tuttavia attese la conclusione del “Trattato fondamentale”, siglato a Berlino Est il 21 dicembre 1972 dai sottosegretari di Stato della Repubblica federale di Germania, Egon Bahr, e della Repubblica democratica tedesca, Michael Kohl; un trattato che sancì per la prima volta il riconoscimento reciproco delle due nazioni tedesche come stati sovrani. Il governo italiano non intraprese alcuna azione di riconoscimento prima di aver avuto un confronto con le altre potenze occidentali, ma il 22 dicembre ebbe luogo un primo contatto tra Ingo Oeser, capo della sezione “Europa occidentale” del ministero degli Esteri della DDR, e Gian Luigi Milesi Ferretti, già ambasciatore italiano a Belgrado e vice-direttore degli affari politici e di sicurezza alla Farnesina. I colloqui ripresero tra il 9 ed il 15 gennaio 1973 e si conclusero con la pubblicazione di un protocollo che ufficializzava l’avvio delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica italiana e la Repubblica democratica tedesca il 18 gennaio 1973322. In quella data avvenne anche lo scambio degli ambasciatori tra i due paesi. L’Italia precedette di poche settimane Francia e Gran Bretagna, le quali stabilirono entrambe relazioni ufficiali con la DDR il 9 febbraio.
320 Cfr. Atti parlamentari, Senato della Repubblica, Discussioni, Vol. 306, seduta del 7 dicembre 1972, p.
3356.
321 Cfr. L’Unità, 19 gennaio 1973.
322 Il testo integrale del protocollo è contenuto in: Sitzung des Präsidiums des Ministerrates, BA-Berlino, DC
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Conclusioni
Nei capitoli precedenti sono stati esplorati vari ambiti delle relazioni tra l’Italia e la Repubblica democratica tedesca, esaminando con particolare attenzione i rapporti tra il PCI e la SED, attraverso un considerevole intreccio di contatti. Dalla nascita della DDR fino al 1973, anno del suo riconoscimento diplomatico da parte dell’Italia, le uniche relazioni possibili furono appunto quelle interpartitiche. Nonostante la sua posizione di “non-Stato”, fu possibile comunque avviare con la DDR degli scambi che si concretizzarono sotto forma di delegazioni parlamentari in visita, basate sul comune fondamento ideologico dell’antifascismo. Non solo: si è esaminato come i tentativi di sensibilizzare l’Italia repubblicana sul tema del riconoscimento siano passati attraverso vari mezzi di propaganda quali la stampa di partito, la radio e il Centro Thomas Mann, nonché i comitati interparlamentari.
Da ciò emerge tutta la difficoltà dello Stato tedesco orientale ad impostare un’autonoma politica estera: non si parla solo del fatto che la sua esistenza dipendesse dalle volontà dell’Unione Sovietica, ma anche della necessità di cercare una sponda per impostare un rapporto con i Paesi dell’Europa occidentale. Sponda che, per chiari motivi, non poteva essere quella della Repubblica federale tedesca. Da qui la scelta di appoggiarsi al più grande e influente partito comunista dell’Occidente, il Partito comunista italiano, per scardinare la monolitica posizione dei Paesi NATO nei confronti della Germania Est. Tuttavia, solo raramente la Repubblica democratica tedesca riuscì a rendersi protagonista degli eventi. Considerando ciò, può sembrare che la DDR cercasse un modo per “farsi notare” dalla comunità internazionale. Per la dirigenza dello Stato, quale cassa di risonanza migliore se non quella del PCI? La DDR assunse il ruolo di “elemento di disturbo” per la politica estera occidentale e fu sempre pronta a sfruttare ogni occasione favorevole per incrinare le relazioni estere della Repubblica federale, così come l’immagine che la comunità internazionale aveva di essa. Al tempo stesso, la Germania orientale si sforzò di
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apparire come la “Germania migliore”, quella che aveva fatto i conti con il proprio passato e quindi autenticamente antinazista. È evidente però che si cercasse di dare anche una legittimità all’esistenza di un secondo stato tedesco, solo formalmente autonomo dall’URSS.
Dall’altro lato abbiamo la Repubblica italiana, nata dalle ceneri del Regno d’Italia, in cerca di una propria identità che la smarcasse dal recente passato fascista. Nelle intenzioni di Alcide De Gasperi, la Repubblica avrebbe dovuto contraddistinguersi per una politica estera europeista e aperta alla comunità internazionale. Nei fatti però, sul piano delle relazioni internazionali, l’Italia mostrò una scarsa autonomia ed una posizione allineata alle volontà degli Stati Uniti e, in merito alla questione tedesca, allineata alla rigida “dottrina Hallstein” della Germania Ovest.
Fu un successo per le sinistre? Solo in parte perché, nonostante le aperture tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, la DC non cambiò la propria linea in politica estera, come abbiamo appena visto. Dopo il riconoscimento della DDR, il nuovo segretario del PCI, Enrico Berlinguer, perpetuò la sua politica di amicizia nei confronti della SED, ma la frattura che si aprì tra i due partiti dopo lo strappo del PCI da Mosca rimase insanabile e portò al lento e graduale esaurimento dei contatti tra i due partiti. Solo la visita ufficiale di Stato di Bettino Craxi a Berlino Est nel 1984, in veste di Presidente del Consiglio rinvigorì i rapporti (fino a quel momento alquanto “soporiferi”) tra l’Italia e la Repubblica democratica tedesca. Tuttavia questa non mutò i rapporti blandi tra i due maggiori partiti della sinistra italiana e la SED, che continuarono ad essere bruderparteien solo nella forma, fino all’estinzione della DDR.
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