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Breve panoramica di esperienze di teatro in carcere a livello

4.3 Il teatro in carcere

4.3.2 Breve panoramica di esperienze di teatro in carcere a livello

livello internazionale

In un interessante articolo pubblicato sulla rivista “Teatri delle diversità” da Walter Valeri (Valeri, 2009, 2010) è descritto in modo approfondito l’evoluzione dell’espe- rienza del teatro nelle carceri americane. In America le prime tracce di attività teatrali in carcere risalgono al 1890, sotto forma di recite di Natale. A partire dal 1892 nel carcere di Folson in California ebbero inizio delle recite sotto forma di “varietà musicale” in occasione della festa del 4 luglio e dell’Indipendence Day. Questo tipo di intrattenimento e di attività organizzata per i detenuti proseguì per i primi decenni del secolo. Nel 1946 Roy Franklyn mise in scena un adattamen- to dei Pagliacci, sotto forma di vaudeville per i prigionieri della Danbury Federal Prison in Connecticut. Un balzo in avanti fu fatto con gli anni ’50 che passeranno alla storia della vita in carcere in America come “l’Era del trattamento”. All’inizio il trattamento più diffuso era quello associato all’uso della letteratura col nome di “biblioterapia”. Si crearono delle piccole biblioteche, con pochi titoli e sottoposti a censura. I prigionieri si costituivano come gruppo di lettura che poteva scegliere un volume, poi una volta o due la settimana si riunivano in una saletta sotto stretta sorveglianza per commentarlo. Il primo teorico e sostenitore della biblioterapia fu Herman Spector, bibliotecario del carcere di San Quintino dal 1947 al 1968. Per oltre vent’anni Spector annotò scrupolosamente i vari e diversi comportamenti dei detenuti. In quel diario mostrava, in termini di cambiamento della persona- lità, i risultati positivi raggiunti con la biblioterapia. 2 Sulla spinta di Spector altri bibliotecari progressisti quali Robert Waxier e Jean Trounstine svilupparono diversi programmi ispirati alla “bilbioterapia”4, organizzati secondo metodologie

4Per maggiori informazioni su Herman Spector e la bilbioterapia è utile ancora oggi leggere il

libro di Erci Cummins, Rise and Fall of California’s Radical Prison Movement Stanford, CA: Stanford University Press, 1994

interpersonali e di gruppo. Erano i primi programmi di riabilitazione a sfondo cul- turale ammessi e finanziati dallo Stato federale. Ancora oggi vanno sotto il nome di Changing Lives Through Literature5. Non è un caso se nello stesso carcere di San Quintino ha avuto luogo anche il primo laboratorio di pittura per detenuti con una mostra aperta al pubblico nel 1950 dal titolo San Quentin Art Show.

L’uso del teatro in carcere in modo significativo avviene per la prima volta sempre a San Quintino. Si tratta della famosa recita di Aspettando Godot che gli attori del San Francisco Actor’s Workshop realizzarono il 19 novembre del 1957. Da quest’esperienza nacque il San Quentin Drama Workshop. La prima vera compagnia teatrale americana (e forse del mondo) composta dagli stessi de- tenuti (www.thesqdw.org). Contemporaneamente, mentre prendeva forma il San Quentin Drama Workshop, nel carcere di Folson Prison vicino a Sacramento in California si stabilì anche un primo gruppo di scrittura creativa per prigionieri. In sostanza, a partire dalla seconda metà degli anni ’50 si gettarono le fondamenta per dei veri e propri programmi teatrali nelle carceri americane.

Le compagnie iniziarono i loro interventi in carcere in modo significativo e massiccio nel 1960, nel momento della controcultura, quando iniziò la contestazione da parte dei giovani nei confronti dell’establishment e dell’intero sistema politico americano. Una contestazione che poi passerà in Francia e quindi in Italia e in Germania. In California nel 1970 nacque l’Artists in Social Institutions Program sotto il cui ombrello si sviluppò un programma specifico molto importante chiamato Art in Corrections, nel 1967 il Theatre for the Forgotten, la prima compagnia itinerante di teatro per le carceri in America, che fondò il programma Changing Scenes e successivamente il Cell Block Theatre fondato nel 1969 in New Jersey da Michael Ravik e dalla moglie Alba Oms.

Con la metà degli anni ’80 e con Reagan ci fu “Prison Boom”. Si costruiro- no nuove prigioni mentre gran parte dei programmi riabilitativi e teatrali furono cancellati. L’amministrazione democratica di Clinton non ha cambiato sostanzial- mente atteggiamento in materia. Nel 1994 il congresso ha votato e stabilito di sopprimere il Pell Grants per le prigioni federali, abolendo di fatto il finanziamen- to per tantissimi programmi culturali e ogni educazione a livello di college per i detenuti. Dalla fine degli anni ’80 sono nati comunque nuovi programmi di ria- bilitazione che esistono ancora oggi: il programma di Hettie Jones di scrittura creativa nato nel 1989 al Bedford Hilla correctional Facility di New York, il Prison Creative Arts Project (PCAP), fondato nel 1990 da Buzz Alexnder, il Keeping the Faith: the prison project, fondato nel 1995 dalla The Pat Graney Company, il Prison Performing Arts nato nel 1989 da Agnes Wilox (www.prisonartsstl.org),

5Della storia ed evoluzione di questa attività in carcere se ne parla ampliamente nel volume

di Jean Troustine e Robert P. Waxler pubblicato nel 2005, Finding a Voice: The Practice of Changing Lives Through Literature, oppure sul sito web http://cltl.umassd.edu.

4.3 – Il teatro in carcere

il Rehabilitation Through the Arts (RTA), fondato da Katherine Vockins nel 1996 e molti altri programmi compresi nell’elenco della NEA (National Endowment for the arts) (www.arts.endow.gov/resources/accessibility/rlists/corrections/html).

La funzione del teatro in questo contesto fu molto importante. Iniziò a modi- ficare la loro vita dei detenuti all’interno delle carceri. Grazie a quegli spettacoli i carcerati cominciarono a rompere l’isolamento tra loro stessi. Per la prima volta il carcere venne inteso come una tappa e un periodo transitorio nella vita del car- cerato. Non soltanto un momento di sospensione della socialità dell’individuo ma un possibile momento importante del suo possibile sviluppo e crescita. È l’avven- to della filosofia della “riabilitazione”, che è ancora alla base di ogni programma rieducativo.

Tutti gli artisti che lavorano nelle prigioni capiscono che stanno imparando, cosi come stanno insegnando. Il teatro è un’arte basata sulla collaborazione in cui tutti i partecipanti contribuiscono con ciò che sanno e allo stesso tempo apprendono quello che non sanno. Il teatro è anche l’arte della trasformazione che può aiutare le persone a immaginare le loro possibili trasformazioni. Tutto ciò è vero sia per gli attori che per gli spettatori sia che si trovino in prigione oppure no, ma molti attori e molti spettatori carcerati hanno un desiderio di trasformazione tale che su- pera ciò che molti di noi immaginano. Vogliono trasformarsi da persone che sono

state cancellate dalla società a persone rispettate in società, persone libere, libere di amare le loro famiglie, libere di guadagnarsi da vivere, libere di programmare un futuro che non abbia nulla a che fare con il crimine e la prigione. Certamente in

prigione non tutti sognano di trasformarsi. Alcuni di loro sono stati intrappolati in cicli senza speranza per lungo tempo e hanno perso la capacità di avere certi tipi di sogni, ma gli uomini e le donne che vogliono correre il rischio di calcare il palcosce- nico scoprono che le abilità richieste in teatro e le abilità necessarie per cambiare la propria vita sono tutt’altro che incompatibili: dedizione, determinazione, disci- plina, concentrazione, ascoltare attentamente, parlare chiaramente, controllare le emozioni, essere coscienti delle conseguenze di un’azione, decodificare i molteplici significati nel sottotesto di una conversazione, definire un obiettivo nella maniera più precisa possibile e lavorare con persistenza per realizzarlo (Jenkins, 2011).

In Brasile si distingue, tra gli altri, l’ideatore del Teatro dell’Oppresso, Augusto Boal. Il progetto Teatro na Pisão dell’Università di Rio de Janeiro (UNIRIO), si colloca sulla linea proposta da Augusto Boal, con il di Rio de Janeiro ha istituito, alla fine del 2004, il “Banco delle Idee”, riunendo 21 progetti di diverso genere, tra cui il Teatro in carcere, idea nata dagli studenti e dai docenti dell’Università UNIRIO, in seguito ad un’esperienza che ha origine nel 1997, in cui si è tentato di portare il teatro nelle carceri e, allo stesso tempo, riflettere sulla situazione degli internati, cercando di recuperare la dignità e la cittadinanza. Con l’aiuto degli attori/universitari, i detenuti imparano le tecniche di drammaturgia, dalla prepa- razione alla rappresentazione, vivendo un’esperienza diversa dal loro quotidiano, sentendosi più umani e nuovamente parte di una società ormai distante. Un altro

esempio brasiliano è stato il lavoro del regista teatrale Jorge Spinola, con la per- formance Mulheres de Papel (Donne di carta), presentata nel carcere femminile di Tatuapè, vicino a Sao Paulo. Il teatro non cambia le persone, ma può svegliare in loro la voglia di cambiare. Il teatro deve portare allo spettatore la coscienza della necessità di trasformazione e non cercare di trasformarlo (Patricio, 2005).

Anche in Italia sta nascendo una rete di gruppi di persone che usano il metodo Boal (www.theatreoftheoppresed.org) (Mazzini, 2005).

In Europa ci sono diverse esperienze di teatro in carcere, come il Manchester City College o in Italia il CETEC – Centro Europeo Teatro e Carcere, il Life Long Learning Programm della DG Culture and Education della Cee, il carcere di Oslo Gronland voksenoplaeringssenter (Norvegia), Sonder Orme Prison (Danimarca), Belfast la Prison Arts Foundation (Irlanda del Nord), il 2nd Gymnasium & Lyceum (Grecia), Dance United e Music in Prisons da Londra, Integra da Sofia (Bulgaria), etc. Dall’incontro di tutte queste realtà è nato il progetto europeo Movable Barres, un evento tenutosi a Roma nel 2009 come momento di incontro e confronto.