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ALUNNI STRANIERI IN CLASSE: COSA PENSANO LE INSEGNANTI DI UNA SCUOLA PRIMARIA?

3.1. BREVE SINTESI: CHE COS’E’ L’INTERVISTA DIALOGICA?

Nel libro “Centrato e aperto, dare vita a interviste dialogiche” Salvatore La Mendola (2009) spiega che l’intervista dialogica è un metodo attraverso il quale si cerca di rac-cogliere rappresentazioni di esperienze e di relazioni. L’intento principale è quello di comprendere il mondo dal punto di vista dell’altro e per poterlo fare è necessario ascoltare e apprendere i significati delle rappresentazioni.

L’intervista dialogica è un tipo di intervista narrativa, discorsiva, aperta ed etnografica e ha senso nel momento in cui l’intervistatore diventa un esploratore di sé stesso. Affinché ci sia un’asimmetria di potere tra ricercatore ed intervistato è necessario strutturare l’intervista su tre livelli:

1. Il primo livello riguarda l’accettazione dell’intervista dall’inizio alla fine;

2. Il secondo livello riguarda le modalità dell’interazione;

3. Il terzo livello indica il percorso con cui si svolge il racconto.

Sia nel primo che nel secondo livello è l’intervistato a determinare la realizzabilità dell’intervista e a definire le regole del gioco, mentre è nel terzo livello che il ricercatore propone e cura la forma dell’interazione. Le domande da porsi sono:

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 Qual è il significato delle mie mosse comunicative?

 All’intervistato, quale self sto implicitamente o esplicitamente proponendo di interpretare? (Utilizzare il metodo dell’intervista dialogica vuol dire essere aperti ad una relazione in cui si accetta qualsiasi modalità e forma del racconto di sé.

Viene quindi usato uno stile che sostiene l’intervistato durante il suo racconto).

 Come possiamo evitare di spingere l’intervistato ad interpretarsi come un attore?

Come favorire nell’altro una “danza” dialogica? (Per riuscire in questo intento è necessario instaurare una relazione io-tu, e non io-esso).

Nello stile dialogico le domande devono mettere l’intervistato nella condizione di poter raccontare la propria esperienza. Per dare la possibilità al narratore di raccontarsi è necessario eliminare i fraintendimenti. L’intento è l’ascolto.

L’intervista dialogica si presenta come un rituale che genera consapevolezza sia nell’intervistato che nell’intervistatore. Più l’intervistatore sarà aperto ad ascoltare l’altro, più prenderà consapevolezza di sé stesso e maggiormente egli accompagnerà il narratore nel suo viaggio tra le esperienze e le relazioni. Attraverso la prospettiva dialogica si ci prende cura della relazione che si sta intraprendendo e della persona che si incontra. La cura nei confronti dell’altra persona può essere possibile mostrando attenzione a tutti i passaggi. Un esempio di cura può essere la scelta del luogo in cui fare l’intervista, il setting. Nello stile dialogico il setting è molto importante poiché dalla scelta del luogo dipende la libertà di espressione del narratore ed è per questo motivo che è necessario prediligere gli ambienti di vita delle persone che si intervistano. La stessa cura va riservata alla conclusione e ai ringraziamenti finali. Come in qualunque altro tipo di relazione viene spontaneo ringraziare chi ha donato parte del suo tempo alla ricerca e talvolta, in questo tipo di interviste, può succedere che anche il narratore ringrazi l’intervistatore per averlo ascoltato in quanto ha avuto la possibilità di mettere in rilievo aspetti della sua vita a cui non aveva mai prestato attenzione. Intervistatore ed intervistato si ringraziano reciprocamente poiché attraverso questo stile è stato dato un valore al vissuto del narratore permettendo al ricercatore di raccogliere l’esperienza del narratore.

È necessario tener conto che, qualunque sia la modalità usata per entrare in contatto con gli intervistati, si sta creando un accordo comunicativo. Il contatto può avvenire anche tramite dei mediatori, i quali possono aprire la strada per entrare in relazione con l’altro

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e far superare a quest’ultimo la riservatezza che si può avere nei confronti dell’intervistatore. Un esempio di mediatore può essere rappresentato dalle persone che sono state già intervistate; questo metodo viene definito “a palla di neve, a valanga”.

Attraverso questo metodo l’intervistatore entra in relazione con un nuovo narratore grazie all’indicazione di una persona che è già stata intervistata; in sintesi si tratta di chiedere a chi è già stato intervistato di segnalare altre persone che siano disposte a farsi intervistare.

In quanto, se si vuole dar vita ad un’intervista dialogica, si deve partire dal presupposto che non si può convincere nessuno ad essere disponibili nel raccontare di sé. Occorre far capire al possibile narratore che ciò che si sta cercando di costruire insieme è importante e che il suo contributo è indispensabile: per questo occorre essere credibili e per poter essere credibili l’unica via è quella di credere in ciò che si sta facendo.

Un aspetto importante è capire se l’intervistato debba conoscere nel dettaglio l’argomento di ricerca o se sia meglio indicare solo la cornice generale entro cui si inserirà l’intervista.

Tendenzialmente è preferibile la seconda opzione in quanto con la prima il rischio è quello che il narratore aumenti il livello di controllo razionale e di “difesa della faccia”, facendo venir meno la dinamica di co-costruzione; inoltre l’intervista dialogica intende creare discontinuità con i rituali quotidiani e anche per questo è meglio evitare di creare nel narratore prefigurazioni troppo vincolanti e strutturate.

In generale le caratteristiche di un’intervista sono:

1. Rilevazione di situazioni, comportamenti, opinioni;

2. Rilevazione degli stati degli intervistati;

3. Prende vita durante una ricerca.

Tuttavia va tenuto in mente che l’intervista dialogica non ha come scopo solo quello di raccogliere opinioni ma tende a dare importanza a tutto il racconto proposto dall’altro;

raccoglie rappresentazioni e non stati e non vede l’altro come un oggetto da cui avere informazioni ma dà vita ad una relazione. Inoltre in una visione dialogica, “l’impegno da accogliere è che ogni specifico elemento che il narra-attore mette in rilievo traendole dall’infinita massa di aspetti della sua vita, costruendo un racconto nel qui ed ora della relazione con l’intervista-attore, esprime il suo significato solo se è colto all’interno della cornice di esperienza e di relazione che quell’elemento ha generato” (La Mendola S., 2009).

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Quello che si fa attraverso le interviste dialogiche è chiedere ai narra-attori di illustrare le loro “stanze di vita quotidiane”. In esse si trovano sia le esperienze, sia le relazioni. Per poter far parte della vita degli altri è necessario generare una relazione dialogica. Per far ciò è fondamentale essere aperti all’ascolto e al racconto del narra-attore. Affinché ci sia questa apertura è necessario che chi ascolta compia un passo indietro per dare spazio a chi racconta. Quando non si crea questo tipo di relazione è perché “l’intervistatore vuole unicamente informazioni di un certo tipo, ha poco interesse ad aiutare l’intervistato a vedere meglio dentro di sé, a meno che questo non serva per ottenere informazioni di cui ha bisogno. Egli deve fare in modo che l’intervista rimanga incentrata sugli argomenti che in precedenza ha scelto”. Invece, “per il successo di un’intervista dialogica, non solo la comunicazione deve avvenire liberamente e con franchezza, ma anche il contenuto della comunicazione deve essere così controllato e così messo a fuoco da rendere possibile il conseguimento dello scopo dell’intervista” (La Mendola S., 2009).

Una delle caratteristiche più importanti di questo stile è quella di percepire l’intervista come uno strumento per conoscere, “nascere insieme”; ed è importante che sia l’intervistatore che l’intervistato si lascino sorprendere da questo “rituale”.

3.2. IL PENSIERO DELLE INSEGNANTI DI UNA SCUOLA