• Non ci sono risultati.

II. L’insinuarsi del concetto di tragico in quello di natura da Hyperion

3.1. Brevi considerazioni preliminari all’analisi delle stesure

Nel corso del capitolo precedente si è tentato di analizzare il processo per cui il concetto di tragico scaturisce direttamente dalla filosofia della natura del nostro autore. In particolare, tramite l’esame del frammento del ’99, si è approdati, finalmente, alla descrizione della contrapposizione fondante del tragico, quella tra natura e arte e, quindi, tra aorgico e organico, da cui scaturisce il “paradosso” responsabile dell’innescarsi del conflitto.

Per comprendere come tale, imprescindibile contrapposizione imposti la struttura delle stesure del Tod des Empedokles e, dunque, come si possa rintracciare in esse il fondamento filosofico rintracciato nelle odi, nelle lettere e negli scritti critici finora analizzati, bisogna chiedersi in quale orizzonte del dramma sia da ricercare la riproduzione primaria dell’antitesi di Natur e Kunst; su

186 quale piano, pertanto, sia da indagare lo svolgersi di tale confitto e, infine, in quale forma esso si dispieghi all’interno delle varie stesure, assistendo alla trasformazione sensibile del concetto hölderliniano di tragico. Certamente, si riconosceranno diversi luoghi in cui tale dialettica è presente e, anzi, si può dire che tutti i piani di cui il dramma si compone sono, in qualche modo, animati dall’azione reciproca dei due poli opposti; tuttavia, l’individuazione del fondamento essenziale che rende possibile la concretizzazione estetica deve riguardare un panorama ben preciso, che presuppone la tragedia stessa come genere letterario e che deve sottintendere la nostra intera comprensione del dramma hölderliniano.

L’esame del Grund zu Empedokles aveva concluso che l’orizzonte privilegiato del tragico risiede nella storia (Geschichte, non, naturalmente, Historie) poiché è in quella dimensione che si realizza la massima vicinanza tra il piano della natura come successione ciclica e quello dell’arte come svolgersi di un destino (Geschick)509. Questo risultato si riconferma se si fa derivare anche dalla fortissima

influenza che la nozione fichtiana di Wechselwirkung ha avuto nella delineazione della contrapposizione organico-aorgico nella filosofia di Hölderlin e, dunque, dalle implicazioni che la nozione stessa di azione reciproca tra due impulsi necessariamente ha. Infatti, è indubbio che il paradigma su cui la dialettica descritta nella seconda parte del Grund zu Empedokles è costruita abbia una forte impronta fichtiana.

Innanzitutto, come s’è visto, i due poli della contrapposizione sono identificabili in quello del limitante e giudicante, nel caso dell’organico, e dell’illimitato e caotico, in quello dell’aorgico, in modo che l’antitesi fondante del tragico hölderliniano si collochi in un filone che non può che prendere le mosse dalla tensione oppositiva tra Io e Non-Io della Wissenschaftslehre. Anzi, l’estremo dell’organico è talmente riconducibile alla forza “limitante” dell’Io (determinato) fichtiano che possiede il carattere della coscienza, tanto discussa nella Wissenschaftslehre e criticata persino da Hölderlin, e che ingloba in sé anche il carattere della riflessione510: come s’è visto, proprio quello della riflessione è il lato

509 Cfr. infra, par. 2.3.4.

510 Com’è ovvio, se si pensa alla critica del nostro autore al concetto di Bewusstsein fichtiano p. es.

nella lettera a Hegel; su questo, cfr. infra par. 1.3.3. Si noti come, proprio nei punti in cui l’influenza di Fichte si fa evidente nella produzione hölderliniana, sono presenti anche delle critiche non troppo nascoste alla filosofia dell’Io assoluto; come abbiamo visto e vedremo meglio, anche la figura di Empedocle è, per certi versi, interpretabile come una critica alle fallacie dell’idealismo fichtiano.

187 più peculiare della tiefste Innigkeit, protagonista del dramma, che è intesa, fichtianamente, proprio come il “salto” dell’Io in se stesso dopo l’urto col Non-Io e, dunque, come il rifugiarsi dell’Io in se stesso, il riconciliarsi (apparente) dell’interiorità con le sue stesse, caotiche profondità. Dunque, anche nella raffigurazione del carattere tragico esiste un’evidente ascendenza fichtiana, così come in quella di tutti i conflitti che da quel carattere sono innescati.511

Ciò nondimeno, il carattere della Wechselwirkung fichtiana che più impregna l’intera filosofia di Hölderlin e che, rimanendo insuperato e non criticato, fonda maggiormente il concetto di tragico, è, a mio parere, il suo indiscusso carattere processuale, auto-generantesi e riproducentesi: l’azione reciproca dei due impulsi, in Fichte, o dei due capi antitetici, in Hölderlin, è per forza legata alla successione necessaria dei loro urti, del loro reagire l’uno con l’altro512, al movimento di avvicinamento e allontanamento che i due poli

innescano reciprocamente. In ultima istanza, l’orizzonte in cui si innesca l’azione reciproca e che, motivando il concetto di tragico, si rivela come il principio della dottrina fichtiana che più ha influenzato la filosofia di Hölderlin è quello del tempo; è la temporalità a costituire il più autentico palcoscenico dell’azione tragica perché è la scena in cui la storia si incontra con la legge ciclica di successione, è il terreno che incatena l’essere umano alla sua peribilità e, insieme, quello che lo colloca nella successione dei destini, nel racconto rammemorante e preveggente, nello stimolo ad agire e nel rimorso per quando si è agito. Solo il tempo può unificare i diversi piani in cui la Wechselwirkung agisce e può, quindi, configurarsi come il terreno privilegiato in cui essa diviene comprensibile.513

Da questo consegue che il concepire più compiutamente, da parte di Hölderlin, il tragico in quanto dramma (dràō), in quanto poesia (poiēsis – poieō514), e

non in quanto ode si origina direttamente dal suo pensare la contrapposizione tra natura e arte da un punto di vista squisitamente temporale: la tragedia può far sì che i contrasti della vita vengano compresi e non solo sentiti poiché essa stessa si

511 Per approfondire, cfr. la ricerca di Sieglinde Grimm, Fichtes Gedanke der Wechselwirkung in Hölderlins Empedokles-Tragödie in Poetica 33, 2001, pp. 191-214.

512 Proprio come accadeva nella “reazione chimica” descritta nell’ultimo frammento del Grund zu Empedokles.

513 Qualcosa di simile sostiene Monica Gargano nel suo La ricerca della misura. Essere, Armonia e Tragico nel pensiero di Hölderlin, ETS, Pisa 1996.

188 snoda temporalmente, si compone di atti concatenati e può rappresentare meglio di ogni altra forma espressiva la natura transitoria, quindi storica, quindi mortale, dell’essere umano, insieme al fronteggiarsi titanico delle opposizioni cardinali della sua essenza515. La vita deve diventare comprensibile nel dramma, infine, perché

porta sulle scene il divenire; quel Werden im Vergehen516 che motiva il concepirsi

dell’essere umano in eterno cammino verso il Seyn, e che, insieme, lo riconduce alle più profonde radici del suo essere materiale, facendo coincidere gli opposti nel misterioso Abgrund dell’aorgico.

Nella breve analisi delle stesure del Tod des Empedokles che segue si vedrà, dunque, non solo come l’azione reciproca di natura e arte stia alla base di tutti i contrasti e i movimenti entro cui la tragedia si snoda, ma, soprattutto, si tenterà di verificare che, proprio in virtù della preponderanza dell’orizzonte temporale sull’intero conflitto tragico, è la tragedia stessa che, basandosi sull’intuizione intellettuale, deve realizzare il congiungimento tra estremi che Empedocle trova nella morte, seppure soltanto per il tempo della rappresentazione. Il divenire consapevole della vita a se stessa non è altro che questo: il portare a rappresentazione la possibilità dell’unione tra gli estremi nell’ambito della temporalità, in cui siamo immersi e secondo cui dobbiamo necessariamente pensare. Se l’ode, comunicando il sentimento, poteva far intravedere soltanto la purezza di quella interiorità che genera il conflitto tragico, ecco che la poesia può mostrarne la profondità in quanto può svolgersi temporalmente e creare quel senso di tragica appartenenza al Seyn che Empedocle raggiunge gettandosi nelle fiamme.

Per provare a comprendere il processo che presuppone le tre stesure e che Wöhrmann definisce di metapherêin517, bisogna, in definitiva, tener presente

che il suicidio di Empedocle non è altro che la metafora della tragedia stessa:

515 Cfr. Grimm, op. cit., p. 192: la Wechselwirkung di ascendenza fichtiana viene, così, combinata alla

“forma agonale” della tragedia classica.

516 Riferimento allo scritto di Hölderlin del 1800 Das Werden in Vergehen, trad. di Ruschi, Il divenire nel trapassare, in Hölderlin, Scritti di estetica, cit., pp. 95-9.

517 Cfr. Wöhrmann, op. cit., p. 118. L’autore accosta questo concetto greco a ciò che Hölderlin

esprime alla fine dell’Allgemeiner Grund, quando dice: “Proprio per questo, perché esprime l’interiorità più profonda, il poeta tragico rinnega interamente la sua persona e la sua soggettività come l’oggetto a lui presente: li traspone in una persona estranea, in una soggettività estranea […] cioè nel protagonista”. Il passo si trova nell’ed. citata del frammento (tradotto da Balbiani) a p. 211.

189 prodotta dalla stessa hybris del poeta, con il suo stesso fine e con i suoi medesimi, terrificanti rischi.