SOMMARIO 2.1 Le risposte alla crisi 2.2 Inserimento della Direttiva
2.3 La proposta di direttiva BRRD: contenut
2.3.5 Misure risolutive
2.3.5.2 Bridge bank
Lo strumento dell’ente-ponte – così come la separazione tra bad bank e good
bank, di cui si tratterà nel prossimo paragrafo – costituisce, di fatto, una particolare
versione dello strumento della vendita dell’attività d’impresa appena analizzato. Si prevede, infatti, anche in questo caso che le autorità di risoluzione delle crisi abbiano il potere di cedere attività, diritti o passività – anche solo una parte di essi –
150 Così lo stesso art. 33, par. 3, dove le lettere a) e b) spiegano le condizioni per cui è possibile derogare ai criteri previsti dal par. 2, ovvero quando: «a) l’autorità di risoluzione delle crisi ritiene che il
dissesto dell’ente soggetto a risoluzione della crisi costituisca una minaccia sostanziale per la stabilità finanziaria o la aggravi; e b) l’ottemperanza agli obblighi rischia di compromettere l’efficacia dello strumento della vendita dell’attività d’impresa nell’affrontare tale minaccia o nel raggiungere l’obiettivo di risoluzione delle crisi di cui all’articolo 26, paragrafo 2, lettera b)» [cioè evitare effetti negativi
significativi sulla stabilità finanziaria, anche attraverso la prevenzione del contagio e il mantenimento della disciplina di mercato].
151 In merito a tale strumento, oltre a quanto si dirà nel presente paragrafo, si rimanda a BOCCUZZI G., op. ult. cit., pag. 152 e ss., COMMISSIONE EUROPEA, Technical details of a possible EU
framework for bank recovery and resolution, Brussels, 6 gennaio 2011, in http://ec.europa.eu /internal_market/consultations/docs/2011/crisis_management/consultation_paper_en.pdf, pag. 52 e ss. e
INTERNATIONAL MONETARY FUND AND THE WORLD BANK, An Overview of the Legal,
Institutional, and Regulatory Framework for Bank Insolvency, aprile 2009, in
85 ad un altro soggetto, senza ottenere il consenso degli azionisti dell’ente soggetto al regime di risoluzione. In questo caso, però, il soggetto terzo è costituito da un cosiddetto “ente-ponte”, cioè da un’entità giuridica interamente o parzialmente di proprietà di una o più Autorità pubbliche (che possono essere anche le stesse Autorità di risoluzione delle crisi), specificamente costituita a tale scopo152.
La particolarità di tale ente-ponte è che esso viene fornito, sempre da parte delle
resolution authorities, dell’autorizzazione per esercitare attività bancaria ed è tenuto,
come qualsiasi altro intermediario operante nel mercato, al rispetto delle norme regolanti il settore, primi fra tutti gli obblighi delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia di requisiti di capitale153. Alla luce di ciò, sono poste alcune condizioni con riferimento alla cessione delle attività, dei diritti e delle passività dell’ente soggetto a risoluzione che, invece, non erano previste con riferimento allo strumento della vendita dell’attività, quale l’obbligo che il valore complessivo delle passività cedute non superi il valore totale dei diritti e delle attività154. Lo scopo che si intende perseguire attraverso la bridge bank è chiaramente esplicitato all’interno della proposta di direttiva, dove si spiega che l’amministrazione dell’ente-ponte è eseguita nella prospettiva di vendere l’ente e le sue attività, diritti e passività a uno o più acquirenti del settore privato quando le condizioni lo permettono155.
È facile capire, quindi, che l’obiettivo perseguito dal legislatore comunitario è quello di facilitare la continuazione delle operazioni e dei servizi che, in questo modo, non subiscono soluzioni di continuità, e di procedere alla liquidazione
152 Così art. 34, par. 2, della proposta di direttiva. 153 V. art. 35, par. 1, lett. c) e d).
154 Art. 34, par. 3. 155 Così art. 35, par. 2.
86 definitiva dell’ente soggetto a risoluzione, nell’attesa di trovare una soluzione permanente per la situazione dell’ente-ponte. È previsto, infatti, che le Autorità di risoluzione delle crisi mettano fine al funzionamento di quest’ultimo non appena si verifichi l’assunzione della totalità delle attività della bridge bank da parte di un altro soggetto, tramite fusione con un altro ente oppure tramite l’acquisizione della maggioranza del capitale156.
All’interno delle prime proposte della Commissione europea non esistevano indicazioni in merito al destino dell’ente soggetto a risoluzione una volta avvenuta la cessione. Alcuni dubbi sono stati espressi da parte di alcuni Stati membri riguardo la mancanza di una esplicita previsione che disciplinasse l’obbligo in capo alle Autorità di risoluzione di provvedere alla liquidazione delle componenti residue dell’ente soggetto a risoluzione. A questo proposito, inizialmente la Commissione ha deciso di seguire la linea di pensiero di una minoranza di paesi partecipanti alle consultazioni che richiedeva di non inserire alcuna previsione normativa in tal senso in modo da lasciare aperta la possibilità di mantenere l’intermediario ancora in vita157. Nella proposta del giugno 2012, però, si assiste ad un cambio di rotta: l’art. 31, par. 5, infatti, stabilisce che, quando vengono applicati gli strumenti di risoluzione delle crisi che prevedono la cessione di attività, diritti o passività dell’ente soggetto al regime di risoluzione158
, «la parte residua dell’ente da cui è
avvenuta tale cessione è liquidata con procedura ordinaria di insolvenza entro un
156 V. art. 35, par. 3.
157 V. COMMISSIONE EUROPEA, Public consultation on technical details of a possible EU
framework for bank resolution and recovery, List of answers (working document), Brussels, 5 maggio
2011, in http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/docs/2011/crisis_management/answers_list
_en.pdf, pagg. 20 e 21, dove si indica come ragione del mantenimento in vita dell’ente soggetto a
risoluzione la possibilità che quest’ultimo fornisca servizi di supporto alla bridge bank stessa. 158 Quindi in tutti i casi tranne che per l’applicazione dello strumento del bail-in.
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termine appropriato». In sostanza, quindi, la possibilità che l’ente rimanga in vita è
solamente temporanea e tiene conto dell’eventualità che l’ente ricevente di nuova costituzione necessiti di supporto e assistenza dall’intermediario in crisi nello svolgimento delle attività acquisite per effetto della cessione.
Così come strutturato, lo strumento dell’ente-ponte non poteva che avere natura temporanea. È, infatti, previsto che, in mancanza del verificarsi di una delle situazioni dette precedentemente (fusione della bridge bank con un altro ente o acquisizione della maggioranza del suo capitale da parte di un altro soggetto), le
resolution authorities procedano, comunque, a mettere fine al funzionamento
dell’ente-ponte trascorsi due anni a partire dall’ultima cessione effettuata dall’ente soggetto a risoluzione all’ente-ponte stesso159
.
Un approccio diverso, invece, caratterizza lo strumento analizzato nel seguente paragrafo, cioè quello della separazione delle attività, nonostante, ad un primo sguardo, i due possano essere confusi l’uno con l’altro.