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C RESCITA DELLE PERIFERIE E F AVELIZZAZIONE

L’afflusso di nuovi contingenti popolazionali appesantì ulteriormente la situazione della periferia, che come si è visto in precedenza, si era urbanizzata in maniera precaria e

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La costruzione della nuova capitale federale inizialmente non compariva tra gli obiettivi del plano de

metas ma assunse presto un ruolo fondamentale. Definita la meta síntese, la costruzione di Brasília

condensava l’intero programma di Kubitschek e concretizzava lo slogan dei ‘cinquanta anni in cinque’.

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«The population of the metropolitan region of São Paulo grew at a rate of around 5.5 percent a year between 1940 and 1970. Internal migration was responsible por 50 percent of this increase: it brought more than one million new inhabitants to the region in the 1950s and two million in the 1960s (Caldeira 2000:41)».

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La città di São Paulo ha un’area totale di 1.509 km quadrati mentre l’area totale della regione metropolitana ammonta a 8.051 km quadrati (Caldeira 2000:405).

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Le principali aziende automobilistiche, quali Ford, Volkswagen e General Motors, si installarono nei municipi di Santo André, São Bernardo e São Caetano (un’area comunemente conosciuta come ABC paulista) trasformandone la fisionomia (Fausto 2010:318).

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caotica. In uno spazio sempre più affollato, continuavano a mancare infrastrutture e servizi pubblici essenziali69.

Per chi si trasferiva nella periferia di São Paulo, l’acquisto di un lotto di terreno (spesso irregolare) dove costruire autonomamente e gradualmente la propria casa costituiva ancora la soluzione principale al problema abitativo. La quantità di terreni edificabili, però, si era sostanzialmente ridotta e il prezzo dei lotti aumentava progressivamente, in parallelo alla scarsità dell’offerta. Prese piede allora la pratica di occupazione abusiva del suolo pubblico che portò alla proliferazione delle favelas70. All’inizio degli anni Settanta, il fenomeno aveva ancora proporzioni limitate e coinvolgeva meno dell’1% della popolazione di São Paulo. Successivamente, i tassi di crescita della popolazione favelada crebbero a ritmi serrati: nel 1987 la percentuale era salita all’8% e nel 1993 al 19.4% (Maricato 1995:12).

Il primo dato, sebbene esiguo, non deve indurre a sottovalutare il problema: le condizioni di vita nelle favelas di São Paulo erano critiche già prima che esso assumesse i contorni allarmanti dei decenni successivi. Ne è testimonianza il diario di Carolina Maria de Jesus, abitante di una favela localizzata ai margini del Tietê, pubblicato nel 1960 con il titolo Quarto de despejo71. Nel suo diario, che comincia nel luglio del 1955 e termina il primo gennaio del 1960, Carolina racconta una quotidianità segnata dalla fame, dalle privazioni e dall’emarginazione. Trainando un carretto, come se fosse un cavallo (De Jesus 1995:49), tutti i giorni Carolina rastrellava São Paulo raccogliendo ferro, carta e cartone da rivendere per pochi cruzeiros. Quelli che erano per eccellenza i

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Uno studio condotto nel 1968 rilevò che, nei distretti di nuova urbanizzazione come Itaquera (zona est di São Paulo), l’89.3% delle abitazioni non aveva accesso all’acqua potabile, il 41.3% non disponeva di un sistema di fognature e il 15.9% non godeva di nessun servizio di raccolta dei rifiuti. Teresa Pires Caldeira imputa alla mancanza di questi servizi basilari l’aumento della mortalità, soprattutto infantile, che si registrerà nella periferia di São Paulo tra il 1960 e la metà degli anni Settanta (Caldeira 2000:228).

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«Há uma evidente correlação entre a diminuição da oferta de lotes ilegais no município de São Paulo e a explosão do crescimento das favelas. Durante o período de 1989 a 1992, a prefeitura de São Paulo aprovou o desprezível número de dois projetos de loteamento residenciais por ano e todos eles se destinavam à classe média ou de nível de renda superior (Maricato 1995:24)».

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Quarto de despejo venne alla luce dopo l’incontro casuale di Carolina con Adálio Dantas, un giornalista che, in visita alla favela di Canindé, rimase stupito dalla lucidità e dall’intensità del diario che la donna scriveva regolarmente. Pubblicato prima su giornali e riviste e poi in volume, fu un vero e proprio caso editoriale in Brasile e venne tradotto in tredici lingue. Le caratteristiche biografiche della sua autrice (una donna, nera, favelada e semi-analfabeta), resero Quarto de despejo un testo rivoluzionario in un Paese dove la letteratura era stata praticata basicamente da uomini bianchi, benestanti e istruiti. Tuttavia, inasprite forse proprio dalle circostanze della sua creazione, molte furono le contese sulla qualità letteraria dell’opera e la tendenza generale fu trattarla come un documento sociale più che come prosa letteraria.

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beni simbolici della città moderna, restavano fuori dalla portata di una favelada: a causa delle difficoltà economiche, Carolina non si può permettere di percorrere dei tragitti in autobus o in tram72, per non parlare dell’automobile. È dunque camminando che impara a conoscere le strade della città, i suoi abitanti e le differenze che caratterizzano le une e gli altri. L’autrice coglie con crudezza la distanza tra la favela e il centro città:

Quando eu vou na cidade tenho a impressão que estou no paraizo. Acho sublime ver aquelas mulheres e crianças tão bem vestidas. Tão diferentes da favela. As casas com seus vasos de flores e cores variadas. Aquelas paisagens há de encantar os olhos dos visitantes de São Paulo, que ignoram que a cidade mais afamada da America do Sul está enferma. Com as suas ulceras. As favelas. (1995:76)73.

È interessante notare come l’autrice parli di città («quando eu vou na cidade») solo quando si riferisce al centro o a zone sviluppate di São Paulo. La favela, pur situata all’interno della città, non appartiene ad essa o ne costituisce, al massimo, un’escrescenza patologica. Eppure la favela dipende dalla città (e non meno dai suoi scarti) ed è nella favela che i cittadini si riforniscono di mano d’opera a basso costo da impiegare nelle fabbriche che, continuando a produrre, faranno aumentare il progresso. Nonostante la condivisione dello spazio fisico e nonostante i rapporti di interdipendenza siano una realtà oggettiva, lo spazio urbano paulistano viene percepito come una realtà discontinua, irrimediabilmente fratturata e frammentata. Al suo interno abbondano quelle che, nella letteratura sull’argomento, vengono chiamate ‘isole’, ovvero comunità piuttosto omogenee per reddito, livello di istruzione ed estrazione sociale. Frequentemente, i contorni di ciascuna di queste comunità lambiscono altre isole dalle caratteristiche radicalmente discrepanti.

Non è più, però, la São Paulo arlequinal di Mário de Andrade in cui gli opposti convivevano uno accanto all’altro sullo stesso tessuto e creavano, almeno nella poesia di Pauliceia Desvairada, una sola immagine armonica. Come Carolina ha modo di

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Quando è obbligata a prendere un mezzo pubblico, Carolina deve contrattare il prezzo del biglietto: «Era domingo e o povo ficou expantado quando viu os indigentes superlotar o onibus Bom Retiro. Tivemos sorte. (...) Eu estava com cinco crianças, e eu, seis. Porisso eu fui obrigada a suplicar ao condutor que deixasse nós voltar por três cruzeiros. Era o único dinheiro que eu tinha (1995:62)».

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riportare in più occasioni nel corso del suo racconto, tra chi abita ‘isole’ diverse prevalgono l’ostilità e il conflitto.