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Calcolo del cut off ed interpretazione dei dati

10. ELISA indiretto

10.1 Calcolo del cut off ed interpretazione dei dati

Per valutare la positività dei sieri testati è stato calcolato un cut off sulla base dei valori di assorbanza misurati per i controlli negativi. Più precisamente, il valore soglia è stato calcolato sommando alla media delle assorbanze dei controlli negativi tre volte la deviazione standard calcolata sugli stessi valori. I sieri per cui l'assorbanza misurata supera del 10% il valore del cut-off sono considerati positivi per la presenza di anticorpi diretti contro l'antigene presente sulla piastra. Al contrario quelli per cui si ha un'assorbanza inferiore al 10% del valore del cut off sono considerati negativi. I campioni per i quali l'assorbanza è compresa tra i valori cut off più 10% e cut off meno 10% considerati indeterminati.

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RISULTATI

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1. Analisi in Real-Time PCR

La Tabella 1 mostra i risultati dell’analisi in Real-Time per i due geni bersaglio Env e 3’UTR. Per poter valutare sensibilità e specificità della metodica per i due bersagli, l’analisi è stata eseguita in un’unica seduta. La Real Time per la regione non tradotta al 3' (3’UTR) permette la rilevazione di 5 campioni sul pannello testato mentre l'analisi condotta utilizzando come bersaglio il gene codificante l'envelope rileva 7 campioni positivi. Benchè entrambi i metodi siano specifici, come confermato dalle analisi di sequenza e dal pannello dei risultati fornito dall'ENIVD, la reazione di amplificazione per il bersaglio Env mostra una maggiore sensibilità.

Tabella 1. Il pannello mostra i campioni forniti dal Centro Studi e Ricerche di Sanità e Veterinaria

con i realtivi numeri di copie per ogni specie virale. L’analisi è stata eseguita su due differenti regioni genomiche (3’UTR, Env). Sotto il risultato di ogni analisi è mostrato il relativo ciclo di PCR al quale è stato individuato l’agente (crossing point).

WN-NY = West Nile New York; SLE = St.Louis Encephalitis; YF = Yellow Fever.

2. Proteine Ricombinanti

Al fine di allestire un sistema per la rilevazione degli anticorpi anti-WNV, sono state sintetizzate le seguenti proteine ricombinanti: a) la proteina ricombinante comprendente l’intera sequenza aminoacidica del dominio DIII dell’envelope, b) la proteina ricombinante comprendente l’intera sequenza aminoacidica dei dominii DI e DII (DI/DII)

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dell’envelope, c) la proteina ricombinante comprendente la porzione N-terminale della proteina NS5 e d) la proteina ricombinante comprendente il 90% della proteina prM/M. Gli antigeni sono quindi stati utilizzati per ricercare anticorpi anti West Nile in sieri di cavallo esposti al virus tramite l’analisi in ELISA e western blot. La figura 5 mostra l’analisi di restrizione dei due costrutti pRSETC/Envelope (DIII) e pRSETB/NS5 effettuata con gli enzimi BamHI ed EcoRI. L’analisi libera i due frammenti clonati di 305 bp e 630 bp dell’Envelope e dell’NS5 rispettivamente.

Figura 5. Analisi di restrizione dei costrutti con gli enzimi BamHI/EcoRI. Corsia A: marcatore di

peso molecolare da 100bp. Corsia B: vettore pRSETC contenente l’inserto Env di 305 bp. Corsia C: vettore pRSETB contenente l’inserto NS5 di 630 bp

Le figure 6 e 7 mostrano rispettivamente una parte dei cromatogrammi delle sequenze dei vettori contenenti gli inserti relativi al dominio DIII dell’envelope e alla porzione N- terminale della proteina NS5 ed i file di testo delle sequenze complete dei costrutti con le relative sequenze aminoacidiche.

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Figura 6. Sequenza parziale dei costrutti pRSETC-EnvDIII (a), pRSETB-NS5 (b), pRSETC-

EnvDI/DII (c) e pRSETC-prM/M (d). In celeste è evidenziato il sito di clonaggio BamHI.

Figura 7. Sequenza nucleotidica completa del costrutto pRSETB-NS5 (a) e del costrutto

pRSETC-Env (b). In rosso è rappresentata la sequenza del vettore, in nero la sequenza dell’inserto. Sono sottolineati i siti di restrizione BamHI ed EcoRI rispettivamente. Nella parte inferiore è mostrata la corrispondente sequenza aminoacidica

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In figura 8 è mostrata una elettroforesi su gel di acrilamide colorato con blu di Coomassie. Nella corsia A1/A2 è stato caricato un lisato grezzo di cellule BL21Star(D3)pLysS non trasformate non indotte ed indotte (controllo negativo). In corsia B1/B2 sono state caricate le medesime cellule trasformate con pRSETC/Env, non indotte ed indotte con 1mM IPTG; nella corsia B2 è visibile la proteina Env ricombinante di 175 AA dal peso molecolare di circa 18,8 kDa. Nella corsia C1/C2 sono state caricate le cellule trasformate con pRSETB/NS5 non indotte ed indotte; in corsia C2 è visibile la proteina ricombinante NS5 di 247 AA dal peso molecolare di circa 27,661 kDa.

Figura 8. Gel di poliacrilamide colorato con blue di comassie. M = marcatore di peso

molecolare A1/A2 = cellule non trasformate non indotte/indotte; B1/B2 cellule trasformate (Env) non indotte/indotte; C1/C2 = cellule trasformate (NS5) non indotte/indotte

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La figura 9 mostra i quattro antigeni, previa purificazione con resina Ni-NTA, dopo separazione elettroforetica su gel di acrilamide colorato con blu di Coomassie.

Figura 9. Gel Tris-SDS di poliacrilamide 12% con le proteine ricombinanti dopo purificazione

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3. Test sierologici

Le proteine ricombinanti sono state testate inizialmente con campioni di siero umano. In figura 10 sono mostrati i risultati relativi all'analisi condotta in western blot su 30 sieri umani, dei quali 15 campioni, dal 16 al 30, positivi al saggio IFA e confermati in sieroneutralizzazione ad eccezione del campione 24 e 15 negativi al saggio IFA e confermati in sieroneutralizzazione. Con i campioni negativi la proteina prM/M reagisce in modo aspecifico, la proteina NS5 non reagisce con alcun campione e la proteina DIII non reagisce con 13 campioni ma presenta un risultato dubbio con i campioni 8 e 14. Con i campioni positivi l'antigene NS5 mostra un debole segnale con tre campioni, l’antigene prM/M presenta bande positive di intensità simile a quelle dei campioni negativi e la proteina DIII presenta una sensibilità dell’85,7%, non rilevando i campioni 26 e 28, positivi in siero neutralizzazione ed una specificità dell’87,5%.

Figura 10. Risultati in chemioluminescenza dell’analisi in western blot di campioni di siero

umano. Tutti i campioni erano stati precedentemente analizzati in immunofluorescenza. I campioni 1-15 sono campioni di controllo negativi mentre i campioni 16-30 sono campioni positivi per WNV. In siero-neutralizzazione sono stati confermati i risultati precedenti ad eccezione del campione 24, risultato negativo.

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Gli stessi campioni, a cui sono stati aggiunti 28 campioni di siero di donatori sani, sono stati testati anche in ELISA per gli stessi antigeni (Figura 11) e con la proteina ricombinante DI/DII. L'analisi mostra per gli antigeni NS5 e prM/M risultati comparabili a quelli ottenuti con il western blot, mentre sia con l’antigene DIII che con l’antigene DI/DII la sensibilità e la specificità risultano essere rispettivamente del 78,6% e del 93%.

Figura 11. Nella figura sono riportati i risultati ottenuti in ELISA con l’antigene Env DIII, Env

DI/DII, NS5 e prM/M. La linea 1 indica il rapporto tra cut off e lettura OD. In blu il gruppo di donatori sani non testati per WNV, in verde i campioni negativi ed in rosso i campioni positivi per WNV.

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Come mostrato in Tabella 2, i campioni positivi 16, 17, 21, 23, 26 e 28 reagiscono in modo differente con i due antigeni DIII e DI/DII.

Tabella 2. Risultati dell'analisi condotta su 30 campioni di siero umani. In verde i campioni

negativi ed in rosso quelli positivi al test di sieroneutralizzazione. SN: siero-neutralizzazione

Successivamente gli antigeni sono stati testati in western blot su un piccolo campione di controllo di siero di cavallo, tre positivi e tre negativi, forniti dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise. In figura 12 sono mostrati i risultati relativi all’antigene Env DIII, NS5 e PrM/M. La proteina NS5 mostra un debole segnale solo dopo lunga esposizione, la proteina prM/M presenta un forte segnale su due controlli positivi e su un controllo negativo mentre la proteina DIII reagisce solo con i tre controlli positivi.

Figura 12. Risultati in chemioluminescenza dell’analisi in western blot per gli antigeni PreM,

NS5 ed Env (DIII) di 6 campioni di siero di cavallo, 3 positivi e 3 negativi, utilizzati come controlli.

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4. Sieroepidemiologia

Sulla base dei risultati precedenti, si è deciso di procedere allo screening sierologico di 229 campioni raccolti nel 2009 nel Lazio, di 131 campioni di siero di cavallo raccolti nel 2011 nel Lazio, Sardegna e Marche e di tre controlli positivi forniti dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise mediante test ELISA basato sugli antigeni DIII e DI/DII. I risultati del test ELISA con gli antigeni DIII e DI/DII, mostravano una positività rispettivamente del 6,9% e del 24,8%, una sensibilità del 92,3% e dell’84,6% ed una specificità del 96,8% e del 77,7% (Tabella 3).

Tabella 3. Risultati del test Elisa eseguito su 360 sieri equini e 3 sieri positivi di controllo con gli

antigeni dell’envelope. SN:sieroneutralizzazione.

Inoltre, allo scopo di mettere a punto il nostro sistema immunoenzimatico, abbiamo effettuato la sieroneutralizzazione su tutti i campioni raccolti. Si sono considerati positivi per WNV solamente i campioni che presentavano un titolo ≥10 e positivi ad un virus indeterminato quelli con un titolo <1:10. Il test di siero neutralizzazione identificava 11 campioni positivi mentre altri 4 campioni presentavano un titolo 1:5 (Tabella 4).

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Tabella 4. Campioni risultati positivi in sieroneutralizzazione. SN:sieroneutralizzazione.

a:soggetti vaccinati

Confrontando i risultati del test ELISA di entrambi gli antigeni con quelli della siero neutralizzazione, soltanto gli otto campioni vaccinati ed il campione 283 venivano identificati come positivi, mentre il campione 175 risultava negativo (Tabella 5).

Tabella 5. Confronto tra i risultati del test ELISA condotto utilizzando i due

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Il western blot, eseguito utilizzando l’antigene DIII su tutti i campioni, confermava tutti i risultati ottenuti con il test ELISA.

I campioni sono stati raccolti in pool di 4 campioni cadauno e analizzati con la RT-PCR allo scopo di evidenziare fasi acute dell'infezione ma i risultati sono stati tutti negativi.

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DISCUSSIONE

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Negli ultimi anni la capacità di diffusione a livello mondiale di virus la cui presenza era precedentemente limitata a specifiche aree geografiche, ha destato allarme nella comunità internazionale. Tra le patologie emergenti, la “febbre del Nilo”, causata dal virus West Nile, rappresenta un esempio tipico. Questo virus, che si supponeva confinato in particolare modo in Africa e la cui diffusione si ipotizzava limitata a zone idonee alla riproduzione del vettore, si è diffuso rapidamente in seguito ai cambiamenti climatici ed alle rotte degli uccelli migratori. A partire dal 1999, quando si verificò la prima epidemia negli Stati Uniti, sono stati segnalati focolai epidemici quasi ogni anno nell’emisfero occidentale, alzando il livello di attenzione della comunità scientifica verso questo agente virale. Campagne di sorveglianza condotte in diversi paesi del bacino mediterraneo su animali sentinella, come polli e cavalli, hanno mostrato l’effettiva circolazione del virus in questa area geografica. Per quanto riguarda il nostro paese, in seguito alla segnalazione del primo focolaio epidemico in Toscana nel 1998, l’Italia ha adottato, con Ordinanza Ministeriale del 4 Aprile 2002, un Piano di sorveglianza nazionale al quale ha fatto seguito l’ordinanza del Ministero della Salute del 13-5-2004 “Piano di sorveglianza nazionale per l’encefalomielite di tipo West Nile” la cui gestione è a cura del Centro Studi Malattie Esotiche (CESME). Come in tutti i progetti di questo tipo, la disponibilità di metodiche diagnostiche in grado di identificare in maniera univoca l’agente virale risulta essere di primaria importanza.

La Real-Time PCR rappresenta al momento la migliore tecnologia per l’individuazione di acidi nucleici. Il protocollo da noi adattato [Lanciotti et al., 2000] per l’individuazione del virus West Nile si è dimostrato sensibile, specifico e veloce. In circa due ore è possibile analizzare trenta campioni utilizzando un singolo bersaglio genomico; la possibilità di trasferire il medesimo protocollo su piattaforme differenti permette di aumentare di

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almeno 10 volte la produttività. Inoltre l’eventuale necessità di indagare parallelamente su due regioni genomiche differenti dell'agente virale permette di avere un risultato sicuro dell’analisi. L’analisi condotta sul pannello di campioni forniti durante l’esercitazione ENIVD ha mostrato una sensibilità e specificità del 100% per la regione bersaglio envelope. Nessun agente virale della famiglia dei flavivirus presente nel pannello dei campioni è stato rilevato mentre anche campioni con bassi titoli virali di West Nile sono stati individuati. Il bersaglio 3’UTR ha mostrato una specificità del 100% ma una sensibilità dell’83% (Tabella 1). La maggiore sensibilità dell’envelope è deducibile osservando i relativi crossing point dell’analisi che sono almeno di due cicli più bassi del bersaglio 3’UTR. Tale metodica tuttavia non può essere utilizzata per analisi epidemiologiche o studi di sorveglianza poiché il virus può non essere più presente già da un mese dopo l’infezione. In tale tipo di indagini, infatti, la diagnosi di infezione da WNV viene eseguita comunemente, nell'uomo e nel cavallo, con i test sierologici [Castillo- Olivares & Wood, 2004; Prince & Hogrefe, 2005]. Sebbene il test di sieroneutralizzazione sia ancora oggi considerato il test gold standard per la diagnosi specifica, il test ELISA viene ampiamente impiegato nelle analisi di routine [Dauphin & Zientara, 2007] essendo meno laborioso e più adatto ad indagini epidemiologiche condotte su un grande numero di campioni. L'interpretazione dei risultati del test ELISA però risulta difficile e richiede un'attenta valutazione [Komar, 2001], a causa della complessa cross-reattività del WNV con gli altri flavivirus appartenenti al sierocomplesso dell'encefalite giapponese come appunto il JEV, lo SLEV, il KUNV, il MVEV o quelli appartenenti al gruppo del TBE [Kuno, 2003]. Attualmente la strategia impiegata nelle indagini siero-epidemiologiche è quella di utilizzare il test ELISA come metodo di screening e di impiegare metodiche sierologiche più specifiche, come la siero neutralizzazione, per confermare la positività

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dei campioni. Pertanto è evidente l’importanza di disporre di un test di screening che risulti da una parte sufficientemente sensibile da comprendere tutti gli eventuali campioni positivi e dall'altra sufficientemente specifico da ridurre il numero di falsi positivi da analizzare in siero neutralizzazione, tecnica quest’ultima dispendiosa in termini di tempo e di costo/lavoro. Un approccio, al fine di sviluppare un metodo diagnostico specifico per WNV, è quello di identificare peptidi immunogeni delle proteine virali che siano significativamente differenti tra i diversi flavivirus. I piccoli peptidi risultano ideali per essere incorporati in piattaforme per analisi rapide, come piastre multipozzetto o filtri per il western blot e con una maggiore specificità a causa della ridotta probabilità di codificare epitopi cross-reattivi e permettono, inoltre, di lavorare in condizioni di sicurezza di livello 2. In questo studio abbiamo valutato l'utilizzo di differenti antigeni in test sierologici come ELISA e Western blot e confrontato i risultati con quelli ottenuti con la sieroneutralizzazione. Abbiamo innanzitutto prodotto due antigeni, descritti in letteratura come altamente specifici, al fine di implementare la capacità discriminatoria del nostro sistema diagnostico: la proteina non strutturale NS5 e la proteina prM/M. Wong et al., [2003] hanno pubblicato, infatti, un lavoro in cui si descriveva l’impiego della proteina non strutturale NS5 in test immunoenzimatici allo scopo di discriminare tra infezione da WNV e infezione da DEN o SLE e Oceguera et al., [2007] hanno descritto l'impiego della proteina prM/M per la differenziazione tra gli agenti del siero-gruppo JEV, comprendente WNV e SLEV, ed il siero-gruppo DENV. Pertanto abbiamo sintetizzato la porzione N-terminale della proteina NS5 e quasi tutta la proteina prM/M allo scopo di ottenere una maggiore specificità dal nostro test e ridurre di conseguenza il numero di falsi positivi. I risultati ottenuti sia in western blot che in ELISA su un gruppo di campioni di controllo ha evidenziato la bassa specificità della nostra proteina prM/M e

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la bassa sensibilità della proteina NS5 e per questo motivo i due antigeni non sono stati utilizzati in questo studio.

La proteina dell’envelope di WNV rappresenta il maggiore immunogeno virale e di conseguenza il principale antigene utilizzato nei test diagnostici [Prince & Hogrefe, 2005]. Poiché alcuni epitopi della proteina intera E inducono comunque una risposta aspecifica verso altri flavivirus [Stiasny et al., 2006], l'attenzione dei ricercatori si è focalizzata su alcuni singoli domini, allo scopo di aumentare la specificità del test. Beasley et al. [2010] hanno descritto come lo specifico dominio DIII, impiegato nel test ELISA, permettesse di differenziare la risposta anticorpale verso WNV da quella verso altri flavivirus come SLEV, JEV e MVEV in modo significativamente maggiore rispetto alla proteina intera. Un altro lavoro, che evidenziava la capacità discriminatoria di questo antigene ricombinante nel differenziare le infezioni dei flavivirus appartenenti al siero complesso dell’encefalite da zecche (TBE) rispetto a quelle trasmessi da zanzare, è stato pubblicato da Holbrook et al. [2004]. Altri lavori hanno evidenziato la presenza di altre regioni della proteina E in grado di giocare un ruolo importante in diagnostica [dos Santos et al., 2004]. Sanchez et al. [2005] hanno sviluppato e caratterizzato anticorpi monoclonali diretti verso uno specifico dominio di WNV, il dominio DI, e dimostrato l'incapacità di questi anticorpi a cross-reagire con SLEV, JEV e DEN [Sanchez et al., 2007]. Altri dati in letteratura indicano però nei domini DI e DII la localizzazione della maggioranza degli epitopi cross-reattivi [Stiasny et al., 2006; Crill and Roehrig, 2001]. Pertanto abbiamo prodotto due proteine ricombinanti corrispondenti rispettivamente al dominio DIII e ai domini DI/DII, allo scopo di testarne la sensibilità e specificità sia su un campione di sieri umani sia sul campione di sieri equini, oggetto di questa ricerca. La valutazione del test sierologico con le proteine ricombinanti DIII e DI/DII effettuato sul

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campione di sieri umani di controllo, ha mostrato sia in ELISA che in western blot una sensibilità del 78,6% ed una specificità del 93%. Poiché i risultati ottenuti con i due differenti test ELISA (DIII e DI/DII) risultavano diversi per sei campioni, abbiamo valutato i risultati dei due test insieme ed i valori di sensibilità e specificità risultavano essere rispettivamente del 100% e dell’87,5% (Tabella 2). I due antigeni sono stati successivamente utilizzati per lo ricerca di anticorpi anti-WNV sui sieri di cavallo. Allo scopo di mettere a punto il nostro sistema immunoenzimatico, abbiamo comunque effettuato la sieroneutralizzazione su tutti i campioni raccolti. Il test risultava positivo per undici campioni: nove campioni risultavano appartenere a soggetti vaccinati mentre i campioni 175 e 283 erano di soggetti non vaccinati provenienti dal gruppo dei campioni prelevati presso il reggimento dei Lancieri di Montebello (Tabella 4).

Il test ELISA eseguito con gli antigeni DIII e DI/DII mostrava una sensibilità rispettivamente del 92,3% e dell’84,6% (Tabella 3) ed una specificità significativamente minore per l'antigene DI/DII, in accordo ai dati in letteratura [Stiasny et al., 2006; Crill and Roehrig, 2001]. Confrontando i risultati del test ELISA di entrambi gli antigeni con quelli della sieroneutralizzazione, soltanto i nove campioni vaccinati ed il campione 283 venivano identificati come positivi, mentre il campione 175 risultava negativo. Anche con i sieri di cavallo i due antigeni risultavano complementari come nel caso del campione 342, identificato come positivo dall’antigene DIII ma non dall’antigene DI/DII (Tabella 5).

Infine i campioni 98, 137, 157 e 210, positivi al test ELISA e al western blot, presentavano al test in sieroneutralizzazione un titolo 1:5 (Tabella 4), e pertanto venivano considerati positivi per un agente indeterminato. La scelta di impiegare entrambi gli antigeni ricombinanti dell'envelope nei test sierologici per lo screening dei campioni,

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risulta pertanto essere promettente, anche se questi risultati dovranno comunque essere confermati su un numero statisticamente più significativo di campioni positivi.

Uno degli scopi di questa ricerca era di valutare la circolazione del virus in Italia ed in particolare modo in quelle aree attualmente non considerate endemiche per questo agente infettivo. Negli ultimi dieci anni si è osservato un aumento delle notifiche di episodi di infezione causati da WNV in Europa e nel Mediterraneo mentre per quanto riguarda l'Italia, nell’agosto del 2008, dopo un silenzio di 10 anni, il WNV è riapparso dapprima nell’area del delta del Po e successivamente in un’area a cavallo delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto [Calistri et al., 2010a]. Sintomi clinici di meningo- encefalite venivano osservati sia in cavalli che in persone [Calistri et al., 2010b; Gobbi et al., 2009] così come RNA virale era riscontrato attraverso RT-PCR in organi di gazze (Pica pica), cornacchie (Corvus corone) e piccioni (Columba livia) [Monaco et al., 2010]. L’infezione si è poi ripresentata nel 2009 nelle stesse aree geografiche del 2008 ma coinvolgendo anche alcuni territori in provincia di Arezzo e Latina [Monaco et al., 2011]. Nel 2010 il virus ha continuato a circolare in nuove aree, interessando nuove popolazioni di animali recettivi. Nell'agosto del 2010 si sono registrati 45 focolai epidemici nella provincia di Trapani e 7 nella provincia di Campobasso. A dicembre 2011 il CESME ha confermato la presenza di 61 focolai epidemici di WND negli equidi nelle province di Venezia, di Pordenone, di Udine, di Matera, di Gorizia, di Treviso e per la prima volta in Sardegna (Oristano, Cagliari e Nuoro), Calabria (Crotone), Basilicata e nelle province di Messina e Palermo (Figura 13).

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Figura 13. Aree geografiche di sorveglianza WND

Il continuo rilievo di focolai di WND dipende probabilmente dal maggiore impegno

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