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Un passaggio indispensabile per poter procedere con l’analisi degli spettri `e la calibrazione in lunghezza d’onda. A causa delle deformazioni introdotte dalle ottiche lo spettro risulta incurvato, come si vede in Fig. 3.8. Attraverso la calibrazione in lunghezza d’onda ci si prefigge di trovare una funzione, detta relazione di dispersione, che permetta di passare dallo spazio dei pixel (x, y) allo spazio delle lunghezze d’onda (λ, y). Infatti la lunghezza d’onda, oltre ad essere una funzione della coordinata x, `e anche funzione della coordinata y proprio a causa della curvatura dello spettro per cui spostandosi lungo la fenditura la corrispondenza tra λ ed x cambia. `E quindi necessario effettuare una mappatura dello spettro utilizzando un polinomio interpolante che consenta di calcolare la relazione di dispersione che ad ogni pixel associa un intervallo di lunghezze d’onda. Una volta costruita la relazione e verificata la sua validit`a, si passa all’applicazione della stessa agli spettri delle galassie e della stella standard spettroscopica.

Per effettuare la correzione in lunghezza d’onda disponiamo di una serie di spettri di lam-pade di calibrazione al rame-argon, ottenuti subito dopo gli spettri scientifici corrispondenti. Per ricavare da questi spettri la relazione di dispersione, si utilizza il comando gswavelength. A partire dagli spettri di confronto trattati con gsappwave, esso richiama il comando identify che identifica le righe di emissione presenti nello spettro confrontandole con una tabella di calibrazione contenente le lunghezze d’onda. Quindi il comando fitcoords costruisce in ma-niera automatica la relazione di dispersione. I parametri di gswavelength sono mostrati in

3.5. CALIBRAZIONE IN LUNGHEZZA D’ONDA 81

Figura 3.8: Spettro ottenuto lungo l’asse maggiore di UGC 9598 prima (in alto) e dopo (in basso) l’applicazione di gsreduce.

3.5. CALIBRAZIONE IN LUNGHEZZA D’ONDA 83 Fig. 3.9. Il comando si lancia tramite

> gswavelength gsgN20120622S0248.fits

Per prima cosa il comando analizza lo spettro monodimensionale della lampada di confronto selezionato nella riga centrale che nel nostro caso `e la riga 2304. Le righe di emissione presenti vengono riconosciute automaticamente tramite la tabella gmos$data/CuAr GMOS.dat fornita insieme al pacchetto di riduzione dati Gemini-GMOS, grazie alla procedura identify, i cui parametri sono riportati in Fig. 3.10.

Il risultato dell’identificazione viene mostrato sul terminale grafico di IRAF (in Fig. 3.11 le righe di emissione identificate della prima lampada di confronto sono contrassegnate con un trattino verticale) e registrato nella cartella database, nel file contrassegnato dal prefisso id. Esso contiene nella prima parte l’elenco delle righe riconosciute (il pixel a cui si trova la riga, la lunghezza d’onda corrispondente misurata sullo spettro e la lunghezza d’onda reale corretta) e nella seconda parte invece sono elencati i coefficienti della relazione di dispersione, dopo il termine coefficients (il tipo di funzione, nel nostro caso una funzione di Chebyshev, indicata con 1, il grado del polinomio, nel nostro caso 4, e altre informazioni). In Fig. 3.12 `e mostrata l’identificazione delle righe spettrali nella riga centrale della prima lampada di confronto contenuta nel file id.

Digitando f dal terminale di IRAF il comando trova automaticamente la funzione che me-glio associa alla coordinate x delle righe in emissione identificate, la corrispondente lunghezza d’onda λ e mostra il risultato dell’interpolazione (Fig. 3.13).

Una volta usciti dal terminale di IRAF, il comando reidentify chiede se si vuole pro-cede con un’interpolazione interattiva per le altre righe dello spettro, rispondendo NO, esso analizza e riconoscere automaticamente le righe spettrali, spostandosi di volta in volta di 10 righe nello spettro e salvando il risultato sempre del file id. A questo punto si dispone della funzione λ = f (y), che fornisce la mappa della posizione della lunghezza d’onda al variare della coordinata y, bisogna quindi determinare la funzione continua che alle coordinate in pi-xel (x, y) associ le coordinate (λ, y) con il comando fitcoords, richiamato da gswavelength. A partire dalle informazioni raccolte in database, esso genera in modo interattivo la relazio-ne di dispersiorelazio-ne, le cui caratteristiche sono registrate relazio-nel file fc. `E possibile controllare la qualit`a dell’interpolazione in diversi modi: analizzando i residui in funzione della lunghezza d’onda oppure la posizione delle righe spettrali individuate da reidentify in funzione della coordinata x dello spettro o anche la lunghezza d’onda dell’interpolazione in funzione della coordinata x dello spettro. Nel nostro caso la relazione di dispersione f (λ, y) `e una funzione di Chebychev di ordine 4.

Ora `e possibile applicare la funzione di calibrazione appena ricavata agli spettri a dispo-sizione, tramite il comando gstransform che li rettifica e interpola dopo che sono gi`a stati ridotti. In Fig. 3.14 sono mostrati i parametri del comando. Ciascuna serie di spettri di galassie `e legata alla propria lampada di calibrazione, perci`o `e necessario correggere ogni spettro con la relazione di dispersione ricavata dall’analisi del rispettivo spettro di confronto. Per controllare il buon funzionamento della relazione di dispersione, conviene applicare la correzione alle lampade stesse

> gstransform gsgN20120720S0475.fits outimage=lamp.fits wavt=gsgN20120720S0475.fits

con cui si ottiene lo spettro della lampada calibrato in lunghezza d’onda. Confrontandolo con lo spettro della lampada di confronto prima dell’applicazione della relazione di dispersione appare evidente come le righe vengano rettificate (Fig. 3.15). Si esegue quindi la correzione degli spettri delle galassie tramite la riga di comando