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3.2 Metodi diretti calorimetrici

3.2.2 Calorimetria indiretta

Anche in questo caso si fa riferimento alla legge della conservazione dell’energia con una differenza: per calcolare l’energia spesa, anziché misurare il calore liberato, si misura la quantità di ossigeno consumata. Poiché più del 95% dell’energia spesa dall’organismo deriva da reazioni dell’ossigeno con i vari nutrienti, il metabolismo energetico può essere valutato con alto grado di approssimazione in base alla quantità di ossigeno consumata. In particolare, quando 1 L di O2 viene consumato per ossidare

glucosio si liberano 5,01 kcal, per ossidare grassi 4,70 kcal, per ossidare proteine 4,60 kcal. (Hall, 2011)

I principi sui quali si basa la calorimetria indiretta sono:

- Qualsiasi alimento consumato ha un contenuto energetico intrinseco a partire dal quale, dopo le reazioni metaboliche dell’organismo, viene prodotto calore o energia.

- La degradazione di carboidrati, grassi e proteine è il risultato finale di tutte le reazioni biochimiche che avvengono nel corpo umano

- Con l’ossidazione di glucosio, grassi, proteine viene prodotta una determinata quantità di CO2 e consumata una determinata quantità di O2. Il rapporto tra

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queste due quantità è detto Quoziente Respiratorio (QR) ed è un parametro specifico e fisso per ciascun substrato.

- La perdita di substrati con urine e feci è trascurabile

I limiti di questa tecnica sono proprio legati a questi principi: viene infatti trascurato il metabolismo dei minerali e, parlando di ossidazione e QR, non si tiene conto del fatto che le proprietà di grassi e proteine non sono uniformi.

Nonostante ciò i risultati della calorimetria indiretta si sono sempre dimostrati consistenti e molto simili a quelli della più precisa calorimetria diretta, al punto da averla sostituita completamente nel ruolo di tecnica gold standard per la valutazione del metabolismo basale.

(J. McLean, MacLean, Tobin, & McLean, 1987)

Le tecniche con cui fare una calorimetria indiretta sono diverse. Quello a circuito aperto è uno dei primi metodi ad essere stato inventato ed è anche quello che tuttora viene più utilizzato. Altri metodi, meno comuni, sono:

- Sistemi di confinamento. Gli scambi respiratori vengono misurati ponendo il soggetto in una stanza sigillata, i cui volumi gassosi siano noti. Viene misurata la concentrazione dei gas interni al termine del test. Il limite più grande di questa tecnica è che non può durare più di tanto in quanto l’ossigeno all’interno della stanza si esaurisce.(J. McLean et al., 1987)

- Sistemi a raccolta totale. Tutta l’aria espirata dal soggetto viene raccolta e ne vengono analizzati volume e composizione chimica. Il limite è rappresentato dalla grandezza dei contenitori che vengono utilizzati e dal rischio di perdite da questi stessi. (Mtaweh, Tuira, Floh, & Parshuram, 2018)

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- Sistemi a circuito chiuso. Il soggetto viene posto in uno spazio chiuso all’interno dei quali sono posti dei macchinari che immettono O2 e rimuovono CO2 e

umidità. Viene misurata la quantità di O2 immessa e quindi consumata. Questa

tecnica, molto usata in passato, ha il limite di essere molto difficile, in quanto una piccola perdita dal sistema può causare grandi errori, e molto costosa, a causa della complessità dei macchinari. Inoltre, il circuito chiuso può portare ad un cambiamento dei volumi toracici con conseguente riduzione della ventilazione alveolare e aumento dello sforzo respiratorio: ciò causa un’alterazione delle misurazioni e una sovrastima del metabolismo basale. Quest’ultima problematica può essere accentuata anche dal fatto che con questa tecnica viene inspirato ossigeno puro. (Henry, 2005)

La calorimetria indiretta a circuito aperto è un metodo costoso e dalla durata piuttosto lunga, ma è relativamente semplice rispetto alle altre tecniche.

Il soggetto, che deve essere digiuno e non deve avere assunto alcuna sostanza prima del test, viene posto supino su un lettino in una stanza a temperatura ed illuminazione neutre. Lo si fa respirare attraverso un casco (detto canopy), una maschera facciale o a tenda all’interno della quale vengono fatti passare dei gas a concentrazione nota (16% di O2, 5% di CO2, azoto N2). Durante il test dovrebbe rimanere fermo, in silenzio e, per

quanto possibile, rilassato e privo di stress emozionali, ma comunque in stato di veglia. La durata del test può variare tra i 15 e i 40 minuti a seconda del tempo necessario al sistema per equilibrarsi. Il sistema viene considerato in equilibrio nel momento in cui il soggetto smette di iperventilare e le concentrazioni dei gas in uscita si sono equilibrate con i livelli dei gas scambiati dal soggetto. Queste sono le cosiddette condizioni

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stazionarie e ciascun individuo può impiegare un numero variabile di minuti prima di raggiungerle.

Dal momento in cui si è raggiunto questo status, inizia la misurazione vera e propria.

L’aria in entrata ed in uscita viene continuamente analizzata: si misura in primo luogo la ventilazione e la composizione chimica. Solitamente vengono utilizzati sensori paramagnetici o galvanici per l’O2 e sensori infrarossi per la CO2.

Dell’aria che viene ispirata studiamo:

 flusso VI

 frazione di O2 (FiO2)

 frazione di CO2 (FiCO2)

 frazione di azoto N2 (FiN2), pari a (1 – FiO2 – FiCO2).

Dell’aria che viene espirata studiamo:

 flusso VE

 frazione di O2 (FeO2)

 frazione di CO2 (FeCO2)

Una corretta misurazione di gas e flussi è essenziale affinché il risultato del test sia accurato.

Per questo motivo la calibrazione di questi strumenti riveste un ruolo particolarmente importante.

Dai parametri ottenuti possiamo ricavare la quantità di O2 consumata (VO2) la quale,

una volta raggiunte le condizioni stazionarie, sarà pari a: VO2 = (VI x FiO2) – (VE x

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Essendo tecnicamente difficile misurare i volumi dei gas inspiratori ed espiratori, solitamente si utilizza la trasformazione di Haldane, la quale assume che la quantità di azoto inspirata è uguale a quella espirata. Per cui:

VI x FiN2 = VE x FeN2

VI x (1 – FiO2 – FiCO2) = VE x (1 – FiO2 – FiCO2)

VI = VE x [1 –

1

FiN2 x [(FeO2−FiO2) +(FeCO2−FeO2) ]

VO2 = VI x FiO2 - VE x FeO2

VO2 =

[(1−FeO2−FeCO2) x (FiO2−FeO2)] / Ve (1−FiO2)

Dalla VO2 (misurata in L/min) possiamo ottenere la VCO2 (anch’essa in L/min) e infine

il basal metabolic rate (kcal/die) e il quoziente respiratorio.

BMR = [(3.941 x VO2) + (1.106 x VCO2) – (2.17 x Azoto urine24h)] x 1440

QR= VCO2/VO2

(Mtaweh et al., 2018)

Alla fine dell’esame avremo quindi misurato:

 VO2, i cui valori normali dovrebbero essere intorno ai 120 ml/min/m2

 VCO2, i cui valori normali dovrebbero essere intorno ai 100 ml/min/m2

 Metabolismo basale (MB), i cui valori normali dovrebbero essere intorno ai 25- 40 kcal/kg/die

 Quoziente respiratorio (QR), il cui valore può variare tra 1 e 0.7 a seconda di quali substrati energetici sono stati utilizzati maggiormente. A partire da questo valore, è possibile infatti ricavare una stima della percentuale di carboidrati (%HCO) e lipidi (%FAT) consumati.

(Annich, Lynch, MacLaren, Wilson, & Bartlett, 2018; da Rocha, Alves, & da Fonseca, 2006; McClave et al., 2003)

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Un VO2 particolarmente elevato può essere dovuto a iperventilazione, ad agitazione, a

un pasto eccessivo, al movimento durante l’esame, a recenti trasfusioni sanguigne o trattamenti di emodialisi, ma può anche essere indice di stati patologici come ipertermia, sepsi, ipermetabolismo.

Un VO2 ridotto si può avere in caso di digiuno, fame, età avanzata, ipotermia,

ipotiroidismo, profonda sedazione, anestesia generale, paralisi, coma.

Un VCO2 elevato può essere un indizio di acidosi metabolica o di stato ipermetabolico,

oppure può essere più semplicemente dovuto a iperventilazione del soggetto.

Un VCO2 ridotto può farci pensare ad alcalosi metabolica o a uno stato ipometabolico,

ma può anche essere dovuto a carenza d’aria e ipoventilazione oppure a fame o denutrizione del soggetto.

(Mtaweh et al., 2018)

Il QR riveste particolare importanza qualora fossimo interessati a valutare quali substrati nutritivi vengono principalmente degradati per ottenere energia.

Se infatti esso si avvicina o raggiunge il valore 1 significa che utilizziamo maggiormente i carboidrati, se invece si avvicina o raggiunge il valore 0,70 significa che utilizziamo maggiormente i grassi (e le proteine):

- Nel metabolismo dei carboidrati viene prodotta una molecola di CO2 per ogni molecola di O2 consumata, di conseguenza il QR=1.

- Nel metabolismo dei lipidi invece vengono prodotte 70 molecole di CO2 ogni 100 molecole di O2 consumate, di conseguenza il QR=0,70.

La spiegazione sta nel fatto che nel caso dei grassi il 20-30% di O2 viene utilizzato per ossidare i numerosi atomi di idrogeno che compongono le molecole lipidiche, cosa che non avviene nel caso dei carboidrati.

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Il metabolismo proteico rappresenta solamente una piccola quota che nella valutazione del QR viene nella maggior parte dei casi ignorata. Esso principalmente viene studiato attraverso l’analisi dei composti azotati (urea su tutti, ma anche acido urico, creatinina) nelle urine 24h: le proteine della dieta contengono infatti mediamente circa il 16% di azoto, il quale viene eliminato per il 90% tramite le urine. Alla quota di azoto misurata in grammi deve essere poi aggiunto il 10% (l’azoto eliminato con le feci) e infine moltiplicato tutto per 6,25 per ricavare la quantità in grammi di proteine metabolizzate nelle 24h.

Tramite la valutazione dell’azoto urinario e del Quoziente Respiratorio è dunque possibile calcolare più o meno con precisione quali substrati energetici vengono utilizzati maggiormente dal soggetto.

Un chiarimento da fare è che i valori di QR dipendono molto dalle condizioni nelle quali viene fatta la calorimetria. (Hall, 2011)

In condizioni di riposo, un soggetto sano che segue una dieta equilibrata (45-60% carboidrati, 25-30% lipidi, 10-15% proteine), ricava più della metà dell’energia dal metabolismo lipidico, mentre la maggior parte delle restanti calorie necessarie le ottiene dal metabolismo glucidico: il valore medio del QR sarà quindi intorno a 0.80, come mostrato in tabella. Questa è chiaramente una situazione ideale, in quanto variazioni della dieta e soprattutto della disponibilità di zuccheri possono modificare notevolmente il Quoziente Respiratorio. C’è inoltre da dire che se lo studio calorimetrico viene svolto subito dopo un pasto, avremo un maggior utilizzo dei carboidrati, in quanto subito disponibili, e un QR vicino ad 1; se invece l’esame viene svolto lontano dal pasto, i carboidrati rapidi saranno stati quasi tutti consumati e il metabolismo si sposterà verso l’utilizzo di lipidi (con un QR tendente a 0,70).

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Figura 3.2 Valore medio del QR in condizioni basali ideali

Se invece valutassimo il QR nel corso di un esercizio fisico, il suo valore dipenderebbe dall’intensità e dalla durata dell’attività. Più quest’ultima è prolungata, maggiore sarà l’utilizzo di grassi e minore QR; più questa è intensa, maggiore sarà il contributo dato dai carboidrati e quindi il QR. (Melzer, 2011)

3.3 Metodi diretti non calorimetrici

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