• Non ci sono risultati.

Leggendo Dialoghi in cielo

II) INTRODUZIONE ANALITICA ALLA LETTURA DE

1. Can Xue e Tao Qian

La novella Il paradiso dei fiori di pesco di Can Xue potrebbe essere considerata come esemplare per i numerosi spunti e rimandi che fornisce al lettore. La novella si apre infatti con la frase: “Tra le antiche leggende che si tramandavano nel villaggio vi era anche quella del paradiso dei fiori di pesco.”119

Con questo incipit, come del resto il titolo stesso suggerisce, Shiwai taoyuan 世外桃源

120

, Can Xue già offre al lettore un chiaro rimando ad un’opera classica: la già citata Memoria della sorgente dei fiori di pesco di Tao Qian. Data la brevità della novella, se ne offre una lettura di seguito:

All’epoca l’imperatore Tai Yuan dei Jin, un uomo della città di Wuling faceva il pescatore. Seguendo un ruscello lo risaliva, dimenticando la lunghezza della via percorsa. Improvvisamente incontrò un bosco di peschi in fiore. Sulle due rive per centinaia di passi non c’erano altri alberi; [solo] erbe profumate, fresche e belle, e fiori caduti sparsi qua e là. Il pescatore era molto meravigliato, ma andava ancora avanti perché voleva arrivare alla fine di

115 C

AN XUE残雪, Canglao de fuyun 苍老的浮云 (La vecchia nuvola fluttuante), Zhongguo, n.5, 1986. 116 Si veda a questo proposito L

U Xun, Preface to Call to Arms, in Kirk A. Denton (a cura di), Modern Chinese

Literary Thought: Writings on Literature, 1893-1945, Stanford, Stanford University Press, 1996, p. 238

117 Lionello L

ANCIOTTI, Letteratura cinese, Il nuovo Ramusio, Roma, ISIAO, 2007, p. 86

118

Ibid.

119

Si veda p. 56 di questa tesi

120 Questo termine, entrato nel lessico contemporaneo cinese, definito dal Casacchia come [fonte dei peschi fuori

del mondo] paradiso terrestre, eden, utopia, veniva utilizzato anche negli anni della fondazione della Repubblica

cinese per riferirsi allo Hunan occidentale. In un paese devastato dalla guerra, lo Hunan occidentale veniva visto come un luogo indisturbato, un “piccolo regno indipendente”, con chiaro riferimento alla novella di Tao Qian. Si veda a questo proprosito Jeffrey C. KINKLEY, The Odyssey of Shen Congwen, Stanford , Stanford University Press, 1987, p. 15-16

questo bosco. Il bosco finiva presso una sorgente. Presso questa egli trovò un monte; il monte aveva una piccola apertura; sembrava confusamente che ci fosse un po’ di luce. Allora egli lasciò la barca e penetrò per l’apertura; dapprima essa era molto stretta e ci poteva passare una sola persona, poi, dopo aver camminato ancora per parecchie decine di passi, all’improvviso si allargò. La terra era vasta e pianeggiante; c’erano proprio abitazioni, buoni campi, stagni, gelsi, bambù ed altre piante. Vie di comunicazione si incrociavano; si sentivano rispondere galli e cani. Lì dentro si coltivavano e si aravano i campi. I vestiti degli uomini e delle donne erano simili a quelli delle persone al di fuori; persone dai capelli bianchi o dalle trecce pendenti (vecchi e giovani), tutte erano molto contente. Visto il pescatore, tutti furono molto sorpresi. Gli chiesero da dove venisse ed egli narrò tutto. Allora lo invitarono a casa, gli prepararono il vino ed uccisero un gallo per farlo mangiare. Nel villaggio si sentì che era arrivata una persona; tutti accorsero per informarsi. Gli dissero come i loro antenati per sfuggire ai disordini politici dell’epoca della dinastia dei Qin, avevano portato mogli e figli ed i loro compaesani in questo luogo isolato. Non uscirono più di là. Allora si separarono dagli uomini di fuori. Chiesero quale fosse allora la dinastia; ignoravano che c’erano stati gli Han, tanto meno conoscevano Wei e Jin. Il pescatore, allora, narrò loro tutto minuziosamente. Sentito ciò sospirarono tutti con rimpianto. Altri, a loro volta, lo invitarono di nuovo nelle loro case; tutti gli offrirono vino e cibi. Il pescatore si trattenne per parecchi giorni, poi andò via. La gente di quel luogo gli disse: «Non ne parlare con la gente di fuori!». Quando uscì, riprese la sua barca e, seguendo la strada di prima, fissò ogni posto nella memoria. Arrivato in città, andò dal prefetto a raccontargli come stavano le cose. Il prefetto inviò subito persone perché lo riaccompagnassero in quel luogo. Egli cercò i segni che aveva fissato, ma, confuso, non poteva più ritrovare la strada. Liu Ziji, eminente letterato di Nanyang, udito ciò, con gran gioia avrebbe voluto andarci di persona. Non poté perché morì per una malattia. Dopo, non c’è più stato alcuno che abbia voluto cercare tale posto.121

Questa novella del più grande poeta delle «Sei dinastie»,122 come lo definisce Lionello Lanciotti, ha avuto ed ha una popolarità senza paragoni in Cina. Memoria della Sorgente dei Fiori di Pesco è stata fonte di ispirazione di pittori come Shi Tao, Wang Wei, solo per citarne alcuni, di scrittori, anche moderni e contemporanei come Shen Congwen123 e la stessa Can Xue. Questi ultimi sono stati probabilmente attratti dalla natura sovversiva del poeta tanto

121 Traduzione tratta da Lionello L

ANCIOTTI, Letteratura cinese…, op. cit., p. 86-87

122

Ibid.

123 Nel trattare le opere di Shen Congwen la critica fa spesso riferimento a Tao Qian, si veda a questo riguardo

Jeffrey C. KINKLEY, The Odyssey of Shen…, op. cit., p. 271-272 e Ellen WIDMER e David Der-wei WANG, From

May Fourth to June Fourth. Fiction and Film in Twentieth-Century China, Cambridge-London, Harvard

decantata dalle leggende che lo seguirono. Ne è un esempio la leggenda che narra di quando Tao Qian perse il suo ultimo incarico politico. Rifiutando di ossequiare un suo superiore, disse: “Devo prostrarmi di fronte a un tale idiota solo per guadagnarmi i miei cinque stai di riso?”124.

Questa prima opera di novellistica degna di nota è stata variamente interpretata nel corso degli anni come una utopia, una allegoria, come una forma di nostalgia dell’autore verso un passato più florido.125 Tao Qian vive un periodo di grandi cambiamenti interni al paese, sia di natura politica che spirituale. Alla stabilità della dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) segue un periodo di lotte intestine, tra la spinta dei barbari al nord e la contesa dei territori tra dinastie cinesi al sud, la Cina sarà una terra battuta da guerre e battaglie continue fino allo stabilirsi della dinastia Sui (581 – 618).

In questo contesto storico, il Buddhismo vedrà finalmente una diffusione più ampia di quella avuta in passato. Entrato in Cina in epoca Han, attraverso missionari buddhisti dediti al proselitismo e alla traduzione di testi sacri in cinese, per renderli disponibili ai più, si trovarono davanti l’ostacolo di una società ben strutturata socialmente ed eticamente. Gli Han erano una dinastia che aveva volutamente scelto la dottrina confuciana per il governo del paese; con la loro caduta, seguì un periodo di decadenza anche per il confucianesimo, a vantaggio delle altre scuole filosofiche, come quella taoista. Il buddhismo si diffuse rapidamente, con il sostegno dei conquistatori barbari al nord della Cina, poiché lo adottarono come sistema religioso-filosofico da opporre al Confucianesimo. Il buddhismo ebbe gran seguito in quel dato periodo di violenza e disordine sociale, andando ad influenzare anche la letteratura. Oltre ai testi sacri, infatti, i missionari importarono anche leggende edificanti e altro materiale per la divulgazione della loro religione. Con l’avvento di queste dottrine, i letterati del tempo si liberarono dalle inibizioni che il sistema sociale imponeva loro e iniziarono ad affermare la propria libertà di esseri pensanti e la propria individualità, fino ad allora oscurata dall’idea confuciana dell’individuo in funzione della società. Un noto esempio dell’umore del tempo è il gruppo dei «Sette saggi della foresta dei bambù»126.

In tale contesto, Tao Qian, probabilmente influenzato da simili dottrine, decise di abbandonare la sua vita politica e “si ritirò taoisticamente dalla vita pubblica”127 apportando

124 Wilt I

DEMA e Lloyd HAFT, Letteratura cinese, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, 2000, p. 137

125

Si veda a questo riguardo Alan J. BERKOWITZ, Patterns of Disengagement: The Practice and Portrayal of

Reclusion in Early Medieval China, Stanford, Stanford University Press, 2000, p. 225.

126 Giuliano B

ERTUCCIOLI, La letteratura cinese, Le letterature del mondo, Firenze - Milano, Sansoni-Accademia, 1968, p. 145-146

127

un contributo all’immagine e alla rappresentazione della reclusione nella letteratura e nell’arte.128

Quest’ultimo concetto è analogo alla visione artistica di Can Xue. La sua vita rappresenta, nell’era contemporanea, il tentativo di estraniarsi dal mondo reale per confinarsi nella sua piccola realtà quotidiana, in cui lei stessa afferma di praticare l’arte per l’arte ogni giorno.129 Per Can Xue è una decisione razionale quella di non frequentare l’establishment letterario, di partecipare raramente a convegni letterari, nonostante abbia raggiunto fama internazionale.130 Se per Tao Qian fuggire dalla realtà e rifugiarsi nell’utopia di una terra isolata dal mondo è giustificato dal clima socio-politico in cui vive, per Can Xue la giustificazione potrebbe essere la medesima, ma ciò da cui la scrittrice rifugge probabilmente è il vuoto di valori e la dominante ricerca materiale degli individui. Rong Cai afferma, attraverso un raffronto con l’opera di Matei Calinescu, che non dovremmo stupirci se in Cina ritroviamo quegli stessi tratti che emergono nelle società capitaliste: una ricerca individuale del piacere edonistico e una confusione generalizzata tra l’autorealizzazione e la semplice gratificazione.131