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Le forze del mutamento

Il lungo pontificato che iniziò nei primi mesi del 1572 e si concluse alla metà del decennio seguente permise alla monarchia papale di avanzare in modo significativo sul terreno della conquista delle coscienze. Gregorio XIII, ossia il bolognese Ugo Boncompagni, pur avendo di certo un'indole più mite del suo predecessore, non era alieno da gesti forti. Lo dimostrano ad esempio l’appoggio offerto ai cattolici in Francia ed Inghilterra, o le energie profuse in relazione alla lotta contro i Turchi. Ma egli, a differenza del Ghislieri, aveva acquisito una formazione giuridica, prima che teologica. Pertanto, il nuovo papa, pur non disconoscendo affatto la priorità del suo ufficio di custode della fede, curò con maggiore attenzione gli aspetti organizzativi della Chiesa645. Sotto il suo regno la Santa Sede tracciò un

programma di acculturazione e di egemonia universale. Il quale passava per le nunziature irraggiate in Europa. Era sostenuto dai collegi dei gesuiti, i quali, disseminandosi per tutta l’Italia, la Francia, la Germania, il Portogallo ed altri paesi ancora, favorivano, tramite le congregazioni mariane, numerose pratiche devozionali646, intessendo non meno un reticolo

fitto di centri di educazione, rivolto soprattutto verso i ceti nobiliari ed i patriziati647. Ed infine

si avvaleva delle missioni popolari messe in atto sempre dalla Compagnia di Gesù, che, nelle campagne italiane ed europee, così come nelle lande più lontane dell’America e dell’Asia, consentivano di catechizzare e di propagare il cattolicesimo entro vastissime popolazioni648.

Tali ambizioni, non a caso, trovavano espressione simbolica nella immensa galleria di carte geografiche allestita nei palazzi vaticani, che rappresentava il dominio sullo spazio. Oppure, ancora di più, nella riforma del calendario eseguita nel 1582, tramite la quale il papato istituiva un nuovo corso temporale, che avrebbe dovuto essere caratterizzato dalla sua

645 A. Borromeo, Enciclopedia dei papi, III, cit., pp. 180-202.

646 L. Chatellier, L'Europa dei devoti. L'origine della società europea attraverso la storia della Compagnia di

Gesù: le congregazioni mariane, la vita quotidiana, le critiche e le polemiche, l'ideologia, Milano, Garzanti,

1988.

647 Per quanto riguarda la presenza dei gesuiti nella società italiana ed europea post-tridentina, e le loro strategie pedagogiche, si rinvia almeno a A. Biondi, Aspetti della cultura cattolica post-tridentina. Religione e controllo

sociale, in Storia d'Italia. Annali, IV. Intellettuali e potere, Torino, Einaudi, 1981, pp. 253-302; P. Caiazza, I Gesuiti: pedagogia ed etica, in Storia dell'Italia religiosa. 2, L'età moderna, a cura di G. De Rosa, T. Gregory,

Roma Bari, Laterza, 1994, pp. 211-230; La “Ratio studiorum”. Modelli culturali e pratiche educative dei gesuiti

in Italia tra Cinque e Seicento, a cura di G. Paolo Brizzi, Roma, Bulzoni, 1981; S. Pavone, I gesuiti dalle origini alla soppressione, Roma-Bari, Laterza, 2004, pp. 54-61.

648 A. Prosperi, America e apocalisse: note sulla «conquista spirituale» del Nuovo Mondo; Idem, «Otras Indias».

Missionari della Controriforma tra contadini e selvaggi, rispettivamente in Idem, America e apolicalisse, cit.,

rinnovata presenza649. Ad ogni modo, è soprattutto in Italia che il governo ecclesiastico

divenne sempre più pervasivo, gerarchico ed accentrato. La Santa Sede, peraltro teatro, nel 1576, di un giubileo che richiamò migliaia di pellegrini e devoti da tutta la penisola, e non soltanto, diresse le attività pastorali che si svolgevano presso le chiese diocesane della penisola in maniera unitaria, sia mediante nuove congregazioni permanenti, come quella dei Vescovi, sorta nel 1573, sia tramite numerose visite apostoliche, esplicate da prelati dotati di delega pontificia.

La congregazione dell'Inquisizione si rivelò fondamentale in questi processi. Essa fu abile nel collegare le proprie agenzie cittadine, migliorando le comunicazioni soprattutto attraverso il flusso epistolare tra centro e periferia, per usare una metafora consolidata. Gli interventi degli inquisitori, a mano a mano che l'emergenza protestante scompariva, divennero gradualmente meno severi, ma anche molto più estesi. I giudici della fede, impiegando la categoria del “sospetto di eresia”, ed interpretandola in maniera inclusiva, cominciarono infatti a indirizzarsi sempre più non solo nei confronti del dissenso dottrinale in senso stretto, ma anche contro la variegata e lussureggiante realtà delle pratiche magico-stregoniche; le bestemmie ereticali; gli ebrei ed i “giudaizzanti”650; la circolazione di testi vietati, il cui

numero si accresceva non tanto per le decisioni dell’Indice, quanto in virtù delle determinazioni specifiche dei cardinali inquisitori, che tendevano a proibire una gran varietà di opere, anche non specificamente religiose651; e poi ancora il consumo di cibi proibiti, la

simulazione di santità, le offese al Sant'Uffizio, le false testimonianze. Allo stesso tempo essi si insinuarono nella sfera morale-sessuale, occupandosi sempre più di sollecitazione ad turpia da parte dei confessori, di bigamia652, oltre che, sebbene assai più raramente, di concubinato653

e sodomia654. E infine impostarono un progetto generale di vigilanza anche sui traffici

649 Ibidem, pp. 186 e sgg. E. Bonora, La Controriforma, cit., pp. 41-43. Quanto al primo punto da vedere La

Galleria delle carte geografiche in Vaticano, a cura di L. Gambi e A. Pinelli, Mirabilia Italiae, I, III voll.,

collana diretta da S. Settis, Modena, Panini, 1994; A. Prosperi, La Galleria delle carte geografiche in Vaticano, in «Geographia Antiqua», V (1996), pp. 127-136.

650 In teoria, l’Inquisizione aveva giurisdizione solo su coloro che, per via di battesimo, erano entrati nella Chiesa. Però, nella pratica, invalse anche l’uso di perseguire gli ebrei che oltraggiavano la religione dei cristiani, o che si adoperavano per convertirli. Da vedere i saggi compresi nella raccolta Le inquisizioni cristiane e gli

ebrei, Tavola rotonda nell’ambito della conferenza annuale della ricerca (Roma, 20-21 dicembre 2001), Roma,

Accademia Nazionale dei Lincei, 2003.

651 Tra gli anni Settanta e Ottanta l'Inquisizione emanò alcune liste specifiche, che, tradendo sostanzialmente il dettato dell'Indice tridentino, ne interpretavano in senso estensivo le regole generali, in De Bujanda, IX, pp. 754 e sgg.

652 A quanto pare, il Sant’Uffizio si indirizzò verso le materie sessuali soprattutto a Napoli e nel Sud Italia; in P. Scaramella, Controllo e repressione ecclesiastica della poligamia a Napoli in età moderna: dalle cause

matrimoniali al crimine di fede (1514-1799), in Trasgressioni. Seduzione, concubinato, adulterio, bigamia (XIV- XVIII secolo), a cura di S. Seidel Menchi, D. Guaglioni, Bologna, Il Mulino, 2004, pp. 443-503.

653 G. Romeo, Amori proibiti: i concubini tra Chiesa e Inquisizione, Roma-Bari, Laterza, 2008. 654 Idem, L'Inquisizione nell'Italia moderna, cit., pp. 38-40; Del Col, pp. 442-443.

commerciali con l’estero, che riguardava soprattutto le città del centro nord655. Così l'organo

romano, riservandosi arbitrariamente la valutazione e, se necessario, il giudizio finale sui casi che venivano indagati a livello locale, imponeva un eccezionale fenomeno di omologazione confessionale, aggredendo minoranze religiose, culture preesistenti, di matrice per lo più “popolare”656, tradizioni alternative, corpi sociali e poteri secolari.

Per quanto riguarda la città-Stato di Lucca, essa andò probabilmente incontro, durante il pontificato Boncompagni, alla sua prima autentica “frattura” indotta nei modi del pensare e nei comportamenti sociali. E l’assemblea consiliare, a mano a mano che l’influsso della monarchia papale si faceva più serrato, divenne più vulnerabile. Conseguentemente essa imboccò in maniera sempre più netta un cammino di ripiegamento su se stessa. Da un punto di vista economico, in primo luogo, è opportuno ricordare che, in particolar modo a partire dalla metà circa degli anni Settanta, si verificarono alcune congiunture estremamente negative, legate alle guerre di religione, e più in generale al disordine monetario, che derivava dall’incongruenza e dalla rottura brusca tra i corsi ufficiali e quelli commerciali dell’oro e dell’argento americano. Le compagnie lucchesi si trovavano esposte a tali macrofenomeni e, non a caso, alcune delle più importanti tra di esse dichiararono la bancarotta. Ricordiamo almeno la Guinigi-Bernardini, la quale, nel febbraio 1575, fallì per la cifra altissima di 180.000 scudi657. Bisogna tuttavia specificare che la realtà imprenditoriale nel suo complesso,

aggrappandosi soprattutto al suo settore più vitale, vale a dire l’industria serica, fornì una prova notevole di reattività. Alcuni nobili-mercanti, tra i quali gli Arnolfini, i Diodati, i Micheli, i Balbani, i Bernardini, i Guinigi, i Burlamacchi, i Franciotti, i Mansi, o anche altre famiglie di governo di più recente fortuna, quali i Nieri, i Bottini, i Buti, riuscirono infatti a mantenere la propria presenza sui mercati europei, spostando sempre più percepibilmente il loro raggio di affari, in relazione alla convenienza, da Lione, Parigi ed Anversa alle città tedesche di Norimberga, Colonia, Francoforte, Augusta. Altre piazze e luoghi di scambio, sebbene in maniera più occasionale, furono anche Lisbona, Siviglia, Londra, Cracovia,

655 Alcune osservazioni generali in P. Schmidt, L'Inquisizione e gli stranieri, in L'Inquisizione e gli storici, cit., pp. 365-372. Alcuni dati che dimostrano una crescente vigilanza da parte dei cardinali inquisitori su Norimberga, si trovano in P. Simoncelli, Clemente VIII e alcuni provvedimenti del Sant'Uffizio. De italis habitantibus in

partibus haereticorum, in «Critica storica», 13 (1976), pp. 129-173, in part., pp. 139-140.

656 Una discussione storiografica ampia, con relativa bibliografia, su tale concetto, concepito dagli studiosi in maniera meno monolitica rispetto al passato, si trova in O. Niccoli, Oltre la “religione popolare”, in Fonti

ecclesiastiche per la storia sociale e religiosa d'Europa: XV-XVIII secolo, a cura di C. Nubola, A. Turchini,

Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 541-563. Si rinvia anche a A. Prosperi, Le fonti: osservazioni preliminari, in O. Besomi-C. Caruso, a cura di, Cultura d'élite e cultura popolare nell'arco alpino tra Cinque e Seicento, Basilea, Boston Berlino, Birkhäuser Verlag, 1995, pp. 5-24.

657 Negli stessi mesi subirono una fine analoga anche la Cenami-Parensi-Saminiati, la Vincenzo Arnolfini, la Bernardini-Bernardini, la Guidiccioni-Roncaglia-De Nobili; in R. Sabbatini, I Guinigi tra Cinque e Seicento. Il

Danzica658. Proprio grazie alla loro duttilità ed intraprendenza, inoltre, alcuni prestigiosi

esponenti dell’assemblea governativa poterono serbarsi la possibilità di prestare ingenti somme di denaro al re di Spagna Filippo II, assolutamente indispensabili per proseguire la lotta religiosa in Francia e nelle Province Unite. In particolare, dopo la celebre bancarotta e la sospensione dei pagamenti avvenuti nell’autunno del 1575, Tommaso Balbani rappresentò un interlocutore costante del sovrano, contribuendo in maniera non irrilevante a rinfrancare le sorti della monarchia iberica659.

Viceversa, i problemi maggiori si manifestarono in relazione al medesimo territorio lucchese, ove si verificò una condizione progressiva di disequilibrio tra popolazione e risorse, oltre che un peggioramento delle condizioni dei ceti medi, artigianali e soprattutto subalterni. Alla ricchezza, concentrata in un numero sempre più ristretto di famiglie, faceva infatti riscontro un sistema economico che iniziava a dare preoccupanti segni di cedimento strutturale; e, mentre le attività produttive cittadine tendevano a contrarsi o comunque ristagnavano, gli uomini aumentavano di numero660. Allo stesso tempo, la rottura dei precari

equilibri dell’azienda contadina, in seguito alla vendita sempre più frequente dei beni comunali e all’investimento di capitali da parte di gentiluomini nelle terre per ricavarne una rendita, spingeva gruppi di origine rurale a recarsi nella città. Ed i flussi di inurbamento assumevano proporzioni allarmanti ogni qual volta, per motivi climatici e strette congiunturali, si verificavano anche raccolti scarsi, come quelli che si sarebbero avuti nel 1589 e nel 1590661. Certo, bisogna precisare che non si ricrearono mai le condizioni perché

prendesse vita un nuovo “tumulto degli Straccioni”. E tuttavia l’ambiente lucchese fu attraversato da diversi problemi e tensioni, che lo esponevano a rischi continui di sedizioni e rivolte. A livello specifico la crisi dell’artigianato, e soprattutto del setificio, che spingeva tra l’altro i tessitori a cambiare attività, oppure a emigrare fuori da Lucca e dal suo territorio, o addirittura a rubare carichi di seta. Più in generale, un tasso di disoccupazione crescente, che investiva le categorie meno protette; e infine, ovviamente, un impoverimento diffuso, che creava malumore verso i consiglieri da parte di tutti coloro che erano esclusi dalle leve economiche e politiche del potere.

L’irrigidimento e l’aumentata sperequazione sociale, del resto, si ripercuotevano anche sull’unità e sulla coesione della medesima classe dirigente. La stessa differenza della

658 Tori, Le compagnie mercantili, cit., pp. 70-72.

659 Sabbatini, I Guinigi, cit., pp. 76-77; Idem, “Cercar esca”. Mercanti lucchesi nel Cinquecento, Firenze, Salimbeni, 1985, pp. 56 e sgg.

660 Sappiamo per esempio che, nella sola città, dal 1540 al 1585, la popolazione passò da circa ventimila a poco meno di trentamila abitanti, in S. Russo, Potere pubblico e carità privata. L’assistenza ai poveri a Lucca tra XVI

e XVII secolo, in «Società e storia», 23 (1984), pp. 45-80, in part. pp. 56-57.

ricchezza e dei mezzi; la difformità di interessi, di sensibilità, probabilmente di età; infine il senso dell’onore e del punto di orgoglio personale che, segnando verosimilmente in maniera sempre più accentuata la mentalità dei patrizi, rischiava di provocare litigi e rancori tra di loro, e non meno di minare la concordia ed il senso tradizionale della comune appartenenza cetuale662. Tutti questi elementi creavano una sorta di polarizzazione tra il novero dei

consiglieri più prestigiosi quanto a status e fortune, che costituivano una vera e propria oligarchia nell’oligarchia, e gli altri membri dell’assemblea, in particolare quelli più emarginati, tra i quali potevano nascere più facilmente dissapori e dissensi in merito alla conduzione della vita pubblica. Sarebbe eccessivo affermare che entro il gruppo egemone si formasse una vera “opposizione”. Al contrario, esso mantenne una fisionomia omogenea, neutralizzando le spinte centrifughe, e dimostrò, soprattutto sotto un profilo giurisdizionale, un approccio unilaterale, soprattutto quando si trovava in circostanze di estrema necessità ed emergenza. Tuttavia l’assemblea repubblicana iniziò ad essere solcata da una sorta di contrapposizione sotterranea, che rallentava o addirittura rischiava di paralizzare i meccanismi assembleari e decisionali; e che, cosa ancora più rilevante, poteva inoltre incoraggiare trame eversive da parte di alcuni suoi componenti.

In questo senso, va detto che le pressioni esterne da parte dei nemici della Repubblica si facevano se possibile più incalzanti e gravi che in passato. Tra gli anni Settanta ed il decen- nio successivo, ad esempio, anche gli Estensi tornarono ad affacciarsi agli orizzonti della città Stato, esternando rivendicazioni sulla Garfagnana lucchese. Precisamente, le mire di Alfonso II si indirizzarono sul passo di S. Pellegrino, vale a dire l'unico accesso di Lucca allo Stato di Milano, dal quale quindi la città avrebbe potuto ricevere soccorso in caso di aggressione mili- tare663. Nella primavera del 1583 il duca, al fine di provocare uno scontro generale, istigò del-

le “differentie” di confine tra due borghi collinari compresi rispettivamente nel territorio luc- chese e nel loro stato, Colognora di Valdiroggio e Fabbriche di Vallico664; egli poi si rivolse

anche contro Castiglione e Minucciano, le due “roccaforti” situate ai margini estremi del terri- torio lucchese. In breve tempo si arrivò molto vicini ad una guerra. Un epilogo che il Consi- glio evitò solo facendo ricorso alla protezione del governatore di Milano, Antonio de Guzman

662 In merito alla diffusione a Lucca di una cultura e di una ideologia di tipo nobiliare, ricordiamo che il patrizio Pompeo Rocchi, già nel 1568, aveva pubblicato un testo specifico su questo tema, intitolato Il gentiluomo di m.

Pompeo Rocchi ai magnifici nobili signori Giuseppe et Lorenzo Buonvisi, in Lucca appresso Vincenzo

Busdraghi, 1568. Bisogna però notare che l’opera, nel panorama della trattatistica in materia del secondo Cinquecento, si distingueva per un evidente tentativo di coniugare attività commerciali e nobiltà; da vedere Berengo, pp. 253-256, e Il gentiluomo di messer Pompeo Rocchi, a cura di R. Sabbatini, Lucca, Pacini Fazzi, 1995, in part. p. 39.

663 Sommario, p. 467.

y Zuñiga, marchese di Ayamonte665. Ma il clima di ostilità non scemò mai completamente per

diversi mesi. E anche quando, nella tarda primavera del 1584, fu lo stesso Filippo II a interve- nire, conseguendo una pacificazione, il motivo dell'attrito, ossia il controllo sulle terre garfa- gnine e la possibilità di sfruttarne pienamente i siti e le possibilità strategiche, rimase ancora in sospeso666.

Ad ogni modo, era ancora Firenze a costituire la minaccia più grave per la città-Stato lucchese. Francesco de’ Medici, ed anche Ferdinando, infatti, nonostante il loro potere fosse probabilmente ridimensionato, non abbandonarono mai il sogno di dominio regionale del loro padre Cosimo. I granduchi erano pronti ad approfittare di qualsiasi motivo di debolezza dei membri del Consiglio, tra i quali spiccava il loro anticonformismo religioso667. E non meno

promuovevano una politica di accoglienza nei confronti dei fuoriusciti dalla Repubblica, e in particolare dei patrizi che, per un motivo o per l'altro, erano stati esclusi dalla classe dirigente, oppure, comunque, avevano motivi di risentimento verso gli oligarchi più influenti. Segnalia- mo in particolare la presenza presso la corte fiorentina, con ogni probabilità dai primissimi anni Ottanta, dei coniugi Laura Guidiccioni, una lontana congiunta del vescovo di Lucca668 ed

Orazio Lucchesini669. In particolare il gentiluomo, che, a quanto pare, era stato avversato dal

Consiglio in una pendenza economica relativa al possesso di una proprietà situata nella vicaria di Villa Basilica, detta “di S. Pantaleone”, poi sottrattagli dai fratelli Francesco Giuseppe e Giovan Battista Cenami670, deciso a vendicarsi di quanto accaduto, prima intensificò i rapporti

con la cerchia medicea, poi si recò a vivere in maniera stabile a Firenze. Qui si legò stretta- mente con alcuni personaggi influenti, come i Segretari Baccio Giovannini e Antonio Sergui- di, il futuro Auditore Fiscale Paolo Vinta, o l'influente consigliere, nonché celebre musicista, Emilio de' Cavalieri671 e, a quanto pare, anche l'arcivescovo di Pisa, Carlo Antonio Pucci672. Il

665 Sommario, cit., p. 468. 666 Ibidem.

667 Si consideri per esempio questo resoconto di una spia medicea, composto in una data imprecisata, ma riconducibile con certezza alla parte finale del sedicesimo secolo: “[=I lucchesi] non possono patire chi rivede il conto delle loro azioni, e non tanto quelle sopra affari di repubblica, quanto sopra queste di religione”; cfr. Sodini, Stampa e fermenti ereticali, cit., p. 134.

668 Galasso Calderara, Sodini, Abratassà, cit., pp. 189-190; T. Megale, Guidiccioni, Laura, DBI, 61 (2003), pp. 329-330. La gentildonna, che a Firenze alimentò il fervido sperimentalismo artistico promosso da Ferdinando I, partecipando alla riforma del melodramma, era probabilmente figlia di Nicolao di Cristoforo. Il suo nome, tuttavia, non compare espressamente nell'albero genealogico della famiglia riprodotto in BSLu, Baroni, ms. 1115, p. 116.

669 E. Bertini, Le grandi famiglie dei mercanti lucchesi. L'oligarchia a Lucca e la congiura degli Antelminelli

(secoli XVI-XVII), Lucca, Pacini Fazzi, 1976, pp. 85-86; Bertoni Argenti, Antelminelli, Bernardino, cit., p. 445.

Il Vinta sarebbe stato Auditore Fiscale dal 1581 al 1605, in Diaz, Il Granducato di Toscana, cit., p. 175. 670 ASLu, Atti di Castruccio, 7, p. 1329.

671 Diaz, Il Granducato di Toscana, cit., p. 188. Sul de' Cavalieri, con il quale peraltro Laura Guidiccioni collaborò nell'elaborazione di alcuni testi di pastorali, poi andati perduti, si veda W. Kirkendale, Cavalieri,

Emilio de', DBI, 34 (1979), pp. 659-664.

672 P. B. Gams, Series episcoporum ecclesiae catholicae, Graz, Akademischke Druck-U. Verlagsanstalt, 1957, p. 762.

Lucchesini, da allora, non solo avrebbe tentato di affermare i propri interessi a Lucca, ma non avrebbe esitato a farsi promotore di attacchi nei confronti della classe dirigente della sua città.

Infine la sfera sacrale, intesa sia nei suoi aspetti intimi, sia nel suo carattere pubblico- rituale, si congiunse con tutte queste altre dimensioni, rappresentando una sorta di valvola di sfogo per la conflittualità inespressa. Fu proprio una delle visite apostoliche promosse da Gregorio XIII a vivificare e a catalizzare le forze della Controriforma, che già si stavano risollevando dopo l’ultimo scontro con il Consiglio. L’arrivo di un commissario delegato da Roma, infatti, indebolì temporaneamente il potere dei nobili-mercanti sulle istituzioni ecclesiastiche cittadine, facendo convergere intorno al clero secolare e, soprattutto, regolare, coloro che si riconoscevano nella causa ideale della Chiesa di Roma. Esso, inoltre, stimolò le sinergie tra il sentimento di “ortodossia” e quello di dissidenza politica, fino ad ora efficacemente disinnescate. C’è di più: l’azione del visitatore consentì di avviare una serie di indagini in causa fidei promosse direttamente dal Sant’Uffizio, che prima utilizzò l’inquisitore di Pisa, poi la stessa corte episcopale del Guidiccioni per scovare e raggiungere gli eretici lucchesi.

I governanti, consapevoli che i procedimenti potevano rivelarsi letali per la loro immagine di ceto dirigente, cercarono di intralciare con tutti i mezzi a loro disposizione il tribunale della fede. Sul fronte opposto la congregazione romana potè invece avvalersi della collaborazione giudiziaria di almeno un consigliere di basso profilo, di diversi tessitori e artigiani, e, non meno, di Giovanni Leonardi e di alcuni tra i suoi più stretti collaboratori e

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