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IL «CAPITALE» LIBRARIO DELLE SCUOLE PIE TRA ANCIEN RÉGIME E TRIENNIO GIACOBINO

Richiamati per sommi capi gli eventi politici che condussero Bologna a far parte di una nuova compagine statale e delineata la mappa dei principali luoghi di istruzione ubicati entro le sue mura, analizzeremo le ricadute che il progressivo accentramento dell’istruzione pubblica generò nell’ambito della produzione, commercializzazione locale e fruizione del libro scolastico.

A Bologna le conseguenze dei cambiamenti politico-istituzionali, che interessarono i libri per la scuola tanto nei contenuti quanto sotto il profilo dei rapporti economici sottesi alla loro pubblicazione e circolazione, sono particolarmente evidenti in relazione alle Scuole Pie, il grande istituto di ispirazione calasanziana che nel 1798 assunse la denominazione di «Scuole Normali».

Come tutte le scuole dei territori soggetti alla conquista napoleonica, anch’esse subirono una progressiva limitazione dell’antica autonomia: la Congregazione che le governava, dotata di ampi poteri decisionali anche in materia di libri, venne infatti sostituita da una Commissione sottoposta all’autorità municipale ed incaricata di far rispettare le disposizioni approvate a Milano.1

Il cambiamento, segnato dalla diffusione di abbecedari e catechismi repubblicani, fu profondo in tutta la Cisalpina ma continuarono altresì a manifestarsi forme di continuità con il passato che si rivelavano anche nella permanenza di testi scolastici di antica tradizione.

Conservazione e novità, dunque: due aspetti complementari che non possono essere disgiunti per una corretta analisi delle dinamiche del libro di istruzione. Le Scuole Pie bolognesi, per la loro dimensione e per il forte impatto che generavano sul tessuto sociale della città e del contado, rappresentano un terreno di ricerca privilegiato per cercare di capire come questo particolare segmento dell’universo librario seppe rispondere ai mutati scenari politico-istituzionali. Per poter cogliere appieno il portato dei fenomeni in atto nel Triennio e nel successivo periodo napoleonico sarà tuttavia indispensabile una preliminare conoscenza della prassi libraria che vigeva al loro interno durante tutto l’Ancien Régime.

Purtroppo l’archivio dell’istituto subì gravi perdite nel corso della II Guerra Mondiale,2 e dunque risultano piuttosto scarse e non pienamente verificabili anche le informazioni relative ai

1 Cfr. infra, capitolo primo.

2 «L’archivio delle Scuole Pie di Bologna si presenta oggi fortemente lacunoso: si segnalano mancanze praticamente in tutte le serie e in alcuni casi la documentazione rimasta è visibilmente danneggiata. Allo stato attuale è composto

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libri scolastici adottati nel corso dei secoli XVII e XVIII, al loro impiego nell’attività didattica e al complesso sistema economico e politico che portava questi prodotti del torchio a varcare la soglia delle aule. Le ricerche condotte dallo storico Rodolfo Fantini prima del 1944, quando cioè l’archivio constava ancora di «140 volumi e 149 buste o rotoli»3 a fronte delle 82 unità archivistiche attuali, costituiscono una preziosa testimonianza e gettano uno spiraglio di luce nel buio lasciato dalla dispersione documentaria. Riguardo ai libri, in un saggio riproposto senza aggiornamenti ne

L’istruzione popolare a Bologna fino al 1861,4 egli riportava le seguenti informazioni:

La Congregazione provvide pure a far stampare a proprie spese alcuni testi scolastici, che venivano venduti agli alunni a profitto delle scuole. Dapprima essi furono uguali a quelli delle altre scuole di latino, e cioè la Sacra Bibbia, il Leggendario de’ Santi di Iacopo da Varazze, la Grammatica del Donato e del Guarino alle quali, per antica disposizione, era pure annessa la Dottrina Cristiana approvata dal Card. Paleotti5; i Dialoghi di Lodovico Vives, il Lexicon latinum di Ambrogio Calepio detto il Calepino, il

Perfetto dittionario ovvero tesoro della lingua volgare di Pietro Galesini, detto il Galesino, l’Euclides di

Guarino Guarini, ecc. Nel 1700 seguirono Le epistole e i Vangeli del P. Remigio Fiorentino, l’Imitazione

di Cristo di T. Kempis, il Quaresimale e l’Incredulo senza scusa di P. Segneri e i libri che uscivano dal

Seminario di Padova: la Grammatica latina e la Prosodia di Ferdinando Porretti, l’Ortografia moderna

italiana del Facciolati, la Regia Parnassi ecc.6 Avendo poi, nel 1787, il Card. Legato Archetti concessa la privativa della stampa dei classici all’Istituto delle scienze, le scuole si limitarono a far stampare i libri usati nelle classi elementari. Per lo più erano compilati da maestri che insegnavano nelle stesse scuole ed erano esposti in forma dialogata, con domande e risposte come si usa tuttora pel catechismo. Nel frontespizio i libri recavano l’insegna delle Scuole. Di essi sono rimasti alcuni esemplari come l’Abbecedario Santa Croce, il Libretto delle creanze, Libretto d’abbaco e altri dal titolo tutt’altro che semplice: Dialogo aritmetico nel quale si contengono i veri fondamenti dell’Arte di D. Giacomo Venturoli maestro dell’Abbaco superiore delle Scuole Pie, in Bologna per l’Erede del Benacci 1672;

Ortografico breviloquio nel quale per mezzo di poche ma esatte regole e della pronuncia si impara di correttamente leggere e scrivere con somma facilità e chiarezza, fatica del Sig. D. Pietro Candidi, in

Bologna per li successori del Benacci 1711.7 I libri venivano accuratamente prescelti dalla Congregazione ispirandosi al criterio di presentare agli alunni, anche nelle letture dei classici, esempi di grandezza d’animo, di clemenza, di beneficenza, di disinteresse che erano ritenuti i più adatti ad eccitare la curiosità e a formare il buon costume dei giovanetti. Dalla vendita di essi le Scuole realizzavano un migliaio di lire all’anno.

Sfortunatamente Fantini non corredò queste preziose indicazioni di citazioni archivistiche, preferendo un generico riferimento alle serie che rivestirono «particolare importanza» per la sua ricerca. Tra di esse spicca quella denominata Libri degli Atti e decreti della Congregazione, contenente le disposizioni relative al governo delle scuole, e dunque anche ai libri di testo, ma dei 7 volumi originari ne sopravvivono oggi solamente 3. Allo stesso modo la serie Scritture, attraverso la quale egli poté «seguire ininterrottamente la vita delle Scuole Pie», da 63 buste si è ridotta alle

complessivamente da 62 buste, 18 faldoni e 2 registri, al cui interno la documentazione è, a seconda dei casi, più o meno ordinata».Ilaria Di Cillo, Inventario dell’archivio delle Scuole Pie di Bologna (1533-1873), cit., p. 17.

3 Rodolfo Fantini, L’istruzione popolare a Bologna fino al 1860, cit., p. 3.

4 Rodolfo Fantini, Le Scuole Pie di Bologna, «Atti e memorie della Regia Deputazione di storia patria per l’Emilia e la Romagna», VII, (1941-1942), pp. 71-117, ripubblicato in: Rodolfo Fantini, L’istruzione popolare a Bologna fino al

1860, cit., pp. 1-40.

5 Nota di Fantini: Nel 1634, dal Sinodo del Card. Colonna venne resa obbligatoria la Dottrina cristiana composta dal Card. Roberto Bellarmino. Da allora fu il testo di insegnamento religioso più diffuso.

6 Rodolfo Fantini, L’istruzione popolare a Bologna fino al 1860, cit., p. 22.

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odierne 50.8 Nell’evidente impossibilità di accedere a gran parte dei documenti che Fantini poté consultare, le sue parole acquistano il valore di vera e propria fonte storica e ritraggono una realtà per molti versi non dissimile a quella di fine Settecento.

Il vuoto lasciato dai documenti distrutti o dispersi è poi in parte compensato da un’altra fonte di primaria importanza, rimasta fino ad oggi inesplorata, almeno per quanto riguarda il Triennio: la serie Contabilità, contenete i mandati di pagamento e le ricevute di cassa delle Scuole Pie.9 La documentazione, che si presenta ancora legata in filza, si è immediatamente rivelata di grande interesse: ben 1000 documenti riferiti alle più svariate voci di spesa, che nell’insieme forniscono un vero e proprio spaccato della vita dell’istituto scolastico.10 Vi figurano gli stipendi degli insegnanti e i compensi per i celebranti dei sacri uffici, i pagamenti di professionisti esterni come muratori, imbianchini, falegnami e tappezzieri e gli elenchi dei generi acquistati in diversi negozi, tra i quali anche librerie e tipografie. I mandati e le ricevute di pagamento che fanno riferimento a libri scolastici sono in tutto una quarantina, un numero tutt’altro che insignificante soprattutto se si considera che chi costituì la filza non operò alcuna separazione tra le spese di manutenzione dell’edificio scolastico e quelle più strettamente legate all’attività didattica.

Questo materiale di carattere amministrativo-contabile comprende anche un inventario che offre un quadro chiaro dei libri scolastici esistenti all’interno delle Scuole Pie all’indomani dell’insediamento del governo repubblicano. La rilevanza di questo documento per lo studio delle continuità e delle innovazioni nella prassi libraria è tale da meritare un’analisi approfondita.

L’«Inventario del Capitale di carta, e libri» delle Scuole Pie (1796)

Il documento intitolato Inventario del capitale di carta, e libri a tutto li 27 agosto 1796,11 compilato a breve distanza dall’ingresso di Napoleone a Bologna, si configura come un elenco di materiali eterogenei accomunati dalla natura cartacea – ma vi sono comprese anche le penne per scrivere, che alla carta erano associate – e dalla finalità didattica (fig. 1).

8 Rodolfo Fantini, L’istruzione popolare a Bologna fino al 1860, cit. pp. 3-4, n. 3.

9 ASC, Scuole Pie, Contabilità, Mandati e ricevute di cassa, 1796-1802. La filza, ancora legata, è stata resa accessibile dalla disponibilità delle archiviste, che ringrazio.

10 I documenti si presentano numerati progressivamente da 1 a 1000, secondo un criterio non cronologico ma che rispecchia probabilmente l’ordine di archiviazione.

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Fig. 1. La prima pagina dell’Inventario del 1796

L’inventario fissa come un fotogramma la situazione dei libri così come si presentava subito prima che il mutato assetto politico iniziasse a far sentire i propri effetti all’interno della più importante istituzione scolastica della città, arricchendo a nostro beneficio le informazioni in minima parte note. Dalle fonti archivistiche non traspare alcun accenno alle ragioni che ne determinarono la redazione ma, come ogni strumento di questo genere, ritengo che esso sia nato dall’esigenza pratica di conoscere il posseduto ed il relativo valore patrimoniale del capitale, per la cui stima venne

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incaricato il libraio e stampatore Giacomo Longhi. Il particolare contesto storico – erano trascorsi appena un paio di mesi dall’ingresso di Napoleone a Bologna – spinge anche ad ipotizzare che fosse stato commissionato per volere della Municipalità, che di lì a poco avrebbe assunto la gestione delle Scuole sottraendole al controllo dell’Arcivescovo. È infatti probabile che l’intenzione di riformare la didattica fosse stata concepita fin da quelle prime euforiche settimane di vita del nuovo regime, e dunque che le autorità potessero avere interesse a conoscere i libri in uso ed il loro valore patrimoniale per poi disporre in un secondo tempo la sostituzione di quelli ritenuti obsoleti con altri più adatti al rinnovato clima politico.

L’estrema sinteticità delle annotazioni, tipica di un elenco di uso strumentale, ha reso in alcuni casi incerta l’identificazione delle opere e delle edizioni. Va inoltre tenuto presente, anche per i casi meno dubbi, che i materiali scolastici hanno subito dispersioni di proporzione tale per cui non si può escludere che il documento faccia riferimento ad edizioni o ristampe che non hanno lasciato alcuna traccia di sé nei cataloghi e nei repertori bibliografici disponibili.12 Ciò premesso, i tentativi di far luce sui titoli elencati e sulle relative edizioni si sono basati su alcune ipotesi di lavoro di carattere generale.

Innanzi tutto il fatto che le Scuole Pie bolognesi, almeno per i libretti destinati alle prime classi, ricorressero di preferenza ai prodotti degli stampatori locali, più facilmente accessibili e non soggetti a costi di importazione. Sappiamo però con certezza che i banchi dei librai petroniani erano ben forniti di testi provenienti da altri centri editoriali, in particolare veneti e lombardi, e che alcuni libri di formazione morale e religiosa giungevano espressamente dalla Tipografia del Seminario di Padova, che proponeva un ricco catalogo di opere diffuse in tutta la Penisola.13

Per i classici latini la provenienza bolognese è invece pressoché certa poiché sin dal 1781, con senatoconsulto approvato dal Cardinal Legato Ignazio Boncompagni Ludovisi, era stata attribuita una privativa ventennale alla Stamperia dell’Istituto delle Scienze, a quell’epoca gestita da Petronio Dalla Volpe.14 Tale privativa si estendeva a comprendere anche altri libri «inservienti alle

12 Accanto ai repertori e ai cataloghi indicati nell’introduzione (Opac SBN, CLIO, ecc.), per l’identificazione delle opere e delle edizioni citate in questo paragrafo ho fatto ricorso in particolare a: Giambattista Canterzani (1767-1846),

Catalogo ragionato dei libri a stampa pubblicati in Bologna dai tipografi Lelio e Petronio Dalla Volpe disposto con l’ordine cronologico della loro pubblicazione, a cura di Marco Bortolotti, Alessandro Serra, Bologna, Clueb, 1979;

Catalogo storico Frati-Sorbelli della BCAB, <http://badigit.comune.bologna.it/fratisorbelli/>; Internet Culturale, <www.internetculturale.it> (per tutti ultima cons.: 22.11.2015).

13 Relativamente alle edizioni della Tipografia del Seminario di Padova si veda: Riccardo Battocchio, Nota

bibliografica sul seminario vescovile di Padova, la sua biblioteca e la sua tipografia, Padova, 2005, pp. 18-19,

disponibile on line <www.seminariopadova.it/pg.asp?cd=490>. Si veda anche Marco Callegari, Manfré ,Giovanni, in

DBI, 2007, vol. 68, pp. 631-633.

14 Petronio Dalla Volpe assunse la gestione della Stamperia dell’Istituto nel 1756 e la mantenne sino al 1794, quando i senatori che sovrintendevano all’Istituto delle Scienze scelsero di affidarla a Giuseppe Lucchesini. Cfr. Maria Gioia Tavoni, Dalla Volpe Petronio, in DBI, 1986, vol. 32, pp. 63-65.

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Scuole Minori», il cui elenco venne ampliato nel marzo del 1787. L’ultima notificazione emessa in materia di libri scolastici, del settembre 1793, riportava in calce i seguenti titoli:

Il Donato = Il Galassino = La Grammatica del Porretti a norma di quella di Padova = La Prosodia = Le Lettere di Cicerone ad Familiares = e le Scelte = Le Orazioni scelte di Cicerone = Il Trattato de Officiis, & de Oratore del medesimo = Cornelio Nepote = Le Favole di Fedro = Virgilio = Orazio purgato = Ovidio Fastorum ec.; e le Metamorfosi purgate = Il Vocabolario a norma di quello di Torino = Il Fior di Virtù = La Vita de’ Ss. Barlaam, e Giosafat = L’Ortografia del Facciolati = I Commentarj di Cesare = Le Favole d’Esopo = La Reggia Parnasi =Il Salterio grande, e piccolo pe’ Fanciulli = L’Uffizio della B. V. = Il Libretto d’Abaco per l’Aritmetica = Catullo, Tibullo, Properzio, ed il Vocabolario del Mandosio.15

La medesima notificazione chiariva che solamente alcuni dei libri elencati erano effettivamente «già stampati, e vendibili nella suddetta Stamperia», e cioè il ‘Donato’, il ‘Galassino’, la Grammatica e la Prosodia del Porretti, le opere di Cicerone, Cornelio, Virgilio, Orazio e Ovidio, le Favole di Fedro, il Fior di virtù e la Vita de’ santi Barlaam, e Giosafat. La specificazione era necessaria poiché gli altri tipografi e librai avevano facoltà di continuare a produrre e vendere i libri soggetti a privativa fino a quando la Stamperia dell’Istituto non ne avesse completata l’edizione. Via via che quest’ultima arricchiva il proprio catalogo, gli altri operatori rimanevano esclusi dalla possibilità di continuare a trattare quei titoli.

In secondo luogo, nei casi in cui risultano più edizioni o ristampe di una stessa opera ho identificato in linea di massima come maggiormente probabili quelle cronologicamente più vicine all’inventario, cioè al 1796, anche se è noto che i testi scolastici venivano prodotti con tirature nell’ordine di migliaia di esemplari e non di rado rimanevano in commercio e in uso per decenni.

Poste queste premesse, riporto integralmente il testo dell’inventario:

Inventario del Capitale di Carta, e Libri a tutto li 27 Agosto 1796

N. 132 Risme carta da scrivere a £ 3:10:- £ 462:-:-

N. 8 ¾ Risme Fiorettoni mezzano perlino a £ 8:-:- £ 70:-:-

N. 8 Risme Strazzetti a £ 1:10:- £ 12:-:-

N. 242 Fogli carta Stampata a colori a £ 13:10:- £ 6:10:-

N. 160 Cartoni comuni a £ 10:-:- £ 16:-:-

N. 46 ½ Risme Esempj da Scrivere in Foglio in 8°

ed in 4° coperti di Cartone a £ 4:10:- £ 209:5:-

N. 10:32 Risme Esempi da Disegno di Fioroncello a £ 6:-:- 64:16:-

N. 3200 Penne da scrivere a £ 6 ÷÷16 £ 19:4:-

N. 1300 Simboli sciolti a £ -:2:6 £ 162:10:-

N. 104 Simboli legati a £ -:3:- £ 15:12:-

N. 250 Scuole di pietà sciolte a £ -:3:6 £ 218:15:-

N. 51 Scuole di pietà legate a £ -:4:9 £ 12:2:3

N. 407 Rettoriche sciolte a £ -:10:- £ 203:10:-

15 Notificazione. Pubblicata in Bologna li 7 Settembre 1793, in Bologna nella Stamperia Camerale, [7 settembre 1793].

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N. 63 Rettoriche legate con corpo di car. pecora a £ -:14:- £ 44:2:- N. 32 Bisso sciolti, Introd. alla volgar poesia a £ -:18:- £ 28:18:-

N. 20 Bisso legati a £ 1:2:- £ 22:-:-

N. 124 Thiulen sciolti a £ -:6:- £ 37:4:-

N. 21 Thiulen legati a £ -:8 ¼ :- £ 8:13:3

N. 100 Bornati sciolti Precetti a £ -:3:- £ 15:-:-

N. 34 Bornati sud[dett]i legati a £ -:4:- £ 6:16:-

N. 800 Bibbie sciolte a £ -:4:6 £ 180:-:-

N. 129 dette legate a £ -:6:6 £ 41:18:6

N. 1200 Creanze Libri sciolti a £ -:3:6 £ 367:10:-

N. 245 Libri Creanze legati a £ -:4:6 £ 55:2:6

N. 84 Mese di Maria legati a £ -:3:6 £ 14:14:-

N. 400 Ciceroncini sciolti a £ -:3:6 £ 70:-:-

N. 74 detti legati a £ -:4:- £ 14:16:-

N. 7 Cicerone Epistole familiari a £ 1:2:- £ 7:14:-

N. 12 Cicerone de officijs a £ 1:-:- £ 12:-:-

N. 9 Sales legati, Apparecchio per Confess[ars]i e Com[unicars]i

a £ -:3:- £ 1:7:-

N. 8 Cattechismo romano a £ 2:4:- £ 17:12:-

N. 124 Trattati della sfera sciolti a £ -:1:6 £ 9:6:-

N. 65 Cornelj Nepoti Vita degl’Imp[erator]i a £ -:7:- £ 22:15:-

N. 49 Galessini legati a £ -:1:9 £ 3:13:6

N. 6 Grammatiche legate in pecora a £ -:14:- £ 4:4:-

N. 75 Dottrine Belarmino leg[ate] in carta gialla a £ -:4:6 £ 16:17:6

N. 114 Dottrine basse a £ -:3:10 £ 21:17:-

N. 554 Prosodie legate a £ -:4:- £ 110:16:-

N. 44 Pratiche per li Giovanetti a £ -:5:6 £ 12:2:-

N. 34 Altre pratiche sud[dette] a £ -:5:6 £ 9:7:-

N. 71 Bortolotti legati per il Canto a £ -:7:3 £ 25:14:9

N. 3 Donati al senno legati a £ -:6:- £. -:18:-

N. 17 Ufficj della B. V. legati in pecora a £ -:10:6 £ 8:18:6

N. 16 Libretto per servir la Messa a £ --- £ -:6:-

N. 1500 Abachini sciolti a £ 12÷÷ £ 18:-:-

N. 475 Detti legati a £ 16:5 ÷÷ £ 7:14:4

N. 70 Altri abachini legati a £ 16:5 ÷÷ £ 1:2:9

N. 72 Facciolati avvertimenti grammaticali a £ -:2:6 £ 9:??? N. 7 Ciceroni Orazioni legati in carta pecora a £ 1:2:- £ 7:14:- N. 6 Ovidi, Fasti legati in carta pecora a £ 1:2:- £ 6:12:- N. 6 Oratij con Note legati in carta pecora a £ 1:7:- £ 8:2:-

N. 5 Altri Oratjleg[at]i come sopra a £ 1:7:- £ 8:2:-

N. 24 Donati al senno legati a £ -:6:- £ 7:4:-

N. 18 Virgilj legati in carta pecora a £ 1:2:- £ 19:16:-

N. 9 Terentj legati in carta pecora a £ 1:5:- £ 11:5:-

N. 2 Ciceroni Orazioni legati in carta pecora a £ 1:2:- £ 2:4:-

N. 7 Vocabolarj legati in carta pecora a £ 1:10:- £. 10:10:-

£ 2781:12:10 Giacomo Longhi Deputato dall’Ill[ustrissi]ma Cong[regazio]ne approvo li suddetti prezzi.

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Pur senza spendere troppe parole sulle tipologie di carta da scrivere e sugli «esempi» di cui i maestri si servivano per insegnare a riconoscere e tracciare le lettere, è doveroso ricordare l’importanza rivestita da questi prodotti da cartoleria nell’indotto economico generato dalle Scuole.

Le ricerche condotte sulle cartiere e i cartari del territorio bolognese nel Settecento hanno infatti portato alla luce le caratteristiche di un importante settore produttivo che ancora all’inizio della Restaurazione produceva «il 20% di tutta la carta fabbricata nello Stato Pontificio»,17 e che aveva profondi legami con le professioni di tipografo e di libraio.18

Accanto ai cartari veri e propri,19 molti dei quali in città gestivano botteghe dove smerciavano al dettaglio i propri prodotti, vi erano anche affermate famiglie di tipografi-librai – come i Dalla Volpe, i Sassi e i De Franceschi20 – che all’attività primaria associavano la conduzione di un mulino da carta. Nei loro punti vendita si potevano dunque trovare risme e materiali come quelli descritti nel documento, il cui commercio generava introiti tutt’altro che trascurabili.

Passando invece all’analisi dei libri presenti nell’elenco, risulta innanzi tutto evidente la distinzione tra ‘sciolti’ e ‘legati’. È noto che sin dagli albori della stampa tipografica la legatura dei libri era un passaggio prevalentemente a carico dell’acquirente, ma nel caso dei libri scolastici lo scarsissimo valore loro attribuito faceva sì che sovente ne rimanessero privi. Questa prassi era motivata principalmente dalla necessità di limitare il più possibile i costi, così da renderli accessibili anche agli allievi più poveri ed evitare una spesa che molte famiglie umili non potevano sostenere.

17 Pierangelo Bellettini, Cartiere e Cartari, in Produzione e circolazione libraria a Bologna nel Settecento. Avvio di

un’indagine. Atti del V colloquio, Bologna 22-23 febbraio 1985, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1987, pp.

17-18 e nota 1. L’informazione è ricavata da un documento privo di datazione ma risalente ai primi anni della Restaurazione dal titolo «Statistica delle cartiere dello Stato Pontificio», ASBo, Camerale II, Cartiere, b. 1.

18 Sulla produzione cartiera a Bologna tra XVIII e XIX secolo si vedano anche: Pierangelo Bellettini, Gaspare De

Franceschi (1712-1778), cartaro e stampatore bolognese all’insegna della Colomba, «Atti e memorie. Deputazione di

storia patria per le province di Romagna», 1986, pp. 135-168; Id., Cartiere e cartari, cit.; Id., Il gonfalone, l’àncora e la

stella. Filigrane bolognesi nella prima metà del XVIII secolo, «L’Archiginnasio», XCI, 1996, pp. 163-203; Alberto

Beltramo, Maria Gioia Tavoni, I mestieri del libro nella Bologna del Settecento, Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, 2013, in particolare le pp. 73-77; Augusto Ciuffetti, Carta e stracci. Protoindustria e mercati nello Stato Pontificio tra

Sette e Ottocento, Bologna, Il Mulino, 2013.

19 Tra di essi vi era il proprietario della Carteria Lama, ubicata nel comune di Panico, della quale l’archivio delle Scuole Pie conserva una ricevuta del marzo 1795 relativa all’acquisto di 60 risme di carta da scrivere del valore di 210 lire e alla legatura di una vacchetta al prezzo di 12 lire. ASC, Scuole Pie, Contabilità, Mandati, n. 22

20 Petronio Dalla Volpe (1721-1794), che subentrò nell’impresa tipografica del padre Lelio nel 1749, alla morte di quest’ultimo, fu anche conduttore di cartiere: prima quella di proprietà dei conti Rossi a Pontecchio, per nove anni a partire al 1773, e successivamente il mulino Buca, ubicato dentro le mura cittadine, che gestì per otto anni a partire dal 1781. Gli stampatori Sassi nel corso del Settecento furono coinvolti nella gestione del mulino Buca e del mulino

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