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GOVERNARE ISTRUZIONE E STAMPA. LE RIFORME NAPOLEONICHE

I riferimenti legislativi per l’istruzione, la stampa e la lettura scolastica

Gli interventi legislativi che si susseguirono tra il 1800 e il 1814 in materia di istruzione pubblica e di stampa esprimono il crescente intento di controllo manifestato dal Governo su due aspetti strettamente correlati della vita dello Stato. Tra il 1809 e il 1810 proprio la percezione del legame esistente tra la produzione dei torchi e la formazione identitaria dei cittadini indusse le autorità a riunire questi due ambiti nelle mani di uno stesso Direttore generale. Nelle pagine a seguire ripercorreremo dunque per sommi capi i provvedimenti adottati dal governo napoleonico sull’uno e sull’altro versante, con particolare attenzione a come essi contribuirono a plasmare le caratteristiche, la fabbricazione e la commercializzazione del libro scolastico.

Come è noto, la principale disposizione inerente alla stampa varata durante la seconda Repubblica Cisalpina fu la legge 19 fiorile anno IX (9 maggio 1801), relativa al diritto d’autore per le opere d’ingegno, definite «la più preziosa e la più sacra delle proprietà».1 Essa riconosceva ad artisti, musicisti e «autori di scritture d’ogni maniera» la facoltà esclusiva di «vendere, far vendere, distribuire le opere loro nel Territorio Cisalpino, e di cederne la proprietà» a terzi, attribuendo a eredi e cessionari analoghi diritti durante i dieci anni successivi alla morte dell’autore. Le pene introdotte per scoraggiare la pirateria prevedevano il risarcimento all’autore di una somma corrispondente al valore di un certo numero di edizioni originali: duemila nel caso dei contraffattori e quattrocento nel caso degli spacciatori di materiale contraffatto del quale non fossero essi stessi i diretti artefici.2

1 Legge 19 fiorile anno IX repubblicano, che determina accordato il diritto esclusivo di vendere le loro opere agli

Autori, Compositori, Pittori e Disegnatori nella Repubblica Cisalpina, in Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano dal giorno 13 pratile anno VIII epoca del ritorno dell’Armata Francese in questa città,

Milano, Luigi Veladini, [1801], vol. II, p. 144.

2 Sulla tutela della proprietà intellettuale tra Sette e Ottocento si rinvia a: Chiara De Vecchis, Paolo Traniello, La

proprietà del pensiero. Il diritto d’autore dal Settecento a oggi, Roma, Carocci, 2012; Umberto Izzo, Alle origini del copyright e del diritto d’autore. Tecnologia, interessi e cambiamento giuridico, postfazione di Roberto Caso, Roma,

Carocci, 2010, capp. 5-11; Maurizio Borghi, La manifattura del pensiero. Diritti d’autore e mercato delle lettere in

Italia, 1801-1865, Milano, Angeli, 2003; Jacques Boncompain La révolution des auteurs. Naissance de la propriété intellectuelle (1773-1815), Paris, Fayard, 2001; Maria Iolanda Palazzolo, Geografia e dinamica degli insediamenti editoriali, in Storia dell’editoria italiana nell’Italia contemporanea, a cura di Gabriele Turi, Firenze, Giunti, 1997, pp.

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Tutelando la proprietà intellettuale, questo intervento legislativo non intendeva tuttavia promuovere un indiscriminato accesso alle professioni della penna, né fare del mercato l’unico arbitro della produzione scrittoria. La necessità di porre ben precisi confini alla libertà di autori e stampatori spinse dunque le autorità della Repubblica Italiana, nel frattempo subentrata alla Cisalpina, all’introduzione del Decreto di regolamento per le stampe e libri del 21 gennaio 1803,3 che conferiva un’organizzazione unitaria ad un «ramo» fino ad allora «non assistito da alcun regolamento generale ed uniforme in tutta la Repubblica».4 Accanto alle consuete misure di contrasto agli scritti ‘immorali’ venne introdotto il divieto per le opere anonime, la cui responsabilità sarebbe ricaduta sullo stampatore, e furono assoggettati a censura preventiva i periodici, i libretti teatrali e le edizioni estere. Per l’attuazione dei controlli venne attivato il Magistrato di revisione delle stampe, composto da tre funzionari, dipendente dal Ministero dell’Interno e da quello per il Culto «per gli oggetti delle rispettive attribuzioni».5 Potenziato e reso più efficiente da un decreto nel settembre dello stesso anno,6 tale organo costituiva il centro di tutte le delegazioni di revisione poste in essere nei singoli dipartimenti ed era chiamato ad esprimersi in merito ai quesiti e alle difficoltà da esse segnalati. La norma istitutiva della magistratura di revisione fa esplicito riferimento a quella «diretta influenza, che l’oggetto delle stampe e libri tiene sui rapporti morali e politici della pubblica istruzione»,7 una percezione che, come accennato, avrebbe guidato le scelte del legislatore lungo tutta la parabola del regime napoleonico.

All’indomani della proclamazione della Repubblica Italiana non sorprende dunque l’urgenza con la quale il Corpo legislativo volle affrontare sia le questioni legate all’organizzazione scolastica sia quelle riguardanti la produzione tipografica: già il 4 settembre 1802 vide infatti la luce la Legge

sulla Pubblica istruzione,8 che precedette di pochi mesi l’introduzione del Decreto di regolamento

per le stampe e libri poc’anzi richiamato. L’impostazione democratica attribuita all’istruzione

pubblica durante il Triennio, che dopo Marengo ancora sopravviveva nel progetto di riforma

società in Italia dal Quattrocento al Novecento, Milano, Bibliografica, 1994, in part. le pp. 189-248; Eugenio Di

Rienzo, Giorgio Fabre, Evoluzione del diritto d’autore. Lavoro intellettuale e industria culturale, «Problemi d’informazione», 2, 1980, pp. 261-280; Achille De Rubertis, La “pirateria letteraria” in Italia prima del 1840, «Gutenberg Jahrbuch», 1952, pp. 232-235.

3 Decreto di regolamento per le stampe e libri, 21 genajo 1803. Anno II, n. 11, in Bollettino delle leggi della

Repubblica italiana, dal 1 gennajo al 31 dicembre 1803. Anno II, Milano, presso Luigi Veladini Stampatore Nazionale

in Contrada S. Redigonda, [1804], pp. 18-21.

4 Ivi, p.18.

5 Ivi, p. 20.

6 Decreto diretto a rendere più attivo ed efficace il Magistrato di revisione delle stampe, 27 settembre 1803. Anno II, n. 75, in Bollettino delle leggi della Repubblica italiana, dal 1 gennajo al 31 dicembre 1803. Anno II., cit., pp. 197-198.

7 Decreto di regolamento per le stampe e libri, 21 genajo 1803, cit., p. 18.

8 Legge relativa alla pubblica istruzione, 4 settembre 1802. Anno I, n. 75, in Bollettino delle leggi della Repubblica

Italiana, dalla Costituzione proclamata nei comizj in Lione al 31 dicembre 1802. Anno I, Milano, presso Luigi Veladini

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elaborato da Giuseppe Compagnoni,9 con l’avvento della Repubblica Italiana venne completamente abbandonata. Alla precedenza riconosciuta all’alfabetizzazione del popolo si sostituì un manifesto interesse per la formazione delle élites e delle classi dirigenti, che portò a misure volte a migliorare licei e istituti superiori lasciando invece neglette le scuole elementari.

Non a caso, in tema di istruzione pubblica, la Costituzione approvata ai Comizi di Lione nel 1802 poco o nulla recepì dei contenuti della precedente carta cisalpina, che prevedeva l’apertura di «scuole primarie, dove gli allievi imparano a leggere ed a scrivere, e gli elementi del conteggio».10

Il nuovo statuto costituzionale si limitò invece ad enunciare tra le Disposizioni generali l’«uniformità» del «sistema di pubblica istruzione elementare»,11 rinviando ad un successivo intervento – che fu appunto il Decreto del 4 settembre 1802 – la predisposizione di uno specifico piano nazionale. Tale piano, elaborato su progetto di Pietro Moscati e Giovanni Paradisi, sancì il pieno controllo dello Stato su tutte le scuole di ogni ordine e grado, «condizione prima, questa, per arrivare all’unificazione morale del paese»,12 ed organizzò la pubblica istruzione in tre livelli – sublime, medio ed elementare – rispettivamente di competenza nazionale, dipartimentale e comunale. A carico della nazione erano poste le due Università di Bologna e Pavia, le Accademie di belle arti, le Scuole speciali e l’Istituto Nazionale; ai dipartimenti spettava il mantenimento dei licei; ai comuni quello di scuole primarie e ginnasi. Successive risoluzioni introdussero parziali modifiche alla struttura delineata da quella prima legge, subordinando i ginnasi ai licei, i licei alle università e ponendo anche l’istruzione media a carico delle finanze statali.

Il carattere fortemente centralizzato e burocratico venne tuttavia mantenuto, ed anzi potenziato nei successivi anni del Regno.

9 Nominato dal governo provvisorio Promotore della pubblica istruzione ed educazione nel novembre del 1800, Compagnoni presentò un progetto che venne però «immediatamente affossato, sia per l’entità della spesa (50 milioni), sia soprattutto per gli arditi princìpi che enunciava, ormai in pieno contrasto con il nuovo indirizzo politico emergente: una scuola elementare per ogni comune [...]; abolizione del latino, laicizzazione dell’insegnamento in senso addirittura deista» (Carlo Zaghi, L’Italia di Napoleone, Torino, UTET, 1989, pp. 114-115). Su Compagnoni si veda Giuseppe

Compagnoni: un intellettuale tra giacobinismo e restaurazione, a cura di Sante Medri, Bologna, Edizioni Analisi, 1993.

10 Costituzione della Repubblica Cisalpina, art. 294 (Costituzione della Repubblica Cisalpina dell’anno VI

Repubblicano, seconda edizione correttissima coll’aggiunta dell’indice e della legge in fine di divisione della repubblica stessa in dipartimenti, Bologna, per le stampe del Sassi, [1797-1798]).

11 Costituzione della Repubblica Italiana adottata per acclamazione nei Comizj Nazionali in Lione, 26 gennajo 1802. Anno I, n. 1, in Bollettino delle leggi della Repubblica Italiana, dalla Costituzione proclamata nei comizj in Lione al 31

dicembre 1802, cit., pp. 1-19, (Art. 120, p. 18).

12 Carlo Zaghi, L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, cit., p. 407. Sull’istruzione, limitatamente al Lombardo-Veneto, cfr. Vita religiosa e cultura in Lombardia e nel Veneto nell’età napoleonica, a cura di Gabriele de Rosa e Filiberto Agostini, Roma, Bari, Laterza, 1990. Per uno sguardo all’Italia meridionale cfr. Roberto Sani, L’editoria

scolastica nell’Italia meridionale dell’Ottocento, in Il libro per la scuola tra Sette e Ottocento, a cura di Giorgio

Chiosso, Brescia, La Scuola, 2000, pp. 225-275; Vincenzo Trombetta, L’editoria a Napoli nel decennio francese.

Produzione libraria e stampa periodica tra Stato e imprenditoria privata (1805-1815), Milano, Franco Angeli, 2011, in

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Come ha osservato Carlo Zaghi, l’istruzione pubblica nell’Italia napoleonica assunse i caratteri di «un ordinamento chiuso, dogmatico, in gran parte sbarrato ai fermenti culturali che in campo scolastico andavano sprigionandosi in Europa».13

Il comparto elementare e popolare fu il più trascurato e si dovette attendere il 1812 per giungere ad un regolamento disciplinare che supplisse a quel piano legislativo organico che invece non vide mai la luce. Nel frattempo, come accennato, non mancarono azioni legislative rivolte agli studi superiori14 – dei quali tuttavia non ci occuperemo in questa sede – e si tentò di organizzare l’impianto generale delle scuole primarie sulla base delle scarne indicazioni contenute nella legge 4 settembre 1802 (artt. 35-40). Essa disponeva infatti che «provvisoriamente sussistono le scuole elementari dovunque si trovano» (art. 37), e stabiliva che «tosto che sieno organizzati i Comuni a termini della Legge del 24 Luglio 1802,15 il Governo provvede, perché in ogni Comune vi sia almeno una scuola, ove s’insegnino il leggere, lo scrivere, ed i principj d’Aritmetica» (art. 38). Ai Consigli Comunali era demandata la fissazione del compenso annuo dei maestri (art. 39), con facoltà di supplire «alle spese delle scuole elementari colle doti di particolare fondazione destinate a quest’oggetto, e sussidiariamente col prodotto delle imposte comunali» (art. 40). Quanto ai libri, era intenzione del Governo coinvolgere l’Istituto Nazionale e i professori universitari nella selezione dei testi dei diversi autori, «proponendo anche premj a quelli che presenteranno i migliori» (art. 36). In vista della preparazione dell’annunciato piano generale, durante la breve vita della Repubblica Italiana furono avviate a più riprese indagini finalizzate a creare una mappatura quanto più possibile fedele dello stato delle scuole elementari nei diversi dipartimenti.16 L’interesse ministeriale era rivolto a due principali aspetti: l’uno di ordine economico, riferito cioè alle rendite sulle quali ciascun istituto poteva contare, l’altro di ordine organizzativo e didattico. Questo secondo piano, con particolare riferimento ai libri in uso, acquisì crescente centralità a partire dal 1804, come si evince da una circolare del Ministro dell’Interno del gennaio di quell’anno:

Per provvedere all’importante oggetto dell’Istruzione Elementare colla formazione di un diario generale maturamente combinato occorre principalmente di esaminare i libri relativi che sieno già adottati dalle Scuole ne’ diversi paesi della Repubblica.17

13 Ivi, p. 408.

14 Segnalo in particolare la Legge sui licei e ginnasi del 13 novembre 1802, il Decreto sull’applicazione delle rendite

impiegate nella istruzione pubblica alla nuova organizzazione de’ licei e delle scuole secondarie del 7 luglio 1805 e il Decreto d’organizzazione dei licei con convitto e senza convitto del 14 marzo 1807.

15 Legge sull’organizzazione delle Autorità Amministrative, 24 luglio 1802 n. 53, in Bollettino delle leggi della

Repubblica Italiana, dalla Costituzione proclamata nei comizj in Lione al 31 dicembre 1802. Anno I, [Milano], presso

Luigi Veladini Stampatore Nazionale in Contrada s. Redigonda, [1803], pp. 185-208.

16 Un certo rilievo ebbe l’indagine avviata tra il 1800 e il 1801. Le risposte del Dipartimento del Reno – sulle quali tuttavia non ci soffermeremo – sono conservate in ASMi, Atti di governo, Studi, P.M., b. 402, e in ASBo, Napoleonico, Istruzione pubblica, b. XI/294.I; XI/294.II.

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Diramata nei Dipartimenti, tale circolare era corredata di tabelle ove inserire in modo sistematico le informazioni richieste, chiarendo a beneficio dei compilatori che «scuole elementari s’intendono quelle ove s’insegni il leggere, e scrivere fino alla Rettorica inclusivamente». Ancora permaneva in maniera evidente l’impianto delle vecchie scuole gesuitiche, che prevedevano al primo livello di istruzione la triade di grammatica, umanità e retorica, con cui si concludeva appunto il livello scolastico iniziale.18 Quanto al metodo impiegato, «basterà la qualificazione di Normale, o Antico,

giacché il primo è conosciuto, ed il secondo è abbastanza definito dalla indicazione de’ libri, che deve farsi nella colonna seguente».19

Le informazioni ricevute nel 1804 non soddisfarono però le aspettative del Ministero dell’Interno,20 in seno al quale nel 1805 venne costituita la Direzione generale di Pubblica istruzione affidata a Pietro Moscati, estimatore del sistema scolastico francese e convinto dell’opportunità di creare un’istruzione pubblica dai contenuti modellati secondo la classe sociale dei beneficiari.21 Le nuove rilevazioni del 1805, effettuate dai Cancellieri distrettuali in maniera più sistematica e precisa rispetto ai tentativi fino ad allora esperiti, fruttarono una messe di dati di grande interesse, che per quanto riguarda il Dipartimento del Reno analizzeremo nel paragrafo a seguire.

Proprio come il mondo della scuola, anche quello del libro e delle professioni ad esso legate stava mutando in quegli anni sotto gli effetti di provvedimenti legislativi introdotti in rapida successione.

18 Cfr. Piero Lucchi, La prima istruzione. Idee, metodi, libri, in Il catechismo e la grammatica, cit., pp. 25-82.

19 ASBo, Prefettura, 1804, Tit. XIII, Rubr. 10, 18 gennaio 1804.

20 Nel giugno del 1805 il Ministro dell’Interno scrisse infatti ai Prefetti: «diverse notizie mi furono date in addietro dalle Municipalità sulla Istruzione elementare di ciascuna Comune, ma da esse non è risultata quella piena cognizione che si desiderava. Per ordine deciso di Sua Maestà Imperiale, e Reale debbo quindi eccitarvi, Signori Cancellieri, a procurare sopra ciò le più avverate, e chiare notizie indi spedirmele entro il giorno ventotto del corrente Mese, ove prima non si potesse. Per comodo vostro, e per la voluta celerità, e precisione vi trasmetto l’unita modula, la quale servirà per formare un prospetto uniforme. Non fate alcun conto delle notizie datemi in passato, ma tutto comprendete nel suddetto prospetto […]», ASBo, Prefettura, 1805, Tit. XIII, Rubr. 10 pt. II, circolare 15 giugno 1805.

21 Pietro Moscati (1739-1824), medico e senatore del Regno, fin dal 1802, in qualità di membro della Commissione di Pubblica istruzione, aveva esposto i principi di un sistema che offrisse ai figli del popolo solamente le fondamentali nozioni di lettura, scrittura e calcolo accompagnate da principi di educazione morale, riservando l’accesso ai livelli scolastici superiori (a pagamento) alle élites e a chi avesse potuto sostenerne il peso economico. Pietro Moscati,

Osservazioni d’un cittadino filantropo sopra la pubblica istruzione dirette al Consiglio Legislativo della Repubblica Italiana, Milano, dalla stamperia e fonderia del Genio tipografico, casa Crivelli, n.o. 1997, 1802, 8°, [2], 94, [2] pp.

Sulla figura e l’opera di Moscati come Direttore generale della Pubblica istruzione tra il 1805 e il 1809 si rinvia in particolare a: Paola Zocchi, Moscati, Pietro, in DBI, 2012, vol. 77, pp. 295-300; Elena Brambilla, L’istruzione pubblica

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Il Decreto sulla revisione delle stampe del 180422 inasprì le condizioni per poter accedere ai benefici garantiti dalla Legge del 19 fiorile anno IX. Chiarendo che lo scopo di quest’ultima non era, né poteva essere «quello di favorire sotto il nome di produzioni d’ingegno indistintamente tutti i libri, o stampe che escono alla luce», il nuovo decreto nasceva per arginare «l’abuso introdotto di porre sotto la salvaguardia della Legge libri, o stampe, le quali lungi dal meritare la protezione Nazionale riescono soggette a legittima censura politica, o letteraria».23 Per ottenere il riconoscimento della proprietà intellettuale divenne dunque obbligatorio che lo scritto ricevesse la preventiva approvazione dei revisori, al cui giudizio dovevano essere sottoposti anche i periodici, i fogli volanti, gli almanacchi e «simili produzioni giornaliere».24

Nel marzo del 1805 la proclamazione del Regno d’Italia sotto l’egida di Napoleone imperatore,25 seguita dall’introduzione di un nuovo statuto costituzionale,26 incise in maniera significativa sul contesto entro cui si muovevano gli operatori coinvolti nella produzione e nel commercio librario: come ha osservato Marino Berengo, durante i primi anni del Regno prevalse «la tendenza a considerare l’industria tipografica come una delle molte attività produttive, senza subordinarne lo sviluppo a preoccupazioni di censura».27

Queste premesse condussero nel luglio del 1806 all’approvazione del Decreto che abolisce

il Magistrato di revisione, ed istituisce l’Ufficio della libertà della stampa.28 Tale disposizione, nel ribadire la responsabilità penale degli autori e, in loro mancanza, degli editori (art. III), sanciva la fine della censura preventiva (art. I) e la soppressione del Magistrato di revisione ad essa preposto (art. II). «Ciò non ostante un autore che vorrà assicurarsi che la pubblicazione dell’opera sua non l’esporrà ad alcun processo, potrà presentare il manoscritto di essa opera, prima di stamparla, all’Ufficio della libertà di stampa» (art. X).

22 Decreto sulla revisione delle stampe, 4 Aprile 1804, n. 34, in Bollettino delle leggi della Repubblica Italiana. Parte

prima, dal 1 gennajo al 30 aprile 1804. Anno III, [Milano], presso Luigi Veladini Stampatore Nazionale in Contrada S.

Redigonda, pp. 207-208.

23 Ivi (corsivo originale).

24 Ivi, art. III.

25 Proclama con cui viene pubblicato lo Statuto Costituzionale che dichiara l’Imperatore de’ Francesi Napoleone I re

d’Italia, e determina il modo di successione al Regno, 19 marzo 1805, n. 13, in Bollettino delle leggi del Regno d’Italia parte prima. Dal 1 gennajo al 30 giugno 1805, Milano, presso la Regia Stamperia Veladini in Contrada S. Radegonda,

1805, pp. 33-42.

26 Terzo Statuto Costituzionale, 5 giugno 1805, n. 38, in Bollettino delle leggi del Regno d’Italia parte prima. Dal 1

gennajo al 30 giugno 1805, cit., pp. 91-112.

27 Marino Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, cit., p. 38.

28 Decreto che abolisce il Magistrato di revisione, ed istituisce l’Ufficio della libertà della stampa, 17 luglio 1806, n. 122, in Bollettino delle leggi del Regno d’Italia. Parte II. Dal 1 maggio al 31 agosto 1806. Coll’aggiunta dei decreti

pubblicati negli Stati Veneti avanti la loro unione al Regno, Milano, dalla Reale Stamperia, [1806], pp. 763-765. Il

materiale preparatorio a questo decreto si trova in ASMi, Atti di governo, Studi, P.M., cart. 102, come si evince da Marino Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, cit., p. 39 n. 1.

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Questo nuovo organo, istituito presso la Direzione generale di Polizia, era retto da tre funzionari, incaricati sia di valutare i manoscritti loro sottoposti, sia di prendere «cognizione di tutte le opere e giornali che sono resi pubblici» (art. VIII), facendone rapporto al Ministero dell’Interno e suggerendo misure punitive per i responsabili di stampe contrarie al Governo e alla morale. A tal fine, il decreto imponeva ad autori e stampatori di inviare al Ministero dell’Interno quattro copie di ciascuna pubblicazione, le quali, una volta ottenuto il benestare dell’Ufficio della libertà della stampa, sarebbero state rispettivamente destinate alle biblioteche delle università di Bologna, Pavia e Padova ed alla Biblioteca di Brera in Milano (artt. V-VI).

Propositi impliciti del provvedimento erano l’incremento della produzione tipografica ed il potenziamento di un ramo d’industria considerato non diversamente dagli altri, ma i risultati si tradussero in un’incontrollabile «proliferazione dei torchi in tutto il territorio nazionale».29 Questo fenomeno, che da un lato rispondeva alle crescenti esigenze amministrative e burocratiche, dall’altro portò alla polverizzazione delle aziende anche nei centri maggiori, in particolare Milano e Venezia, spingendo il governo a mutare completamente rotta nel volgere di pochi anni.

Nel frattempo, nuove ed importanti misure introdotte nel 1807 attestano il convergere degli interessi legati al mondo della scuola e della stampa: il 14 marzo fu approvato il Decreto sul

Catechismo nazionale,30 mentre in ottobre venne resa nota la tabella relativa ai libri di testo scelti per l’adozione in tutte le scuole pubbliche.

La prima disposizione, «volendo far godere al Regno d’Italia il beneficio che S. M. l’Imperatore e Re ha procurato all’Impero Francese, ordinando che i principj della Religione

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