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Stamperie e professionisti del torchio

Le indagini e le statistiche promosse dal Ministero dell’Interno negli anni del Regno italico si rivelano ricche di informazioni non soltanto sul versante delle scuole e della didattica – aspetti che abbiamo avuto modo di approfondire nel precedente capitolo – ma contribuiscono altresì ad incrementare la nostra conoscenza del mondo del libro e della stampa. Organizzazione scolastica e controllo della produzione tipografica rappresentano infatti le due principali direttrici della politica di Giovanni Scopoli, divenuto Direttore Generale della Pubblica istruzione nel 1809 e l’anno successivo insignito del medesimo titolo per il settore della Stampa e libreria.1 Sicuro dei benefici che l’istruzione avrebbe potuto trarre da un’oculata regolamentazione dell’editoria e del commercio librario, Scopoli avviò un programma di indagini finalizzate a mappare in maniera dettagliata quel cruciale segmento della vita economica e culturale del Regno. Conoscere il numero di tipografie e librerie esistenti in ciascun dipartimento, i nomi e le qualifiche dei conduttori, la dotazione dei capitali morti e i principali ambiti editoriali di ciascuna di esse divenne una priorità, poiché da ciò poteva dipendere l’efficacia delle misure legislative via via introdotte dal Governo centrale.

Tra i diversi interventi spicca per importanza e ampiezza di contenuti il già ricordato Decreto del 30 novembre 1810, che introduceva normative organiche in materia di stamperie e librerie. Per garantirne la pronta osservanza, il 13 dicembre Scopoli fece diramare una circolare che esortava i Prefetti del Regno a raccogliere e trasmettere alla Direzione generale notizie precise e aggiornate in merito alle attività tipografiche nei rispettivi dipartimenti:

Milano, il 13 dicembre 1810

Il Direttore Generale della Stampa e Libreria

Al signor Prefetto del Dipartimento del Reno, Bologna

Occorrendomi, in ordine all’articolo secondo del Reale Decreto 30 novembre p. p., le notizie indicate nelle qui annesse tabelle colla maggiore esattezza che sia possibile, commetto alla di lei saviezza, sig. Prefetto, per ciò che spetta a codesto Dipartimento, d’assumere le relative informazioni con quella prudente circospezione e riserva che si richiede in una materia così delicata. A tale effetto le spedisco 20 copie delle tabelle stesse, incaricandola di passarne ai signori Viceprefetti quel numero che possa rendersi

1 Nomina del direttore generale della pubblica istruzione, 10 ottobre 1809, n. 101, cit.; Decreto con cui vengono

affidate al direttore generale della istruzione pubblica le funzioni di direttore generale della stampa e della libreria, 1

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necessario all’oggetto di cui si tratta, e la invito a trasmetterle sollecitamente a questa Direzione, corredate dalle opportune sue annotazioni.

Mi pregio, signor Prefetto, di protestarle la mia distinta considerazione, Scopoli.

N.B. Nella finca Osservazioni pongasi anche le notizie relative allo stato economico ed alla famiglia dello Stampatore.2

Alvise Querini Stampalia, Prefetto del Reno, affidò ai vice-prefetti di Porretta, Imola e Cento le indagini nelle relative giurisdizioni, mentre per la città capoluogo, come vedremo, interpellò direttamente i tipografi indirizzando loro una circolare.

Non desta sorpresa la dichiarazione di Giuseppe Rubbi, vice-prefetto di Porretta, giunta a stretto giro di posta, dalla quale si apprende che «in questo Circondario Distrettuale non esiste alcuno stampatore».3 La sua autorità si estendeva infatti sui piccoli centri dislocati nelle vallate appenniniche dei tre cantoni di Porretta, Castiglione dei Pepoli e Vergato, dove libri e stampe giungevano portati da venditori ambulanti e dove assai scarso era il numero di coloro che erano in grado di accostarsi ad una pagina scritta.

Diversa la situazione della vice-prefettura di Imola, che vantava una popolazione complessiva superiore ai novantacinquemila abitanti e alcuni centri di dimensioni significative.4 Tre erano infatti le officine esistenti in quelle terre: due di queste, la Tipografia Dal Monte Casoni e quella comunale gestita da Gian Benedetto Filippini, avevano sede nella stessa Imola, mentre a Lugo operava la Tipografia Melandri.5

Cento era invece il fulcro amministrativo del distretto a nord-ovest di Bologna, suddiviso nei due cantoni di Cento e San Giovanni in Persiceto, che nel 1810 vantava una popolazione complessiva di 87.790 abitanti.6 Vi esisteva una sola tipografia, che apriva i battenti proprio nella cittadina capoluogo, dove traeva qualche vantaggio ponendosi al servizio delle autorità, come si evince dalla dichiarazione del vice-prefetto Giorgio Vertua:

2 ASBo, Prefettura, 1810, Tit. XIII, Rubr. 5, fasc. Stamperia e libreria. Disposizioni sull’attivazione del Decreto 30

Novembre 1810, circolare a stampa n. 14, 13 dicembre 1810. Le menzionate tabelle mancano, in quanto spedite a

Milano.

3 Ivi, doc. n. 1972 del 24 dicembre 1810.

4 Athos Bellettini, La popolazione del Dipartimento del Reno, cit., pp. 308-310. Imola, comprese le relative frazioni, contava 14.526 abitanti, mentre Lugo «coll’antico suo territorio, e Lavezzola Ravegnana» arrivava a 18.110.

5 Notizie e riferimenti bibliografici su queste tre imprese si trovano nel repertorio EIO: Lidia Mastroianni, Stamperia

Comunale, editore-tipografo, in EIO, vol. I, p. 315; Ead., Dal Monte Casoni, editore-tipografo, ivi, p. 354; Ead., Melandri, editore-tipografo-libraio, ivi, p. 676. Sulla situazione generale dell’arte tipografica in Romagna, non molto

cambiata rispetto ai secoli precedenti, si rinvia a Pierangelo Bellettini, Stampare in provincia. Le tipografie romagnole

nel XVII secolo, «La bibliofilia», XCV, 1993, n. 3, pp. 271-301. Si veda anche: Id., Tipografi romagnoli ed ex gesuiti spagnoli negli ultimi decenni del Settecento, in Il libro in Romagna. Produzione, commercio e consumo dalla fine del secolo XV all’età contemporanea. Convegno di studi (Cesena, 23-25 marzo 1995), a cura di Lorenzo Baldacchini e

Anna Manfron, Firenze, L. S. Olschki, 1998, vol. 2, pp. 557-657.

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Soltanto in questo Capo Luogo Distrettuale esiste, sig.r Consigliere Prefetto, una Stamperia, che conta un torchio solo. È attiva dall’anno 1797 ed ora condotta da Giacomo Lanzoni, uomo di buona condotta pubblica e morale. Questa stamperia non serve, che a comodo dei pubblici uffici del Distretto, o per imprimere semplici avvisi per feste religiose, o popolari, e simili.

Il sud.o Lanzoni è persona di assai limitate cognizioni che smercia anche dei libbri per la primaria istruzione dei fanciulli, ed altri di eguale natura, che acquista alle Libbrerie di codesta Città.7

La condizione di questa piccola stamperia di provincia appare decisamente modesta, così come modeste, a detta di Vertua, erano le capacità del suo conduttore, il quale tuttavia, dal 1844, assieme al socio Michele Soffritti avrebbe avviato una tipografia che rimase in attività sino al crepuscolo dell’Ottocento.8 Si trattava probabilmente della stessa impresa attestata come «Stamperia di Mattia Gigli», dalla quale uscì qualche edizione di carattere popolare. Tale ipotesi potrebbe trovare conferma nel fatto che una di queste pubblicazioni risale proprio al 1810,9 lo stesso anno in cui il vice-prefetto dichiarò espressamente l’esistenza di una sola officina.

Ma lasciamo il contado per ritornare entro le mura del capoluogo dipartimentale. Come accennato, i tipografi attivi a Bologna furono contattati direttamente dal Prefetto per mezzo di una circolare che intimava a ciascuno, «entro il termine di giorni otto», di fornire «un prospetto indicativo della di lei stamperia in cui sia espresso il n. dei torchi e delli stabilimenti, l’epoca della medesima, dichiarando inoltre se abbia altresì professione di Librajo od altra».10

Nel 1810 le officine tipografiche della città petroniana erano 7: la Stamperia Camerale Sassi, la Arcivescovile Longhi, la San Tommaso d’Aquino, quelle di De Franceschi alla Colomba, Jacopo Marsigli, Ulisse Ramponi e dei fratelli Masi. I proprietari di alcune di esse conducevano anche mulini da carta e botteghe che, assieme alle altre librerie della città, creavano una fitta rete di commerci entro cui i testi scolastici occupavano un posto di primaria importanza. La bibliografia degli studi che gettano luce sulla storia e sui protagonisti della stampa a Bologna, ricca e articolata per quanto riguarda l’età moderna, non lo è altrettanto per il periodo in esame.11 Nelle pagine che

7 ASBo, Prefettura, 1810, Tit. XIII, Rubr. 5, fasc. Stamperia e libreria. Disposizioni sull’attivazione del Decreto 30

Novembre 1810, n. 6832 del 23 dicembre 1810.

8 Cfr. Lidia Mastroianni, Tip. Lanzoni e Soffritti, editore-tipografo, in EIO, vol. I, p. 590.

9 Avviso al popolo intorno la sua salute per servire d’istruzione ai chirurghi, speziali, mammane ed a chi ne

abbisognasse del d. Carlo Facchini di Cento..., in Cento, Tip. Gigli, 1810, 8°, 88 pp. (Portici, Bib. Centro librario e

bibliotecario diffusione cultura, coll. F. Presepe XIX 111).

10 ASBo, Prefettura, 1810, Tit. XIII, Rubr. 5, fasc. Stamperia e libreria. Disposizioni sull’attivazione del Decreto 30

Novembre 1810, n. 44092, 24 dicembre 1810.

11 Albano Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, cit. Tra i contributi di carattere generale si segnalano: Maria Gioia Tavoni, Lettura, libri e librai nella Bologna della Restaurazione, «Il Carrobbio», 10, 1984, pp. 285-317; Gianfranco Tortorelli, Editori e tipografi a Bologna e dintorni, «Archivio storico italiano», CLI, 1993, pp. 239-257; Pierangelo Bellettini, Tipografi, librai e pubblicisti a Bologna nel triennio giacobino, cit.; Paolo Tinti, Esiti della ricerca

sull’editoria bolognese, cit. pp. 29-37; Maria Gioia Tavoni, Tipografi, editori, lettura, in Storia di Bologna in età contemporanea 1796-1914, cit., pp. 687-768; Mirella D’Ascenzo, Col libro in mano. Maestri, editoria e vita scolastica tra Otto e Novecento, Torino, Società editrice internazionale, 2013.

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seguono mi varrò dunque delle risposte fornite dai tipografi al Prefetto come fonti primarie per ricostruire la loro attività, integrando le informazioni in esse contenute con l’analisi della produzione di ambito scolastico-educativo intrapresa da ciascuno durante il periodo napoleonico.

Gaspare Parmeggiani e la Stamperia Camerale Sassi

Regno d’Italia. Bologna li 29 Decembre 1810 Gaspare Parmeggiani Rappresentante la Ditta Sassi

Al Sig. Consigliere di Stato Prefetto del Dipartimento del Reno

Per corrispondere alle domande, che Ella Sig. Consigliere di Stato Prefetto si è degnata di farmi col venerato suo dispaccio 24 Xbre spirante N. 44092, mi reco ad onore il somministrarle le seguenti notizie sulla Stamperia Sassi.

Essa possede N. 8 Torchj, e sono un Torchio per Stampare di dimensione Imperiale, altro simile di dimensione sott’Imperiale, numero Cinque detti di dimensione Reale, e un detto di dimensione mezzana. Numero dei Stampatori attuali = Giuseppe Merlani = Giuseppe Landi = Andrea Ventura = Antonio Mazzoli = Michele Cantoni = Giuseppe Bortolotti = Leone Merlani = ed Angelo Ghinazzi.

Compositori attuali di Caratteri = Domenico Parmeggiani = Luigi Ghirelli = Antonio Franzoni = Luigi Terzi = Carlo Agostini, e Giuseppe Brasa.

Inservienti nel Negozio di Carteria = Luigi Gambarini = Innocenzo Piazza = Luigi Cipriani = Matteo Muscardini = Clemente Mezzetti, e Filippo Roveri.

Fonderia da Caratteri con li suoi Gettatori in numero di quattro = molino da Carta, ossia Cartara con li suoi Lavoranti in numero di Diecinove Persone.

Sino dall’Anno 1560 Vittorio Benassi era Stampatore del Governo, il quale per la servitù prestata, e sua buona condotta ottenne dal Principato molti privilegi. La Famiglia Sassi successe al detto Vittorio Benassi quale ha sempre servito il Governo, e Finanza sino alla venuta de’ Francesi con pontualità, e precisione, finalmente ha disimpegnate tutte le incombenze addossatole dalla suddetta epoca fino al presente nel pubblico serviggio di tutte le Autorità Civili, e Militari, Demanio, Grand’Archivio, Guardia Nazionale, Camera, e Tribunale di Commercio, Commissioni di Leva, Uffizio del Censo del Registro, Giudice di Pace, oltre tutti gl’Uffizj dipendenti dalla Prefettura, li Cancellieri del Censo, Municipalità di Bologna, e quasi tutti li Podestà, e Sindaci del Dipartimento, finalmente e disimpegnate quelle in occasione delle venute di S. M. I. e R. Napoleone, e S. A. I. il Vice Re massime in tempo di note, avendo avuto un felice incontro.

La Tipografia possiede Caratteri sì Nazionali che esteri di tutte le qualità, un copioso archivio che comincia dal 1560 sino al presente, oltre un Negozio di Carta della più perfetta tanto propria, che estera in vistosa Copia per essere apportata al solecito disbrigo delle pubbliche ordinazioni.

Il Negozio di Carteria non esita Libri Stampati se non se che scolastici tanto volgari, che Latini, e pochissimi altri di quelli usciti dai propri Torchi, non avendo mai praticato di commettere dalli Stampatori tanto Nazionali che esteri sorta alcuna di Libri, siccome pure quasi per nulla imprime Opere, o Libri per conto d’altri, servendo solamente il Governo, che ha sempre somministrato materia di Lavoro dal più al meno sufficiente per alimentare tutto il personale inserviente nei diversi opifizj dipendente da questa Stamperia provvisto di tutto quel sentimento che non può avere certamente verun’altra del Dipartimento.

Lusingandomi di avere esaurite le ricerche fattemi dal sullodato Dispaccio, passo a dichiararmi con profonda stima, e rispetto, Gaspare Parmeggiani.12

12 ASBo, Prefettura, 1810, Tit. XIII, Rubr. 5, fasc. Stamperia e libreria. Disposizioni sull’attivazione del Decreto 30

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Al nome di Gaspare Parmeggiani, firmatario di questa dichiarazione, si legano le sorti delle due più antiche officine tipografiche bolognesi: la Stamperia Sassi, della quale fu responsabile per tutto il periodo napoleonico, e la Arcivescovile Longhi, che assunse in gestione dal 1816 assieme al socio Luigi Gamberini. Poco si sa della formazione di Parmeggiani, che tuttavia dovette essere di buon livello, a giudicare dalle capacità dimostrate nel corso della lunga carriera. Già nel 1796 ricopriva un ruolo di responsabilità all’interno dell’impresa Sassi, poiché di quell’anno sono alcune ricevute che egli sottoscrisse in qualità di amministratore.13

La proprietà della stamperia, dal 1587 insignita del titolo di ‘camerale’, spettava invece agli eredi di Giovanni Battista Sassi, nipote di quel Giovanni Antonio che agli inizi del XVIII secolo l’aveva rilevata dall’«erede di Vittorio Benacci» e che nel 1715 la passò ai figli Carlo Alessio e Clemente Maria.14 Dopo un lungo periodo di gestione congiunta, attorno al 1750 l’attività rimase nelle mani del solo Clemente Maria, che la trasmise al proprio figlio Giovanni Battista. Questi, dotato di buona cultura e di una solida formazione professionale, gestì abilmente l’impresa tipografica e amministrò con oculatezza i beni di famiglia, vivendo un’esistenza decisamente lontana da quella precarietà – per dirla con Maria Gioia Tavoni – che caratterizzava le professioni del torchio in ancien régime typographique.15 Il corposo Inventario dei mobili16 della sua

abitazione, realizzato per conto degli eredi, annoverava infatti un ricco assortimento di rami, argenti, maioliche, porcellane, abiti di buon taglio, ricami e quadri di pregio, raggiungendo la

13 ASC, Scuole Pie, Contabilità, Mandati e ricevute di cassa, 1796, n. 28 del 28 aprile 1796; n. 80 del 13 settembre 1796.

14 Le ricerche di Pierangelo Bellettini sulle origini della stamperia camerale bolognese hanno permesso di individuare con certezza l’identità del tipografo che per decenni si celò dietro la formula «per l’herede di Vittorio Benacci stampatore camerale», comparsa per la prima volta nel maggio del 1630, o altre simili sottoscrizioni. La complessa vicenda dell’eredità di Vittorio Benacci, morto nel febbraio di quell’anno, e della successione al titolo di stampatore camerale si concluse infatti a favore di Girolamo Donini, suo nipote ‘ex sorore’. Si veda in proposito Pierangelo Bellettini, La stamperia camerale di Bologna. 1 – Alessandro e Vittorio Benacci (1587-1629), «La Bibliofilia», XC, 1988, 1, pp. 21-53, in part. le pp. 43-53. Non è quindi esatto ciò che Gaspare Parmeggiani dichiarò al Prefetto nel 1810, ossia che «la famiglia Sassi successe al detto Vittorio Benassi», ma è assai probabile che egli stesso non fosse a conoscenza delle antiche vicissitudini ereditarie. L’altra informazione, ossia che «sino dall’anno 1560 Vittorio Benassi era stampatore di governo», è invece sostanzialmente corretta. Infatti «fin dai suoi inizi la tipografia Benacci aveva prestato una particolare attenzione alle commesse pubbliche e, pur non godendo fino al 1587 di nessuna forma di monopolio esclusivo, la quasi totalità dei bandi, notificazioni, decreti ec. del cardinale legato e del Reggimento usciti dal 1558 in poi, proveniva dai suoi torchi»; cfr.: Pierangelo Bellettini, La stamperia camerale di Bologna, cit., p. 32.

15 Maria Gioia Tavoni, Precarietà e fortuna nei mestieri del libro in Italia. Dal secolo dei Lumi ai primi decenni della

Restaurazione, Bologna, Pàtron, 2001. Va tuttavia rilevato che, per quanto il privilegio di stampatore camerale

assicurasse stabili proventi e scarsi rischi d’impresa, Giovanni Battista Sassi non derivava la propria agiatezza unicamente dalla professione tipografica. Un documento conservato nel fascicolo relativo alla sua eredità – meritevole di più approfondite analisi – elenca infatti numerosi atti notarili che testimoniano come la famiglia Sassi godesse di un discreto patrimonio, proveniente anche dall’eredità di Maria Caterina Gaetana Filippini, moglie di Clemente Maria e madre dello stesso Giovanni Battista. ASBo, Notarile, notaio Lodi Giovanni Antonio Francesco, 1785, Nota

degl’instrumenti, e scritture distinti nelle seguenti quattro maratelle.

16 Inventario dei Mobili del fu Gio. Battista Sassi ritrovati nella di lui casa, e dal medesimo abitata, qual’ora morì, ASBo, Notarile, notaio Lodi Giovanni Antonio Francesco, 1785.

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considerevole stima di 9850 £ e testimoniando interessi rivolti anche ad arte e antiquariato. Un tratto, quest’ultimo, che lo avvicina al profilo intellettuale di Petronio Dalla Volpe.17 Alla sua morte, avvenuta il 20 luglio 1785,18 Giovanni Battista Sassi nominò eredi proprietarie le due nipoti ‘ex sorore’ Lucrezia ed Eleonora Sanzi, erede fiduciario il marito di Eleonora, Vincenzo Pasquale Rusconi, e «di lui compagno e commissario testamentario» il canonico Carlo Primodì, del Capitolo di Santa Maria Maggiore.19

Fu dunque nel 1785 che l’antica Stamperia Sassi giunse per via ereditaria alla famiglia Rusconi, che la mantenne sino alla metà del XIX secolo affidandone la gestione a diversi «pratici uomini».20 Uno di loro fu appunto Gaspare Parmeggiani, dalla cui dichiarazione al Prefetto traspare l’orgoglio di rappresentare una realtà così antica e prestigiosa, capace in ogni tempo di rispondere «con pontualità e precisione» alle aspettative degli uffici governativi, amministrativi e giudiziari.21

Riunendo in sé getteria di caratteri, cartiera, officina tipografica e bottega, la ditta Sassi ricalcava il modello di impresa autosufficiente dalla produzione delle materie prime alla vendita del prodotto finito che a Bologna era già stato sperimentato, seppur con esito fallimentare, da Petronio Dalla Volpe. E proprio dalla sorella di quest’ultimo, Maria Caterina Dalla Volpe, nell’agosto del 1796 Vincenzo Rusconi comprò al prezzo di 13650 quattrini la getteria di caratteri che Petronio

17 Tra i pittori dei quadri di maggior pregio si segnalano Mariano Collina, Marcantonio Franceschini e Pietro Giacomo Paltronieri detto Il Mirandolese. Inventario dei Mobili del fu Gio. Battista Sassi…, cit., pp. 26; 29.

18 Si è a lungo ritenuto che Giovanni Battista Sassi fosse morto dopo il 1797. A fuorviare diversi storici, tra i quali Albano Sorbelli (Storia della stampa in Bologna, cit., p. 112) un opuscolo pubblicato nel 1797 nel quale il tipografo viene presentato come ancora vivente. (Saggi dei caratteri, fregi, e sgraffe della nuova fonderia di Giambattista Sassi

tipografo, Bologna, [Sassi], 1797, 8°, VIII, 119 pp.).

19 Cfr. Adhitio Hæreditatis olim d[omi]ni Joannis Baptistæ Sassi (ASBo, Notarile, notaio Lodi Giovanni Antonio Francesco, 8 agosto 1785). Lucrezia ed Eleonora Sanzi erano figlie di Laura Sassi. L’altro fratello di Giovanni Battista e Laura, il canonico Innocenzo Sassi, era forse morto prima del 1785 (Cfr. ASBo, Notarile, notaio Lodi Giovanni Antonio Francesco, 1785, Nota dei debiti dello stato Sassi distinti da quelli del Negozio). Su Vincenzo Pasquale Rusconi (1739-1809), figlio di Giovanni Battista (1699-1783) e fratello dei più noti monsignor Pietro Luigi (1747-1805) – che divenne vescovo – e Carlo Antonio (1753-1814) – professore nominato conte da Pio VI –, si rinvia a Storia

e memoria di Bologna, <http://memoriadibologna.comune.bologna.it/rusconi-vincenzo-pasquale-483788-persona>

(ultima cons.: 04.12.2015) e alla bibliografia ivi riportata. Assieme ai fratelli, Vincenzo Pasquale Rusconi prese parte attiva alla gestione delle Scuole Pie dal 1784 fino all’arrivo del Francesi.

20 Albano Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, cit., p. 202. Per i passaggi di conduzione si rinvia alla documentazione conservata alla Camera di Commercio di Bologna: ACCBo, Registro delle ditte, bb. 1793; 2863; 3726, Rusconi.

21 A questo proposito non fu certamente casuale la menzione del «copioso archivio» allora esistente, che conservava esemplari dei bandi e manifesti stampati a partire dalla seconda metà del Cinquecento. Buona parte di quei materiali è poi confluita nel fondo speciale Bandi Merlani della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, donato nel 1880 dai tipografi Gustavo e Pantaleone Merlani. L’archivio della tipografia Merlani, che detenne il titolo di governativa, conservava infatti documentazione appartenente alle stamperie che ebbero analoga privativa nei secoli precedenti, tra cui la Sassi. Cfr.: Valeria Roncuzzi Roversi Monaco, Sandra Saccone, Per un’indagine sui fondi librari nella Biblioteca

comunale dell’Archiginnasio: censimento delle librerie giunte per dono, lascito e deposito, «L’Archiginnasio», LXXX,

1985, p. 308; Patrizia Busi, Fondi che riemergono. Nuclei ricostituiti di antiche raccolte documentarie della Biblioteca

comunale dell’Archiginnasio, «L’Archiginnasio», CIII, 2008, p. 74. I bandi stampati tra il 1601 e il 1796 sono

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aveva impiantato attorno al 1756.22 Tale acquisto, che riguardava «caratteri, torcoli, legni incisi, ed altro, oltre il rispettivo capitale morto della gettaria, e stamparia»,23 segnò un passaggio importante

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