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IL SISTEMA DELLO SPIRITO E LA FORMA DELLA SCIENZA NEL CODICE ATTUALISTICO, DAI GRECI ALL’EPOCA MODERNA

L’attualismo non ha nulla da dire contro la scienza e contro le scienze, ma le esalta tutte e le celebra come gagliarde organizzazioni del pensiero che realizza il suo mondo, il mondo della libertà.

Giovanni Gentile, Sistema di Logica

§ 1. PRINCIPI DI LOGICA ATTUALISTICA

Il concetto gentiliano di soggetto, com’è noto, differisce significativamente dall’idea fichtiana di Io alla quale, erroneamente, taluni filosofi lo accostano non comprendendo il valore dell’autoctisi, ch’è una posizione logica assai lontana dalla dialettica fichtiana, poiché questa si svolge secondo un codice logico assialmente spostato nella direzione di un’attuazione della forma soggettivistica dello spirito.

Lo stesso concetto gentiliano differisce altresì dalla prima posizione dello spirito della logica hegeliana, quella dell’idea in sé a cui manca, secondo Gentile, quella concretezza ch’è fondamento imprescindibile dell’atto: infatti, la logica attualistica definisce il soggetto in quanto oggettivabile nella sintesi16, ossia dire concretizzatosi; questi aspetti ossia soggetto, sua oggettivabilità e sintesi costituiscono la struttura ternaria dell’atto.

Tale concetto, nell’idealismo di Gentile, coincide con l’attività infinitamente creativa dello spirito, ossia dire del pensiero che include in sé tutta la realtà pensata e dunque esistente, intesa anche come infinita molteplicità sempre inverantesi nell’atto.

Ne consegue che lo spirito gentiliano rimane ben lontano dall’omologo concetto della filosofia di Hegel: dire atto, dire spirito, significa per Gentile dire coscienza della sintesi di soggetto e oggetto e, a un tempo, di soggetto col soggetto stesso poiché l’oggetto della coscienza è pur esso stesso soggetto oggettivato a sé medesimo, ch’è dire attualisticamente

autocoscienza.

Il momento dello spirito, della sintesi17 come logo concreto, quindi, è individuato da Gentile come esito logico dell’unità dialettica dei due momenti astratti di soggetto e di oggetto. Ma tale idea non deve suggerire una sintesi che sorga a posteriori rispetto alla relazione di soggetto e oggetto: non può esistere infatti l’uno senza l’altro, non può il pensiero non pensare un pensato, e non può il pensiero esistere senza l’attività stessa del pensare, che necessita costitutivamente della relazione dei due termini, di per sé astratti. La sintesi è dunque l’unico momento esistente, essa è posta sistemicamente aprioristicamente, e s’identifica nell’atto concreto: «La sintesi è originaria […]: sintesi a priori; né è possibile

16

Cfr. V. Stella, La formazione del pensiero di Giovanni Gentile, in L’apparizione sensibile, Bulzoni, Roma 1979.

17

Sintesi ch’è il momento della filosofia risoluzione dell’antitesi arte–religione, cfr. G. Gentile, Introduzione alla

filosofia, Sansoni, Firenze 1981, pag. 151; Id., Sommario di pedagogia come scienza filosofica, G. Gentile, Sommario di pedagogia come scienza filosofica, Sansoni, Firenze 1982, vol. II, pp. 141–145.

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trascenderla in re per fissare il puro soggetto, come non è possibile trascenderla in re per fissare il puro oggetto»18.

Tuttavia, ciò non esclude la possibilità di rilevare le relazioni astratte sussistenti tra i vari momenti dello spirito, relazioni in questo senso poste nient’affatto a priori poiché dell’a priori è invece propria la sintesi ch’è il soggetto concreto19, dal quale scaturiscono per l’attività riflessiva dello stesso pensiero, le parti astrattamente distinte le quali, tuttavia, non possono distinguersi nell’atto a motivo dell’unità logica dello spirito, in ciò determinandosi la differenziazione fondamentale dalla logica crociana dei distinti.

Si perviene in tale modo al nucleo fondativo dell’idealismo attualistico, ovvero alla relazione dialettica dei due momenti soggetto–oggetto costitutivi dell’autoctisi in cui il secondo elemento viene determinato, concepito e fattosi esistente nell’inveramento attualistico, grazie all’attività creativa dello spirito che lo pensa.

È, dunque, il soggetto a farsi spirito concreto, ossia razionale, universale, reale20 (secondo la ben nota formula hegeliana), ch’è in Gentile il pensiero inteso come svolgimento logico del tutto e della storia, la quale si attua come autocoscienza: si palesano, qui, stringenti analogie con l’hegelismo della Fenomenologia dello Spirito.

Tuttavia, permangono divergenze tra Hegel e Gentile soprattutto sul piano logico: tali distanze sono chiarite nell’opera La riforma della dialettica hegeliana, in cui Gentile critica il filosofo di Stoccarda alla luce della sua concezione della dialettica facente perno sul movimento del pensiero pensato ch’è l’astratto e non sull’atto del pensare21.

Più specificatamente, il pensiero pensato è il logo astratto definito da Gentile come «logo chiuso, incapace affatto di progresso» in quanto immobile e statico, ch’è la posizione opposta a quella del logo concreto il quale è innanzitutto svolgimento. Il logo astratto è categoria e in quanto tale la sua causa e il suo fine convergono allo stesso punto; al contrario, il logo

concreto realizza in sé due momenti: uno è la sua causa e l’altro il suo fine. Il divenire è

dunque attualizzato non nel movimento degli astratti ma nel soggetto pensante22: l’essere gentiliano si configura quindi quale momento mediato, oltre e prima del quale non può esistere nulla.

Possiamo allora distinguere un Io concreto e un Io astratto quest’ultimo proiezione e creazione del primo momento23; il momento sintetico, come abbiamo detto, è principio del

mondo l’unico che davvero si conosca poiché non esiste alcuna realtà al di fuori della

18

G. Gentile, Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia, Laterza, Bari 1921; l’edizione originale fu pubblicata nel 1909.

19

Per un approfondimento del concetto di soggetto e delle sue assai complesse relazioni concettuali rispetto al sistema attualistico, si veda di Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. I, Sansoni, Firenze 1955; vol. II, Le Lettere, Firenze, 1987; in part. vol. II, pp. 36–56.

20

Ib., pag. 10.

21

Tale distinzione, entro l’idea di logo concreto, motiva la dinamicità, lo svolgimento, il movimento di tale concetto; cfr., G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. II, op. cit., pp. 3–56.

22

Dire soggetto pensante è dire atto, è dire realtà storica, è dire soggetto concreto, cfr., G. Gentile, Introduzione alla

filosofia, op. cit., pp. 18–34; Id., Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. II, op. cit., pp. 3–17 e 36–74.

23

L’Io astratto non è però negato da Gentile, anzi è il presupposto logico del divenire ch’è tale in quanto risoluzione di immediati, ossia di astratti; si veda ib., vol. I, pp. 143–144. Sull’immediatezza dell’Io ossia sulla categoria del soggetto puro, si veda della stessa opera il vol. II, pp. 17–28. Sulla distinzione Io concreto–Io trascendentale si veda G. Gentile,

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rappresentazione del soggetto24 e dunque, non esiste oggetto fuori del soggetto, in quanto non esiste nulla al di fuori del pensiero.

Se si concepisce il mondo […] come atto eterno, la forma finale di questo atto, nella quale tutte le antecedenti si risolvono, è questo ardere e fiammeggiare spirituale: il pensiero […] e se l’atto è pensiero, le forme assolute del pensiero, sono le forme assolute, le forme fondamentali del mondo.25

Ora, queste forme assolute del pensiero sono tre: posizione del soggetto, posizione dell’oggetto (soggetto e oggetto che vanno ambedue intesi trascendentalmente) e posizione della loro sintesi. Concreto è solo l’ultimo momento in quanto momento originario dal quale tutto proviene; anch’esso può essere considerato trascendentalmente nel senso che trascende l’atto reale eterno del pensiero nel quale tutti i momenti sono immanenti in esso. Non è concepibile, infatti, l’uno di questi privato dell’altro: non ne avremmo coscienza, ch’è dire, non esisterebbero26.

La contrapposizione di oggetto e soggetto si risolve nella sintesi, che dal canto suo non esisterebbe senza quelli come propri termini costitutivi. Il soggetto, quindi, è soggetto dell’oggetto, e parimenti l’oggetto è oggetto del soggetto27.

Il soggetto gentiliano è, dunque, scaturigine del tutto, è sintesi della coscienza28, e in questo senso rappresenta il paradigma fondante della logica attualistica, al quale va riferito la forma assoluta dell’arte.

Il secondo momento è il concetto di oggetto che si invera nel soggetto come contenuto di quello, attuandosi così esistente, poiché pensato.

Infine, l’autoctisi l’ideale concretizzazione dello svolgimento spirituale, ch’è la sintesi ossia soggetto unificato trascendentalmente all’oggetto, ch’è dire soggetto–oggettivato29.

La sintesi è […] forma, la cui materia consiste appunto nel soggetto di un oggetto e nell’oggetto di un soggetto; […] l’uno e l’altro sono, dunque, ciascuno per sé, concetti contraddittori; poiché ciascuno dovrebbe essere altro dall’altro; ed è identico. La loro contraddizione si risolve nell’unità. Che è la sintesi appunto perciò originaria, di entrambi30

24

Il soggetto gentiliano è la stessa sintesi, e la sintesi è concretezza e razionalità. Ammettere un’altra realtà oltre il soggetto, è porre un oggetto per sé sufficiente; sappiamo però che l’oggetto è momento astratto e quindi non realizzabile se non nel suo opposto ch’è il soggetto, che in quel primo momento si fa altro da sé, ossia si trasfigura nel momento sintetico ch’è il momento mediato; cfr., veda ib., pp. 248–249.

25

G. Gentile, Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia, op. cit., pag. 238.

26

Coscienza significa realtà e atto; in questo senso la dialettica è propria dell’Io concreto e non dell’Io astratto il quale è privo di movimento; si veda G. Gentile, Introduzione alla filosofia, op. cit., pp. 213–214.

27

Sul rapporto soggetto–oggetto, qui sopra chiarito, si veda G. Gentile, Introduzione alla filosofia, op. cit., pp. 221–223, 237–238 e 250.

28

G. Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro, op. cit., pag. 16.

29

Evola criticava la concezione astratta di quel soggetto, il quale, poiché perso dietro ai laboriosi processi logici, perdeva con ciò stesso quella concretezza necessaria per operare nel mondo. Ma il soggetto gentiliano si realizza pienamente nel suo mondo, ch’è la storia che vive, che viviamo: il concetto gentiliano di soggetto si attua nel concreto e anzi, rispetto ai postulati dell’idealismo tedesco, si pone a quelli in aperto contrasto proprio per la sua attinenza all’empirico, cioè per il legame che ha col concetto di esperienza e quindi col mondo. Dal punto di vista gentiliano l’Idealismo realistico evoliano in realtà è né più né meno che empirismo, in quanto considera distinti i concetti di soggetto e oggetto; cfr. J. Evola, L’idealismo realistico, Pellicani, Roma 1997.

30

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Il processo autoctico è definito dalla logica intussusceptiva31: il termine intussuscepzione mutuato originariamente dalla teologia, deriva dal latino ‘intus’, ossia dentro, e ‘susceptio–

onis’, che indica l’atto del ricevere come reificazione. Il pensiero nella posizione dell’atto,

ossia nell’unico stato nel quale esso è concretamente assieme a tutte le sue posizioni antecedenti, compie il processo di intussuscepzione poiché invera e risolve nella sua forma, ricevendole dentro di sé, le posizioni della tesi e dell’antitesi. Chiaramente, l’antecedenza di queste posizioni è sempre da intendersi in senso logico, mai cronologico, ossia nell’accezione kantiana e fichtiana di forme trascendentali.

L’idealismo attualistico è trascendentale, perché il suo pensare, come verità del pensato, è lo stesso Io puro kantiano, ma concepito senza transazioni con le esigenze dell’ingenuo empirismo realistico; ed è assoluto, perché l’idea, intesa infatti come spirito, e niente altro che spirito, non ha bisogno di uscire da sé né di vedersi mai fuori di sé.32

La distinzione dei momenti spirituali non è quindi storica, come volevano Vicoo Hegel che paragonavano i tempi dell’arte all’infanzia dell’uomo, e teorizzavano uno sviluppo dello spirito sino all’epoca della filosofia, presentata come il momento della maturità dell’umanità, né tantomeno tale distinzione è etimologicamente crociana.

In Gentile l’intussuscepzione prevede il completo e assoluto inveramento dei due momenti astratti, ossia arte e religione, in quello sintetico e filosofico.

Ciò che qui interessa, è rilevare la logica dell’oggetto, ossia quello della religione e della natura, a cui l’attualismo riferisce le ragioni della scienza.

Tale momento logico rappresenta la coscienza dell’oggetto, ossia la coscienza dell’inesistente, dell’ignoto come si vedrà, in quanto non può esistere alcun oggetto senza il momento del soggetto che lo sintetizza come parte di sé, ossia dire lo pensa. L’inesistente trova, dunque, la sua determinazione negandosi all’attività affermatrice del soggetto, che l’attualismo interpreta vitalisticamente e come forma genitrice della realtà.

L’oggetto della religione, come l’oggetto dell’arte, non è assoluto dal punto di vista filosofico, ma assoluto dal punto di vista religioso o artistico. Il Dio del poeta è il suo Genio; il Dio del santo è appunto l’Ignoto. Da una parte: l’immediatezza della luce; dall’altra, l’immediatezza delle tenebre e del mistero; da una parte l’esaltazione del soggetto, dall’altra il suo prosternarsi e annullarsi.33

Il religioso è una persona chiusa entro i limiti del suo ascetismo, del suo prostrarsi, della sua clausura: il suo ego deve scomparire per lasciare il posto all’oggetto assoluto: Dio, percepito, per dirla con Jacobi, come sapere immediato. Questa chiusura tipica del religioso è, secondo Gentile, alla base dell’intolleranza propria di tutte le religioni.

Il concetto dell’oggetto è il concetto altro dall’Io, altro dal soggetto, ciò che sta fuori da sé, da ciò che è. Lo sprofondarsi nell’oggetto è smarrimento di sé, smarrimento che porta al conseguente bisogno di darsi all’ignoto. Dire coscienza religiosa è affermare tale dimenticanza di sé di fronte a un oggetto altro dall’uomo, ossia fuori del soggetto: ma ciò è null’altro che illusione,

31

Cfr., ib., pag. 240.

32

G. Gentile, Discorsi di religione, Vallecchi, Firenze 1920, pag. 71.

33

G. Gentile, Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia, op. cit., pag. 245; cfr., Id., Sommario di pedagogia

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[…] perché è ovvio che gli altari innanzi ai quali l’uomo si prostra, son pure gli altari che egli ha innalzato. Non c’è Dio, per sublime e sopraceleste che ci si sforzi di concepirlo, il quale, a poter stare così in alto, al di sopra dell’uomo, non abbia bisogno della stessa coscienza religiosa dell’uomo capace di concepirlo così altamente. Ma la trascendenza del divino è la trascendenza assoluta dell’oggetto al soggetto, la loro assoluta opposizione ed esclusione reciproca.34

In tale ottica, ciò che si conosce è allora opera del soggetto, che è però in sé annullato: la realtà è quindi estraneità all’attività operante del soggetto. Si suppone un Dio che crei, ma Dio è altro dall’uomo, è gentilianamente la sua antitesi. L’oggetto, teologicamente, non è infatti derivante dal soggetto ma è causa sui e si afferma a patto che il soggetto si neghi.

L’oggetto religioso, o naturalisticamente inteso, può essere postulato come paradigma necessario del tutto, solo se il soggetto venisse negato come ente creante e libero.

Analogamente, nella filosofia di Fichte, all’Io trascendentale (tesi), si contrappone un non–

Io (produzione inconscia del primo momento), ch’è la natura considerata come

manifestazione del limite, del meccanismo, di ciò che per definizione non può essere libero: Fichte, in questo senso, contrapponeva l’idealismo, al dogmatismo.

Secondo tale prospettiva, il mondo della natura è dogmatico, ossia è un insieme di leggi che regolano normativamente il reale secondo necessità e ordine. Il pensiero invece è libero di essere al di qua di ogni dogmatismo; si ritrova la stessa struttura anche nel pensiero schellinghiano, in cui si contrappone l’idea generale di Spirito a quella di Natura.

L’esito logico dei due sistemi è però identico: attuare il processo dell’autocoscienza nella direzione di una perfettibilità del sapere.

Nell’hegelismo l’evoluzione dello spirito è descritto nella Fenomenologia dello spirito: qui il momento della coscienza, che rappresenta la soggettività, si innalza prima attraverso la

Logica (che si distingue nei momenti di essere, essenza e concetto), poi attraverso il suo

momento antitetico rappresentato dalla Filosofia della Natura (a sua volta svolgentesi nei tre gradi della meccanica, fisica e fisica organica) e, infine, trova attuazione come Filosofia dello

Spirito, che si struttura nei tre momenti costitutivi della dialettica hegeliana: Spirito soggettivo, Spirito oggettivo e Spirito Assoluto.

Ciò che qui interessa rilevare è la forma che assume la concettualizzazione dello Spirito

Assoluto, sintesi suprema del sistema hegeliano che si svolge secondo i tre gradi dell’arte,

della religione e della filosofia. Ecco, dunque, essere giunti alla teoria dell’atto dove si inverano precisi elementi del pensiero fichtiano e schellinghiano, ma mediati nella più alta forma logica dell’hegelismo pur con una differente visione sistemica: Hegel, infatti, intende religione e natura come momenti antitetici allo spirito ma, come si è mostrato, in due stadi differenti del suo divenire.

Gentile, al contrario, rifiuta questa distinzione e si attiene a un orizzonte speculativo di matrice fichtiano–schellinghiana, pur facendo tesoro della tradizione hegeliana che egli include, ma superandola, secondo una nuova interpretazione dell’idea del momento sintetico.

Natura e religione, forma antitetica dello spirito soggettivo, negano libertà e creatività, postulando leggi e dogmi, e strutturando il mondo e la realtà secondo paradigmi necessari e insostituibili.

Il naturalista e il religioso, afferma Gentile, intendono il mondo sorretto da differenti leggi al servizio di due differenti teleologie e teologie, eppure rispetto al pensiero che le pensa, sono leggi sistemicamente analoghe, poiché rappresentano essenzialmente il concetto dell’invarianza, rispetto al mutevole svolgimento storico del reale.

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Così, il naturalista è religioso: egli crede nelle leggi che governano sia il mondo che lui stesso.

A tal proposito, e come già avevano fatto notare Jacobi e Fichte, fu Spinoza che più di altri seppe mettere in evidenza l’analogia della Natura con Dio, sino a giungere alla completa identificazione dei due concetti: Deus sive Natura.

In questo senso, Fichte considerava lo spinozismo come l’espressione in sé più coerente di

dogmatismo, tendenza filosofica per eccellenza contraria all’idealismo, ch’è invece sinonimo

di libertà, la quale in Gentile è sempre libertà del soggetto35.

Secondo il sistema gentiliano, il divino è percepito dall’uomo immediatamente,

intuitivamente: tale immediatezza è, tuttavia, percepibile e diviene reale e concreta grazie al

momento mediato che invera in sé quegli elementi che appaiono immediatamente al senso: il momento sintetico è il momento della consapevolezza, dell’autocoscienza.

La categoria della natura come pensiero pensato è innanzitutto concetto limitante, attraverso le sue leggi siano essi morali o della realtà, alla prima forma assoluta dello spirito, da cui consegue quell’equilibrio ch’è proprio del momento filosofico, ossia dell’atto l’unico realmente ad essere reale: «Il concreto non è nella natura, e non è in Dio. Il concreto è l’atto spirituale»36.

§ 2. LA RELAZIONE TRA PARTICOLARE EMPIRICO, E UNIVERSALE FILOSOFICO

L’incipit del Sistema di logica come teoria del conoscere, probabilmente l’opera più complessa e ricca di tutto il percorso speculativo di Gentile pubblicata nel 1921, distingue da subito una logica filosofica, dalla logica come disciplina scientifica di una scienza particolare a guisa di tutti i fatti oggetto di esperienza.

La logica attualistica, invece, si sforza di conchiudere in un sistema inclusivo tutto il sapere riconducendo ogni sapere individuale entro il più ampio perimetro che va riferito, secondo Gentile, al sapere filosofico.

Fenomeni, fatti, e scienze particolari e astratte, vanno inverati in un sistema capace di comprenderle e di ricondurle ad un ordine superiore, ad una logica che possa assegnare ad ogni sapere il suo valore rispetto al tutto, di cui quella logica rappresenta la forma sostanziale. Solo il codice logico di questo sapere può riferire ad ogni fatto un fine, un senso ossia un orizzonte filosofico capace di concretizzare ciò che per sua natura resterebbe astratto, non diverrebbe scienza, la quale mira al suo superamento di dato immediato per inverarsi in un sistema mediato e razionale che l’attualismo riconosce al solo sapere filosofico. Non si può considerare, in questo senso, la filosofia come sapere particolare al pari delle scienze naturali:

[...] oggi si ripete che la filosofia è la scienza dello spirito o della libertà, o del valore; che è poi tutt’uno. Intanto, è agevole osservare che se la filosofia deve dividere il dominio con le altre scienze, il fatto stesso che la parte del mondo attribuita a queste altre scienze è sottratta ad essa, mette la filosofia alla pari delle altre scienze. [...] La distinzione empirica di spirito e natura può giustificare soltanto la costituzione delle scienze morali, di

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