• Non ci sono risultati.

DALL’IDEALISMO TRASCENDENTALE

ALLA FORMA ATTUALISTICA DELLA CONOSCENZA

Pensare il mondo come materiale, nella sua opposizione estrema allo spirito che lo pensa, pensarlo davvero, energicamente, rigorosamente e consapevolmente, è già vederselo svanire innanzi come mondo materiale per risolversi senza residuo non in un mondo pensato, bensì nello stesso atto o processo di pensare. Si tratta di realizzare col pensiero quella realtà tutta spirituale, da cui il materialista può bensì torcere lo sguardo, ma in quanto non pensa, contento a quella philosophia

pigrorum, che è la incoscienza del proprio

pensiero. Il mondo materiale, dunque, esiste, sì, ma in quanto pensandosi viene smaterializzato, e risoluto tutto nella vita dello spirito.

Giovanni Gentile, Sistema di Logica

§ 1. DAL CONCETTO SPIRITUALISTICO DELLA REALTÀ KANTIANO, ALLA FORMA GENTILIANA DELLA SCIENZA

La filosofia kantiana si formalizza, sotto il profilo logico, dalla considerazione precipua della critica al concetto intellettualistico dell’esperienza humiana, e dal concetto monadistico– rappresentativo della metafisica leibniziana il quale, tuttavia, non degenera in una codificazione astrattamente soggettivistica della realtà.

È da questi generali principi che Kant cerca di emendare il concetto stesso di metafisica, intesa come filosofia dell’intuito intellettuale ossia come filosofia il cui oggetto risulti principio sistemico dello stesso spirito e a questo si presenti coi caratteri dell’immediatezza inemendabile dal farsi del pensiero, in quanto tale l’oggetto è postulato come assoluto nel suo porsi, nel suo essere.

Il concetto di metafisica è criticato dal kantismo muovendo le mosse, soprattutto, dalla tradizione empirista inglese di radice baconiana secondo la quale si conosce solo ciò che si sente, nell’accezione però idealistica del sentire come dato che si fa coscienza e, dunque, sistema di pensiero, struttura speculativa.

Questa immediata materia del nostro conoscere è, secondo Kant, mediata nel conoscere dall’attività originaria del soggetto (per intuizioni pure, categorie, idee), in guisa che la realtà del conoscere consista in una sintesi a priori. Sintesi di elementi sensitivi od empirici e di forma impressa in loro dall’attività originaria del soggetto: sintesi, oltre la quale non può l’analisi spingersi per fissare la materia da un lato, e dall’altro la forma, quasi due coefficienti separati, a cui l’incontro e la fusione nell’atto del conoscere sia accidentale.158

Da ciò deriva che la sintesi viene postulata dal kantismo aprioristicamente, e dunque secondo il codice attualistico, l’atto è da considerarsi principio del conoscere e non sintesi di

158

85

due elementi astratti pensati come logica di una concretizzazione esito di un processo spirituale. In questo senso l’idealismo trascendentale kantiano postula un’analogia densa di significati tra il concetto speculativo e quello gnoseologico, ossia tra spirito e pensabile posti sinteticamente come principio generativo della filosofia. Da ciò consegue che l’Io puro non è soltanto radice rappresentativa dell’esperienza soggettivamente intesa, ma è altresì forma dell’esperienza come riconoscimento dell’oggettività della natura159.

Il conoscere è, quindi, il fondamento stesso del reale da cui consegue che il pensiero nel suo concreto e ontologico attuarsi, consiste della logica intussusceptiva dei momenti puri dello spirito.

Il kantismo, tuttavia, non assegna al conoscere il valore creativo ch’è del pensiero il quale non assegna alla sensazione, materia dello stesso pensare, alcun valore spirituale: l’oggetto resta significativamente conchiuso in una assolutezza che è pura alterità rispetto al soggetto, il quale non produce il suo sapere, ch’è anche il suo sentire, ma rispetto a questo è in una posizione di irrisolvibile passività.

Questa è la fondamentale distinzione tra kantismo e attualismo poiché il primo fonda il processo conoscitivo, non sulla libera attività creatrice dello spirito, ma sul concetto di

noumeno residuo, ancora inviolabile nella speculazione settecentesca, della metafisica

intellettualistica precedente.

La realtà nell’empirismo moderno, e norma della cognizione, è la sensazione la quale però non è più un riflesso della natura esterna al soggetto, ma è scaturigine del pensiero.

Gentile riconosce che Kant è effettivamente stato il pensatore che più e meglio di altri ha cercato di superare la radicale formulazione del concetto di percezione come sensazione che aveva caratterizzato, soprattutto, l’empirismo del Seicento, ma nondimeno il kantismo resta legato all’impossibilità di un idealistico inveramento del concetto di noumeno vero caput

mortuum della filosofia critica.

Dunque, il kantismo rispetto al soggettivismo berkeleiano, salva l’oggettivismo del sentire, elemento fondativo di tutta l’Estetica trascendentale e, dunque, di tutta la gnoseologia e ontologia critica.

Inoltre, il concetto di realtà come elemento del tutto inoperoso rispetto all’attività pensante coincide, a latere, con la stessa negazione del carattere attivistico e prassistico dell’idealismo attualistico che individua nella sintesi dei due momenti della volizione e del conoscere, un elemento fondativo e imprescindibile dell’attualismo.

Solo il conoscere intellettuale come pura nozione, si distingue dal volere. Ma «la ragione per cui [la filosofia di Kant] non può raggiungere questa unità tra conoscere e volere», risiede nella «medesima per cui non ha raggiunta la prima tra conoscere e conosciuto».

Dunque, la filosofia critica, viste le premesse, non riesce a risolvere il «dualismo tra il meccanismo del mondo dell’oggetto del conoscere e la finalità dello spirito soggetto del conoscere», problema che tuttavia viene posto nell’ultima Critica, ma non risolto160.

Il tema dischiuso innanzitutto dall’idealismo trascendentale di Kant mette in evidenza, dalla prospettiva attualistica, la problematica relazione tra il pensiero e quella realtà intelligibile161 che ne è l’oggetto del suo stesso farsi e che è criticamente posta anteriormente al pensiero al suo concretizzarsi come libertà.

159

Cfr. G. Gentile, Discorsi di religione, op. cit., pag. 66; Id., Sommario di pedagogia come scienza filosofica, op. cit., pp. 74–78.

160

G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. I, op. cit., pag. 44.

161

86

Il problema del dualismo aperto dal kantiano fu assai caratterizzante tutta la speculazione successiva con particolare riferimento ai sistemi di Fichte, Schelling ed Hegel, e in Italia per quello spaventiano.

I primi due, soprattutto, mostrarono di non poter risolvere le difficoltà palesatesi col criticismo; infatti, il pensiero di Fichte si irretisce in un radicale idealismo soggettivistico incapace di comprendere il valore della relazione dello spirito col suo principio antitetico, rimuovendo così ogni residuo realistico rappresentato nel kantismo dal concetto di noumeno.

Schelling, al contrario, ribalta la logica idealistica del suo illustre predecessore, contrapponendo allo spirito, una natura inconsapevole che lo anticipa e, dunque, genitrice astrattamente ipostatizzata contraddittoriamente alla coscienza, che dovrà compiersi sommamente nell’uomo.

Gentile riconosce nel codice hegeliano il più serio ed efficace tentativo di superare il kantismo, soprattutto, poiché questo aveva individuato come intrinseco e precipuo problema del sistema categoriale, quello logico in quanto riprendeva de facto la concettualizzazione della natura della vecchia metafisica e dunque il suo sistema paradigmatico e dogmatico.

Hegel comprese l’esigenza di riformulare daccapo il problema metafisico, strutturando un sistema svolgentesi secondo i cardini epistemologici di una nuova logica essa stessa forma filosofica e non semplicemente elemento di questa. Pur tuttavia, tale logica, ch’è l’idea come principio, si contrappone rispetto all’atto, ch’è concretistico e prassistico e concetto che in sé risolve ogni contraddizione.

L’atto, così, non presuppone a sé nulla, né come natura né come spirito. Dunque, l’hegelismo rappresenta, per Gentile, una testa di ponte verso il successivo momento dello svolgimento spirituale, ch’è il codice attualistico strumento capace di sostituire alla logica del conosciuto, la logica del conoscere come attività libera e creativa del soggetto.

È qui che l’attualismo pretende di riconoscersi come esito fondamentale e necessario del percorso idealistico cominciato dai greci e mirante all’edificazione di una filosofia il cui oggetto non è l’opposto del pensiero che pensa, bensì il pensiero stesso, lo spirito in atto:

[Questa] filosofia è possibile, se lo spirito che ne è soggetto, alla sua volta viene inteso non come la mente limitata del filosofo che ha un nome di battesimo e un suo posto tra i tanti esseri della natura, ma semplicemente, come la mente; quella Mente che pensa l’individuo filosofo e tutta la natura, quanta se ne stende nell’orizzonte sterminato della coscienza. Mente perciò universale [...], che è intelletto o conoscere [...] che tutto intende e conosce davvero, perché né presuppone il suo termine, né, quindi, presuppone se stesso: ma forma quello e lo fa essere innanzi a sé, formando o riformando o edificando [...] la propria medesima attività; vero volere, che crea il suo mondo creando se medesimo dalla sua propria attualità. Fuori della quale [...] c’è solo un mondo astratto, che è natura, e un astratto soggetto, che è intelletto. La filosofia è filosofia come scienza dello spirito puro atto; e la logica è scienza filosofica come scienza di questo atto inteso come puro conoscere.162

Il concetto attualistico, rispetto allo svolgimento spirituale, vuole configurarsi come il definitivo superamento di ogni posizione logica dicotomica che contrappone lo spirito ad una verità oggettiva che si proietta inesorabilmente al di là del pensiero attualistico. Non pare, riconosce Gentile, che si possa assicurare epistemologicamente un qualsiasi assioma se questo non viene posto al di fuori della concreta sintesi spirituale.

I filosofi tutti, sino agli hegeliani, sostengono che il vero (con la sua premessa oggettività) per essere universale e necessario, deve essere posto immobile e assoluto, immune a qualsiasi relazione che possa modificarne il valore sostanziale.

162

87

Tale errore riguarda sia il materialista163, sia l’idealista: il primo cercherà grazie alla sensazione e a quegli svolgimenti logici che ineriscono tale relazione, di congiungere la conoscenza con la realtà spaziale, pensata nel suo deterministico e dogmatico meccanicismo e generante la sensazione; l’altro, invece, riferirà il suo sapere immediato non alle sensazione, bensì alle idee innate ossia a quella forma di cognizione metempirica che realizza quella congruenza tra il pensiero e la realtà ideale che rappresenta la cifra veritativa del suo sistema.

Entrambi, dunque, suppongono esista una verità già costituita al di fuori del pensiero ed entrambi «fanno della cognizione (sensibile o intellettuale che si dica) un intuito: la cui essenza consiste nell’immediatezza del rapporto conoscitivo tra soggetto e oggetto»164.

Tale posizione ammette come assiomatica priorità, che il soggetto non introduca alcuna modificazione, o perturbazione nell’oggetto, pensato nella sua trascendente verità, con il quale si relaziona.

[...] tutto l’innatismo o razionalismo, da una parte, come tutto l’empirismo, dall’altra, che dopo Platone e Aristotele per venti secoli si contrastano il campo, muovono sempre, con temperamenti talvolta, ma insufficienti a scalzare dalla base il concetto della trascendenza della verità, da questa idea di un conoscere, in cui non solo la prima parte, ma il tutto spetti all’oggetto, e il pensiero non sia se non passività e contemplazione affatto inoperosa.165

È la contemplazione, l’intuito ad essere considerata da Gentile del tutto costitutiva ai principi gnoseologici dell’empirismo e di ogni forma di conoscenza che si fondi sull’ipotetica separazione dei momenti costitutivi dell’atto, astrattamente intesi. Non solo Bergson ma anche la filosofia crociana, quest’ultima più strettamente riferibile alla facoltà estetica, sostenevano la necessità di riconoscere nell’atto intuitivo uno strumento fondamentale della facoltà del conoscere. Ma per l’attualismo, l’intuizione come determinazione d’una percezione intellettualistica, è niente altro che un processo astrattivo del pensiero che si trova affiso e conchiuso in una categoria immobile e incapace di ogni svolgimento.

Come si vede, l’edificazione dell’idealismo attualistico si costituisce dall’incessante e tenace esorcizzazione di ogni teoretica del fatto che non voglia considerare la dialettizzazione col pensiero che lo concepisce, pensiero inteso hegelianamente come processo attuantesi nell’ascensiva produzione di sé, nella sempre rinnovata sedimentazione spirituale dell’autocoscienza, secondo il principio idealistico dell’atoctisi166.

L’essere del pensiero è nel suo prodursi, farsi, costituirsi come concetto di sé, porsi innanzi a sé come forma spirituale, come idea. Così, ogni qualvolta il pensiero pensa un oggetto, si è quel pensiero che risolve in sé tutta la realtà. Da cui consegue che, attualisticamente, l’idea è realtà e la realtà idea: ciò significa ammettere che la realtà si fa idea poiché si realizza, e l’idea stessa si realizza per attuarsi come idea, per farsi ciò che è.

Una realtà non ideale è un fatto; e un fatto è un’idea non reale [...]. Ciò che non è un fatto, sibbene ciò che deve farsi, ed è bene farsi, male non farsi, ossia ciò che propriamente e solamente è necessario, è l’idea nel suo realizzarsi, la realtà nel suo idealizzarsi, e insomma lo spirito come unità dei due termini, che sono soltanto opposti e ripugnanti appena si esca dall’atto del pensiero e si getti lo sguardo sull’astratto oggetto di esso.167

163

Sulla dialettica dei termini materialismo e sensazione, cfr., ib., pp. 27–31.

164

G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. I, op. cit., pag. 61.

165

Ibidem

166

Sul concetto di autocoscienza cfr., ib., pp. 106–117.

167

88

E questo pensiero, più volte s’è detto, si attua come soggetto nel cui processo consiste la dialettica del vero ch’è svolgimento di soggetto e oggetto: il primo è fondamento della libertà, l’altro della necessità specularmente alla fichtiana Dottrina della scienza. Ma pure la concezione della soggettività astrattamente considerata, è figlia di quell’empirismo così attento a limitare il perimetro epistemico dell’oggettività il quale, nondimeno, conchiude il soggetto nella sua finitezza; e idealmente ciò accade anche rispetto al concetto di natura e a quello di storia che descrivono il concetto di soggetto come un momento della realtà, divisa e costituita di infinite differenze.

§ 2. LA CONCEZIONE DELLA SCIENZA NELLA LOGICA DELL’IDEALISMO GENTILIANO

Col concetto di concretezza Gentile definisce ciò che si contrappone a quello di astrattezza: il primo esito e attuazione della sintesi dei momenti costitutivi dello spirito e, dunque, realtà esistente; l’altro, invece, è un elemento che il pensiero isola dall’essere dell’esistente e lo distingue dall’unità del tutto.

Dunque, l’attualismo, definisce il concreto come l’esistente, l’astratto come l’ideale.

L’esistente è il reale dell’esperienza. Si può, e si deve, discutere intorno al significato e al valore dell’esperienza; ma questa, infine, è per tutti la pietra di paragone dell’esistente, inesistente essendo quello che non entra, o ci persuadiamo non possa entrare nell’esperienza. Esistente, così, non solo per l’uomo volgare, ma anche per la scienza positiva e pel criticismo, è ciò che è contenuto dell’esperienza: la quale non potrebbe percepire [...] questo suo contenuto, se non nelle forme dello spazio e del tempo: ed esistente sarebbe pertanto ciò che è nello spazio e nel tempo.168

Ma tale posizione è avvertita dall’attualismo come inaccettabile, il quale riconosce alla sola esperienza che rende possibile l’esperienza, ossia il pensamento dello spazio e del tempo, il vero valore dell’esistente assegnatogli dalla forma e non dalla materia che in quella si invera.

È nuovamente posto il problema della relazione tra il pensiero, da intendersi come possibilità dello stesso spirito di attuarsi, e l’inveramento dell’oggetto nella relazione dialettica.

Così, nella sua estrema formulazione, l’idealismo attualistico non pensa la forma come meccanico completamento della materia, piuttosto è principio attivo e produttivo della stessa esperienza che in questo senso è «effetto della forma»169.

[...] è vero che l’oggetto come opposto al soggetto è oggetto e non soggetto. È vero che se il soggetto non si rappresentasse a sé come oggetto, e però come questo oggetto che non è soggetto, esso non sarebbe soggetto. Ma è anche vero che quest’oggetto che è negazione del soggetto è lo stesso soggetto quale realizzandosi si contrappone a se stesso. Cioè, lo spirito non si può vedere nella natura dove, miticamente, si vede, se non ritrovandosi se stesso e superando il mito di cui si serve per ritrovarsi.170

Il logo astratto, quindi, perviene a concretezza nell’inerenza d’esso nel logo concreto ossia nel pensiero in atto ma, avverte Gentile, tale «inerenza non è da rappresentare, con meccanica immaginazione [...] appartenenza del contenuto al suo contenente, o della parte al tutto», ma

168

Ib., vol. II, pp. 12–13; sulla teoria kantiana di spazio e tempo cfr., ib., pp. 45 e sgg.

169

Ib., pag. 51.

170

89

piuttosto è da «pensare come intrinseca generazione del risultato in cui termina un processo dinamico vivo»171.

In questo senso, allora, ogni concezione materialistica risulta attualisticamente inconcepibile:

Qui è la critica profonda d’ogni materialismo critica che direi non teoretica, ma pratica. Poiché pensare il mondo come materiale, nella sua opposizione estrema allo spirito che lo pensa, ma pensarlo davvero, energicamente, rigorosamente e consapevolmente, è già vederselo svanire innanzi come mondo materiale per risolversi senza residuo non in un mondo pensato, bensì nello stesso atto o processo di pensare. [...] Qui si tratta di realizzare col pensiero quella realtà tutta spirituale, da cui il materialista può bensì torcere lo sguardo, ma in quanto non pensa, contento a quella philosophia pigrorum, che è la incoscienza del proprio pensiero. [...] Il mondo materiale, dunque, esiste, sì, ma in quanto pensandosi viene smaterializzato, e risoluto tutto nella vita dello spirito.172

Al di fuori del dominio ideale dello spirito vi è l’ignoto che rappresenta sistemicamente l’inattualità della filosofia gentiliana. Soprattutto la logica delle scienze particolari, forme astratte di conoscenza, non considerano il «mondo trascendentale in cui lo spirito si possiede come autosintesi e prendono ad oggetto, quasi oggetto in sé sufficiente, il mondo empirico»173. E questo viene considerato nella sua unità come sistema dogmatico o metafisico o, nella sua frammentaria molteplicità, dalle scienze particolari che definiscono e studiano le proprietà di quella realtà analiticamente appresa. E tanto più il sapere è concepito nella sua forma positiva e scientifica, realisticamente orientato all’immediato, tanto più risulta rigida la cognizione dell’ignoto a cui è sottoposto.

In questo senso la posizione delle scienze particolari e la metafisica, rispetto alla posizione nella logica attualistica dello spirito, è del tutto analoga. Mentre il dogmatismo religioso si arresta a una forma intuitiva del sapere nell’illusione di poter cogliere la verità concepita come realtà in sé, le scienze particolari tale realtà, la suppongono.

La scienza è matematica, o positiva: la prima, esemplarmente, costruisce il suo mondo «assumendo postulati, che sequestrano con la loro soggettività arbitraria e ingiustificata dalla realtà che rimane intatta dal sapere matematico e però ignota»174; la seconda edifica se stessa fondando, innanzitutto, una gnoseologia scientifica che suppone un soggetto incastonato in un sistema dove tutto è natura e con questa si relaziona attraverso i sensi; in tal modo la scienza positiva postula una dottrina della conoscenza che definisce l’intelletto uno strumento strettamente dipendente dalla rappresentazione fenomenica, oltre la quale vi è l’abisso, sì che drasticamente Gentile chiosa sostenendo che «l’ignoto è l’Oceano in cui naviga disperatamente ogni scienza, matematica o positiva, naturale o morale che sia»175 poiché relega lo spirito ai margini di un sistema che pensa il reale sorretto dalle logiche del meccanicismo, del determinismo e del fenomenismo.

Così la scienza, attualisticamente intesa, è la formalizzazione, secondo differenti linguaggi, del realismo che la storia del pensiero ha variamente interpretato;

[Vi è così un] realismo ingenuo, che prende per oggettive anche le qualità secondarie; altro il realismo

empirico scientifico, che si contenta delle sole primarie; altro il realismo critico, che ammette una realtà affatto

171

G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. II, op. cit., pag. 42.

172 Ib., pp. 52–55. 173 Ib., pag. 200. 174 Ib., pag. 201. 175 Ib., pag. 202.

90

diversa dal fenomeno ma inconoscibile; altro il realismo metafisico, che dal contenuto dell’esperienza sensibile, mediata o immediata, salta dentro una realtà trascendente, che presume pur di conoscere mediante non so che intuito intellettuale.176

Tali forme di realismo che sono andate sedimentandosi nel corso dello svolgimento storico della filosofia e delle scienze, secondo codici differenti, vengono interpretate dall’attualismo come sostanzialmente, concettualmente congiunte unite dalla certezza dell’oggettività del reale.

Pur tuttavia, Gentile riconosce nel realismo empirico e in quello metafisico le due forme storicamente più importanti di questa dottrina. La distinzione tra le due concezioni filosofiche, andrebbe ricercata nella gnoseologia che interpreta quel reale: nel primo caso il conoscere e,

Documenti correlati