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CAPITOLO QUARTO: IMPATTI GESTIONALI E CONSEGUENZE ALL’INTRODUZIONE DEGL

INDICATORI

IV,1 Effetti economici e gestionali della nuova regolamentazione

La nuova disciplina sul rischio di liquidità e l’avvento dei due indicatori ha avuto e sta avendo un significativo impatto sulla gestione della banca. Nella prima parte di questo capitolo andrò ad analizzare gli impatti che l’LCR e il NSFR hanno avuto su vari aspetti della banca: sulla redditività, sulla composizione dell’attivo e del passivo e sull’effetto di sostituzione tra prodotti bancari ei finanziari. Inoltre andrò ad analizzare e a descrivere lo shadow banking e come questo fenomeno si sia sviluppato.

IV,1,1 Effetti sulla redditività

Negli ultimi decenni, in una fase di crescente internazionalizzazione dei sistemi finanziari ciascuna banca ha dovuto ricercare un delicato equilibrio tra una prudente struttura per scadenze dell’attivo e del passivo e il perseguimento di adeguati livelli di redditività. La crescente concorrenza e la compressione dei margini, uniti a propensioni al rischio talvolta eccessive hanno spinto le banche a cercare composizioni dell’attivo e del passivo sempre più redditizie, riducendo al minimo le poste liquide e ampliando a dismisura il grado di trasformazione delle scadenze e da questo ne è derivato un elevato rischio di liquidità. Come ho già descritto nei precedenti capitoli con Basilea III le cose sono cambiate, in quanto è stata premiata la stabilità a scapito della redditività. Le nuove regole sulla gestione del rischio di liquidità e, in particolare, sul rispetto dei due coefficienti minimi, tenderanno ad uniformare la composizione dell’attivo, del passivo e soprattutto le scelte di asset-liability management, determinando effetti rilevanti

sul livello degli equilibri economici bancari attraverso una maggiore detenzione di attività liquide o facilmente liquidabili e una minore attività di trasformazione delle scadenze.

Il rispetto del requisito in termini di LCR ha imposto il mantenimento di un maggior volume di attività liquide di alta qualità e, per tale via, avrà un effetto limitativo delle redditività poiché impone il mantenimento di riserve in eccesso e di una struttura dell’attivo che privilegia obiettivi di liquidità ad obiettivi di redditività.

Simultaneamente il rispetto dei requisiti in termini di NSFR imporrà un maggior avvicinamento tra scadenza media ponderata dell’attivo e del passivo, con una conseguente riduzione del grado di trasformazione delle scadenze. Ciò imporrà alle banche di fare un sempre maggiore ricorso a raccolta a medio-lungo termine che, per definizione, è più stabile ma anche più costosa e/o di ridurre le componenti immobilizzate e a più lunga durata dell’attivo27.

La riduzione dell’attività di trasformazione delle scadenze produrrà un impatto negativo sugli equilibri economici bancari, solo parzialmente smorzato dalla percezione di maggior sicurezza della singole banche e dai minori premi per il rischio pretesi dal mercato sulla raccolta stabile a media-lunga scadenza. È evidente infatti che banche più liquide possano spuntare minori premi per il rischio e trarre vantaggio dalla condizione di maggiore liquidità, oltre un certo limite però tali benefici sono compensati dai minori rendimenti dell’attivo.

L’impatto della liquidità sulla redditività delle banche è fortemente influenzato tanto dal modello di business, quanto dalle caratteristiche del mercato della raccolta. In particolare le banche con modelli di business più tradizionali, basate sulla raccolta di depositi da clientela con il modello originate-to-hold, presentano livelli ottimali di liquidità più bassi rispetto alle banche con modelli di business non tradizionali. In altri termini, i benefici della maggior liquidità per le banche tradizionali cessano prima rispetto alle banche non tradizionali, quindi

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Ruozi R., Ferrari P., La nuova regolamentazione del rischio di liquidità: l’impatto sulla gestione bancaria, Bancaria n°1/2013

l’imposizione regolamentare di detenere un maggior volume di liquidità determina una riduzione della redditività che varia a seconda del modello di business adottato dalle singole banche e dal tipo di attività prevalentemente esercitata: si pensi al diverso impatto delle nuove regole su banche tradizionali, su banche di investimento, su banche specializzate nel leasing, nel factoring, nel credito al consumo o di servizi di private banking. La nuova regolamentazione può dunque soffrire del limite di assumere un approccio del tipo one-size-fits-all con regole che trattano allo stesso modo intermediari con modelli di business nettamente diversi e prescindono dalle condizioni specifiche del mercato della raccolta di riferimento di ciascuna banca, caratteristiche cui corrispondono punti di ottimo in termini i livello di liquidità estremamente diversi.

Concentrandosi solo sull’NSFR, appurato il fatto che un’oculata gestione della liquidità strutturale dovrebbe comunque permettere di evitare il formarsi di ampi squilibri a breve, un indagine svolta su un campione di 324 banche commerciali, cooperative e di risparmio appartenenti a 28 paesi dell’Unione Europea nel periodo 2004-2013 ha cercato di spiegare la relazione tra la nuova regolamentazione e la redditività, dal punto di vista del costo delle risorse, verificando se gli effetti dell’NSFR sono funzione del modello di business della banca e dell’area geografica di appartenenza28. Tale analisi empirica, condotta usando il modello di regressione panel a effetti fissi, mostra, contrariamente a ciò che ho prima esposto e a molte indagini, una relazione positiva tra il NSFR e la redditività bancaria. Il segno positivo sta a significare che l’osservanza del vincolo di liquidità strutturale non comporta il deterioramento della redditività, contribuendo per tale via al rafforzamento della stabilità del sistema bancario, tuttavia tale risultato vale principalmente per le banche piccole, le quali presentano valori di NSFR superiori alla soglia minima. Il segno positivo tra NSFR e redditività trova conferma nella relazione che lega l’indicatore al costo del funding, infatti i risultati dell’analisi mostrano una relazione negativa tra il nuovo vincolo di liquidità strutturale e il costo delle risorse. La componente

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determinante di tale relazione risulta essere l’equity e da questo si deduce che le banche più capitalizzate, essendo potenzialmente più stabili appaiono in grado di sfruttare bassi costi di funding che migliorano la redditività aziendale. Tali risultati sono di particolare interesse per i regulator, i quali mediante le regole di Basilea III, stanno cercando di garantire maggiore stabilità finanziaria senza imporre costi di regolamentazione troppo alti che andrebbero a penalizzare la redditività delle banche.

Il modello utilizzato in tale verifica empirica è un modello di regressione panel a effetti fissi così composto:

Dep_varit = β(Nsfr)it + β2(Bank_sp)it + β3(Country_sp)it + βt D_crisi + αi + εit

Dove Dep_varit è la variabile dipendente della banca i nel periodo t e le variabili dipendenti utilizzate sono, rispettivamente, proxy di redditività (margine di interesse sul totale attivo, rendimento medio del capitale investito, rendimento medio del capitale proprio) e una misura del costo del funding (interessi passivi sul totale delle passività onerose di interessi) . Il nuovo indicatore di liquidità strutturale Nsfr è la variabile target, mentre Bank_sp e Country_sp sono le variabili di controllo di tipo specifico della banca (capitali, attivo circolante, rischio dell’attivo, dimensione) e del paese (inflazione, Pil, tassi interbancari). D_crisi è la variabile dummy29 che assume il valore di 1 nel periodo 2008-2013 e 0 nel periodo 2004-2007, mentre il termine αi è l’effetto fisso per le banche e εit è il termine di errore. Tale modello è stato utilizzato per stimare la relazione tra NSFR e redditività con riferimento a tutto il campione nel periodo 2004-2013

Dall’indagine risulta che la redditività tende a diminuire nelle banche che nel periodo di analisi si sono caratterizzate per alti livelli di leverage, alta rischiosità dell’attivo, un peggioramento dell’efficienza operativa e problemi di diseconomie di scala derivanti dall’aumento della dimensione. Inoltre, sulla redditività bancaria hanno inciso anche il livello dei tassi interbancari e il Pil, entrambi con segno positivo, l’inflazione e la dummy crisi con segno negativo.

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Le variabili di controllo rischiosità dell’attivo, efficienza operativa, livello dei tassi interbancari e Pil risultano determinanti significative anche del costo del funding. Nel complesso, emerge quindi un ruolo fondamentale anche delle variabili macroeconomiche. Il modello è stato stimato anche dividendo periodo pre-crisi (2004-2008) e periodo di crisi (2008-2013) ed è emerso che la relazione positiva tra liquidità e redditività, così come la relazione negativa tra liquidità e costo del funding, vale solo nel periodo di crisi e principalmente per le banche più piccole. Una possibile spiegazione potrebbe essere riconducibile al fatto che esse hanno beneficiato della crisi di sfiducia che ha colpito le grandi banche, riuscendo ad attirare più depositanti.

Dai risultati di questa indagine sembra che non esista un trade-off tra liquidità e redditività e che anzi sembrano essere complementari, soprattutto nel medio-lungo periodo, contribuendo alla creazione di un sistema bancario tendenzialmente più stabile.

IV,1,2 Effetti sulla composizione dell’attivo

Il rispetto dei due coefficienti minimi di liquidità ha dato e sta dando origine a un forte cambiamento della composizione dell’attivo delle banche, con un maggiore peso dei titoli di Stato e un minore peso dei prestiti e dei titoli diversi dalle obbligazioni sovrane. Le nuove regole sulla gestione del rischio di liquidità riportano alla luce l’antico problema tra Stato, banche e liquidità e finiscono per accentuare ulteriormente la già rilevante commistione tra rischi bancari e rischi sovrani ponendo le basi per un possibile rischio sistemico. Come ho già scritto nei precedenti capitoli, originariamente l’LCR era sostanzialmente basato sui titoli di Stato, specialmente quelli domestici, ma con la nuova versione sono stati inseriti anche altri strumenti, seppur con notevoli haircut.

I titoli di Stato hanno il duplice vantaggio, per qualunque scadenza, di essere considerati attività liquide e di non costituire immobilizzi. Nel calcolo dell’ LCR i titoli di Stato del paese in cui ha sede la banca sono inclusi senza limiti di computabilità e con un fattore di ponderazione del 100%, indipendentemente

dalla scadenza e dal rating. Nel calcolo del NSFR i titoli di Stato con scadenza medio-lunga rientrano fra le attività stabili in misura marginale grazie a un fattore di ponderazione del 5% e richiedono quindi una modesta provvista stabile a loro supporto.

Isolando questo aspetto, le nuove regole sui coefficienti minimi di liquidità possono generare nei diversi Paesi sistemi bancari più inclini all’acquisto di titoli emessi dai rispettivi debitori sovrani che non al sostegno diretto dell’economia attraverso prestiti a imprese e famiglie. Questo aspetto ha suscitato il dubbio che la ricercata maggiore stabilità possa determinare un costo rilevante in termini di capacità del sistema bancario di essere a servizio dell’economia reale, con un potenziale impatto negativo sulla crescita economica nel medio-lungo periodo. I prestiti hanno infatti un trattamento assai più penalizzante nel calcolo di entrambi i coefficienti minimi di liquidità:

- nel calcolo dell’LCR si presume che i prestiti alla clientela con scadenza entro trenta giorni daranno vita ad afflussi limitati al 50% del loro importo a cause della presunta necessità di rinnovare il 50 % residuo per assicurare la continuità operativa dei soggetti affidati.

- nel calcolo dell’NSFR addirittura i prestiti con vita residua inferiore a un anno sono considerati attività stabili per l’85% del loro importo nel caso di prestito a clienti al dettaglio, e per il 50% nel caso di prestiti al segmento corporate.

In entrambi i segmenti i prestiti di durata pari o superiore a un anno sono considerati attività stabili per il 100% del loro ammontare.

È inoltre da rilevare che, a causa della modalità di calcolo di entrambi i coefficienti minimi, si sta manifestando un’ulteriore riduzione dei margini disponibili nelle aperture di credito e nelle forme tecniche caratterizzate da una certa flessibilità nell’uso dei fondi da parte dei soggetti affidati, in quanto una quota dei margini disponibili è considerata sia come un deflusso di cassa nei 30 giorni successivi sia come un’attività stabile nell’arco annuale.

Le stesse regole stanno incentivando le banche ad accrescere le quote di finanziamenti erogati con scadenze brevi, meno pesanti ai fini del calcolo

dell’indicatore NSFR e potenzialmente vantaggiosi ai fini del calcolo del coefficiente LCR, in quanto i flussi in entrata associati a finanziamenti alla clientela possono essere parzialmente stornati dai flussi in uscita ai fini del calcolo dei deflussi monetari netti in condizioni di stress.

Queste ultime due considerazioni permettono di comprendere come il nuovo set di regole potrebbe traslare, almeno parzialmente, il rischio di liquidità dalle banche ai soggetti affidati e, in particolare, alle imprese non finanziarie che si vedranno ridurre i margini disponibili per elasticità di cassa e la scadenza media dei finanziamenti.

I titoli diversi dalle obbligazioni sovrane ricevono un trattamento intermedio fra i titoli di Stato e i prestiti:

- il calcolo dell’LCR prevede che le obbligazioni emesse da società non finanziarie e le obbligazioni bancarie garantite con rating pari ad almeno AA- rientrino fra le attività liquide di secondo livello di tipo A pur con un haircut del 15%, mentre quelle con rating compreso tra A+ e BBB- e le azioni quotate di soggetti non finanziari appartenenti ai principali indici rientrano tra le attività di secondo livello di tipo B con un haircut del 25% - il calcolo dell’NSFR prevede che le obbligazioni emesse da società non finanziarie e le obbligazioni bancarie garantite di durata superiore a un anno generino un fabbisogno di copertura stabile pari al 20% o al 50% del loro importo in funzione del rating ad esse assegnato, mentre le azioni quotate emesse da soggetti non finanziari e appartenenti ai principali indici large cap rientrano tra le attività stabili limitatamente al 50 % del loro valore.

Alla luce del contesto regolamentare le scelte di tesoreria e di gestione della liquidità strutturale della banche subiranno profonde modifiche. L’introduzione delle regole sulla liquidità ha prodotto e sta producendo un effetto di spiazzamento sui titoli corporate a beneficio di quelli sovereign. È presumibile che a regime vi possa essere, a parità di altre condizioni, un incremento degli spread tra i titoli corporate e i titoli governativi a vantaggio dei secondi. L’incremento dei differenziali di rendimento sarà riscontrabile con riferimento alla categoria dei titoli pubblici al cui interno saranno premiati quelli con

ponderazione per il rischio di credito nel metodo standardizzato pari allo 0% a scapito degli altri. Un altro effetto è lo spiazzamento che la nuova regolamentazione sta producendo sulle emissioni obbligazionarie bancarie sottoscritte da altre controparti bancarie o da queste riacquistate sul mercato secondario. Nel nuovo contesto regolamentare le obbligazioni bancarie sono trattate in termini ancora più severi di quelli riservati alle obbligazioni societarie di soggetti non finanziari, con ulteriore potenziale pressione sugli spread. L’unica eccezione è rappresentata dai covered bond bancari che sono utili ai fini del rispetto di entrambi gli indicatori. Sotto questo profilo, il favorito ricorso ai covered bond da parte delle banche potrà però indebolire il merito creditizio del debito non garantito, determinando così, a parità di altre condizioni, una minor domanda e un ulteriore innalzamento degli spread.

La modifiche regolamentari possono impattare in maniera profondamente diversa su ciascuna area di attività della banca e determineranno per questa via una rilevante modifica del business mix, specie se si analizzano congiuntamente gli effetti dei nuovi requisiti di capitale con quelli relativi ai nuovi requisiti di liquidità. Isolando il solo impatto del nuovo quadro regolamentare in tema di liquidità, emerge che mentre in passato i tassi interni di trasferimento utilizzati per il funding delle diverse attività di impiego riflettevano unicamente il costo della raccolta e le eventuali opzioni implicite associate alle singole operazioni, il nuovo quadro regolamentare rende necessario incorporare all’interno dei tassi interni di trasferimento anche un premio per la liquidità in grado di riflettere il costo implicito in termini di liquidità che ogni singola operazione di impiego impone di detenere. L’incorporazione degli oneri associati ai nuovi vincoli regolamentari nella valutazione di convenienza comparata di ciascuna area di business determinerà inevitabilmente in ogni banca il possibile riassetto del portafoglio delle attività esercitate. Il punto fondamentale della questione è la ricerca di un nuovo modello business per le banche volto a far sì che esse affrontino il mercato in termini nuovi e più consoni all’economia e alla società in cui operano, che non deve necessariamente presupporre un cambiamento radicale

della loro attività. Questo è accaduto anche in altri settori economici, come la siderurgia o le telecomunicazioni30.

La ricerca di un nuovo business model non significa ipotizzare un solo tipo di banca: il pluralismo bancario, che già fu benefico per lo sviluppo del sistema bancario in molti paesi nel secondo dopoguerra, è ancora oggi una forma valida per assicurare un sistema equilibrato capace di soddisfare al meglio le esigenze diversificate di una domanda eterogenea. Ogni banca non deve andare per la propria strada, ci devono essere delle regole comuni che ciascuna banca può interpretare nel modo ritenuto più consono per la struttura del proprio azionariato, per le caratteristiche del proprio patrimonio, per quelle della propria clientela, per le proprie dimensioni e per le professionalità di cui dispone.

IV,1,3 Effetti sulla composizione dell’passivo

A seguito delle nuove regole sul rischio di liquidità anche le politiche di raccolta delle banche stanno subendo significative modifiche in quanto si sta assistendo a una forte pressione sulla raccolta con vincolo di durata medio/lunga a un’accresciuta concorrenza, soprattutto nel comparto retail e a politiche di tasso marcatamente aggressive che renderanno la provvista più costosa per le banche e paradossalmente meno stabile a livello di singola banca in quanto maggiormente sensibile al tasso offerto.

Nel calcolo dell’LCR la raccolta va distinta in funzione della scadenza inferiore o meno a 30 giorni. Mentre la raccolta con scadenza effettiva superiore a 30 giorni non genera deflussi di cassa in condizioni di stress individuale o sistemico, la raccolta a vista e quella con scadenza effettiva inferiore a 30 giorni generano uscite di cassa stimate in modo diverso a seconda della maggiore o minore stabilità, che dipende dalla natura della controparte, dal tipo di raccolta e dalla relazione tra banca e cliente. I tassi utilizzati per i deflussi variano da un

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Ruozi R., Ferrari P., La nuova regolamentazione del rischio di liquidità: l’impatto sulla gestione bancaria, Bancaria n°1/2013

minimo del 3% per la raccolta stabile a clienti retail ad un massimo del 40% per la raccolta non garantita da società non finanziarie, Stati, banche centrali e enti del settore pubblico. Nel caso di persone fisiche i tassi di deflusso più bassi si applicano su operazioni di raccolta coperte da schemi di assicurazione dei depositi e basate su conti transattivi oppure con controparti che intrattengono relazioni stabili e consolidate con la banca, tali da rendere il prelievo meno probabile. Nel caso di clientela all’ingrosso, i tassi di deflusso più bassi si applicano a operazioni di raccolta coperte da assicurazioni su depositi e relative a conti caratterizzati da relazioni operative consolidate fra banca e cliente.

Il calcolo del coefficiente NSFR esige di distinguere la raccolta in funzione della scadenza superiore o inferiore a un anno. La raccolta con vincolo di durata pari o superiore a un anno costituisce interamente provvista stabile a disposizione della banca per supportare attività a media e lunga scadenza e a essa si applica un fattore di ponderazione del 100%. La raccolta a vista o con scadenza inferiore a un anno è trattata in modo diverso a seconda della controparte: nel caso della clientela retail si tratta di distinguere tra più stabile e meno stabile e il fattore varia dal 90% all’ 80%, per la clientela all’ingrosso si ipotizza una minore stabilità in caso di crisi e il fattore è fissato al 50%.

Le regole appena descritte implicano profonde modifiche negli obiettivi qualitativi della politica di raccolta delle banche e imporranno la ricerca di una maggiore stabilità della provvista in coerenza con il nuovo assetto regolamentare. Per i depositi monetari sarà essenziale l’instaurazione di relazioni di clientela durevoli e sempre più orientate al lungo periodo e basate sul costante monitoraggio dei risultati raggiunti non solo in termini di customer retention ma anche di customer migration.

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