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Caratteri generali*

Rispetto all’educazione medievale1 si verifica un grande mutamento che coinvolge l’Italia nel Quattrocento e tutta l’Europa nel Cinquecento: esso comporta un passaggio dalla ripetizione meccanica allo studio basato su manuali più accurati e anche sugli stessi autori antichi2. Non si imparano più a memoria brani passivamente accettati, ma si leggono scrittori illustri senza lasciarsi condizionare dalla loro religione pagana o dalla diversità di costumi3. La riscoperta delle opere educative dell’antichità, come quella di Quintiliano, incide molto sulla formazione dei giovani; essa si fonda sul contatto diretto con i testi, dai quali si possono ricavare preziosi consigli e valori morali4. Lo studio dei classici avviene a livello non solo universitario ed è caratterizzato da una spiegazione di tutti gli aspetti dei passi considerati5. La difesa della poesia dei pagani apre le porte a una nuova libertà in cui gli uomini si riconoscono pienamente; anche nel Medioevo gli autori classici erano noti, ma i contenuti delle loro opere venivano manipolati per trovare conferme a verità di natura religiosa6. Nell’Umanesimo, invece, gli antichi non vengono adattati alla mentalità del periodo, ma sono letti nella loro autenticità7.

Anche Rabelais coglie la differenza fra l’educazione medievale e quella dell’Umanesimo (soprattutto per quanto riguarda l’Italia, ma anche in relazione alla vecchia cultura della Sorbona); la distanza tra le due impostazioni si può cogliere nella lettera di Gargantua al figlio Pantagruel, studente a Parigi8.

* I dati bibliografici delle edizioni tibulliane compulsate figurano non solo nelle singole schede descrittive e nelle

relative intestazioni, ma anche nella bibliografia finale, cui rinvio per eventuali approfondimenti.

1 Nel Medioevo i bambini imparavano a fare calcoli, leggevano in latino il Salterio (senza tuttavia comprenderlo),

studiavano il Donatus minor o altre semplici grammatiche e infine passavano a esercizi di composizione: Garin (19662),

p. 24. 2 Garin (19662), p. 16. 3 Garin (19662), p. 23. 4 Di Giammarino (2006), pp. 155-156. 5 Fera (1990), pp. 534-535. 6 Garin (19662), pp. 73-75. 7 Garin (19662), pp. 92-93. 8 Garin (19662), pp. 67-68.

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Girolamo Savonarola si scaglia contro l’insegnamento basato sulla cultura pagana e in particolare contro la poesia classica, intrisa di menzogne e libidine, esempio negativo per i giovani, dei quali stimola eccessivamente la sessualità9. Nell’educazione umanistica, invece, si sottolinea la necessità di un confronto con il classico, mirato a riprodurre l’armonia degli antichi e a dotare l’uomo dei principi di libertà e umanità10. Un secolo prima di Savonarola il domenicano Giovanni Dominici si era pronunciato contro l’educazione basata sui classici e propugnava piuttosto un metodo didattico alla maniera di Orbilio11.

La lettura dei poeti antichi non comporta solo un’apertura intellettuale, ma richiede anche conoscenze più precise della lingua latina12. In Italia, dove il volgare discende dal latino, studiare l’idioma del passato significa anche recuperare le radici storiche del presente, come sottolineato da Agricola e Landino13.

Uno dei problemi maggiormente avvertiti è il rapporto con questi modelli, letti per assimilarli nel modo migliore; i maestri, tuttavia, esortano a non scimmiottare nessuno, cercando sicuramente di restituire vigore agli autori antichi, ma evitando di proporli sotto forma di pessimi travestimenti14. Questo atteggiamento continuerà anche in futuro, quando, nella commedia, il pedante verrà messo in ridicolo15. L’imitazione rappresenta probabilmente la preoccupazione principale di questa cultura in bilico fra la fiera dichiarazione della propria originalità e il grande rispetto nei confronti del mondo classico16.

Per quanto riguarda le scuole, l’istruzione elementare è pubblica e cittadina17. Sempre di più si avverte l’esigenza di fondare istituti preparatori nei quali gli antichi possano essere studiati in maniera nuova, con percorsi graduali che conducano via via fino all’università: tali scuole si affermano in città e diventano il luogo di formazione dei nuovi ceti dominanti18. L’università continua a vivere, ma è toccata dal cambiamento in atto, per cui deve di necessità trasformarsi se non vuole scomparire di fronte alle nuove strutture formative19. Accanto a essa sorgono le Accademie, in cui alcuni studiosi si riuniscono privatamente per sviluppare delle discussioni di livello elevato20. Anche le corti dei signori più importanti sono sedi di dibattiti e di iniziative culturali e ospitano grandi maestri21. Lo Studio si trasferisce a Pisa, mentre alla figura di Lorenzo il Magnifico fanno riferimento scuole private e un’accademia in cui la personalità di spicco è quella di

9 Garin (19662), pp. 79-80. 10 Garin (19662), pp. 79-81. 11 Garin (19662), p. 81. 12 Garin (19662), p. 95. 13 Garin (19662), pp. 95-96. 14 Garin (19662), pp. 100-102. 15 Garin (19662), pp. 98-99. 16 Garin (19662), pp. 100-101. 17 Garin (19662), pp. 107 e 111.

18 Si tratta di quello che in seguito diventerà il ginnasio-liceo: Garin (19662), pp. 107-108 ss. 19 Garin (19662), pp. 107 e 111.

20 Garin (19662), p. 111. 21 Garin (19662), p. 111.

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Marsilio Ficino22. Anche in altre città come Venezia, Padova, Milano e Pavia compaiono scuole private, accademie e percorsi formativi di altro tipo23. L’insegnamento umanistico in Italia e in Europa è tuttavia caratterizzato da alcuni difetti, che consistono nel nozionismo e nella pedanteria24. L’autocompiacimento di certi sapienti conduce alla formazione di gruppi esclusivi25. Tale educazione, almeno nei progetti, dovrebbe essere rivolta a tutti, ma in realtà questi studi vengono intrapresi da principi, uomini di corte e giovani di famiglia abbiente26. La Riforma cerca di agire positivamente sulla situazione, con l’istituzione di una scuola elementare popolare27.

Il primo trattato sistematico, il De ingenuis moribus et liberalibus adolescentiae studiis (1400- 1402 circa), è scritto da Pier Paolo Vergerio28, che in questa sede espone il suo programma pedagogico. Anche Leonardo Bruni elabora un trattato De studiis et litteris (1422-1429), indirizzandolo a una donna, Battista Malatesta29. Altri importanti nomi nel campo dell’educazione sono Guarino Veronese e il figlio Battista (autore del trattato De modo et ordine docendi et

discendi), Maffeo Vegio e Vittorino da Feltre: tutte queste figure culturali propongono

un’educazione fondata sui classici30.

Testimonianze della presenza di Tibullo e degli elegiaci nell’insegnamento

La poesia elegiaca viene considerata importante e spesso compare nei programmi scolastici rinascimentali, ma è sempre presente una certa diffidenza nei suoi confronti, a causa dei contenuti erotici, ritenuti pericolosi per i giovani discenti. Emergono tuttavia atteggiamenti ancora più restrittivi: basti pensare, per esempio, a quanto affermato da Ugolino Pisani31, umanista che, pur disinvolto, nel suo canone di letture sostiene che certe opere, caratterizzate da contenuti osceni, vanno eliminate dalle lezioni pubbliche e destinate a una lettura esclusivamente privata32.

Publice non legantur Iuvenalis, Perseus, Martialis Cocus, Propertius, Tibullus, Catullus, Priapeia Virgilii, Naso de arte amandi et de remedio amoris, sed relinquantur studio camerario videre eos volentium, ut plurima sciantur, non ut quisquam adolescens tyro eorum lectione contaminetur33 22 Garin (19662), p. 111. 23 Garin (19662), p. 111. 24 Garin (19662), pp. 177-178. 25 Garin (19662), p. 179. 26 Garin (19662), pp. 179-180. 27 Garin (19662), pp. 178-180.

28 Nato a Capodistria e morto nel 1444: Garin (19662), pp. 114-115. 29 Garin (19662), p. 119.

30 Di Giammarino (2006), pp. 155-156.

31 Ugolino Pisani (1405/10-1445/1450) nacque a Parma. Laureato in utroque iure, fu non solo giurista, ma anche

letterato (scrisse due commedie latine), soldato, musicista e danzatore. Dopo numerosi viaggi, lavorò a Napoli al servizio di Alfonso d’Aragona. Per queste informazioni si vedano Garbini (2002)b e Sabbadini (1904), pp. 285-288.

32 Sabbadini – Garin (1967) = (1905), pp. 200-201.

33 Cito da R. SABBADINI, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV, edizione anastatica con nuove

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Il canone, autografo, risale al 1436 o al 143734. Nel lasso di tempo che precede gli anni Settanta del Quattrocento – periodo con il quale ha inizio l’analisi contenuta nel presente lavoro – Tibullo è certamente letto, anche se vi sono delle difficoltà a proporne lo studio.

Un’altra testimonianza, che precede d’una ventina d’anni l’arco di tempo preso in esame, è utile per capire come venivano giudicati Tibullo e gli elegiaci in rapporto all’educazione. Si tratta della lettera De liberorum educatione (1450), indirizzata da Enea Silvio Piccolomini (il futuro Pio II35) a Ladislao Postumo, sovrano di Ungheria e Boemia36. Il re, nato nel 1440, all’epoca dell’epistola era un ragazzino in fase di formazione, e questo fatto sottolinea ulteriormente il valore pedagogico del trattatello, nel quale si trova un paragrafo dedicato ai poeti che i fanciulli devono leggere o evitare. Virgilio è considerato l’autore migliore, ma anche i testi di Lucano, Stazio, Claudiano, Valerio Flacco e Persio rientrano tra le buone letture. Per il teatro sono menzionati Plauto, Terenzio e Seneca, dai quali il precettore dovrà essere in grado di ricavare i concetti più validi. Altri poeti possono essere utili in qualche misura, ma solo alcune loro opere sono proponibili a un pubblico di giovanissimi discenti. Di Ovidio, poeta generalmente lascivo, non vanno ignorate le Metamorfosi. Orazio è importante, ma alcuni suoi testi non sono adatti ai fanciulli, mentre Giovenale a volte scrive licenziosamente, anche se qualche componimento può risultare edificante. Tibullo, Catullo e Properzio vengono completamente esclusi assieme a quella che, molto probabilmente, è l’epistola di Saffo a Faone (il testo in assoluto più licenzioso delle Heroides, di incerta paternità ovidiana37): tutti questi autori vengono definiti molles38.

De liberorum educatione

Elegiam qui scribunt omnes puero negari debent. Nimium sunt enim molles, ut Tibullus, Propertius, Catullus, et que translata est apud nos Sapho39.

La sensualità degli elegiaci è ritenuta pericolosa. L’autore del trattatello non prospetta un intervento di censura da effettuare sui testi, ma si limita a escluderli drasticamente dall’insegnamento senza alcuna concessione: negari debent.

corrisponde all’uso errato – soprattutto medievale, ma in parte anche umanistico – di chiamare Marziale con questo soprannome. In genere gli umanisti di un certo livello evitavano tale modo di dire, anche se lo stesso Poliziano nel componimento a Bartolomeo Fonzio si serve dell’epiteto, forse per questioni di comodità metrica. In realtà Martialis

Cocus era il nomignolo di Goffredo di Winchester, che scrisse un Liber Proverbiorum: per queste notizie si veda Bausi

(2003), pp. XLIV e 42.

34 Sabbadini – Garin (1967) = (1905), p. 201. Il canone (intitolato Ad oratorem), che include autori greci e latini (più

qualche volgare), si trova al foglio 68 v. del Codice Ambrosiano F 141 sup. del secolo XIV; esso contiene opere aristoteliche tradotte in latino e postillate, fra gli altri, anche da Ugolino Pisani: Sabbadini (1904), pp. 285-286.

35 Verrà eletto pontefice nel 1458: Garbini (2002)a. 36 Garbini (2002)a.

37 Jacobson (1974), p. 278, a proposito della quindicesima eroide, allude al fatto che, per un certo tempo, essa è stata

considerata la traduzione di un testo scritto da Saffo; tale convinzione ha indotto a pensare che vi fossero degli elementi autobiografici.

38 Il passo è segnalato da Maranini (1996), p. 117.

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Riagganciandoci alla trattazione relativa alle biografie tibulliane in età umanistica, potremmo riconsiderare l’idea espressa dal Cillenio, che sconsiglia di offrire ai giovani edizioni integrali dell’opera di Tibullo. Risulta necessario, infatti, evitare gli elementi più scabrosi: si tratta chiaramente di un retaggio dell’educazione cristiana ricevuta dallo studioso40. La prima edizione delle elegie tibulliane curata dal Cillenio risale al 1475.

Si quis tamen in schola magister explanare discipulis tenerioris aetatis voluerit, eum ipsum per deum obtestor ut, cum legendo pervenerit ad illa loca ubi quoddam obscenitatis praeceptum traditur, quod animos adulescentulorum in deteriorem partem flectere et a virtutum recta via avocare possit, cum silentio transeat, seque citius velut rigidum et infacetum accusari patiatur, quam ut obsequentem nimis indulgentia sua iuventutem corrupisse deus ipse merito talione corripiat41.

Il Cillenio esorta gli insegnanti a passare sotto silenzio i brani che possono distogliere i giovani animi dalla rettitudine, a costo di attirarsi l’accusa di eccessiva inflessibilità. Bernardino Veronese ritiene che colui il quale, a causa della troppa indulgenza, corrompe i giovani, sia meritevole di esser punito da Dio stesso.

C’è invece chi salva la poesia elegiaca, ritenendo che da essa si possano ricavare utili insegnamenti. Bartolomeo Fonzio ragiona in questi termini nella Oratio in laudem poetices, pronunciata nel 1485 come prolusione al corso, tenuto presso lo Studio fiorentino, sull’Ars poetica e le Odi di Orazio42. Un passo risulta particolarmente interessante per la concezione moraleggiante che plasma l’interpretazione di satira, elegia, commedia ed epica: esse forniscono non solo godimento estetico, ma anche utili insegnamenti43.

Quis enim, ut Graecos barbarosque praeteream, Virgilium paulo legit attentius, qui non in eo perfecti vitam hominis contempletur? Quid porro aliud Aeneae labores volunt, quam virum fortem ostendere in actione viventem, voluptatibus et cupidinibus non cedentem, neque fortunae casibus succumbentem? Age vero: Horatio, Persio, Iuvenali nos a cupiditate, ambitione, luxurie caeterisque morbis animi deterrentibus, atque ad virtutem tota satyra incendentibus, quem philosophantium praeferemus? Ipsa quidem Plautina Terentianaque fabula quid aliud, quaeso, vult, quam cunctarum aetatum studia multiplicesque affectus detegere? Tibulli vero atque Propertii iuveniles flamas cum legimus, nonne ex eorum ardoribus et querelis amoris triste iugum effugere admonemur44?

40 Pizzani (1982), p. 262.

41 Il testo è tratto dalla prefazione biografica a cura di Bernardino Veronese contenuta nell’edizione del 1475. 42 Mercuri (2005), p. 88.

43 Mercuri (2005), p. 94.

44 Il testo è tratto da S. Mercuri, Due prolusioni accademiche di Bartolomeo Della Fonte: la Oratio in bonas artis e la

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I versi degli elegiaci latini non sono considerati dannosi, ma fungono da ammonimento dissuasorio: chi legge i tormenti di Tibullo e Properzio viene messo in guardia dall’amore45. Fonzio salva e in un certo senso ‘moralizza’ anche la poesia elegiaca, generalmente ritenuta dannosa46.

Risulta interessante la testimonianza di Angelo Poliziano, che ha dimestichezza con Tibullo inde a

pueritia, come dimostra la subscriptio, datata 1485, contenuta nell’esemplare corsiniano di Catullo,

Tibullo, Properzio e Stazio; il giovane Ambrogini ha tra le mani questo volume già dal 147347. Anche Savonarola si pronuncia sull’insegnamento di alcuni autori latini, fra i quali rientra anche Tibullo. Il passo si trova nella terza delle prediche su Amos (risalenti alla Quaresima del 149648), che tratta argomenti piuttosto disparati, come l’allegoria nelle Sacre Scritture e negli altri tipi di testi, la provvidenza divina, la contrapposizione tra profezia e astrologia, la situazione politica di Firenze. Poco prima della conclusione compare un brano assai significativo.

Predica III

E voi padri fate imparare a’ vostri fanciugli grammatica, e che si tenga per maestri delle scuole uomini buoni, casti, non giucatori e che abbino fede e che per li poeti non guastino poi ogni cosa. Fate che non vi sia né buche né cantoni per le scuole e che non si facci quivi qualche male. E vorrebbesi che non si leggessi per le scuole poeti cattivi, come è Ovidio De arte amandi, Tibullo né Catullo e simili, né Terenzio dove parla di quelle meretricule. Leggete San Ieronimo, santo Augustino e altri libri ecclesiastici, overo Tullio, Virgilio e qualche cosa di Scrittura Santa. E dove voi, maestri, trovate in quelli vostri libri di poesie Iove, Plutone, ecc., dite loro: - Figliuoli miei, queste sono favole - , e mostrateli che solo Dio è quello che regge el mondo. Se voi vivete a questo modo, Iddio starà con voi, figliuoli miei, e così voi con altri, altrimenti v’interverrà a voi come a Damasco49.

Tibullo, assieme a Catullo, Ovidio e Terenzio, viene definito un poeta ‘cattivo’, degno di essere escluso dall’insegnamento; gli autori pagani che invece meritano di entrare nelle aule scolastiche sono Virgilio e Cicerone, in quanto ritenuti più consoni. Anche gli elementi legati alla religione pagana dovranno essere trattati alla stregua di favolose invenzioni.

45 Mercuri (2005), p. 95. 46 Mercuri (2005), p. 95. 47 Pieri (1989), p. 119.

48 17 febbraio – 10 aprile: Inglese (2002)b.

49 Il testo della predica è tratto da GIROLAMO SAVONAROLA, Prediche sopra Amos e Zaccaria, a cura di P.

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