• Non ci sono risultati.

133

CAPITOLO PRIMO: LA FORTUNA EDITORIALE

Premessa*

Il Cinquecento editoriale è un periodo estremamente importante, che vede la presenza di vere e proprie ‘pietre miliari’. Al 1502 risale la prima Aldina, che sarà utilizzata anche nell’allestimento di numerosi volumi successivi1. Nel 1515 viene pubblicata la seconda Aldina, che, a giudizio di Giacinto Namia e Mario Ramous, assumerà un’importanza determinante fino all’edizione del Lachmann2. Si tenta con quest’opera di dare un nuovo assetto al testo di Tibullo, aprendo una fase che si concluderà con l’edizione curata da Scaligero; su questa scia si muovono anche le edizioni commentate a cura di Muret (Venezia, 1558) e Achille Stazio (Venezia, 1567)3. Nel 1577 esce il lavoro di Scaligero, che si configura come nova editio dei componimenti di Catullo, Tibullo e Properzio e si avvale del Fragmentum Cuiacianum4. Fra i difetti di quest’opera rientrano certamente le celebri trasposizioni di versi, che graveranno a lungo sul testo tibulliano, esercitando una considerevole influenza sui lavori successivi5. Nel 1592, infine, viene pubblicata l’edizione curata da Dousa padre e figlio; essa include non solo i lavori dei due studiosi, ma anche alcune annotazioni degli eruditi del passato. Tale volume anticipa un’impostazione editoriale che sarà molto diffusa nel Seicento: la cosiddetta editio variorum.

Edizioni a stampa a partire dal 15016

1 – L’Aldina del 15027

* I dati bibliografici delle edizioni tibulliane compulsate figurano non solo nelle singole schede descrittive e nelle

relative intestazioni, ma anche nella bibliografia finale, cui rinvio per eventuali approfondimenti.

1 Moya del Baño (1985), p. 68.

2 Namia (1973), p. 72, e Ramous (1988), p. XXXII. 3 Riposati (19672), p. 276.

4 Riposati (19762), pp. 276-277. 5 Riposati (19672), p. 277.

6 Ho scelto di aprire la trattazione sulla stampa nel Cinquecento con l’Aldina del 1502 e non con l’edizione Tacuino del

1500. Quest’ultima è stata analizzata nel capitolo precedente in quanto rientra nel gruppo degli incunaboli, che arrivano appunto all’anno 1500: Dondi (19954)a, p. 753. A partire da questo capitolo e in tutti i successivi dedicati alla fortuna

editoriale (non però in quelli che trattano la fortuna scolastica, in cui verrà usata una diversa numerazione) indicherò ciascuna edizione compulsata con un numero arabo, che troverà corrispondenza nella bibliografia finale (all’interno di quest’ultima è presente una nota che spiega le modalità di numerazione delle singole schede descrittive).

134

Anche la celeberrima tipografia veneziana di Aldo Manuzio8 stampò edizioni di Tibullo, fra le quali l’Aldina del 1502, derivata dalla Veneta del 15009, ma con alcune correzioni provenienti in parte dal confronto con altre pubblicazioni simili, in parte dalle emendazioni del curatore10. Essa contiene i testi di Catullo, Tibullo e Properzio. Di questo volume, appartenente a una collezione di classici latini e moderni, furono stampate moltissime copie; nel frontespizio è presente l’erronea parola Propetius (la svista, riconducibile alla tradizione manoscritta, fu successivamente corretta in fase di tiratura)11. Il curatore, come risulta dalle note introduttive agli autori, è Girolamo Avanzi12, che si rivolge a un Marino Sannuto, definito Benedicti filio. Nel secondo stato dell’edizione la dicitura verrà modificata in Leonardi filio13; questa importantissima correzione ci permette di identificare il destinatario con Marin Sanudo il Giovane (1466-1536), cronista veneziano, cultore della classicità, in rapporti di amicizia con Aldo Manuzio ed esponente dell’Accademia Aldina, da poco camerlengo di Verona14.

La prefazione generale al volume, che si trova immediatamente prima della sezione catulliana, è scritta da Aldo Manuzio, il quale afferma di aver lavorato assieme a Girolamo Avanzi nel ricostituire il testo originario, attraverso l’emendazione e la ricollocazione dei versi nella loro sede primitiva. I passi segnati da asterisco – afferma Manuzio – rimandano a una sorta di ‘apparato’ delle varianti, in modo che il lettore abbia uno strumento per formarsi un’opinione in proposito15. Il libro servirà al destinatario per rilassarsi dopo le fatiche della vita pubblica: ecco che viene delineato un programma ideale di otium.

Il ragguaglio che precede i testi di Tibullo è scritto invece da Girolamo Avanzi Veronese, che si rivolge sempre a Marin Sanudo. Il curatore, parlando in generale del proprio modo di lavorare, afferma di aver ripristinato molte lezioni, in parte, come diremmo noi oggi, ope ingenii (nel testo si impiega la formula diligentia nostra), in parte ope codicum (o meglio, con l’aiuto di un codice definito vetustus). Vediamo quindi come, in questo volume, si possa trovare un certo metodo filologico nel senso attuale della parola.

7 Faccio riferimento al volume che si trova alla Civica di Padova. Formato: 8° (EDIT16).

8 Aldo Manuzio da Velletri si trasferì a Venezia, dove fondò una stamperia. L’azienda verrà diretta negli anni successivi

da figlio e nipoti: Maletto (2001).

9 Moya del Baño (1985), p. 68. 10 Luck (1988), p. XXII.

11 Iurilli (1996), pp. 274-275. L’ultima pagina dell’esemplare da me compulsato riporta il nome correttamente.

12 Girolamo Avanzi, di origini veronesi e discepolo del Partenio, fu docente di Filosofia a Padova. Morì dopo il 1534:

Iurilli (1996), pp. 275-276.

13 Ho trovato questa preziosa informazione nella scheda dell’edizione nel sito dell’Istituto Centrale per il Catalogo

Unico.

14 Ho ricavato i dati dalla voce Sanudo presente in GDE XVIII (19954), p. 108, e da Iurilli (1996), p. 275.

15 L’esemplare che ho compulsato non reca traccia di questi materiali. Considerazioni simili si trovano anche in Heyne

135

Nella prima Aldina l’impiego del carattere italico assume un significato ben preciso, in quanto intende imitare la fisionomia del manoscritto e si propone come sfida nei confronti di coloro che sviliscono la stampa come produttrice di oggetti ‘in serie’16.

Le elegie di Tibullo, che non sono dotate di un commento, vengono divise in quattro libri. Come in altre edizioni coeve, il secondo libro presenta sette unità; nel terzo compare un settimo testo che inizia con Hei mihi difficile est. Il quarto libro (nel quale le elegie non sono numerate, bensì distinte da un titolo) si apre con il Panegirico ed è seguito dagli altri componimenti, con il consueto accorpamento delle attuali 3,17 e 3,18. Alla fine della sezione tibulliana si trovano i testi in morte del poeta scritti da Domizio Marso e da Ovidio.

La prima Aldina del 1502 (di cui esiste anche una contraffazione lionese17), nonostante la pubblicazione di una seconda edizione nel 1515, continuò a rappresentare un punto di riferimento per altri volumi18.

2 – Lione, Baldassarre Gabiano, 1502, contraffazione dell’Aldina 150219

Il volume, probabilmente stampato a Lione attorno al 1502 da Baldassarre Gabiano, è una contraffazione dell’edizione aldina del 150220. Esso, aperto dalla stessa dedica a Marin Sanudo (definito mediante la formula Benedicti filio) che si incontra nell’edizione originale, contiene i testi di Catullo, Tibullo e Properzio (quest’ultimo nome nel frontespizio viene erroneamente scritto

Propetius, così come nell’edizione autentica, mentre la forma corretta compare a fine volume). Non

si riscontrano né note, né varianti. Esistono due importanti elementi che consentono di distinguere questa imitazione dal volume originale: in primo luogo la mancanza dei dati di pubblicazione, in secondo luogo l’assenza della prefazione a Tibullo (che nel volume originale era indirizzata da Girolamo Avanzi a Marin Sanudo); al suo posto troviamo alcune pagine completamente bianche. Si possono individuare alcune particolarità relative alla sezione tibulliana: nel secondo libro troviamo sette elegie, nel quarto i componimenti oggi numerati 3,17 e 3,18 sono accorpati e in chiusura compaiono i testi di Domizio Marso e di Ovidio in morte dell’elegiaco.

3 – Firenze, Giuntina, 150321

16 Iurilli (1996), p. 276.

17 Bianchi (1986), p. 412. Anche Lione diventa un punto di riferimento per l’arte della stampa sin dal 1473: Maletto

(2001).

18 Moya del Baño (1985), p. 68.

19 Ho compulsato il volume presso la Biblioteca Palatina di Parma.

20 Come risulta dalla scheda presente nel sito dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico. Baldassarre da Gabiano,

deceduto nel 1520, fu attivo in qualità di libraio nelle città di Lione e di Avignone: Ascarelli – Menato (1989), p. 228.

136

L’edizione, pubblicata a Firenze nel 1503 da Filippo Giunta22, contiene i testi di Catullo, Properzio e Tibullo. L’introduzione è scritta da Benedictus Philologus Florentinus23; egli si rivolge a Buonaccorso Pepi, giovane letterato figlio di Francesco24, specificando che si tratta di testi curati originariamente da Aldo Manuzio. Segue la sezione catulliana, introdotta dalla biografia a cura di Pietro Crinito. I componimenti non sono annotati. Le parole che concludono la prefazione lasciano intendere che Benedictus è intervenuto sul testo espungendo e ripristinando lezioni25. Probabilmente l’esemplare da me compulsato è mutilo, in quanto alla vita di Properzio redatta dal Crinito seguono direttamente le elegie di Tibullo. Nel colophon si leggono le seguenti parole:

CATVLLVS PROPERTIVS TIBVLLVS

olim magna ex parte emendati, per Aldum Manutium Romanum virum doctissimum.

Nunc recogniti per BENEDI CTVM Philologum Flo

rentinum.

La dicitura lascia intuire che la Giuntina costituisce una ristampa riveduta (come suggerisce

recogniti) dell’Aldina del 150226. Il fatto che Manuzio venga definito mediante l’espressione

Romanum virum è dovuto alla sua provenienza da Velletri27.

Per quanto riguarda la sezione tibulliana, sono da segnalare solo alcune particolarità. La penultima elegia del secondo libro inizia con le parole Impiger Aenea, mentre la settima del terzo esordisce con Hei mihi difficile est. Nel quarto libro ha luogo l’accorpamento dei testi che si aprono con Est

ne tibi e con Ne tibi sim. L’elegia di Ovidio in morte di Tibullo conclude la parte riservata al cantore

di Delia.

[4] – Lione, Baldassarre Gabiano, 1506, contraffazione dell’Aldina del 150228

22 La famiglia Giunta fu attiva nel campo della stampa in Italia e all’estero. Ci sono due tipografi di nome Filippo: con

ogni probabilità il volume del 1503 è stato stampato da Filippo Giunta il Vecchio, nato nel 1450 e morto nel 1517. I primi due testi da lui realizzati furono in lingua greca; in seguito la tipografia si concentrò sulla produzione di opere in latino e in italiano, caratterizzate dal corsivo manuziano e dal formato ottavo piccolo: Ascarelli – Menato (1989), pp. 271-273.

23 Il sito CERL accosta tale dicitura al nome di Benedetto Riccardini, vissuto tra XV e XVI secolo; egli si occupò di

teologia e di filologia latina e, fra le opere da lui curate, risulta anche un’edizione del teatro senecano.

24 Il fiorentino Francesco Pepi, vissuto tra XV e XVI secolo, fu attivo come giureconsulto: per questi dati si veda il sito

CERL.

25 Si veda ad esempio, nell’elegia 3,7 (seconda parte dell’attuale 3,6), il verso Perfida, nec merito nobis, nec amica,

merenti a confronto con la forma che si riscontra nell’Aldina del 1502 (Perfida nec merito nobis inimica, merenti).

26 Dionisotti (1980), p. 182, ricorda che Filippo Giunta, attivo a Firenze, tendeva a stampare opere già pubblicate in

precedenza da Aldo Manuzio, forse avvalendosi di preziose informazioni trasmessegli dal fratello Lucantonio, che lavorava proprio a Venezia.

27 Maletto (2001).

28 Non ho potuto consultare il volume. Ho ricavato notizie su questa edizione dalle schede presenti nel sito dell’Istituto

137

Un’altra contraffazione della prima Aldina risale al 1506 ed è stampata ancora una volta a Lione da Baldassarre Gabiano. Prima della prefazione di Aldo Manuzio, che si trova nel verso del frontespizio, compare la dicitura Marino Sannuto patritio Veneto Leonardi filio: si tratta della forma corretta. Dall’epistola a Marin Sanudo, che si trova dopo la sezione catulliana, risulta che i curatori del testo sono Aldo Manuzio e Girolamo Avanzi29.

5 – L’Aldina del 151530

Questa seconda edizione aldina, stampata a Venezia nel 1515, contiene i testi di Catullo, Tibullo e Properzio. Giacinto Namia e Mario Ramous affermano che, a partire da questa edizione (fondata sui manoscritti meno sicuri), verranno allestite tutte le successive, fino a quella del Lachmann31. Il suo testo è stato corretto da un vir doctus che si è avvalso nel suo lavoro di codici integri ed excerpta32. Proprio su un esemplare dell’Aldina del 1515 Antonio Petrei ha effettuato una collazione di codici romani e fiorentini ritenuti autorevoli33. Si tenta con quest’opera di dare una sistemazione al testo di Tibullo, aprendo una fase che durerà sino al 1577, anno dell’edizione di Scaligero; su questa scia si muoveranno le edizioni veneziane di Muret (1558) e di Achille Stazio (1567)34. Il libro è aperto dalla dedica a Marin Sanudo, così come avviene nel volume del 1502. Nel colophon si legge in

aedibus Aldi et Andreae soceri. Si tratta di Andrea Torresano, divenuto socio di Aldo nel 1508 e

padre della moglie di quest’ultimo, Maria; egli amministrò l’azienda dopo la morte del genero, avvenuta nel 151535. Per quanto concerne le elegie tibulliane, si trova il consueto accorpamento dei componimenti che iniziano con Est ne tibi e Ne tibi sit. Seguono i testi funerari scritti da Domizio Marso e Ovidio. Le lettere capitali dei versi incipitari di ciascuna elegia probabilmente sono state dimenticate e al loro posto si trova un carattere di piccole dimensioni.

Il volume costituirà il punto di partenza per l’edizione di Muret del 155836. [6] – Venezia, Alessandro Paganini, 151637

Il volume, stampato a Venezia da Alessandro Paganini38, contiene Catullo, Properzio e Tibullo.

29 Per tutte le informazioni contenute in questo paragrafo ho consultato il sito dell’Istituto Centrale per il Catalogo

Unico.

30 Il volume da me compulsato si trova presso la Biblioteca del Seminario di Padova. Formato: 8° (EDIT16). 31 Namia (1973), p. 72, e Ramous (1988), p. XXXII.

32 Moya del Baño (1985), p. 68.

33 Ciò risulta da una frase riportata nel f. 148r di un esemplare dell’Aldina del 1515: Emendabam et annotabam

Catullum, Tibullum et Propertium ego Antonius Petreius […]: Iurilli (1996), p. 278, da cui cito.

34 Riposati (19672), p. 276. 35 Dondi – Maletto (19954), p. 901. 36 Moya del Baño (1985), p. 68.

37 Non ho potuto consultare il volume. Ho ricavato notizie su questa edizione dalle schede presenti nel sito dell’Istituto

138

7 – Lione, Barthélemi Trot, 151839

Probabilmente una contraffazione dell’Aldina, il volume è stato stampato a Lione nel 1518 dall’editore Barthélemi Trot40, il quale, nel colophon, si definisce addirittura honestus bibliopola41. Il frontespizio non presenta dati editoriali, che compaiono invece nelle ultime pagine. Questo lavoro verrà riproposto tre volte negli anni 1529-1543 dall’importante editore parigino Simon Colines42.

La pubblicazione contiene i testi di Catullo, Tibullo e Properzio e sette componimenti dello pseudo-Cornelio Gallo43. In apertura troviamo la dedica a Marin Sanudo (che, ovviamente, è la stessa dell’edizione aldina); la sezione tibulliana è preceduta da alcune pagine di Girolamo Avanzi indirizzate allo stesso personaggio (per cui si veda, ancora una volta, l’edizione originale). Prima del colophon44 compaiono un’elegia e un epigramma di Pomponio Gaurico.

La sezione tibulliana contiene due testi in più (2,6 Impiger Aenea; 3,7 Hei mihi difficile est) e presenta l’accorpamento delle elegie attualmente numerate 3,17 e 3,18. In conclusione si trovano i componimenti di Domizio Marso e Ovidio in morte del poeta. Non vengono riportate varianti a margine e non ci sono note di commento.

8 – Venezia, Guglielmo da Fontaneto di Monferrato, 152045

Un’edizione dei testi di Tibullo, Catullo e Properzio viene pubblicata a Venezia il 12 giugno 1520 per opera di Guglielmo da Fontaneto di Monferrato46. Il volume, che riporta il commento del Cillenio, mostra affinità con quello del 150047, di cui è probabilmente la ristampa48.

Sono presenti infatti le annotazioni di Cillenio Veronese a Tibullo, di Partenio e Palladio a Catullo e di Filippo Beroaldo a Properzio. Compaiono inoltre le Emendationes di Girolamo Avanzi. Il

38 Figlio di Paganino, Alessandro fu attivo a Toscolano Maderno (sul lago di Garda), a Salò e a Venezia, molto spesso

assieme al padre. Essi si servirono di piccoli e raffinati caratteri a metà strada fra il corsivo e il romano. Alessandro curò una serie di classici italiani e latini, e, dopo la morte del genitore, non volle proseguirne l’attività: Ascarelli – Menato (1989), pp. 193-194.

39 La cinquecentina appartiene alla Biblioteca Civica di Verona; informazioni in proposito si trovano anche in Moya del

Baño (1985), p. 69. Formato: 8° (ICCU).

40 Barthélemi Trot nacque a Borgo (Pavia) e verso il 1491 raggiunse la Francia; inizialmente lavorò insieme a Dobrić

(Bonino de Bonini). A partire dal 1511 stampò edizioni aldine contraffatte in società con Balthassar de Gabiano: Iurilli (1996), pp. 276-277.

41 Iurilli (1996), p. 276. 42 Iurilli (1996), pp. 276-277.

43 Non si tratta dei componimenti del vero e proprio Cornelio Gallo, ma di altri testi che in genere appartengono alla

produzione elegiaca di Massimiano. I nomi di entrambi i poeti compaiono nel frontespizio.

44 Prima del quale l’editore rivolge al lettore alcune parole in merito all’attribuzione dei testi di Cornelio

Gallo/Massimiano.

45 L’edizione che ho compulsato si trova presso la Biblioteca Civica di Padova. Formato: in folio (EDIT16).

46 Guglielmo da Fontaneto, proveniente dal Monferrato, realizzò volumi per conto di altri (L. A. Giunta, Girolamo

Giberti e Vittore Ravani) e, in seguito, lavorò in società con Pietro di Facolo: Ascarelli – Menato (1989), p. 356.

47 Moya del Baño (1985), p. 69. 48 Buonocore (1996), p. 197.

139

volume è dotato all’inizio di una Vita Tibulli in prosa, scritta dal Cillenio e preceduta dal consueto componimento in distici elegiaci. Dopo la Vita si trova un comodo Index vocabulorum che consente il rimando ai passi significativi. Prima delle note editoriali che concludono l’opera figurano un endecasillabo latino scritto da Beroaldo e un componimento il cui autore è Girolamo Salio da Faenza.

Per quanto riguarda Tibullo, le sue elegie sono distribuite in quattro libri. Nel secondo, che contiene sette testi e non sei, l’elegia 2,5 risulta divisa in due parti49. Il quarto libro inizia con il

Panegirico di Messalla e prosegue con i restanti componimenti; figura anche qui l’accorpamento

delle attuali 3,17 e 3,18. Dal punto di vista della grafica, il testo tibulliano è scritto, in un carattere più grande, nella parte interna della pagina, mentre il commento, in carattere più piccolo, lo circonda completamente. Sul margine sono presenti alcune parole-chiave, le stesse che sono raccolte nell’indice iniziale.

9 – Parigi, Apud Petrum Vidovaeum, 152850

Stampato a Parigi nel 1528 da Pierre Vidoue (Petrus Vidovaeus)51, il volume contiene i testi di Catullo, Tibullo, Properzio e sette componimenti dello pseudo-Cornelio Gallo. La dedica iniziale è indirizzata a Marin Sanudo (è la stessa riportata nell’edizione aldina del 1502). Non esistono note di commento, né sono indicate le varianti a margine. In chiusura compaiono un’elegia e un epigramma del napoletano Pomponio Gaurico.

Per quel che concerne la sezione tibulliana, il secondo e il terzo libro presentano entrambi un testo in più (Impiger Aenea e Hei mihi difficile est); nel quarto le elegie oggi numerate 3,17 e 3,18 sono riportate in un blocco unico. In chiusura figurano i componimenti in morte del poeta scritti da Domizio Marso e Ovidio.

10 – Basilea, Henricus Petrus, 153052

Il volume è stato stampato a Basilea nel 1530 da Heinrich Petri (Henricus Petrus)53; esso contiene i testi di Catullo, Tibullo e Properzio più sette frammenti dello pseudo-Cornelio Gallo. In apertura troviamo le biografie dei quattro autori scritte da Pietro Crinito. I componimenti sono sprovvisti sia di note, sia di varianti a margine. Le elegie tibulliane sono precedute da un occhiello, sul quale sono

49 Il sesto componimento inizia con Impiger Aenea, che corrisponde al v. 39 della 2,5 secondo le attuali edizioni. 50 Il volume appartiene alla Civica di Verona.

51 Il sito CERL fornisce le seguenti informazioni: Pierre Vidoue, proveniente da Verneuil-sur-Avre, fu attivo a Parigi

come stampatore e libraio dell’università, subentrando a Pierre Viart. Morì nel 1543.

52 L’edizione appartiene alla Civica di Verona.

53 Lo stampatore e libraio Heinrich Petri (1508-1579) fu attivo a Basilea. Figlio di Adam Petri, si dedicò anche alla

140

stati riportati a penna i dati editoriali. Sono presenti alcune particolarità nella numerazione dei testi: nel secondo libro compare un’elegia 2,6 che inizia con le parole Impiger Aenea, nel terzo un componimento che si apre con Hei mihi difficile est, nel quarto vengono accorpate le attuali 3,17 e 3,18. L’epigramma di Domizio Marso conclude la sezione.

11 – Venezia, Melchiorre Sessa, 153154

Stampato a Venezia nel 1531 da Melchiorre Sessa55, il volume contiene Catullo, Tibullo e Properzio. I dati editoriali completi si trovano nel colophon, dal momento che nel frontespizio è riportata solamente la dicitura Catullus. Tibullus. Propertius.

L’introduzione, firmata da Melchiorre Sessa, è molto breve: vi si afferma che il testo di questi poeti è stato sfigurato a tal punto da offuscare il loro antico splendore. Per questo motivo colui che scrive si è deciso a intraprendere un lavoro di revisione in modo da restituire i componimenti al loro aspetto primitivo.

Seguono le opere di Catullo, Tibullo e Properzio, senza note o varianti marginali. Per quel che concerne la sezione tibulliana, l’unico elemento notevole è costituito dall’accorpamento delle elegie oggi numerate 3,17 e 3,18; essa si conclude con l’epigramma di Domizio Marso e con l’elegia ovidiana in morte di Tibullo.

12 – Le Gryphiane (Lione, 1531; 1534; 1537; 1542; 1546; 1548; 1551; 1561; 1573; Venezia, 1553)

L’editore Sebastian Greiff (Sebastianus Gryphius)56 stampò più volte edizioni di Tibullo e di altri autori latini; ho preso in considerazione quelle che sono state pubblicate sotto il suo nome a Lione negli anni 153157, 153458, 153759, 154260, 154661, 154862, 155163 e 156164. Nella presente

54 Ho consultato il volume presso la Biblioteca della Fondazione Ugo da Como di Lonato. Formato: 8° (EDIT16). 55 Melchiorre Sessa il Vecchio ricevette in eredità la tipografia del padre Giovanni Battista. Lavorò prima da solo e poi,

in qualità di editore, con lo stampatore Pietro Ravani, utilizzando dapprima il carattere romano, in seguito il corsivo.

Documenti correlati