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Capo II: la presunzione di innocenza: l’onere della prova e il diritto al silenzio e alla non autoincriminazione

RECEPIMENTO DEI MONITI SOVRANAZIONALI NEL DIRITTO VIVENTE ITALIANO

3. Presunzione di innocenza e diritto di partecipare al giudizio: due garanzie fondamentali del giusto processo in

3.2 Capo II: la presunzione di innocenza: l’onere della prova e il diritto al silenzio e alla non autoincriminazione

Tornando all’esame della recente direttiva europea, il secondo profilo su cui si articola la tutela della presunzione di innocenza riguarda l’onere della prova, e si precisa che l’onus

probandi circa la colpevolezza di indagati ed imputati incombe

sulla pubblica accusa, perciò, di conseguenza, ogni dubbio in merito dovrebbe valere in favore dei soggetti suddetti. Sono fatti salvi i poteri di accertamento esercitati dal giudice e la sua

ritratta, l’ufficio pubblico ricoperto, la necessità di giustizia o di polizia, la circostanza che i fatti e gli avvenimenti rivestano un interesse pubblico (artt. 96 e 97 legge n. 663 del 1941).

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indipendenza nel valutare la colpevolezza dell’indagato o dell’imputato.

È consentito il ricorso a presunzioni di fatto o di diritto, riguardanti la responsabilità penale di un indagato o di un imputato, purché queste siano confutabili e confinate entro limiti ragionevoli per tutelare gli interessi in gioco e preservare i diritti della difesa (considerandum n. 22).

Si precisa nel considerandum n. 23 che gli Stati membri che non hanno un sistema accusatorio e nei quali anche i giudici e i tribunali competenti affiancano la pubblica accusa nell’attività di ricerca della prova, possono mantenere l’attuale sistema purché conforme alla direttiva e alle altre norme del diritto dell’Unione e internazionale.

Nella direttiva si pone particolare attenzione al profilo riguardante il diritto al silenzio e a non autoincriminarsi281, che

implica che le autorità competenti non costringano indagati e imputati a fornire informazioni o produrre prove e documenti, qualora questi non desiderino farlo.

281 Per un’analisi accurata del contenuto dei diritti fondamentali a livello

europeo v. A. Balsamo, Il contenuto dei diritti fondamentali, cit., p. 109 ss., che rileva l’assenza del diritto di non autoincriminarsi nella CEDU e nella Carta di Nizza. A colmare una tale lacuna ha provveduto la giurisprudenza della Corte EDU e della Corte di giustizia, iniziando con la sentenza Orkem (18/10/1989 C-374/87, Orkem), nella quale l’avvocato generale Darmon mette in rilievo che il diritto a non testimoniare contro se stessi viene sempre meno riconosciuto laddove ci si allontani dall’ambito penale in senso stretto, nonostante gli sforzi della Corte europea di affermare anche nell’ambito dell’illecito amministrativo punitivo il valore di principio fondamentale del diritto alla presunzione di innocenza e al silenzio. Con più specifico riferimento al processo penale, la Corte EDU, a partire dal “caso Funke” (C. eur. 25/2/1991 Funke c. Francia), ha riconosciuto che il diritto al silenzio rientra fra i principi internazionali che rappresentano il fondamento stesso della nozione di “processo equo”. La sua ratio va individuata nell’esigenza di proteggere l’imputato contro le coercizioni abusive della pubblica autorità anche allo scopo di evitare possibili errori giudiziari (C. eur. 14/10/2010, Brusco c. Francia).

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Il diritto al silenzio viene riconosciuto ad indagati ed imputati unicamente in merito al reato loro contestato, ma nulla è previsto riguardo altri fatti riferibili agli stessi (art. 7, par. 1). Viene specificato nel considerandum n. 26 che non è possibile avvalersi di un tale diritto con riferimento a domande riguardanti l’identificazione di imputato od indagato.

Riguardo il diritto a non autoincriminarsi (o nemo tenetur se

detegere), invece, la direttiva si preoccupa di coordinare tale

garanzia con la direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, stabilendo che, quando indagati ed imputati ricevono informazioni sui loro diritti a norma dell’art. 3 della direttiva, o la comunicazione dei diritti a norma dell’art. 4, siano informati anche in merito al diritto di non autoincriminarsi come applicabile a norma del diritto nazionale conformemente alla presente direttiva (considerandum n. 31 e n. 32).

Sempre all’art 7, par. 3 si specifica che l’esercizio del diritto di non autoincriminarsi non impedisce alle autorità competenti di raccogliere prove che possono essere ottenute lecitamente ricorrendo a poteri coercitivi legali e che esistono indipendentemente dalla volontà dell’indagato o imputato: basti pensare ai documenti acquisiti in forza di un mandato di perquisizione o di sequestro, alle registrazioni vocali, ai prelievi biologici in vista di un esame del DNA o di altre analisi282.

282 Corte eur., 29 giugno 2007, O’Holloran e Francis c. Regno Unito. Secondo

Corte eur., 2 agosto 2005, Lolu c. Turchia, in Guida al diritto, 2005, fasc. 34, p. 107, <<la ragion d’essere [del diritto di tacere] riguarda in particolare la protezione dell’imputato da una coercizione arbitraria da parte dell’autorità, ciò che evita gli errori giudiziari e consente di raggiungere gli scopi dell’art. 6. In particolare, il diritto a non contribuire alla propria

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Sebbene l’articolo consenta all’autorità giudiziaria, all’atto della pronuncia della sentenza, di tener conto del comportamento collaborativo dei soggetti sottoposti a procedimento penale, l’esercizio da parte degli indagati e degli imputati del diritto al silenzio o del diritto di non autoincriminarsi non può essere utilizzato contro di loro e non deve essere considerato prova che essi abbiano commesso il reato loro contestato (art. 7, par. 4 e 5).

La Corte di Strasburgo ha avuto modo di chiarire che il diritto al silenzio non è assoluto e la Convenzione non impedisce di trarre conclusioni negative dettate dal buon senso (common

sense) se un imputato rifiuta di rispondere in merito a

circostanze di fatto che richiedono una spiegazione da parte sua. La possibilità di trarre deduzioni sfavorevoli per l’accusato dall’esercizio dello ius tacendi è ammessa, però, solo in presenza di garanzie idonee, che vogliono che il soggetto sia stato avvisato delle conseguenze che potevano derivare dal suo rifiuto di rispondere e, dall’altro, la condanna si sia fondata su ulteriori elementi a carico283, senza comportare mai

un’inversione dell’onere della prova che deve rimanere a carico dell’accusa.

L’articolo si conclude lasciando inalterata la possibilità che, in relazione ai reati meno gravi – quali le infrazioni minori del codice della strada - lo svolgimento del procedimento penale, o di alcune sue fasi, possa avvenire per iscritto o senza un

incriminazione presuppone che in una causa penale l’accusa cerchi di fondare le proprie argomentazioni senza ricorrere a elementi di prova ottenuti contro la volontà dell’imputato>>. Il diritto al silenzio non potrebbe essere conculcato neppure in presenza di esigenze di sicurezza collettiva o di ordine pubblico v. Corte eur., 21 dicembre 2000, Heaney and Mc Guiness c. Irlanda, par. 20.

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interrogatorio dell’indagato o imputato da parte delle autorità, in merito al reato loro contestato, purché ciò risulti conforme al diritto a un equo processo (art. 7, par. 6).

Al fine di garantire l’effettivo rispetto dei diritti previsti dalla Direttiva, l’art. 10 impone agli Stati membri l’adozione di strumenti di impugnazione adeguati ed efficaci, da attivare in caso di violazione, e che avessero l’effetto di porre l’indagato o l’imputato nella posizione in cui questi si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata, così da salvaguardare il diritto a un equo processo e i diritti della difesa (considerandum n. 44).

3.3 Capo III: il diritto degli indagati ed imputati di