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Caratteristiche dell’elemento

CAPITOLO 3 LA FATICA

3.4 Fattori di influenza

3.4.2 Caratteristiche dell’elemento

3.4.1.2 Dimensione dei grani

L’influenza delle dimensioni del grano cristallino sulla resistenza a fatica è piuttosto modesta e variabile. In generale si può affermare che, nei metalli non ferrosi e negli acciai ricotti, l’affinamento del grano aumenta il carico di rottura e il limite di fatica: se infatti il difetto interessa un grano di piccole dimensioni, la presenza di numerosi bordi di grano rende la propagazione della cricca inferiore. Sugli acciai bonificati invece l’influenza delle dimensioni del grano è minore, se non addirittura trascurabile.

3.4.1.3 Grado di incrudimento

L’incrudimento ha notevoli effetti sulle proprietà meccaniche: aumenta la tensione di rottura e quella di snervamento, nonché la durezza, ma determina la diminuzione le proprietà di duttilità e tenacità sia statica che dinamica. Inoltre, l’incrudimento induce un incremento del limite di rottura inferiore rispetto all’aumento del limite di snervamento, mentre induce una elevata difettosità in termini di microcricche in condizioni di deformazione elevata ed è pertanto sconsigliato.

3.4.2 Caratteristiche dell’elemento

I dati sperimentali sono ricavati da provini, tuttavia le caratteristiche degli elementi strutturali e degli organi meccanici possono essere differenti.

3.4.2.1 Dimensioni del pezzo

I provini utilizzati nelle prove per ricavare le proprietà del materiale sono solitamente piccoli, mentre gli elementi presenti nelle strutture sono più estesi. Generalmente le dimensioni influiscono sulla resistenza a fatica dell’acciaio, in particolar modo nelle prove di flessione e di torsione, mentre gli effetti sono trascurabili sulla prova assiale.

Nei pezzi di maggiori dimensioni è difficile, infatti, avere strutture completamente omogenee: più grande è il componente maggiore è la quantità di difetti in esso contenuti, quindi la possibilità di innesco del danneggiamento è maggiore e si verifica più rapidamente. Inoltre le lavorazioni e i trattamenti superficiali hanno minore influenza positiva nelle zone interne per elementi di dimensioni maggiori.

Per tenere conto delle dimensioni si introduce un coefficiente riduttivo della tensione limite di fatica, il quale, vista la dipendenza anche dal tipo di sollecitazione applicata, è differenziato per il caso di flessione e torsione alternata. Il suo andamento, decrescente all’aumentare delle dimensioni dell’elemento, è riportato in appositi grafici.

La fatica

36 3.4.2.2 Finitura superficiale

Le rotture per fatica iniziano spesso in un punto della superficie esterna dell’elemento, poiché i cristalli in corrispondenza di essa possono presentare minore resistenza ai difetti microscopici non essendo totalmente circondati da altri cristalli e poiché le irregolarità della superficie costituiscono punti di concentrazione delle tensioni.

La superficie reale contiene sempre irregolarità nella forma di microsporgenze e microcavità: la moltitudine di irregolarità, situate molto vicine tra loro, costituisce la rugosità superficiale, la quale influisce sul limite di fatica; in particolare minore è la rugosità, migliore è la resistenza a fatica.

L’effetto della finitura superficiale sulla resistenza a fatica viene stimato mediante un coefficiente riduttivo, che determina un abbattimento tanto più elevato quanto maggiore è la rugosità superficiale e viene applicato ai dati ricavati da provini con buona finitura.

L’influenza della finitura superficiale è maggiore negli acciai ad alta resistenza ed è inferiore per vite a fatica caratterizzate da un basso numero di cicli, nelle quali prevale la propagazione della cricca.

Figura 3.10: Andamento del coefficiente legato alla finitura superficiale

Per rendere ottimale la finitura superficiale i trattamenti meccanici più utilizzati sono la rettifica e la lappatura, i quali tuttavia provocano un riscaldamento del pezzo ed il raffreddamento che ne segue può indurre sforzi residui di trazione, effetto negativo dal momento che favorisce la propagazione di cricche di fatica.

3.4.2.3 Trattamenti superficiali

L’effetto principale dei trattamenti è quello di alterare lo stato di sforzo residuo sulla superficie libera. Gli sforzi residui nascono quando la deformazione plastica non è uniformemente distribuita sull'intera sezione trasversale del componente che è stato deformato. Quando la causa esterna che

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ha provocato la deformazione viene rimossa, le regioni che hanno subito una deformazione plastica impediscono a quelle che si sono invece deformate elasticamente di recuperare la posizione indeformata. In questa maniera, le regioni deformate elasticamente diventano sede di uno sforzo residuo di trazione (o compressione), mentre quelle deformate plasticamente vengono sottoposte ad una sollecitazione di compressione (o trazione).

La condizione di sforzo residuo può essere considerata equivalente a quella provocata da una forza esterna: la presenza di uno sforzo di compressione sulla superficie è benefico e diminuisce la probabilità di una rottura a fatica, poiché tende a richiudere le cricche e ne ostacola la propagazione.

3.4.2.4 Trattamenti meccanici

Per introdurre degli stati di sforzo residui di compressione nei materiali si ricorre a: - rullatura a freddo;

- pallinatura.

Tali lavorazioni producono deformazioni plastiche locali e, per entrambe, gli effetti sono più sensibili su vite a fatica molto lunghe, mentre diventano trascurabili per vite brevi.

La rullatura a freddo utilizza la pressione di rulli ed è appropriata nel caso di pezzi di grandi dimensioni; la pallinatura consiste nel sottoporre la superficie del pezzo all'urto con piccole sfere di acciaio da fusione lanciate a grande velocità ed è più adatta alla lavorazione di parti di dimensioni contenuta.

Anche se la resistenza del materiale subisce alcune alterazioni in seguito all'incrudimento derivante da lavorazioni plastiche, il miglioramento della resistenza a fatica è principalmente dovuto allo stato di sforzo residuo di compressione che si riesce a produrre sulla superficie.

L’effetto di questi trattamenti può essere tenuto in conto attraverso fattori di correzione, che cambiano il valore dello sforzo limite di fatica; ad esempio nel caso della pallinatura lo sforzo viene incrementato fino al doppio del suo valore.

3.4.2.5 Trattamenti termochimici Essi comprendono:

- tempra superficiale; - carbocementazione; - nitrurazione.

La tempra superficiale è il trattamento termico più frequentemente utilizzato. Essa è realizzata con riscaldamento sulla superficie a fiamma o a induzione e provoca nell’acciaio la trasformazione da austenite a martensite, che, come visto in precedenza, è positivo per l’aumento della resistenza.

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La cementazione e nitrurazione degli acciai sono processi che si basano sulla diffusione di carbonio o azoto sulla superficie del componente, a seguito di riscaldamento a temperatura elevata, con mezzi e modalità tipiche della tempra superficiale. Gli atomi si dispongono in modo interstiziale, andando a riempire gli spazi lasciati liberi dagli atomi adiacenti di ferro, senza distorcerne le strutture cristalline, ma aumentando il volume dello strato in cui diffondono e creando uno stato di sforzo residuo di compressione sulla superficie del pezzo.

L’effetto ottenuto è un aumento della durezza superficiale e un conseguente incremento di resistenza all'usura dell'acciaio.

3.4.2.6 Rivestimento

Solitamente i rivestimenti si utilizzano per problemi di corrosione, fenomeno che riduce la vita a fatica del pezzo. Tuttavia l’uso non è benefico poiché, nel caso in cui nel rivestimento nasca una cricca, in quel punto si innescano fenomeni auto esaltanti di fatica e di corrosione.

3.4.2.7 Intaglio

Brusche variazioni delle dimensioni hanno come effetto la concentrazione degli sforzi in corrispondenza delle discontinuità geometriche, le quali rappresentano quindi una zone di probabile formazione di cricche per fatica. Il gradiente di sforzo provocato dalla presenza dell’intaglio dipende dalla configurazione dell’intaglio stesso e può essere espresso come funzione della curvatura dell'intaglio: esso è tanto maggiore quanto più piccolo è il raggio di curvatura.

Per evitare l’intensificazione locale delle tensioni, è opportuno sagomare in modo adeguato il pezzo meccanico che deve essere messo in opera, limitando il numero di spigoli vivi e preferendo raccordi dal profilo curvo.

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Si può definire un fattore teorico di concentrazione degli sforzi Kt, dato dal rapporto tra la tensione di picco in corrispondenza dell’apice dell’intaglio e la tensione nominale che sarebbe presente in assenza della concentrazione di tensione. Il calcolo del suo valore si basa sull’assunzione di comportamento elastico lineare del materiale.

!

In passato i valori di Kt sono stati determinati per via sperimentale, attraverso misurazioni basate sulla fotoelasticità. Oggi la modellazione agli elementi finiti consente di calcolare in modo più rapido, meno oneroso e contemporaneamente più accurato tali valori.

Figura 3.12: Andamento del fattore teorico di concentrazione degli sforzi rispettivamente per sollecitazioni di trazione, flessione e torsione

Per tenere conto di questo comportamento, il limite di fatica del provino viene ridotto moltiplicandolo per un coefficiente Kf, detto fattore di intaglio a fatica, funzione del fattore di intaglio teorico e dato dalla seguente espressione:

" # " # dove:

Kt fattore teorico di concentrazione degli sforzi;

r raggio di raccordo nella zona di intaglio;

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40 Il fattore q può essere espresso come:

# $ 1$ 1

se # 1 materiale sensibile all’intaglio

se 1 # 0 materiale non sensibile all’intaglio

Sfortunatamente q non è una costante del materiale e il suo valore aumenta al diminuire della dimensione dei grani o all’aumentare della resistenza a trazione, del raggio dell’intaglio e della dimensione della sezione. Esso è compreso tra 0 e 1 e si differenzia per materiali fragili e duttili: per quest’ultimi esso assume tipicamente valori prossimi all’unità, ad esempio per le ghise, aventi struttura a grano grosso, la sensibilità all’intaglio è molto bassa, variando nel campo 0,0 ÷ 0,2 in funzione della tensione di rottura a trazione.

I risultati prodotti dall’analisi di una grande quantità di dati sperimentali sui materiali metallici possono essere riassunti nel modo seguente:

- geometrie diverse aventi lo stesso possono produrre differenti valori di ; - per bassi valori di , può essere uguale a , ma generalmente è inferiore; - per elevati valori di , è spesso molto inferiore di ;

- per un dato materiale ed un’assegnata geometria dell’intaglio, esiste un particolare valore di in corrispondenza del quale raggiunge il valore massimo, valori maggiori di non determinano ulteriori incrementi di ;

- provini con intagli arrotondati, e quindi piccoli valori di , hanno una vita a fatica dominata dalla fase di formazione della cricca;

- provini con intagli appuntiti, e quindi elevati valori di , hanno una vita a fatica dominata dalla fase di propagazione della cricca.