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Caratteristiche ontologiche del principio d’individuazione e analogie con il

PSILANDRO: Ora comincio a capire un po’ a cosa allude. Lei vuole porre alla base, in maniera fondativa, della semplice messa in forma materiale, vivente e di tutte le sue innumerevoli apparizioni e modificazioni, uno “sforzo” puro e, per così dire, universale, volto appunto all’ottenimento di forma nell’esistenza, comunque esso sia?

Lo studio della filosofia medievale iniziato dalla Conrad Martius dopo la conclusione degli studi accademici a Gottinga, non porta a rinnegare il metodo fenomenologico imparato da Husserl né la fenomenologia realista coltivata alla Società filosofica, ma le permette un ampliamento dell’orizzonte filosofico soprattutto nell’ambito ontologico e metafisico. Il confronto con quello che definisce “lo spirito scolastico” le consente di venire a contatto con contenuti e topos filosofici grazie ai quali ella sviluppa la sua riflessione originale e coerente. Nell’opera Metaphysische Gespräche, del 1921 e in Realontologie, pubblicata nel 1924, all’interno di una riflessione sistematica sull’essere e sull’ente, emerge con forza la questione del fondamento ultimo che costituisce la realtà vivente: “È necessario – scrive Conrad Martius – trovare e fissare l’essenza propria delle strutture ontiche fondamentali [...] non in un senso metafisico-

trascendente, ma nel senso dello stesso fondamento di datità immanente.”422 La lettura

delle opere di Scoto, a partire dalle Quaestiones desputate de rerum principio423 al De

principio individuationis del secondo libro delle Sententiae (Lectura e Ordinatio)424, alle Quaestiones super Libros Metaphysicorum425, indicano alla fenomenologa nuovi orizzonti e nuove soluzioni per il problema, quello dell’individualità, quanto mai attuale in quegli anni. Scoto, erede della scuola francescana, mette in evidenza come l’ente

422 H. Conrad Martius, Dialoghi metafisici, cit., p. 52

423 L’edizione utilizzata da Edith Stein è Ioannis Duns Scoti, Quaestiones disputatae de rerum

principio. Tractatus de primo rerum omnium principio, novis curis ed M. Fernandez Garcia, ex typ. Collegii S. Bonaventuiae, Ad Claras Aquas (Quaracchi) 1910. Cfr. F. Alfieri, La presenza di Duns Scoto nel pensiero di Edith Stein, Morcelliana, Brescia 2014, p. 29 e 43

424 Ioannes Duns Scotus, De principio individuationis in Lectura in Librum Secundum Sententiarum, Distinctiones 1-6, in Opera omnia, t. XVIII, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana

1982, Lectura 2, dist. 3, p. 1, qq. 1-7, n. 1-229, pp. 229-301. E anche in Id., Ordinatio, Liber Secundus, Distinctiones 1-3, in Opera omnia, t. VII, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1973, Distinctio 3, p. 1, qq. 1-7, n. 1-254, pp. 391-516

425 Ioannes Duns Scotus, Quaestiones subtilissimae super Libros Metaphysicorum Aristotelis, in

ID., Opera omnia, Vivès, Parisiis 1891-1895, VII, 1-712. Adesso anche in Opera omnia in editio minor (a c. di G. Lauriola), AGA-Alberobello (BA), 1998-2000, I

111 individuale, in particolare la singolarità della persona umana, deve essere oggetto di studio e di riflessione in quanto rappresenta la realtà autentica, attraverso la quale è possibile far progredire la conoscenza: l’uomo nella sua irripetibile e insostituibile unicità rappresenta l’oggetto preferenziale verso cui sono indirizzati questi interrogativi e queste proposte. “Nella haecceitas scotista affonda le sue radici ‘il singolo’ di Kierkegaard contro tutti i livellamenti e le strumentalizzazioni dei vari enti metafisicizzati del pensiero

moderno”426: Conrad Martius giudica il pensiero di Scoto la più importante e originale

costruzione metafisica sul principio d’individuazione, capace di fornire una valida alternativa, anche nel panorama culturale a lei contemporaneo, sia alle concezioni biologiste che a quelle trascendentaliste su questo tema. “È chiaro – sottolinea la filosofa – che né la visione spirituale, né quella filosofica esistenziale, né materialista possono

rappresentare una soluzione ontologica assoluta a questa domanda.”427. Le caratteristiche

principali del nucleo fondativo della causa singularitatis individuate da Duns Scoto vengono attentamente vagliate dalla Conrad Martius e, in parte, fatte proprie: il riconoscimento del principio d’individuazione come qualcosa di positivo presente nella sostanzialità dell’essere vivente, la capacità di contrarre la natura comune, la sua indivisibilità interna, l’essere quella ultima realitas entis che fonda ontologicamente

l’individuo428. L’haecceitas infatti non è costituita da un’accidentalità che si aggiunge

all’essenza, ma è precisamente “questa singolarità in particolare”, l’interezza dell’essere

individuale, l’unità sostanziale di materia e forma, di essenza e di esistenza429.

426 A. G. Manno, Introduzione al pensiero di Giovanni Duns Scoto, Levante Editori, Bari 1994, 43

427 H. Conrad Martius, Die Geistseele des Menschen, cit., p. 11

428 Scoto precisa cosa intende per causa dell’individuazione: «Quia in entibus estaliquid

indIvisibile in partes subiectivas, hoc est “cui formaliter repugnat dividi in plura quorum quodlibet sit ipsum”, quaeritur non quo formaliter illud repugnat […] sed quo ut fundamento proximo et intrinseco ista repugnantia insit isti. Est ergo intellectus quaestionium de hac materia, quid sit in hoc lapide, per quod “sicut per fundamentum proximum” simpliciter repugnat ei dividi in plura quorum quodlibet sit ipsum, qualis “divisio” est propria toti universali in suas partes subiectivas. Necesse est per aliquid positivum intrinsecum huic lapidi, tamquam per rationem propriam, repugnare sibi dividi in partes subiectivas; et illud positivum erit illud quod dicetur esse per se causa individuationis, quia per individuationem intelligo illam indivisibilitatem sive repugnantiam ad divisibilitatem». Cfr. Ioannes Duns Scotus, Ordinatio, Liber Secundus, Distinctiones 3, n. 57, in Opera omnia, t. VII, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1973, pp. 416-417 (ed.it. a c. di O. Todisco, Giovanni Duns Scoto. Filosofo della libertà, Edizioni Messaggero Padova, Padova 1996, 165-166).

429 «Expono quid intelligo per individuationem sive unitatem numeralem sive singularitatem. Non

quidem unitatem indeterminatam (qua quidlibet in specie dicitur esse unum numero), sed unitatem signatam (ut “hanc”), ita quod sicut prius dictum est quod individuum incompossibile est dividi in partes subiectivas et quaeritur ratio illius incompossibilitatis, ita dico quod individuum incompossibile est non esse hoc signatum hac singularitate, et quaeritur causa non singularitatis in communi sed “huius” singularitatis in speciali, signatae, scilicet ut est “haec” determinate». Cfr. Ioannes Duns Scotus, Ordinatio, Liber Secundus, Distinctiones 3, n. 57, cit., 416-417 (ed.it. a c. di O. Todisco, Giovanni Duns Scoto. Filosofo della libertà, cit., 167).

112 Conrad Martius ritiene dunque che, all’interno di ogni realtà vivente, sia presente

“un’ultima e comune fonte dell’essere”430, la quale ne rappresenta il fondamento

ontologico: esso determina l’individualità, l’irripetibilità e l’unicità del singolo rispetto

alla specie. Questo nucleo che rende “una totalità organica in tutto e per tutto unitaria”431

è in sé stesso indivisibile e questa sua perfezione intrinseca rende gli individui distinti fra loro. Il principio individuante non è un’entità che “si aggiunge” dall’esterno alla forma o

alla materia o al composto432 ma è di per sé interna e fondativa della natura stessa

dell’essere: “il sé stesso originario [Ursprungsselbst] di ogni sostanza singola reale [realen Einzelsubstanz] – sottolinea Conrad Martius – è qui considerato nel suo significato più generale all’interno della struttura della natura sostanziale singola ad ogni

livello”433. È questa sua priorità ontologica intrinseca che permette di fondare l’unità del

singolo in sé stesso e la sua individualità. Per spiegare la necessità di un principio d’individuazione che sia in sé indivisibile, Conrad Martius pone la domanda di come la totalità che costituisce l’essere umano in corpo, anima e spirito possa essere composta da

due sostanze separate434 [Teilsubstanzen], da due luoghi originari435 [Ursprungsstellen],

che possiedono una forma ontica così diversa l’una dall’altra come l’essere materiale e quello spirituale436.

Un io, – scrive Conrad Martius – o meglio si può dire, un essere dotato di Sé ha bisogno di una determinata messa in forma o figurazione [Figurirung], altrimenti rimane un “niente”. Ma d’altra parte l’io, sicuramente, non è soltanto un semplice “composto” – un intero di “anima” e “corpo”. Un essere dotato di Sé è formato da un’unica radice: qui è il luogo in cui, per così dire, “comincia” l’io, per poi scindersi, in quanto io unico, in anima, spirito e corpo, o almeno ciò è cosa

peculiare dell’essere umano.437

430H. Conrad Martius, Die Geistseele des Menschen, cit., p. 12 431 Ivi, p. 9

432 «Et si quaeras a me quae est ista ‘entitas individualis’ a qua sumitur differentia individualis,

estne materia vel forma vel compositum, - respondeo: […] Non est igitur ‘ista entitas’ materia vel forma vel compositum, in quantum quodlibet istorum est ‘natura’, - sed est ultima realitas entis quod est materia vel quod est forma vel quod est compositum.» Ioannes Duns Scotus, Ordinatio, Liber Secundus, Distinctiones 3, n. 187-188, cit., pp. 483-484

433 H. Conrad Martius, Die Geistseele des Menschen, cit., p. 13 434 Ivi, p. 9

435 Ivi, p. 12 436 Ivi, p. 9

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Per risolvere “la questione cartesiana principale”438, per tentare cioè di uscire da

una visione dualista dell’essere umano è necessario che “questi luoghi originari dai quali deriva da una parte la forma corporeo-psichica, dall’altra la forma della seità spirituale dello sviluppo dell’uomo, [abbiano] a loro volta per forza una ultima e comune fonte

dell’essere all’interno della totalità umana.”439 È dunque l’intrinseca unicità e perfezione

interiore del fondamento, è questa “radice unitaria” che permette all’essere vivente un’unità, una indivisibilità, una irripetibilità e una singolarità che lo forma e modella

interiormente440 e che lo distingue dagli altri suoi simili. Conrad Martius descrive in

questo modo l’Ursprungsselbst:

Si tratta di un luogo dell’essere e dell’azione meraviglioso, ma per nulla mistico, bensì molto reale all’interno di ogni sostanza. È meraviglioso perché dotato della capacità di realizzarsi in maniera final-originaria tipica del logos di una determinata sostanza: secondo la direzione materiale (nelle sostanze materiali pure), inoltre secondo la direzione fenomenica (negli organismi), inoltre secondo quella capace di sentimento e di movimento autonomo (in tutti gli animali), secondo quella psichico-affettiva (negli animali più evoluti), e secondo quella personale

spirituale (negli uomini).441

Il fondamento dell’essere singolo è cioè capace di portare l’essere vivente da uno stato di potenza ad uno di perfezione, conducendone lo sviluppo e realizzandone in modo entelechiale l’interiorità e l’esteriorità verso il proprio fine. Si tratta, precisa Conrad Martius, di “un complessivo di potenza che si trova all’interno della natura reale, perfino all’interno di ogni sostanza reale e che, conformemente al logos relativo, fonda e ottiene

la sua struttura corporale in ogni senso, fisico ed eventualmente psichico.”442 La capacità

dell’Usprungsselbst di condurre lo sviluppo dell’essere vivente verso una perfezione già presente in se stessa “come una stella dispensatrice di forza e che guida nella ricerca di

prendere forma”443 può essere descritta “come logos che tira in su, che guida verso la

luce. […] il logos che conduce e assicura a ogni specie di messa in forma che si trova a

438 H. Conrad Martius, Die Geistseele des Menschen, cit., p. 9 439 Ivi, p. 12

440 H. Conrad Martius, Dialoghi metafisici, cit., p. 84

441 H. Conrad Martius, Die Geistseele des Menschen, cit., p. 16 442 Ibidem

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uno stadio potenziale il suo essere-forma di fatto.”444 Questa idea espressa nei

Metaphysische Gespräche con il termine entelechia445, rispecchia l’intuizione di Scoto

secondo la quale il principio individuationis è l’ultima realitas formae446: la realtà finale

della forma che rende perfetta la forma stessa.

Conrad Martius prende comunque le distanze dall’impostazione scotista sulla questione dell’individuazione riguardo la priorità ontologica dell’esse essentiae sull’esse existentiae: Scoto, infatti, riflettendo su quali siano i momenti dell’essere nei quali cercare la causa dell’individuazione, ritiene che essa non possa realizzarsi nel momento dell’esistenza. Quest’ultima infatti appartiene a qualsiasi essere vivente e non possiede caratteristiche proprie, distinte da specie a specie e da individuo a individuo: l’ente singolare non è distinto e determinato per il suo esistere, ma per la sua natura intima che

lo compone, per la sua essenza che lo rende unico nei confronti di tutti gli esseri viventi447.

Per questo motivo, soltanto l’individuo che possiede già la sua intrinseca determinazione individuale, cioè la sua propria essenza, è un individuo dotato anche dell’esistenza. Nella riflessione della Conrad Martius, al contrario, l’esistenza ha una priorità ontologica assoluta sull’essenza: l’individuo è tale non per la sua determinazione essenziale, ma per il suo esistere. “Gli uomini – sottolinea la nostra autrice – non esistono perché sono ciò che sono per la loro determinazione essenziale; essi sono perché sono; ci sono perché

esistono. Qui l’essere è fondato nel suo stesso essere, non nella sua quiddità (Washeit).”448

Potremmo suppore che questa posizione si avvicini alla riflessione aristotelica, per la quale l’essere dell’esistenza, essendo l’atto ultimo ricevuto dall’ individuo, ne sia anche la sua propria determinazione individuale. In realtà, nel pensiero di Conrad Martius, il sé stesso originario, fondamento dell’essere singolo, viene costituito contemporaneamente nella sintesi tra l’entelechia essenziale e la materia essenziale, nella quale non si riscontra un ‘prima’ e un ‘dopo’, ma tutto avviene nel medesimo istante. Il sé stesso originario è veramente il luogo e il momento dell’individuazione iniziale, quell’attimo nel quale

444 Ivi, p. 182-183

445 Ivi, p.182

446 «Quoad hoc ista realitas individui est similis realitati specificae, quia est quasi actus,

determinans illam realitatem specie quasi possibilem et potentialem, - sed quoad hoc dissimilis, quia est numquam sumitur a forma addita, sed praecise ab ultima realitate formae.» Ioannes Duns Scoto, Ordinatio, Liber Secundus, Distinctiones 3, n. 180, cit., p. 479

447 «Quia quod non est ex se distinctum nec determinatum, non potest esse primum distinguens vel

determinans aliud; sed esse existentiae, eo modo quo distinguitur ab esse essentiae, non est ex se distinctum nec determinatum.» Ioannes Duns Scoto, Ordinatio, Liber Secundus, Distinctiones 3, n. 61, cit., p. 418-419

115 essenza ed esistenza si uniscono per dare vita ad un essere vivente e, dal quale, tutto lo sviluppo prende forma.

L’originalità della posizione scotista sul principio d’individuazione, quell’idea cioè di fondare “l’individuazione nelle profondità dell’essere sostanziale, in forza di una

visione ‘trascendentale’ la cui base ontologica risiede nell’ultima realtà della forma”449,

è quel novum che Conrad Martius ritiene capace di fornire risposte anche per la riflessione contemporanea. Ella non compie una semplice trasposizione del concetto di individuazione, né accoglie acriticamente i risultati della posizione di Scoto: piuttosto cerca di compiere una traduzione in un linguaggio moderno e un aggiornamento attraverso un confronto fecondo con la biologia e con l’antropologia.