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Le caratteristiche del suono

6. staccato per mezzo della sola articolazione delle dita senza alcun aiuto

3.2 Le caratteristiche del suono

I caratteri fisici distintivi del suono sono l’altezza, l’intensità e il timbro.

L’altezza

L’altezza del suono, come già detto, permette la distinzione dei suoni acuti da quelli gravi. Essa dipende dalla frequenza delle vibrazioni (anche se, nella percezione, è influenzata dall’intensità e dal timbro). La relazione tra frequenza e altezza è stata “scoperta” da Galileo Galilei: nei suoi Dialoghi intorno a due nuove scienze, pubblicati nel 1638, Galileo spiega chiaramente tale relazione

considerando i rapporti fra il numero di vibrazioni al secondo della corda che corrispondono a vari intervalli musicali. Nella sua Harmonie Universalle (del 1636-37) Marin Mersenne, abate, filosofo e matematico, mette il relazione l’altezza con l’effettivo numero di vibrazioni al secondo. Come Galileo, Marsenne sapeva come la frequenza vari con la lunghezza della corda tesa (la frequenza è proporzionale al reciproco della lunghezza), con la tensione (è proporzionale alla radice quadrata della tensione) e con la massa per unità di lunghezza (è proporzionale al reciproco della radice quadrata della massa). In termini matematici:

frequenza = k x √ tensione . (lunghezza x √ massa)

Il fattore k rappresenta una costante, a cui Marsenne assegna il numero di vibrazioni al secondo prodotte da corde lunghe (egli prende in considerazione un filo di ottone lungo più di 40 m e del diametro di 0,5 mm e una corda di canapa di circa 27 m con diametro di 2 mm).

L’intensità

L’intensità di un suono dipende dall’ampiezza123 delle vibrazioni e viene definita come l’energia sonora trasmessa nell’unità di tempo in una determinata direzione attraverso l’unità di superficie perpendicolare a quella di direzione. L’unità di misura è l’erg/s per cm².

Un dato strettamente legato all’intensità sonora è la potenza emessa, misurata in watt. La potenza prodotta da uno strumento è un dato utile per un giudizio su determinate qualità dello strumento stesso, per il calcolo delle proprietà acustiche di una sala, per un progetto di isolamento.

La potenza sonora emessa da un’orchestra è uguale alla somma della potenza emessa da ogni singolo strumento. Ecco alcuni esempi: 124

123 L’ampiezza di un’onda rappresenta lo spostamento massimo delle molecole d’aria

oscillanti intorno alla posizione di equilibrio al passaggio della perturbazione acustica.

124 Gli esempi sono tratti da J. JEANS, Science and music, Cambridge, University press,

L’espressione matematica generalizzata del livello di potenza sonora è:

in cui W0 = 10-12 watt.

La quantità fisica della potenza non deve essere confusa con la sensazione sonora prodotta, la quale dipende, oltre che dalla potenza stessa, anche dalla distanza e dalla direzione di ascolto, dalla frequenza, dal timbro e dalle proprietà acustiche dell’ambiente.

Comunemente, si attribuisce al termine intensità un significato di sensazione quantitativa: dal momento che l’orecchio è un ricevitore di pressione sonora, la sensazione è una quantità legata direttamente alla pressione sonora. Tale grandezza è espressa secondo una scala logaritmica, che non può essere considerata come scala di sensazione soggettiva. Essa trae origine dalla legge di Weber-Fechner secondo la quale la “sensazione” è proporzionale al logaritmo dell’eccitazione espressa in termini fisici. L’espressione formale di questa legge risulta essere: Pieno di orchestra di 75 esecutori 70 Canna d’organo al massimo 13 Trombone al massimo 7 Pianoforte al massimo 0,4 Potenza media di orchestra di 75 esecutori 0,1 Voce cantata fortissimo 0,03 Voce cantata pianissimo 0,001 Voce parlata normale 0,000024 Violino pianissimo 0,000004

p indica la percezione o “sensazione”, k è un parametro dipendente dall’unità di misura dello stimolo, S è l’intensità iniziale dello stimolo. Talvolta, si pone S0 =

1, per cui la legge diventa:

Essa, però, si è dimostrata valida soltanto in gamme molto ristrette di eccitazione.

Molte altre ricerche sono state condotte per stabilire una scala di sensazione di tipo “soggettivo”. Tra di esse, quelle del 1937 di Fletcher e Munson. Essi creano graficamente delle curve dette isofoniche (Fig. 1.5), presentando, per ascolto binaurale in cuffia, a soggetti otologicamente normali un suono puro, alternato ad un suono di riferimento alla frequenza di 1 kHz con livello di pressione sonora variabile. Il livello di pressione sonora del suono di riferimento, per cui la sensazione sonora è uguale a quella del suono puro in esame, viene definito livello di sensazione sonora espresso in phon. I due ricercatori confrontano le sensazioni prodotte per una serie di suoni puri di diversa frequenza e intensità, ottenendo una famiglia di curve, ciascuna delle quali è caratterizzata da un valore in phon, numericamente uguale al livello di pressione sonora del tono di frequenza 1 kHz, che causa la stessa sensazione.

Fig. 3.5. Le curve isofoniche di Fletcher e Munson. Tutti i suoni sinusoidali i cui livelli giacciono sulla stessa curva (isofona) sono di ugual volume. Ogni curva è contrassegnata da un numero che esprime in phon il livello di volume

Come si nota dalla Figura 3.5, viene introdotta una nuova unità fisica, il decibel (dB), necessaria per la definizione matematica del livello di pressione sonora. Essa è uguale a:

dove p0 è la pressione sonora di riferimento e p è il valore efficace della pressione

sonora che si vuole misurare. La pressione di riferimento più comunemente utilizzata (in aria) è p0 = 20 µPa.

Il timbro

Il timbro è la qualità che permette di distinguere due suoni di uguale altezza, ma che producono una diversa sensazione uditiva.

In un suono periodico, esso è caratterizzato dall’ampiezza dei successivi armonici e, quindi, può essere specificato da un unico parametro. Differenze di timbro si ottengono non solo da strumenti diversi, che emettono note all’unisono, ma anche da uno stesso strumento suonato con modalità diverse. Considerando un suono periodico, la più semplice rappresentazione del timbro è un diagramma

in cui si considera la pressione sonora istantanea in funzione del tempo. Tale rappresentazione prende il nome di oscillogramma. L’oscillogramma rappresenta un’immagine visiva dell’andamento della pressione sonora emessa in determinate condizioni da un determinato strumento (Fig. 3.6). É opportuno notare che il nostro orecchio non è sensibile alla fase; di conseguenza, due suoni aventi uguali componenti armoniche ma fasi diverse, avranno uguale timbro, mentre l’oscillogramma si presenta di aspetto diverso (Fig. 3.7).

Fig. 3.6. Oscillogrammi: A, voce parlata; B, voce cantata (tenore); C, oboe; D, violino

Fig. 3.7. Oscillogrammi di due forme d’onda aventi componenti armoniche uguali ma diversamente sfasate tra loro, corrispondenti a suoni di egual timbro

Un’altra rappresentazione si ottiene considerando l’ampiezza di ciascuna componente in funzione della frequenza: è il cosiddetto spettrogramma (Fig. 3.8). Di solito gli spettri sono riportati su un diagramma nel quale in ascissa sono rappresentate le frequenze in scala logaritmica e in ordinata le varie componenti in dB, unità proporzionali al logaritmo della pressione sonora. Lo spettrogramma del suono emesso da uno strumento varia a seconda della nota e, soprattutto, delle modalità di esecuzione.

Fig. 3.8. Esempio di spettrogramma del suono re5 emesso da un pianoforte. Il suono fondamentale (re5) ha una frequenza di 590 Hz, il primo armonico (ossia la sua ottava) di 1183 Hz, il secondo (la quinta) di 1782 Hz, il terzo (la quarta), di 2388 Hz

Lo studio degli strumenti musicali, delle loro particolarità di emissione, viene molto agevolato dall’esame dello spettro che ne mette in evidenza particolarità di funzionamento. Il rilievo dello spettro sonoro è stato uno dei problemi fondamentali dell’acustica musicale. I primi tentativi risalgono alla seconda metà dell’Ottocento e sono quelli dei ricercatori tedeschi Hermann von Helmholtz e Rudolf König. Essi utilizzano una serie numerosa di risonatori molto ingombranti per poter rilevare le varie componenti. Il risonatore, di frequenza incognita, è formato da una cavità sferoidale di ottone, quasi completamente chiusa, munita di una apertura circolare e, dalla parte diametralmente opposta, di un piccolo tubo da introdurre nell'orecchio. Le dimensioni della cavità sono molto minori della lunghezza d’onda del suono da rinforzare. Il risonatore emette un suono unico la cui frequenza dipende dal volume della cavità e dalla superficie dell'apertura. Quando se ne possiede una serie preventivamente tarata, come quella di Helmholtz, è particolarmente agevole rilevare i suoni semplici, anche di piccola intensità, che esistono in un suono composto. Attualmente, invece, si hanno a disposizione analizzatori elettronici che consentono un rilievo automatico e rapido, permettendo un’analisi

grafica, meccanica o numerica. Un esempio è il dispositivo di Freystedt che, attraverso un sistema di filtri elettrici, consente di fotografare direttamente lo spettro su un oscillografo catodico, e di seguirne le variazioni in funzione del tempo.

L’analisi di uno spettro sonoro è un’operazione non facile. Infatti, in esso intervengono diverse componenti non armoniche, che si generano per ragioni fisiche complesse. Ad esempio, il timbro di uno strumento può variare per effetto delle condizioni ambientali oppure può essere influenzato dal modo con cui viene prodotto il suono. A tale proposito, è necessario introdurre il concetto di transitori. Essi rappresentano quei brevissimi e impercettibili tempi di transizione per passare dallo stato di riposo al regime normale di vibrazione e viceversa. Si parla, quindi, di transitori di attacco e transitori di estinzione. La qualità e le modalità di attacco ed estinzione del suono influiscono molto sul timbro. Allora, ben si capisce l’importanza che bisogna dare ai due transitori, il cui andamento dipende dall’intenzione dell’esecutore , come avviene, ad esempio, per il tocco del pianoforte.