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Caratteristiche del veneziano standard

2. Inquadramento dialettologico

2.3. Confronto con le caratteristiche del veneziano “standard”

2.3.1. Caratteristiche del veneziano standard

documenti veneziani. Soprattutto tenendo conto del fatto che si possono attingere dati esclusivamente da testi scritti, quindi oggetti concreti, e non da atti linguistici genuini.

2.3.1. Caratteristiche del veneziano standard

Per fornire la seguente classificazione delle proprietà linguistiche del veneziano standard ci si è serviti di lavori specialistici riguardanti la storia linguistica di Venezia20 e l‟introduzione del volume di Stussi “Testi veneziani del Duecento e dei primi del Tre-cento”, nel quale sono ripubblicati insieme a alcuni inediti i più antichi documenti del dialetto veneziano tratti dall'Archivio di Stato di Venezia, editi da Bertanza e Lazzarini nel 189121.

Il veneziano presenta un carattere maggiormente conservativo rispetto a una serie di innovazioni che accomunano gli altri dialetti veneti, in particolare per quanto riguarda i fenomeni vocalici.

La metafonesi, diffusa negli altri dialetti veneti già all‟epoca, in veneziano non è del tutto assente, ma è molto limitata, ristretta a un numero contenuto di forme. Per o si tro-vano i pronomi personali nui e vui, con vocale in iato, o alcune alternanze in voci verba-li, in particolare la prima persona singolare dell‟indicativo Perfetto Semplice che può presentarsi come fui, fu o fo, senza l‟innalzamento.

L‟apocope delle vocali atone finali riguarda solo -e e -o in contesti ben definiti, quando si trovano dopo una sonorante coronale. -E cade dopo n, r e l, quando non è morfema di femminile plurale (pan, cantar, canal); -o, invece, dopo n e r (man, algun). Il fenomeno è bloccato nel caso in cui r derivi dal latino TR o in caso di consonante de-rivante da scempiamento. Eccezioni a queste regole si registrano nel caso di alcune voci verbali al congiuntivo Imperfetto, nelle quali -e viene apocopata anche dopo la sibilante del tema, come in des, aves, e per quanto riguarda -o anche dopo d e s, come in quand. Questa parziale irregolarità è testimoniata indirettamente da un altro fenomeno, l‟erronea restituzione della vocale finale tramite l‟instaurazione di -e al posto di -o, co-me in crede22. Nei dialetti veneti settentrionali, l‟apocope è molto più diffusa e doveva esserlo, in una fase arcaica, anche in veronese, che in seguito ha reintegrato le -e cadute con -o. L‟esatta natura di questo fenomeno non è stata ancora del tutto chiarita e c‟è chi

20 L. Tomasin, Storia linguistica di Venezia, cit.; R. Ferguson, Saggi di lingua e cultura veneta, cit. 21 E. Bertanza,V. Lazzarini, Il dialetto veneziano fino alla morte di Dante Alighieri, cit.

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ipotizza che non si tratti di un semplice processo di ricostruzione vocalica finale. In par-ticolare, Bertoletti solleva tale dubbio commentando una voce verbale ricavata dallo spoglio dei testi in veronese antico da lui editi23. Si tratta di prendrome, unico caso di -o ripristinata davanti a un elemento enclitico, cosa che non sarebbe possibile se si trattasse di un semplice processo vocalico24.La tendenza a ristrutturare la vocale apocopata ac-comuna il veronese medievale alle parlate più settentrionali fino alla Val di Fiemme e verso oriente all‟Istrioto e al Veglioto, costituendo una fascia geografica compatta dalla quale il veneziano sembra isolarsi.

Un'altra famiglia di fenomeni che lo differenzia dal resto del Veneto sono alcuni esiti di vocali in iato secondario, nella fattispecie molto più conservativi delle varietà centro-meridionali, tra cui il padovano. -ATEM in veneziano diventa -àe, che alterna con la forma apocopata -à (caritae, carità), mentre l‟esito del padovano è -è (bontè, proprietè). Conservativo allo stesso modo è anche il trattamento di -ATUM, che ha esito -ao

(cla-mao) o con apocope -à (clamà); è totalmente assente invece la riduzione a -ò tipica

dell‟entroterra (morsegò). UTUM e UTAM sono conservati in veneziano come ùa e

-ùo (vendua, tegnuo); padovano e veronese ammettono l‟apocope.

L‟esito di -èlli in veneziano subisce scempiamento e saltuariamente metafonesi della vocale tonica, come queli, eli e illi. Nel resto del Veneto, per influenza padovana si tro-va l‟innotro-vazione a -egi, attestata anche nelle tro-varietà settentrionali e occidentali della re-gione (capitegi).

Oltre ai fenomeni brevemente illustrati, che isolano il veneziano per il suo carattere maggiormente conservativo, si possono delineare anche una serie di caratteristiche che lo distinguono in quanto innovativo rispetto a una o più delle altre parlate venete me-dievali.

Un esempio di questa tendenza è l‟esito di -ARIUS, che in veneziano diventa -er(o) (noder, nodero), mentre in padovano -aro (fevraro). Per quanto riguarda il dittongamen-to di e e o derivate dalle corrispettive vocali latine brevi esige la sillaba aperta e è un fe-nomeno che in veneziano comincia a manifestarsi solo nel XIV secolo per e, estenden-dosi solo successivamente a o (puoco). In caso di iato, e davanti a a si chiude innalzan-dosi (mea, mia), mentre rimane immutata davanti a i. Curiosa è la chiusura di A tonica in e in parole come senti da santi. Riguardo a questo fenomeno non c‟è accordo sulla

23 N. Bertoletti, Testi veronesi dell‟età scaligera, Padova, Esedra, 2005.

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spiegazione riguardante la sua origine, resta aperto «il problema se si tratti di un feno-meno autonomo della fonetica del dialetto lagunare o non piuttosto legato a pochi ele-menti lessicali di importazione»25. In tal caso si tratterebbe di un fenomeno di origine trevigiana, dove nei secoli successivi è un fenomeno alquanto diffuso, ma mancano suf-ficienti testimonianze per il Due-Trecento.

Nel veneziano medievale si trovano frequentemente fenomeni di sincope in infiniti verbali sdruccioli comeentendre, metre, vendre, che scompaiono progressivamente nei secoli successivi.

Altri fenomeni fonetici che caratterizzano la parlata lagunare, ma che non la disco-stano in maniera netta dal resto del Veneto e di cui non si hanno copiose attestazioni, ri-guardano una serie di esiti consonantici e vocalici di cui si darà brevemente conto.

I nessi AU e AL seguiti da consonante dentale, oltre alle forme che subiscono monot-tongazione in o, sono attestati anche conservati (auro, oro). Il rimescolamento e la con-taminazione tra i vari esiti hanno fatto sì che dalla situazione due-trecentesca piuttosto liquida si arrivasse nel veneziano odierno alla perdita completa di questi nessi e alla loro resa stabilizzata sottoforma di monottongo.

La vocale medio-alta e, quando protonica, poteva essere soggetta a diversi tipi di va-riazioni. A contatto con suoni palatali subiva in certi casi innalzamento e si chiudeva in

i, come in vignir, diner. Lo stesso poteva accadere su impulso di una i nella sillaba

suc-cessiva, come attestano occorrenze del tipo quistion, piricolo. Un altro tipo di mutamen-to a cui spesso era soggetta la e era la sostituzione con a (marcado, marchadante), della quale le cause restano incerte e non sempre chiaramente spiegabili26. Saltuariamente, subiva labializzazioni davanti a consonante labiale, come per esempio in domandar da

demandar. Quando all‟interno di prefisso, la e alternava con i nel caso di en- e in- (en-prestedi, inprestidi), mentre prevaleva in des- a discapito di dis- (destribuir, despensar, destender). In posizione posttonica invece, la e generalmente era conservata.

Per quanto riguarda la o, in posizione protonica si ha attestazione di innalzamento quando segue un elemento palatale (muier, moier), ma è meno diffuso rispetto al feno-meno analogo che riguarda e.

25

A. Stussi, Testi veneziani del Duecento e dei primi del Trecento, cit., p. XLIV.

26 Stussi riporta esempi di tre categorie, spiegabili con: apertura davanti a r, assimilazione alla à (tonica) successiva, fenomeni di analogia. Cfr. A. Stussi, Testi veneziani del Duecento e dei primi del Trecento, cit., p. XLVIII.

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Un altro elemento interessante è la conservazione immutata dei nessi consonantici seguiti da liquida (CL, PL, BL, FL), come si vede in clave, pleve, blancha, florini.

Per quanto riguarda le consonanti, si segnala che le sibilanti sonorizzano in posizione intervocalica e in finale di parola si conservano solo nella seconda persona singolare del verbo. La nasale n invece, nella sequenza -NS- spesso dilegua, lasciando solo -s- (mese,

cosiderando), ma non raramente viene restituita in forme come consta, spense. La

vi-brante r invece, in posizione sia pretonica che posttonica, può essere soggetta a metatesi (formento, dretro).

Per quanto riguarda fenomeni di carattere morfologico, il veneziano si distingue per la predominanza dell‟articolo determinativo maschile lo a discapito di el, di cui rare so-no le occorrenze e tutte a partire dal XIV secolo.

In ambito verbale, invece, come nel resto del Veneto non si ha differenziazione di uscita tra terza singolare e terza plurale, salvo rari casi27.

Una marca distintiva rispetto all‟entroterra padovano e trevigiano è l‟esito della pri-ma persona plurale in -émo all‟indicativo Presente e Futuro Semplice anche per i verbi della prima coniugazione in -ar e per il verbo essere (semo, disemo, avemo). A eccezio-ne del veroeccezio-nese che a sua volta presenta -émo, l‟esito più diffuso in Veeccezio-neto è infatti -óm (andom, averom).

Tendenza diffusa nei verbi di seconda e terza coniugazione che possono presentare tema palatalizzato è quella di estendere il fenomeno anche a forme che non lo prevedo-no (voiemo su voio, accanto al regolare volemo).

Altra prerogativa del veneziano medievale era la conservazione diffusa della -s di se-conda persona singolare. Già Dante, al quale secondo un‟opinione diffusa, «spetterebbe il merito d‟essere stato il primo dialettologo romanzo»28, nel “De vulgari eloquentia” rappresenta il veneziano con una frase29 che presenta uscita sigmatica di seconda perso-na singolare, distinguendolo non solo dal toscano, ma anche dagli altri dialetti

27

«Nell‟Italia settentrionale la situazione corrisponde in massima alle lingue della Romània occidentale (spagn. cantan, ant. provenz. vendon). Ma già assai presto si ebbe caduta della n finale. La terza persona-plurale è quindi diventata identica alla terza singolare, cfr. l‟antico veneto li demoni clama», G. Rohlfs,

Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Morfologia, II, Torino, Einaudi, 1949, p. 256.

28

E. Bertanza,V. Lazzarini, Il dialetto veneziano fino alla morte di Dante Alighieri, cit., p. 61.

29 «Per le plage de Dio tu no verras»: la frase è stata oggetto di lungo dibattito tra i filologi, soprattutto a causa della consonante doppia del verbo. Le verifiche sulla ricostruzione dello stemma codicum sembra-no andare a favore della sua correttezza. Cfr. ivi, pp. 62-63.

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nei30. E questo tratto linguistico, sebbene notevolmente ridimensionato in termini quan-titativi, è ancora presente. «La morfologia verbale del veneziano moderno, infatti, non presenterebbe di norma alcuna -s finale, la quale però riappare solo in alcune forme di seconda persona singolare alla forma interrogativa con -tu enclitico: „sistu‟ sei?, „sastu‟ sai?, „gastu‟hai?, „vustu‟ vuoi?»31. A differenza della situazione attuale, dove la persi-stenza della desinenza sigmatica ha carattere residuale, nel veneziano medievale, inve-ce, era ben più stabile, essendo attestate,nei testi analizzati da Stussi32, anche forme af-fermative e polisillabiche come metis [metti], debis, e estu. Questo tratto tradizional-mente veneziano sembra dunque essere stato soggetto nel corso dei secoli a un forte ri-dimensionamento. Indagando la conservazione della desinenza sigmatica di seconda persona singolare proprio dal punto di vista della sua traiettoria storica, Castro ha messo in rilievo come già nel veneziano del XIII e XIV secolo fosse presente una tendenza precisa riguardo la diffusione di tale desinenza, in particolare «a) la -s finale della II per-sona singolare si mantiene più frequentemente se posta in sillabe toniche; b) l‟enclisi di -tu non è fattore determinante il mantenimento della -s finale»33. In conclusione, ipotizza che il passaggio dalla situazione medievale a quella odierna sia avvenuto secondo fasi preci-se, che hanno portato a conservare la -s solamente in forme interrogative monosillabiche seguite dal pronome enclitico-tu ein un numero notevolmente ridotto di verbi34.

Proseguendo con l‟analisi delle desinenze verbali, in veneziano medievale la seconda persona plurale evolve da -ETIS in -é (tolé, vedé), al pari di -ATIS (andé,lasé), con un esito simile alla prima persona singolare del passato remoto, da -AVI a -é (lasé, pagé).

Si registra un‟alternanza per quanto riguarda la terza persona singolare dell‟indicativo Perfetto Semplice della prima coniugazione tra-à (predominante) ed -è (prestà, mostrà, caçè). Rara ma attestata è quella in -ò (portò), riscontrabile anche in padovano antico per verbi della prima coniugazione (andò, portò, trovò)35.

Fin dalle origini è attestata la forma è per la prima persona singolare dell‟indicativo Presente del verbo avere, riduzione di ai, ancora riscontrabile nel Trecento e derivante a sua volta da aio. La terza persona singolare del Presente indicativo di essere invece è xé

30 Cfr. ibidem.

31 E. Castro, Su -s di II persona singolare nel veneziano medievale, in J. Garzonio (a cura di), «Quaderni di lavoro ASIt», 20, 2017, pp. 25-26.

32

Cfr. A. Stussi, Testi veneziani del Duecento e dei primi del Trecento, cit., p. LXV. 33 E. Castro, Su -s di II persona singolare nel veneziano medievale, cit., p.28.

34 Per ulteriori dettagli, si rimanda sempre a Castro e alla tesi magistrale dello stesso autore del 2017. 35 L. Tomasin, Testi padovani del Trecento, Padova, Esedra, 2004, pp. 186-187.

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o sé, una forma difficile da giustificare foneticamente, ma ancora utilizzata nel venezia-no odiervenezia-no. Al Futuro Semplice l‟uscita in -è alterna raramente con -ò (farè, dirò), che andrà sostituendola del tutto progressivamente.

Per quanto riguarda il congiuntivo Presente, non tutti i verbi della prima coniugazio-ne presentano i morfemi delle altre (oblege contro vada), caratteristica che ancora oggi si riscontra in questa varietà, e come nell‟indicativo, anche qui è visibile l‟estensione di temi palatalizzati in sedi non originarie, fenomeno che riguarda anche il congiuntivo Imperfetto (vaia, toia). La permanenza di una desinenza -e per le prime tre persone del congiuntivo Presente è un residuo dall‟antica E latina, riscontrato da Rohlfs anche in al-tri dialetti settenal-trionali antichi, come antico lombardo e antico ligure36.

Il condizionale, innovazione romanza, si presenta in due forme concorrenti, una

in-ave (vorin-ave, in-averin-ave), derivata dalla costruzione infinito + HABUI, che si riscontra con

maggiore frequenza e rappresenta la variante più arcaica37, e una in -ia (deveria, faria), proveniente dalla struttura infinito + HABEBAM38.

Il gerundio presenta in tutte le coniugazioni -ando (corando, cognosando, servando,

sapiando), che da formante della prima coniugazione si è estesa a tutte le altre. Nei

mor-femi di participio perfetto debole, a differenza degli altri dialetti veneti (ad esempio, del padovano), presenta -ao oppure -à in corrispondenza di -ATU(M) (clamao, stridao, ma anche da‟), e -ùa, -ùo da -UTAM, -UTUM (recevuo, tegnuo).